Benvenuti su Ciccsoft, il blog dimenticato dai bloggers.
Welcome on Ciccsoft, a useless blog.
P.s.: per gli italiani le cose vanno sempre addolcite...
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E' tutto un equilibrio sopra la follia
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Ripeti a voce alta: non organizzerò mai più una cena a casa di altri, non organizzerò mai più una cena a casa di altri, non organizzerò mai più una cena a casa di altri, non organizzerò mai più una cena a casa di altri, non organizzerò mai più una cena a casa di altri, non organizzerò mai più una cena a casa di altri...
Mi sono riempito gli occhi di bellezza, ed è stordente. Mi sono ricordato di quanta imperfezione esiste in quelli che la osservano. Fa quasi paura, la bellezza, per la sua perfezione. Come quando sulle montagne russe arrivi in cima alla salita e in quel momento in cui resti sospeso osservi il panorama intorno. La Bellezza è opprimente, poi ti rischiaccia al suolo come la forza di gravità. Ti inchioda a tutte le imperfezioni che ti si sbattono in faccia durante la discesa del trenino. E’ un’imperatrice eterea e insinuante a cui altro non possiamo fare che inchinarci e portarle un rispetto quasi timoroso. Ogni velleità di rivoluzione viene placata, perchè la Bellezza è sorda e cieca. Non si riesce nemmeno a rimpiangerla o desiderarla, quando è assente, perchè è immanente. Una nebbia che ci inebetisce, un colossale allucinogeno.
Quante storie per una scogliera a picco sul mare e uno sciame di pupe da storia che non finiva più.
Avevano attraversato il mare in nave, dormendo tra la melma e la salsedine di una notte interminabile, trovato casa tra le colline alberate dove il sole nasce e tramonta in mezzo agli ulivi, incontrato facce note tra le sabbie rosse di Kontoyallos, fatto richieste inutili di birre al doppio malto giù per il Liston di Kerkira tra la fortezza e il parco pubblico, gonfiato forte materassini ad Agyos Gordios fino ad impietosire i vicini di ombrellone, tirato tardi per i locali di Kavos inseguendo l'onda di inglesi ubriachi senza una meta ne' una ragione.
Avevano nuotato a lungo dentro le grotte su a Paleokastritsa, tuffandosi dalle rocce e pedalando contro i flutti mossi dal troppo vento, bevuto un cocktail infiammato parlando del futuro sempre troppo incerto, accolto un amico in ritardo tra il vento e la pioggia mattutina del porto, dimenticato un pallone d'oro sulle rocce di Gialiskari, ballato con inglesi cicciottelle e le loro madri sulle coste di Kassiopi, visitato le scogliere di Peroulades e Sidari con il vento in faccia e le onde fino al collo, mangiato troppo al tramonto nel giardino mentre le patate cuocevano sul grill, suonato forte la chitarra fino a che le dita non avevano i calli, offerto rose a studentesse slovene, mangiato pita al posto di piadina quando i fast food sono pieni e i bambini a dormire ormai da molte ore.
Avevano saltato per un'ora sulla baia di Agyos Georgios per rubare uno scatto magico che li cogliesse in volo, giocato a bocce senza nient'altro che sassi, guidato forte sulle curve di una pista di kart inseguendo l'altro senza raggiungerlo mai, tergiversato sui viali silenziosi con l'autoradio a palla su un classico degli anni '90 scrutando i volti e le reazioni della gente, fatto trenini con italiane nemmeno troppo chiacchierone, baciato venditrici di bracialettini senza comprarne nemmeno uno, cantato l'inno d'Italia a squarciagola alle quattro del mattino giù per il lungomare di Ipsos, dove l'isola fa una curva a destra e sale alta verso il monte.
Avevano mangiato spalla cotta e salame di pecora fino alla nausea, assaggiato il formaggio alle erbe e la temibile birra greca, avevano scattato foto e colto fiori secchi nel vecchio villaggio di Perithia sul monte Pantokrator, riso davanti un gruppo di tedesche sornione, suonato campane di una vecchia chiesa abbandonata mentre sulle loro teste giungeva lesto il temporale, salutato felicemente un greco socievole seduto al ristorante tra le colline del nord, dormito a lungo sulla spiaggia dopo tanta acqua, svegliandosi ammirando un cielo a pecorelle.
