Grande ritorno...dopo un periodo di blackout del telefono...
ALDO VINCENT - Il gelataio di Corfù
IL CAVALIERE SENZA FEDE? Ci risiamo. Stiamo andando a rotoli e la politica si arena ancora una volta su una legge-caraceni (di quelle fatte su misura per il Capo) con la pantomima dell'avanti e indietro ma che approdera' inevitabilmente alle sponde Mediaset. (Ma quale conflitto d'interessi? Gli interessi se la spassano ormai senza conflitti). A questo proposito oggi ho deciso di non scrivere nulla. Bastano le parole degli interessati per fare satira.
S.Berlusconi
«Me ne sono sempre tenuto lontano e continuo a tenermene lontano, ho lasciato la cosa a Gasparri, non ho letto e non leggerò i rilievi dei tecnici del Quirinale, non è vero che mi infurio, l'ira è un sentimento che non mi appartiene, io sono una persona dolce, riflessiva, estroversa, al massimo mi dispiaccio, mi addoloro di certe cose». (16/12/03)
«Trovatemi una segretaria o un telefonista che possa dire che a Palazzo Chigi mi sono occupato della Fininvest». E ridetto ancora: «Non oso telefonare al mio gruppo perché un solo operatore telefonico potrebbe dire "Berlusconi sta chiamando"». L'ha giurato: «Io, uomo delle tivù, sono per essenza l'uomo della democrazia». Rigiurato: «Ci sono le mie garanzie personali: non compirò mai un gesto che avvantaggi gli interessi del mio gruppo». Rigiurato ancora: «La miglior garanzia è quella che può venire dall'impegno, dalla passione civile, dal disinteresse personale che io mi accingo a mettere in questo incarico».
«Sono pronto a vendere le mie aziende, ad andare anche oltre il blind trust americano. La mia vita di imprenditore si sta concludendo». «Non venderò mai le mie televisioni». «Oggi vi annuncio che ho deciso di vendere le mie aziende». «Vendere la Fininvest? Non ci penso nemmeno». «Della Fininvest terrò solo il 30%, una quota di minoranza. S'era pensato anche di vendere tutto ma si sono opposti i miei figli». E tutti lì, a fargli le pulci: e il conflitto d'interessi? E il conflitto d'interessi? E il conflitto d'interessi? Un assedio. Eppure, appena eletto, era stato chiaro: «Ho preso un impegno a dare una soluzione entro i primi cento giorni, cosa che faremo sicuramente. Immagino di poterlo fare addirittura prima delle ferie estive». Mica aveva specificato di che anno. (Gianantonio Stella, Corriere 17/12/03)
E. Fede
«Il presidente, scriva così perché io non lo chiamo mai Silvio, è l'unico che non ha chiamato in queste ore. Di tv non si occupa più», «Le dico che non ha telefonato. Non ci crede? L'ho chiamato io la notte scorsa, me l'hanno passato anche se era in riunione, gli ho detto solo: presidente, ti ringrazio come giornalista e come cittadino per quel che hai fatto per l'Europa».
«Non finirà così. Tutto nella vita è perfettibile, pure la legge Gasparri. La miglioreranno, e Ciampi firmerà. Ho per lui rispetto istituzionale e simpatia umana. Ricambiata. Lo conosco da più di vent'anni, lui era governatore della Banca d'Italia e io direttore del Tg1. Ci diamo del tu. Ciampi non è uno da lasciare a casa mille lavoratori».
Francesca Senette dice «polisinfonia». Al suo direttore dà del lei e un casto bacio sulla guancia, poi dichiara: «Rispetto le prerogative del capo dello Stato, però insomma mica lasceranno senza lavoro i tecnici e le segretarie. Ci considerano una "reterentola", ma abbiamo una nostra complessità, ci sono pure colleghi di sinistra». «Il nostro pubblico è molto fedele, perché attratto dal codice prossemico del direttore».
Fede: «Li ho presi dalla strada. La Senette me la segnalò Berlusconi... Se non si trova una soluzione, non sono io che metto la tuta spaziale per andare sul satellite, sono loro che tornano per strada».
Avevo vent'anni, facevo Il circolo dei castori con la mia fidanzata Enza Sampò, che mi lasciò per Umberto Eco perché mi ero innamorato della regista, Dada, una donna meravigliosa. Pavese si suicidò per lei, non per la ballerina americana...».
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