Le pareti dipinte di rosso, i faretti, gli specchi enormi nelle loro antiche cornici di legno dorato, scampoli di tessuto, attaccapanni pieni d'abiti, e la "passerella", quella che tante volte aveva battuto issata su tacchi chilometrici, fasciata in vestiti da sogno, scherzando con le amiche come se nulla fosse.
"L'atelier" lo chiamava quando avevano quattordici anni, dei giochi di tre ragazzine, la stanza giusto dietro il salotto, non il "Salotto Buono" ovviamente, là ci stavano le nonne coi loro guanti di pizzo a prendersi il The e a giocare a Bridge. Era cambiato poco o nulla in quella casa, la vecchia governante inglese aveva lasciato posto ad una "nanny" trilingue per allevare le nuove leve; c'era la playstation, ma anche la cameriera che dopo averle aperto la porta l'aveva fatta passare nel vecchio rifugio estivo delle ragazze dicendole tutta cerimoniosa: "L'annuncio alla Signorina".
La porta di legno si mosse lentamente, ne uscì una figura esile, abbronzata, i capelli raccolti in una coda di cavallo.
"Sczita!"
"Deba..."
"Grazie d'essere venuta."
"Sarei venuta anche prima, grazie d'avermi avvisata in tempo comunque..."
"E' stato un fulmine a ciel sereno per tutti, aspetta, mettiti comoda, prendi qualcosa su, fa come fossi a casa tua. Un Martini va bene?"
"Sei gentile, andrà benissimo."
La seguì nel salotto dietro le cucine, si accomodò in poltrona e rimase in attesa che la sua Ospite riprendesse la conversazione.
"Cavoli come ti mantieni bene tu, non si direbbe che la più giovane tra le due sono io."
La squadrò: le unghie laccate alla perfezione, il trucco coprente, la pelle segnata da una vita senza freni nè regole. No nessuno l'avrebbe mai detto. Ma non era il caso di rimarcarlo.
"Taci tu, che sei splendida."
Erano i momenti in cui odiava il fatto di essere nata donna.
"Sczita..."
"No, non dirmelo, non voglio saperlo, scusa, non riesco ancora ad accettarlo, solo ieri sera..."
"Lo sapevamo già che era solo questione di tempo, una volta, l'altra, non poteva durare così per sempre...."
"Com'è successo? Quando cazzo? Perchè non l'hanno salvata?"
"E' successo stanotte, quello insomma, sai...qua nessuno ne parla...era sola, l'han trovata stamattina...era per terra, dicono che non abbia sofferto, che l'arresto sia stato quasi immediato..."
Quasi immediato. Non ha sofferto. Morte veloce, quasi dolce. Pensava alle altre volte in cui si era trovata ad ascoltare le stesse parole. Stronzate in fin dei conti, chi poteva affermare d'esser tornato indietro a raccontarlo?
"Sczita?"
"Non doveva accadere."
"Lo so."
"Tu come stai? Vedo le tue foto sulle copertine dei rotocalchi, ricevo il tuo regalo a Natale e per il compleanno., ma tu. Tu come stai?"
"Come lei, tra alti e bassi. Per di più sono insoddisfatta, non so più essere felice per nulla, sto male perfino quando scopo, anche se non potrei mai dichiararlo ad un giornale, sto con un uomo che potrebbe essere mio padre, non ho amiche della mia età ma ho una guardia del corpo.Non è tutto oro quel che luccica..."
"Non dire così...vedrai, starai meglio anche tu..."
Eppure dentro di sè era come se mentisse. Stringeva le mani della sua frivola amica sapendo d'essere la più fortunata tra le due, con la sua vita semplice e i suoi sogni tangibili. Guardava con occhi diversi quella stanza dove tante volte aveva "giocato a fare la Signora", rendendosi conto di tutto ciò che v'era di superfluo, d'inutile, oggetti. che non avrebbero preservato quella casa dalla sofferenza, nè erano più in grado di donare un briciolo d'eccitazione, di qualcosa di simile alla felicità.
"Sono le nostre scelte che ci rendono forti Deba..." Disse con più convinzione indugiando sulle lettere di quei soprannoimi infantili. "...tu puoi ancora scegliere, lei no. Non si trova sempre sopra le righe la felicità, a volte è più vicina di quando tu possa credere...per quello non la vedi..."
E rimasero immobili, in un abbraccio silenzioso denso di due vite diverse, come fossero state ancora bambine, innocenti, inconsapevoli della malvagità del mondo, senza i segni della vita sulla pelle.
E lei, l'altra, era con loro.
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