Monthly Archive for Novembre, 2003

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In tv sulla prima rete

In tv sulla prima rete di Stato hanno appena suonato il Silenzio. Fra poco ci sarà l'inizio dei funerali di Stato per le vittime di Nassiriya. L'Italia è imbevuta come uno straccio pesante di commozione e di celebrazioni. E di retorica. In questi giorni ho visto tantissima retorica nei Tg e in generale un pò dovunque. E' giusto che sia così, sono io che sbaglio a non farmi trasportare da questa retorica. Sono "momenti difficili, di grande dolore...", dice Giorgino in collegamento dalla Basilica di San Paolo. E' giusto e doveroso che sia così. Vorrei tanto che fosse vero che di fronte alla tragedia, l'Italia si riscopra finalmente unita come una grande famiglia. Non lo voglio negare, voglio solo sperare che sia veramente così. Io, nel mio piccolo, mi sento un pò in colpa per non essere stato intriso dal fiume di retorica. Penso che è stato un colpo durissimo per il nostro Paese. Ma penso anche che altri morti ce ne saranno, e ci sono stati, ogni giorno, dei morti americani in quella sporca guerra, che quella guerra non si doveva fare, che tutto ciò è la conseguenza di errori passati e che puntualmente, si ripeteranno. E allora la retorica scricchiola. Segnalo l'editoriale di Vittorio Zucconi, il Vietnam italiano, dove leggo più franchezza rispetto alle algide analisi politiche di questi ultimi giorni, dove trovo più realtà rispetto alle serie e liturgiche dichiariazioni che ci hanno travolto in questi mesti giorni. Zucconi scrive, fra le altre cose: "Era un modo involontario di dire, senza avere il coraggio di dirlo, in mezzo a questa ansia giustificativa e assolutoria che ha travolto l'ufficialità nazionale, che anche i nostri soldati, carabinieri e civili, sono stati sacrificati inutilmente? Che la simpatia e la gratitudine della popolazione locale non servono mai a proteggerti dalle bombe e dai proiettili, come scoprirono proprio i soldati Usa in Vietnam, dopo avere dato per anni la colpa dei loro caduti agli infiltrati del Nord? Che ai parenti dei morti non importa nulla se il camion carico di tritolo esplose dentro o fuori la recinzione regolamentare dei bidoni di ghiaia, come ci spiegano affannosamente gli altri gradi? Che avere fatto tutto il possibile, avere adottato tutte le misure, avere accettato con entusiasmo e professionalità la missione, non farà uscire neppure uno di quei 19 dalle bare del funerale di Stato? Che l'eccesso di violini strazianti può nascondere il dubbio sul perché siano morti e il timore che altri li seguiranno?"
E ora, il doveroso minuto di silenzio.

ALDO VINCENT: il gelataio di

ALDO VINCENT: il gelataio di Corfù
Leggo: VENEZIA-MESTRE, DIVORZIO SENZA QUORUM. Vota solo il 39%, fallisce per la quarta volta il referendum sulla separazione. E mi chiedo:
ma se nella provincia di maggiore adesione alla Lega non riescono a separare Venezia da Mestre, come minchia faranno con la devoluscion? Proveranno con l'acqua fredda, come con i cani?

Strepitoso successo di Sabina Guzzanti che e' riuscita ad andare in onda (a mezzanotte) malgrado tutto. Intanto Mediaset ha dato mandato ai legali di citarla in giudizio. Ai prossimi British Comedy Awards, la corona inglese ha chiesto ai comici di non fare battute sulla presunta bisessualità del principe Carlo.
Al Forum sociale europeo di Saint Denis, Toni Negri è stato applaudito per aver gridato «maledetti, maledetti, maledetti» ai membri del Parlamento
italiano che, secondo lui, hanno deciso di «mandare a morire» i propri soldati. Accidenti, possibile che in questo inizio di millennio i comici facciano più paura dei terroristi?

TASSA SULLE SIGARETTE: Per diminuire i consumi e potenziare il nostro esercito. Non era meglio morire di cancro?

Infine, Adriano Pappalardo ha promosso la campagna: BASTA COL NUDO IN TIVU'.

