Capita semplicemente di aver voglia di regalare qualcosa di proprio. Ecco, io voglio regalare un mio racconto a Ciccsoft. Voglio scriverne uno per questo bel blog e limitarmi pesantemente nella lunghezza, perché non mi sono mai misurato con la forma moltobreve e voglio provare.
Voglio raccontare una scheggia di storia e lasciare spazi bianchi tutto intorno.
Quella che segue, é una storia abortita. No, non é una storia che poteva diventare altro, magari un romanzo o qualcosa di più lungo. E' un piccolo settore illuminato di una narrazione. Il resto é al buio e io (come voi) non posso vedere cosa si nasconde nell'oscurità.
Non odiatemi, é la prima volta che tento l'essenziale.
L'uomo ha voglia di parlare, perché ha passato una brutta giornata e non sente altro desiderio che confidarsi con uno sconosciuto. Non ha nessuna intenzione di farselo, lo sconosciuto. Non é quello che cerca, questa notte. Lei é solo una sagoma a cui raccontare una storia. Che stia muta e ascolti. Non deve osare trarre conclusioni o fargli una predica. La stronza deve solo stare zitta, e ascoltarlo. In seguito l'uomo barcollando verso casa ripenserà all'incontrovertibile verità, e cioé che si sarebbe dovuto fare la donna dagli occhi nocciola che lo ha ascoltato senza fiatare. Ma sarà troppo tardi, e il rimpianto finirà con quanto mangiato in un fiotto di vomito spalmato sul marciapiede di via Chiaia.
Ma adesso nella mente dell'uomo la ragazza é solo una sagoma, e non c'é traccia di libido nel sua testolina annichilita.
L'uomo ha intenzione di raccontare quanto ha sognato e di come il sogno l'abbia turbato profondamente. Di come gli abbia rovinato la giornata, costringendolo a marinare casa e a rifugiarsi in questo localaccio di Piazza del Gesù, dov'é circondato da gente che ha come minimo dieci anni meno di lui.
Inizia a parlare, la sagoma tace e ascolta (o almeno così sembra). L'uomo si interrompe soltanto per bere e soltanto per pochi secondi. Poggia la mano nervosa sul bancone stringendo il bicchierino vuoto e un invisibile barista gli riempie di nuovo lo shot. Questo tantissime volte, tanto che l'uomo alla quarta bevuta comincia a chiedersi se in realtà non sia svenuto da tempo, se questo non sia altro che una specie di loop della coscienza provocato da un crash di sistema della sua lucidità.
L'uomo infine si fa coraggio, e dopo aver molto tergiversato in cazzate inizia a raccontare.
Racconta di piazza Garibaldi così come l'ha sognata lui, e dello strano odore che nel sogno aveva l'asfalto, che sembrava voler evaporare da un momento all'altro.
L'uomo sta con la moglie e la figlia. Non sa perché é lì nel sogno, o almeno non lo comunica alla sua ascoltatrice.
La bambina, che é un oggetto invisibile in basso a destra (fuori dalla sua visuale) gli stringe la mano sudaticcia.
La moglie indica la stazione delle FS. Per arrivarci devono attraversare la strada. L'uomo sembra restio a farlo, ma la moglie e la bambina per vincere la sua titubanza si avviano in avanti verso la strada e l'asfalto che sembra bollire e muoversi come materia lavica.
E' un attimo, l'uomo e la sua donna vedono la macchina arrivare.
L'uomo é ancora sul marciapiede, la bambina e la moglie sono sull'asfalto. Lei afferra la bambina e la scaraventa lontano. E qui - racconta l'uomo - nel sogno c'é uno strano stacco, perché all'improvviso lui si trova dentro il cranio di sua moglie. Sente lo sguardo di lei, lui é soltanto un ospite. Vede sua moglie salvare la bambina e poi la macchina enorme sempre più grande e poi vede il parabrezza della macchina che diventa una ragnatela e poi la macchina si allontana e poi sente l'asfalto duro e vede se stesso che guarda sua moglie. L'uomo racconta questo punto più o meno così, mangiandosi parole e concetti e senza prendere fiato. Poi si ferma per un po' per riprendersi, ma sono solo istanti.
Ricomincia a raccontare.
L'uomo guarda sua moglie per terra, senza riuscire a capacitarsi di quanto é accaduto. All'improvviso capisce quanto c'é di importante da capire. Capisce che se solo volesse, potrebbe cancellare la mano di bambina che di nuovo gli stringe la mano. Potrebbe avere sua moglie al suo fianco e il corpicino per terra. E' solo un sogno, può cambiare la storia. Basta un battito di palpebre. Per la prima volta si rende conto che non ci sarebbe alcun dubbio in lui se dovesse fare una scelta del genere nel mondo reale. E' quanto racconta alla sagoma dagli occhi nocciola, che non apre bocca, rapita dal racconto frenetico e sconnesso.
Un battito di palpebre, il potere di cambiare tutto.
E poi l'uomo racconta della strana fine del sogno. Racconta del momento in cui il suo piccolo quadretto familiare si é ricomposto all'improviso. Racconta di come ha stretto forte le mani di entrambe le sue donne e di come le ha costrette a seguirlo di nuovo sull'asfalto. Di come si sono stesi a cuocere al sole, avvolti dal vapore dell'asfalto bollente.
E racconta di come si sia svegliato solo e sudato nel suo letto, con le lacrime negli occhi e il sapore dell'asfalto di Piazza Garibaldi sulle labbra secche.
6 Responses to “Il sapore dell’asfalto di Piazza Garibaldi”