Nasce a Berlino, si chiama Nostalgia.
Nasce da un'idea di chi con l'incubo ci ha convissuto, e tenta di insegnare agli altri a "ritrovare confidenza col cibo, re-imparare a mangiare, farlo con allegria".
"Al "Nostalgia" ci saranno 50 coperti, una cameriera bulimica e uno chef anoressico che ha cancellato deliberatamente gli ingredienti dei piatti dal menù. Così come assenti saranno i nomi delle pietanze."
Un nome ricondurrebbe ad una tabella, ad un conteggio di calorie, alla mentalità "malata", a tutto quello che si vorrebbe sconfiggere.
Forse detta così la cosa può sembrare ossimorica. Però potrebbe avere anche molto più senso di quanto non sembri.
Fosse anche un modo stupido per portare un giorno agli onori della cronaca quella che ancora oggi in Italia non viene definita chiaramente nè come una malattia vera e propria nè come un disagio sociale sarebbe già abbastanza.
Su Repubblica citano i dati relativi alla Germania per quello che riguarda i disturbi dell'alimentazione.
Dati che non tengono conto dei casi silenti, persone irreprensibili, con figli e famiglia, oramai al di fuori da quelle che possono essere le patologie adolescenziali.
In Italia le statistiche non sono poi così diverse. Eppure aprire gli occhi, vedere ed accettare la malattia nell'anima di chi, a volte, ci sta anche accanto rimane tuttora un tabù. Non mi stancherò mai di ripeterlo, c'è un popolo silenzioso che cammina per l'Italia, spesso nell'indifferenza più totale. E non tutti sono abbastanza fortunati da avere la forza e gli strumenti necessari per riuscire da soli a dare un ordine alla loro vita, al loro dolore.
Basta poco. Basta davvero poco.
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