(ASCA) – Roma, 17

(ASCA) - Roma, 17 nov - Dopo le polemiche per la messa in onda decisa all'ultimo momento e i piu' che buoni risultati d'ascolto, ''Raiot'', il nuovo programma satirico di Sabrina Guzzanti finisce nel mirino di Mediaset che ha annunciato una querela per diffamazione. ''Nel corso del programma sono state pronunciate menzogne e insinuazioni gravissime contro Mediaset contrarie alla verita' dei fatti e di conseguenza lesive dell'onorabilita' di una societa' quotata in borsa'', si legge in una nota dell'azienda. ''La lesione e' aggravata dal fatto che la diffamazione contro Mediaset provenga da un programma trasmesso da una sua diretta concorrente''.
Il programma, trasmesso ieri sera da Raitre, e' stato visto da 1.834.000 telespettatori con il 18.37% di share, con punte del 25% e di oltre 2 milioni di spettatori. Un risultato che ha portato Raitre, dopo la mezzanotte, a diventare prima rete nazionale per oltre mezz'ora.
La querela annunciata da Mediaset ha provocato la reazione di alcuni esponenti dell'opposizione. ''Apprendiamo da Mediaset che ormai l'unico discrimine sul quale valutare i concetti di onorabilita' e liberta' di espressione e' la quotazione in Borsa'', ha detto il senatore Giuseppe Scalera della Margherita, componente commissione di vigilanza Rai. ''Ha il sapore di una beffa - spiega Scalera - se si pensa a quante volte sui programmi Mediaset, e' stata presa di mira la Rai, anche molto pesantemente, all'interno di programmi satirici. Ma la Rai non e' quotata in Borsa e di conseguenza neanche la sua onorabilita': secondo il criterio Mediaset, quindi, tutti possono continuare a sbeffeggiarla''. ''L'azione legale avviata nei confronti del programma 'Raiot' conferma quindi la persistenza degli effetti nefasti innestati dal conflitto di interessi'' conclude Scalera.

BLOGFEST2003: chi c’è c’è chi

BLOGFEST2003: chi c'è c'è chi non c'è non c'è, come la barzelletta.
Ecco un elenco provvisorio dei weblog che hanno confermato la partecipazione alla BlogFest a Milano il 21 novembre.

4 Banalitaten, Angelo Ferrari, Animalestrano, Bleg, BlogNews, Bolsi blog italiani, Brando's Version, Burp!, Capo Horn, Ciccsoft, Dice lui dice lei, d o t - c o m a *:o), Emanuela Zini, EmmeBi, Euston Station, Falso Idillio, Frankkie, Fuori dal coro, FutaBlog, Gaspar Torriero Gone Verbose, George Best, Giampaolo Spinato, Gilgamesh, Giornalari si nasce, I Don't Care!, Il grande Boh!?, Il sentiero giusto, Jorma, L4ur4, La vita istruzioni per l'uso, L'angolo di Coccy, Leggimitutta, Mani al cielo, Marsilio Black, Massaia, Morgana, Net To Be, OninO, x§°nalità c°nfu§a, Pfaal, Princess Proserpina, Quarky, Red Bull, Risospintisenzaposa, Salto del canale, Selvaggia Lucarelli, Shangri-La, Simodiario, Simplicissimus, Squonk, Tentativi di fuga, The Yorker, theGNUeconomy, Tom, Tommaso Computerzine, Tommaso Labranca, Too old to weblog: Too young to die!, Tribook, Uiallallà!, Un Siciliano a Milano, Valido TV, Webwarrior, Wittgenstein, Zannadentro, Zitti al cinema, La Z di Zoro.

DOV’È FINITO QUEL RAGAZZO CHE

DOV'È FINITO QUEL RAGAZZO CHE COME ME
AMAVA I BEATLES E I ROLLING STONES?

Ricordate ancora i tempi della guerra del Vietnam? Io non ero nemmeno nato, ma ne ho sentito parlare a sufficienza. C'era una famosa canzone di Gianni Morandi che protestava contro la guerra. Cantava di un ragazzo normale che viveva felice e tranquillo e che a un certo punto fu richiamato alle forze armate per partire a fare il soldato in Vietnam. Chissà in quanti si sono accorti del fatto che questa canzone è diventata obsoleta. Ormai non c'è nessun ragazzo dai capelli lunghi e con la chitarra in mano che si veda d'improvviso catapultato in Iraq con un mitragliatore in braccio. Ci sono ragazzi che si sono arruolati volontariamente e vengono pagati profumatamente per fare un "lavoro" per cui sono addestrati ed esperti. E noi, se vogliamo continuare a girare il mondo e avere mille donne, possiamo continuare a farlo fin quando vogliamo (se abbiamo i soldi). Vi sembra un fatto positivo? Forse. Ma proviamo per un attimo a guardare un po' più in là del nostro naso.
Innanzitutto cerchiamo di capire chi sono questi ragazzi che fanno questa scelta così inconsueta. Cerchiamo di capire perché lo fanno e soprattutto quali siano le reazioni dell'opinione pubblica al rischio che essi corrono.

