Passato il day after dei festeggiamenti e della pubblica gioia da parte del centrosinistra per il trionfo, in termini di audience elettorale, delle elezioni Primarie, mi pare sia doveroso fare il punto della situazione e annotare alcune considerazioni.
4 milioni di elettori sono stati un successo numerico inaspettato, una grande celebrazione della voglia di far sentire una voce, di dare una spinta forte all'imbarcazione dell'Unione indicando chiaramente quale sia la persona più credibile da mettere alla guida della coalizione. Prodi, che piaccia o meno ai puristi della politica fatta di soli ideali, rappresenta oggi il solo candidato possibile che riesca a mediare, seppur a fatica, tutte le anime del centrosinistra. Non è credibile un governo Bertinotti, insensato un leader della società civile come Scalfarotto. Stiamo parlando di elezioni politiche e i giochi si fanno con mediazioni, compromessi e accordi bilaterali. Per litigare e far emergere le scelte dei partiti ci sarà modo poi, a governo formato. Ora è il momento di radunare la gens e affilare le spade. A contrapporsi saranno Prodi e Berlusconi, come il popolo grida a gran voce. Lo scontro tra titani, che mancava da dieci lunghissimi anni.
Inutile però dormire sugli allori di un'elezione primaria andata bene. Se da un lato è un segnale positivo che sicuramente dona nuova linfa a tutto il sistema politico dell'opposizione, dall'altro va tenuto conto che ha votato circa il 18% dell'elettorato di centrosinistra (stando ai dati del 2001, purtroppo obsoleti). Rimane da conquistare la fiducia e la conferma di tutti quelli che hanno preferito rimanere a casa, seguaci di una fede politica più tiepida ma non per questo da sottovalutare. Vanno conquistate le casalinghe che hanno ritenuto superfluo esprimersi oggi, quelli che la politica la seguono solo marginalmente, i lavoratori delle classi più bistrattate dall'attuale compagine governativa e soprattutto bisognerà saper parlare ai giovani, vera anima pulsante della sinistra che scende in piazza, si infervora e dialoga sui grandi temi di interesse generale. Per farlo Prodi dovrà saper costruire un programma finora poco chiaro, rispettando quel 15 percento di elettorato che gli ha preferito Bertinotti, un dato estremamente significativo. Una voce che chiede finalmente un "governo di sinistra" e non una legislatura dove vivacchiare tirando avanti come si può, che a poco servirebbe. Il grido strozzato di Moretti in "Aprile" è ancora valido, un decennio dopo.
Da non sottovalutare infine è il peso politico che queste elezioni hanno avuto sull'altra metà del Parlamento, quella che pensa, governa, aggiusta e vota compatta le varie leggi che vengono in mente al peones di turno per risolvere problemi futili al bene del Paese. Il falso in bilancio, le rogatorie internazionali, l'immunità parlamentare, la Gasparri e non ultima la riforma del sistema elettorale che gli italiani avevano scelto di mandare in pensione dodici anni prima con un semplice referendum. Il governo si impegna ma non chiede mai legittimazione al popolo sovrano, in nome di un mandato ormai logoro e di un contratto con gli Italiani in scadenza. E' un Governo assente anche nelle manifestazioni più semplici dove si richieda la sua presenza, quando una vedova piange un marito che si è sacrificato agli altari della politica ed è solo il Capo dello Stato a commemorarne l'onore.
Queste elezioni dunque, non possono che diventare un chiaro monito dell'elettorato fedele all'Unione: noi ci siamo, siamo pronti e decisi a farci sentire. Il grande cuore della sinistra ha reagito prontamente alla chiamata e con pazienza e dedizione si è recata alle urne sopportando volentieri code interminabili ma necessarie. Berlusconi in cuor suo non può che preoccuparsi, quando la sua coalizione vacilla sotto un Follini dimissionario e anche i suoi sondaggisti dicono picche guardando al futuro. Ora almeno una data di fine lavori c'è, le elezioni sono fissate al 9 aprile, cui ci separano centosettantatrè giorni di lungo inverno. La campagna elettorale sarà aspra come non mai ma questa volta sono le poltrone ai piani alti a tremare in vista del risultato, mentre là fuori l'elettore ha fatto già sentire la sua voce segnando il primo gol della grande partita della Democrazia. Uno a zero, palla a centrocampo.
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