No Saddam, no party
Può darsi che sia solo una mia impressione, ma mi pare che non ci sia mai soddisfazione piena, a sinistra, quando cade un dittatore. Anche quando libertà e democrazia fanno palesemente la differenza, mai un completo compiacersi, mai un corteo di giubilo, mai un concerto gratis in piazza San Giovanni. Anche quando è evidente che un popolo si è liberato da un criminale, spesso mezzo sanguinario e mezzo narcisista, la sinistra non ha mai espressioni di gioia vera e piena. La cattura di Saddam Hussein, l'arresto di Milosevic, l'eliminazione di Ceausescu, la morte di Stalin non suscitano mai tripudio, a sinistra. C'è sempre qualcosa che, nella sinistra meno rozza, è l'amarognolo d'un distinguo o di una prognosi mesta e che, in quella rozza assai, è quasi lutto o livido scontento. Sentite il buon Eugenio Scalfari, l'amarognolo: "L'Iraq è in preda al terrorismo che prima non c'era per la semplice ragione che il dittatore al potere non l'avrebbe mai permesso" (La Repubblica, 23.XI.2003). Ce l'avrei qui davanti a me, ma vi risparmio una citazione da Alfonso Pecoraro Scanio, il livido scontento. Il becero di destra avrebbe tutto il diritto di chiedere: "Perbaccolina, vi risciacquate la bocca di libertà e democrazia tre volte al giorno, prima e dopo i pasti, e poi quando tocca a un Saddam oggi o a un Fidel domani nemmeno un decimo dell'euforia di quando guadagnate due punti percentuali a un elezione amministrativa? Via, compagni, allegria!". Questo, il becero di destra. Io mi limiterei a un 'Azzo! (L.C., 16.XII.2003)
Da Capperi!
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SCATTONE E FERRARO SONO INNOCENTI