Osservando le statistiche intanto ci accorgiamo che i nostri militari provengono sempre più spesso dal meridione. È immediato collegare la maggior miseria e disoccupazione del sud al fatto che questi militari vengano lautamente retribuiti. Insomma, inutile essere ipocriti: una grossa fetta di soldati è lì per i soldi. Cioè questi soldati vendono l'alta probabilità di dover uccidere qualcuno e, soprattutto, di essere uccisi, per avere una sicurezza economica che potrebbero non godersi mai. Considerando ancora le statistiche, il rischio forse non è molto più alto di quello che corre qualche muratore di cadere dalla bancata di un palazzo, e decisamente per molto meno denaro. Inoltre, dopo la morte o al ritorno, l'operaio continuerà ad essere un miserabile, il soldato invece sarà un "eroe" con una famiglia sostenuta da una sostanziosa pensione di guerra e a cui la gente farà a gara per far beneficenza (vedi "Striscia la notizia" e "L'isola dei famosi").
In America ci sono dei militari il cui mestiere è proprio quello di andare in giro a reclutare altri soldati volontari. Fanno un po’ come quei banditori che vanno in giro col megafono per dirti che al tuo paesino è arrivato il circo. Ma quando vanno a fare reclutamento non si presentano mica al citofono di una villa a tre piani… tempo sprecato, quello. La propaganda la si va a fare nel Bronx, nei quartieri malfamati delle grandi città. Lì sì che possono far arruolare qualche ragazzo per “levarlo dalla strada”. Gli dicono “avrai un lavoro onesto, ti pagheremo gli studi, ti costruirai un futuro e diventerai un vero uomo, vieni a servire il tuo Paese”, e piuttosto che andare a riempire le già nutrite schiere della microcriminalità e della miseria, molti si lasciano convincere senza grosse difficoltà. Non è un caso che la percentuale di Neri e Latini, minoranze più sfortunate, nelle forze armate americane sia molto più alta che fra i civili.
Ma questo sistema di cose, per cui alla fine sono i nati più poveri a doversi sporcare le mani nella guerra, a dover morire per noi, non vi ricorda un po' il commercio degli organi umani? Insomma partire per morire in Iraq, non è un po' come vendersi un rene per poter avere da vivere? Non è una forma di sopruso usare il lavoro di “combattere, uccidere e morire” come valvola di sfogo per la povertà?
Una volta, facendo eccezione per raccomandazioni e impicci vari, ricchi e poveri, dovevano tutti più o meno partire per la naia. Era una costrizione, certo, ma investiva indistintamente tutti i ceti sociali e tutti gli orientamenti politici (perché un comunista di solito non si fa volontario per le forze armate, o no?). E questa è una prima considerazione.

La seconda riflessione è a proposito delle reazioni della "gente comune" alla guerra fatta con un esercito professionistico. Quando c'era la coscrizione obbligatoria (c'è pure adesso, ma ancora per poco, e in Iraq non ci mandano certo il primo arrivato...) appena si sentiva la parola "guerra" si pensava che, anche se non si fosse svolta a casa propria, avrebbe comunque prodotto un trauma in tantissime famiglie. Quasi tutti avrebbero visto partire un proprio caro per la guerra. E chi vuole una cosa simile? Non è questo un freno alla guerra? Ora invece questa roba non ci riguarda più, sono cose lontane... sì, seguiamo le loro avventure perché sono un po' come la nostra squadra di calcio, vogliamo vincere, ma se c'è qualche infortunato sul campo e si vince lo stesso, beh... ci dispiace, ma poco male, in fondo lo hanno scelto loro questo lavoro, hanno fatto "il loro dovere" come ha detto persino il suocero di uno dei carabinieri caduti in guerra. Sì, perché anche i cari del caduto se ne fanno una ragione: sapevano che sarebbe potuto accadere, sapevano che lui aveva fatto una scelta. E poi quando la morte non ci tocca da vicino la reazione che prevale ad una perdita simile, non è di paura, né il desiderio di pace, ma è l'orgoglio nazionale e il desiderio di vendetta, di portare a termine la missione e di "sconfiggere le forze del male", con cui siamo pompati dai mezzi di comunicazione controllati dal potere.