Avevano tergiversato fissando ragazze ad un tavolo ottenendone indietro solo gesti poco simpatici, scacciato vespe nel self-service di Glyfada, sonnecchiato sui divanetti dell'Aloha dove la festa comincia al pomeriggio e prosegue fino a notte mentre al tavolo a fianco giocano a backgammon e bevono caffè shakerato su ritmi house, giocato a pallone al porto in attesa del lungo ritorno fino a scatenare le ire della Polizia, ritrovato facce note con il sorriso sulle labbra e il segno degli occhiali da sole, cambiato in fretta i biglietti rischiando di rimanere fermi sull'isola e riposato a lungo sul ponte riparato dai venti, mentre appena sopra ballavano sirtaki e suonavano chitarre.
Solo allora, dopo aver fatto tutte queste cose e Dio sa quante altre, si riposarono. Chi in una stanzetta calda e polverosa, chi in un paese sperduto sugli appennini, chi in un'alcova d'amore mitteleuropea...
Oggi. Questa estrana estate metereologica mi ha comunque privato di molti amici, partiti per le vacanze o in campagna a raccogliere frutta. Decido di passare il tempo con la Playstation2, e giocando a Pes4 (simulatore di calcio, per chi non lo sapesse) a una coppa del mondo mi imbatto in un match alquanto particolare: nei panni della Nigeria trovo agli ottavi la nazionale azzurra.
5 Luglio 1994. La giornata trascorreva come tutte le altre, a Gatteo Mare insieme ai soliti amici. Non ero un granchè tifoso di calcio, avevo visto qualche partita di Italia ‘90 con indifferenza, e neppure la coincidenza tra il giorno del mio battesimo e la vittoria in Spagna ’82, 11 Luglio, mi gasava.
Quando Italia-Nigeria cominciò stavo giocando a briscola sotto l’ombrellone, invece di trepidare davanti alla tv gentilmente fornita dal bagno Niagara. Ormai era sera, quasi ora di tornare a casa, e feci l’ultima abluzione in mare della giornata; mentre ero in acqua un boato di disapprovazione echeggiò dal lungomare: goal di Amunike, 26° minuto, Nigeria in vantaggio. Pensai “e chissenefrega” è tutto il mondiale che facciamo schifo, siamo agli ottavi come (non certo) onorevole migliore terza. Da questo momento il tempo sembrò scorrere lentamente, quasi a dirmi “fai tutto quello che devi fare, ma fallo in fretta, l’appuntamento col destino non può aspettare all’infinito”; andai a casa, una doccia e a cena. Mio nonno guardava la partita rassegnato, a complicare la situazione un bel cartellino rosso a Zola, 75° minuto, il più amaro dei dessert. Mi alzai da tavola, mi vestii, mi lavai i denti ed uscì di casa. La mia serata tipo consisteva in un raid alla sala giochi per una dose di Mortal Kombat 2, per poi raggiungere la compagnia. Ero diretto alla mangiagettoni rilassato, in strada non c’era quasi nessuno e vigeva un silenzio irreale. Girai l’angolo tra via Forlì e via Matteotti e un nuovo boato invase il mio udito: urlai pure io senza sapere perché e mi lanciai dentro il più vicino albergo attratto da una forza irresistible, giusto in tempo per vedere il replay di un goal da antologia, 89° minuto, magia del Divin Codino. Ormai Shang Tsung e compagnia sanguinolenta non erano più nella mia mente, sostituiti da un numero 10 e dai colori azzurri. Feci una corsa alla sala giochi, che complici orario e partita era completamente deserta. Non presi neppure dei gettoni, mi misi con uno sgabello di fianco al proprietario, che aveva spento i monitor della sala biliardi per vedere la partita. Iniziarono i supplementari, silenzio totale fino al 100°, rigore di Baggio. Esplosi come un palloncino gonfiato troppo: ero diventato tifoso della nazionale, come giustamente doveva essere. Indetro non riuscirò a tornare mai più.
[Ovvero il risultato di una serata passata fra la tesi e musica depressiva[
[Nada Surf - If You Leave]
Passeggiava per le stanze senza riuscire a smettere di guardarsi attorno.