E infine un'ultima osservazione: i soldati che una volta partivano per la guerra con la coscrizione, andavano a volte a difendere il proprio paese, a volte ci credevano, e di sicuro non poteva essere mai per soldi, visto che non gliene davano un granché e visto che non sceglievano loro di partire. Adesso sono tutti mercenari e col tempo diventano delle "macchine da guerra" e possono arrivare ai limiti del fanatismo, come quelli della Folgore. Non è il caso dei carabinieri della recente strage, ma ricordiamoci che con un esercito professionale aumenta la facilità di fare il lavaggio del cervello ai soldati e anche la necessità di farlo.
Del resto anche in passato è già successo che i volontari fossero o fanatici o, soprattutto, gente che aveva fame, come quelli che partirono per la Libia per la guerra coloniale.
L'Italia è ancora in fase di transizione, e a parte qualche corpo speciale non siamo ai livelli americani (vedi film come "Codice d'onore"), ma stiamo andando in quella direzione. Forse è anche per questo che i soldati americani sono sempre i più odiati, quelli che sono percepiti come più arroganti, ma è bene sapere che forse anche fra i nostri corpi speciali ci sono quelli che in Somalia hanno fatto cose vergognose.

La conclusione di queste riflessioni è una domanda difficile: bisogna preferire un esercito professionale o la coscrizione obbligatoria? Io non saprei dare una risposta, perché il vero male purtroppo è la guerra in sé. La libertà di dire "no, non vengo a fare la vostra guerra" non è da poco e non mi dispiace per niente averla, ma d'altra parte autorizza persino qualche pacifista (sentito in TV) a dire "Io sono contro la guerra, ma questa guerra l'hanno voluta loro, sono partiti per l'Iraq, se la sono voluta". E l'indifferenza non è quasi mai una buona cosa.

NULLA IN PARTICOLARE -part two-“Ci

NULLA IN PARTICOLARE -part two-
"Ci ho messo 15 anni ad astrarre completamente la mia mente dal pensiero".

Per chi pratica lo yoga il non pensare a "nulla in particolare" è una normalità (naturalmente solo per i più esperti). Certamente riuscire a non pensare è un'operazione complessa e faticosamente raggiungibile, che richiede impegno costante e grande forza di volontà.

Tutto ciò che conosco sullo yoga me l'ha spiegato un'amica (è sua la frase all'inizio) che da molti anni insegna questa disciplina magica in un centro tibetano.

Ma, in che cosa consiste esattamente lo yoga???? Lo yoga è una pratica che permette alla persona di entrare in sintonia con il proprio corpo: la concentrazione è indispensabile.

Bisogna assumere una particolare posizione (con le gambe incrociate in modo scomodissimo e le braccia a candelabro) e mantenerla, cercando di ascoltare solamente i propri sensi.

Bisogna concentrarsi sui profumi, sui rumori, immaginare ad occhi chiusi i colori che ci circondano ed ascoltare il battito del proprio cuore.

Solo in questo modo si raggiungerà il benessere e la tranquillità necessarie per affrontare in modo più rilassato la vita di tutti i giorni.” LittleAnn

Grazie ad un’altra piccola strega, la mia amica Anna, ho dato un seguito a quelle poche righe che qualche giorno fa sono state il mio debutto su Ciccsoft. Evidentemente mi sbagliavo: in questo mondo c’è davvero qualcuno che riesce a non pensare a nulla. P.S.iscriviamoci tutti a un corso di yoga…. 😉

4 GIORNI DI ARTE ALLA

4 GIORNI DI ARTE ALLA FIERA DI PADOVA
La 14° Mostra Mercato d'arte Contemporanea é una sorta di galleria articolata in 5 padiglioni, insomma un grande spazio al cui interno espongono tante, forse troppe gallerie sparse per l'italia. Ogni galleria propone le sue opere, di artisti più o meno conosciuti: da Arnaldo Pomodoro, Giorgio De Chirico, Fontana, De pisis, Guidi, Meda e Lazzaro(che hanno una galleria in via Brera a Milano), fino ad arrivare a Piccoli(un artista che partecipa alle estemporane di Ferrara e provincia). Comunque tutti artisti che caratterizzano il panorama dell'arte contemporanea, che forse si meriterebbero per lo meno un allestimento mihliore di quello che hanno ottenuto in questa mostra. Per farvi capire una persona normale entra e si trova i padiglioni che si diramano a raggera, e va bene, sono numerati, quindi presumibilmente inizierà dal primo. come si entra nel primo padiglione si percepisce un senso di sconforto e un senso di speranza che non siano tutti così: un caos impressionante, ma non dato dalle persone, ma dall'abbondanza e disordine di opere: pareti con cinque quadri e pareti con un quadro, sculture che sbucano da dietro gli angoli, stanzette dentro altre, tantissimi faretti spot che creano un bagliore ubriacante e diffuso. Insomma decidi finalmente di adottare una tecnica a serpentina nella speranza di non saltare niente, vedi un quadro che ti piace, ma in quel momento senza accorgertene ne perdi altri dieci. Sei all'ultimo padiglione, continui a camminare, ma questa volta nella speranza di saltare qualche sala. Insomma una zuppa di opere di diverse dimensioni. Sicuramente é una mostra fatta per chi vuole acquistare ma sa già verso che pittore puntare, così gli viene data la possibilità di vedere molte opere di questo; meno adatta é per chi vuole passare una bella giornata per scrutare un po' di arte. In linea di massima é una mostra interessante, con un buon livello culturale, quanto meno per i pittori più conosciuti. Opere per tutti i gusti, da quadri estremamente astratti a opere estremamente realistiche, da fotografie a sculture, da temi religiosi a temi erotici; insomma un bel po' di roba che vale la pena vedere.

Parlare secondo tradizione I dialetti

Parlare secondo tradizione
I dialetti in Italia sono ancora vivi e vegeti. E i mass media li riscoprono

"Nojo vulevan savuar...". Avete presente la gag di Totò e Peppino con il "ghisa" milanese? Due napoletani arrivano sotto la Madunina certi di non riuscire a farsi capire con quelli del Nord e allora improvvisano un assurdo scilinguagnolo per cercare di comunicare con lo "straniero". Si dirà: altri tempi, l'Italia nel frattempo è cambiata e le parlate locali hanno lasciato il posto a una lingua sola. Verissimo, ma non del tutto.

Infatti, provate a prendere la macchina e a raggiungere una località a 200 km da quella dove abitate e chiedete al primo passante che trovate sulla vostra strada un'informazione. Nella migliore delle ipotesi coglierete nella risposta una cadenza o un accento diversi dal vostro; nel peggiore dei casi non riuscirete a capire nulla perché il vostro informatore parla un dialetto del tutto incomprensibile.

Chiamatelo folklore, attaccamento alle radici o, se siete più intolleranti, una cattiva abitudine. Fatto sta che gli italiani tra loro parlano ancora in vernacolo. La conferma arriva da una statistica Istat. Il dialetto è parlato quotidianamente da 12,6 milioni di persone, cioè circa un quarto della popolazione totale. Mentre altri 15 milioni di italiani (il 28,3% del totale) abitualmente mescolano la parlata locale con quella nazionale. Se il dato di fondo è che la lingua italiana è sempre più diffusa specie tra le nuove generazioni, è anche vero che resiste un 6% della popolazione che parla esclusivamente o prevalentemente il dialetto nei rapporti familiari, con amici e con estranei.

Secondo i sociologi la sopravvivenza delle parlate locali ha giustificazioni e ragioni molto serie: per i giovani ci sarebbe il bisogno di fondo di affermazione della propria appartenenza a un gruppo; per i meno giovani sarebbe invece una forma di orgoglio cittadino.

E che la resistenza delle parlate locali sia dura a morire è confermata dalla riscoperta che di esse si fa sui mezzi di comunicazione. Ci sono tramissioni tv, libri e giornali, opere teatrali e una messe di siti web in dialetto, oltre a un florido mercato discografico che spazia dai classici della canzone napoletana alle ballate "laghée" di Davide Van de Sfroos.

Ma la presenza di dialetto e dialettismi sui mezzi di comunicazione non è che faccia impazzire gli addetti i lavori. Alcuni di loro, armatisi di vocabolario e bacchetta, hanno sentenziato che: «La lingua che si usa in televisione sta vivendo un continuo degrado: troppe espressioni gergali e utilizzo del dialetto. La televisione è diventata una sorta di babele, tra centinaia di dialetti diversi. In un certo senso si può parlare già di tv federale». Una piccola emittente pugliese qualche giorno fa ha iniziato la trasmissione di un tg in dialetto tarantino. Pare sia stato un successone.

Con frasi in vernacolo poi si possono fare magliette di successo come a Genova; mentre il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino ha scritto una lettera aperta ai bimbi del popolare Rione Sanità in dialetto.