Il letto disfatto, la valigia spalancata ed i vestiti ammucchiati su una sedia, qualche foto, cd sparsi, il suo smalto per le unghie, i piatti sporchi, due telefoni in carica.
Lui dormiva sul divano.
[Creed - Six feet from the edge]
Con un nodo alla gola prese a riordinare le sue cose per andarsene in silenzio, prima del suo risveglio. Perchè se si fosse svegliato prima della sua partenza lei avrebbe ricominciato a parlargli, a spiegargli, a tentare di fargli capire cosa la feriva.
Ma sarebbero state solo frasi ripetute, quel che doveva dire l'aveva detto.
La sua presenza là non aveva più nessun senso, almeno fino a quando qualcosa non fosse cambiato.
[Death Cab For Cutie - A Lack Of Color ]
Lentamente ripercorse quello che per lei avevano significato quelle pareti; erano state casa, sicurezza, braccia amiche dove rifugiarsi nei momenti bui, amore, litigate da sola senza che la controparte se ne accorgesse, una sfilza inesauribile di canzoni memorizzate sotto un nome nell'i-pod, luci, colori, fiducia, affetto, sincerità, lacrime, sorrisi.
[Yuppie Flu - Now And on]
Rassettava le sue cose sapendo alla perfezione che quella poteva essere l'ultima volta che varcava quella soglia amica.
Gliel'avessero chiesto tempo fa non ci avrebbe creduto, o perlomeno avrebbe provato a sperare in un lieto fine. Ma poi la vita le aveva spiegato che non esiste un momento esatto per gli addii.
Che quella poteva essere l'ultima volta in cui lo vedeva, così, addormentato su un divano, "lontano" da lei.
[The Perishers - Trouble Sleeping]
Nel momento in cui avesse varcato quella soglia nulla più sarebbe dipeso da lei, se non il tornare indietro di corsa e a braccia aperte se mai le fosse stato richiesto.
Piangeva pensando che poteva far finta di essersi dimenticata qualcosa di stupido, un polsino magari, così, tanto per avere una scusa per tornare indietro, per rivederlo.
[Jet - Move On]
Stava là immobile sulla porta, sapeva di dover correre quel rischio.
Con le lacrime agli occhi si avvicinò al divano, lo baciò sulle labbra e gli disse "ti amo". Forse lui non l'avrebbe mai saputo, ma era vero, nonostante le lacrime, i difetti e le incomprensioni.
Chissà, pensò, magari le cose avrebbero potuto mettersi a posto.
[The killers - smile like you mean it]
Rimaneva ferma sulla porta quasi sperando che si svegliasse a dirle "Non andare, resta qua, resta con me". Stava facendo l'ultima cosa che avrebbe desiderato fare e si odiava a morte per quello.
Ma doveva anche provare ad avere un po' di fiducia in lui, nei suoi sentimenti.
E nel frattempo sentirsi morire ogni giorno all'idea di non avere più un suo segno di vita.
[Ben folds - The luckiest]
Lasciò scivolare la mano sulla maniglia tentando di soffocare i singhiozzi.
Poteva durare un'ora, una settimana, un mese o per sempre.
Il tempo di un respiro ed era fuori da quella casa.
E solo il tempo avrebbe potuto dire se avrebbe avuto ancora il diritto di chiamarla con quel nome...
[Emm Gryner - Symphonic]
Ed eccoci qui, per la prima volta in un internet point tentati dall'irresistibile bisogno di farsi vivi in qualche modo su questi lidi. Solo per dirvi che qui e' tutto ok ed in particolare che:
Mattia dopo due giorni ha gia' dimenticato quel paio di accordi che aveva appreso con la chitarra.|
Nella speciale classifica dell'abbronzatura Attimo arriva buon ultimo.
In Grecia non sanno fare i cocktail alla frutta.
Divertirsi e' faticoso, ce la stiamo mettendo tutta.
Non beviamo acqua da giorni. Il sapore di CocaCola domina nelle nostre gole.
Gli inglesi avranno anche dominato il mondo nell'ottocento ma ora danno triste spettacolo di se' in questi lidi.
Le italiane sono meglio delle inglesi.
Siamo diventati truzzi come non credevamo fosse possibile.
Nonostante le dita in alto e i costumi adamitici, Simo non rimorchia.
Facciamocene una ragione. 🙂
A presto!