Senza dimenticare che la questione dei dialetti è stata portata pure in politica, anche se con scarso successo finora. La Lega Nord aveva presentato persino un progetto di legge regionale che prevedeva l'insegnamento dei dialetti nelle scuole. Ma il Consiglio Regionale l'ha respinto. Progetti analoghi sono spuntati pure in Calabria e in Sicilia.

A Milano un gruppo di giovani Lumbard ha tentato l'impossibile: impartire lenzioni di meneghino a egiziani e marocchini. I risultati non sono stati esaltanti, ma forse sarà bene che stranieri e italiani inizino con le buone o con le cattive a prendere ripetizioni di vernacolo altrimenti rischiano di non tornare... a casa. Infatti, un emendamento al nuovo codice della strada prevede che i cartelli bianchi di competenza comunale possano essere scritti sia in italiano sia in dialetto.

Preso da Libero

Per capirne di più:il contributo

Per capirne di più:
il contributo di Roberto Barbieri
ENDURING WAR?
Alla luce della tragedia di Nassiriya, ultimo episodio della catena sanguinosa in corso in Iraq, abbiamo chiesto al nostro collaboratore Roberto Barbieri un'analisi accurata della situazione irachena. Dalle premesse agli sviluppi dei possibili scenari per una pace che deve ancora iniziare.

E' destinata "Enduring Freedom" a trasformarsi in "Enduring War"? E come uscire dal "pantano" iracheno? Il problema si pone già da molto tempo negli ambienti USA sia a livello di pubblico dibattitto che soprattutto negli ambienti decisionali di livello più elevato. Ciò che tutti dichiarano di voler ottenere, dal presidente Bush ed il suo entourage ai nostri politici domestici, è la democratizzazione dell'Iraq e l'autogoverno, a dire il vero possibilmente filo statunitense. Veniamo ora a considerazioni più concrete: c'è chi sostiene negli ambienti politici italiani, principalmente dall'opposizione, che i nostri militari, vittime della recente tragedia, non sarebbero mai dovuti partire e quantomeno debbano rientrare in patria dopo quanto successo. Parlando chiaramente, il contributo dell'Italia non è certo fondamentale dal punto di vista strategico, per quanto assai gradito dagli USA (per quanto riguarda sia l'aspetto tattico che quello diplomatico) e pure, probabilmente, dal popolo iracheno, considerate le finalità prettamente umanitarie e di ristabilimento dell'ordine delle nostre truppe. Ritirarsi adesso significherebbe da parte nostra perdere di credibilità e cedere alla logica del terrore, cosa a mio parere non proponibile, ed impugnabile soltanto come argomento di mera propaganda interna. L'impegno in Iraq dovrà per forza essere prolungato per tutta una serie di motivi, in primo luogo perchè la democratizzazione del paese non è possibile se non in tempi medio lunghi. Benchè ad un occidente figlio della rivoluzione francese e della costituzionalità questo possa essere difficile da capire, in Iraq e in tutto il Medio Oriente a mancare è addirittura l'idea di democrazia. Da secoli, anche durante la dominazione britannica in questa area del mondo ad essere radicata è l'idea di tribù, nel senso più moderno del termine, con tutta la concezione paternalistico\dispotica dell'idea. Il capo, che sia di una famiglia, di una "tribù" in senso stretto, di una provincia o di uno stato, comanda, e si dovrebbe sentire responsabile del benessere dei sottoposti, mentre questi ubbidiscono; dire ciò non significa denigrare nessuno, ma semplicemente contestualizzare una mentalità molto lontana da quella occidentale. Non a casao Saddam Hussein fra i suoi molti titoli aveva anche quello di capo di tutte le tribù. In taluni ambienti, per lo più iracheni residenti all'estero, il significato e la profondità del termine "democrazia" ha un senso, per la massa della popolazione non lo ha. Un altro problema secondo me quasi insuperabile per la democratizzazione del paese è l'incredibile pluralità etnica che lo costituisce. La storia insegna tramite casi esemplari (URSS, la Federazione Russa stessa, Jugoslavia, casi meno gravi quali la Cecoslovacchia, e problemi di minoranze etniche presenti un èò ovunque dai paesi Baschi al Kashmir) che stati pesantemente multietinci non possono democraticamente restare coesi, e se lo fanno è tramite l'opera coercitiva di un dittatore e del suo apparato repressivo. Questo può sembrare un ragionamento oltremodo semplicistico, ma a mio parere fondalmentalmente vero. Che genere di nazione può formare una popolazione composta per il 19% da curdi che aspirano ad una semi-indipendenza ed alla creazione di legami sovranazionali (per il momento) con il Curdistan turco e quello iraniano, per il 4% di turcomanni ed iraniani che difficilmente accetteranno il potere centrale quale esso sia, una maggioranza araba sciita che tenta di creare un governo su base religiosa a lente rovesciata, e una minoranza araba sunnita che era al potere fino alla caduta di Saddam? La risposta è semplice quanto drammatica: nessuna nazione possibile, anche considerando il fatto che tutti questi gruppi presentano molteplici conflittualità e posizioni differenti al loro stesso interno. Ciò non vuol dire che nessuna forma di coesistenza pacifica sia realizzabile, ma sarà sicuramente problematica ed il meglio a cui si possa aspirare è la formazione di uno stato pseudo\democratico con vaste autonomie locali ed una unità soprattutto di facciata. Al di là dei discorsi politici e degli auspici secondo i quali la democrazia e la creazione di uno stato federale (nord curdi, sunniti centro e sciiti nord) dovrebbero rivelarsi la panacea che tutti cercano, a ben vedere questa sistemazione è difficilmente realizzabile, sia perchè il federalismo si basa su fiducia reciproca e volontà di collaborare, mentre nel "nostro" caso prevalgono il desiderio di indipendenza e un diffuso risentimento reciproco, sia perchè il federalismo in un contesto politicamente immaturo come quello iracheno è assai difficile.
Sembra circolare in ambito europeo ed anche, proprio in questi ultimi giorni, statunitense, l'idea che un parziale disimpegno americano congiunto ad un passaggio di consegne all'ONU sia auspicabile, e parzialmente risolutivo. Temo, ma potrei sbagliare, che anche questa debba rivelarsi una pia speranza; può essere positivo per gli USA stessi che riconoscono sia pure con un pò di ritardo di non poter gestire la pace da soli, ma l'ONU con le sue strutture di comando e controllo multinazionali, con i suoi principali membri desiderosi di fornire generali ma meno ansiosi di fornire truppe causa contesto operativo "sporco", potrà difficilmente fare meglio delle truppe attualmente presenti. Probabilmente si tratterebbe di un cambio di consegne (soltanto parziale), ma non di una soluzione del problema. Tenuto conto di questi fatti, non voglio sostenere che le truppe americane, alleate ed italiane debbano smobilitare, tutt'altro: questo significherebbe probabilmente incoraggiare la deflagrazione di tutti i problemi latenti in embrione: fondamentalismo islamico, conflitti etnici, volontà separatiste. Tutto questo quadro può apparire eccessivamente pessimistico, ed in effetti oltre alle ombre c'è anche qualche spiraglio di luce. Innanzittutto sembra che gli attentati alle truppe sul campo provengano da fonti essenzialmente o almeno in parte esterne al contesto iracheno, cioè membri di organizzazione terroristiche quali al-Qa'ida, che gli USA e non solo stanno debellando: per i membri di queste organizzazioni l'Iraq rappresenta più un possibile luogo d'intervento che la fonte ispiratrice. Inoltre è probabile che sia diffuso nella popolazione un generalizzato desiderio di vita normale e di ordine che rapprensenta il più importante alleato per ogni tentativo di pacificazione. Ciò che le forze alleate cercano di ottenere al momento è un livello accettabile di stabilità che consenta agli USA di instaurare un protettorato, o comunque uno stato amico ospitante basi militari nel cuore del Medio Oriente. Questa a ben vedere è la ragione ultima della guerra, certo non lo è l'eliminazione di qualche base terroristica o la prevenzione contro le futuribili armi di Saddam per la distruzione di massa, che sarebbero diventate pericolose per gli USA tra un trentennio o forse più. Questo è sostenibile alla luce della dottrina prevalsa dopo l'11 settembre al Pentagono di pace attraverso la forza, e dello sradicamento delle minacce prima che queste possano significativamente ledere gli interessi nazionali; concetto esemplificato nel termine a tutti facilmente comprensibile di Guerra Preventiva. Ulteriore prova sia il fatto che in sostituzione all'intervento bellico propriamente detto, gli strateghi di Washington elaborarono tutta una serie di interventi (per l'eliminazione di basi terroristiche e di armi) probabilmente dotati di un miglior rapporto costo/efficacia, ma tutti scartati dai vertici dell'amministrazione presidenziale. Tra i quali il ricorso ad ispettori ONU più prolungato, l'adozione di una politica bastone/carota nei confronti dello stesso Saddam, attività militari molto più limitate e mirate dal cielo sulla falsariga di Desert Storm o l'inasprimento dell'embargo.
Che la cacciata del dittatore sia stata positiva per il popolo iracheno nel suo complesso è indubitabile, e qualche forma di coesistenza pacifica delle varie etnie con relativo autogoverno è forse possibile. Ma sarà un processo realizzabile nel medio-lungo periodo, e non sarà nè facile nè incruento.

Roberto Barbieri

Ho il piacere di annunciarvi

Ho il piacere di annunciarvi che finalmente è finito il programma CULT della stagione: L'isola dei famosi. A momenti rischiavamo di soffocare con i programmi cult in tv. Troppi. Decisamente troppi. C'è Striscia la notizia, solita minestrina riscaldata di satira velenosa spesso a senso unico con la collaudatissima coppia Greggio-Iacchetti. Da quando si sono messi a imitare l'idea delle scatole con i premi di Bonolis sfiorano il patetico. Dati auditel alla mano, quest'anno Ricci non vince nel preserale contro il popolare Bonolis su RaiUno e così arrabatta di tutto pur di guadagnarsi un pò di pubblico. Triste e inusuale per un bravissimo autore come Ricci. Che anche lui abbia perso lo stile dei tempi d'oro? Poi c'è Bonolis con il suo programmino di cazzi altrui chiamato per l'appunto "Affari tuoi", dove, come dicevamo, grazie a delle scatole i partecipanti riescono a vincere e perdere milioni in pochi minuti. Che idea innovativa! Se non fosse per la bravura di Bonolis a sfottere e a entusiasmare il pubblico con ironia questo format importato dall'estero sarebbe già stato accantonato da un pezzo. Tant'è che è riuscito nella storica impresa di battere Striscia la notizia nell'ultimo periodo, e nell'era berlusconiana di Raiset non è cosa da poco. Poi c'è Torno Sabato di Panariello, dove il comico toscano intrattiene ogni sabato sera le famiglie appisolate sul divano che non escono di casa. Gag e umorismo da bar con trovate a volte al limite del trash per un tipo di varietà che ha nel ritmo e nella passerella di ospiti il suo punto di forza piuttosto che nei personaggi fin troppo collaudati di Panariello. C'è da dire comunque che il trio che forma con Paolo Belli e la sua ottima swing band e Tosca d'Aquino sa tenere bene il palcoscenico e ormai ha saputo conquistare tanti affezionati fans un pò ovunque. A combattere Panariello il sabato sera la sempre presente Maria De Filippi e il suo C'è posta per te, orgoglio del popolo medio italiano, che nelle storie strappalacrime e un pò costruite e gonfiate si riconosce e si stringe intorno alla tv di Berlusconi, traboccanti di storie a lieto fine, veline e ricchi premi per tutti. Si aggiungano a questi i vari Chi vuol essere miliardario, L'Eredità, Quelli che il calcio, Controcampo... per non parlare invece degli ottimi Le Iene, Zelig e Mai dire domenica (quest'anno più spento del solito)...ed ecco creata una tv quasi interamente di programmi cult. Con schiere di affezionati ascoltatori che fanno delle puntate di queste trasmissioni dei veri e propri appuntamenti imperdibili ogni settimana. Aggiungiamo un pizzico quotidiano di Costanzo di qua e Vespa di là, mettiamo i tg e qualche film traboccante di spot ed abbiamo riempito il palinsesto. E programmi tipo Report dove li mettiamo? Blob? Stritolati nei buchi, facendo attenzione che siano ben nascosti dal filmone hollywoodiano in prima tv sull'altro canale. I programmi culturali hanno sempre meno spazio, soffocati dai FORMAT esteri pieni di idee innovative e colorate. Nella tv di Berlusconi ci sediamo a guardare a bocca aperta il luccichìo di una scatola ahimè sempre più vuota.
P.S. All'Isola dei famosi ha vinto Walter Nudo, ma tanto già si sapeva mi dicono...una domanda: ma chi diavolo è questo vincitore famoso?

Buffet

Le migliori foto di LondraNote sparse su alcune cose curiose
trovate a Londra

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Si comincia!

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Cocapera: e sei protagonista

Dicono di noi

Più simpatico di uno scivolone della Regina Madre, più divertente di una rissa al pub. Thank you, Ciccsoft!
(The Times)

Una lieta sorpresa dal paese delle zanzare e della nebbia fitta. Con Ciccsoft L'Italia riacquista un posto di primo piano nell'Europa dei Grandi.
(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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