Domenica scorsa ero in battello.
Ad un certo punto ho sentito qualcuno che si strusciava palesemente su di me, sulle mie gambe, mi sono sentita nauseata. Poi mi sono voltata, e c'era un uomo di mezza età, con l'uccello in mano, appoggiato a me, ai miei vestiti, alla mia giacca. Confuso nella ressa.
L'ho afferrato per il polso e mi sono messa ad urlare, schifata, nauseata, attirando subito l'attenzione del marinaio e della gente. Ho preteso d'arrivare in stazione, di denunciarlo, di perdere due ore del mio tempo ed un numero imprecisato di treni in una situazione che già per me non era facile.
Mi hanno scoraggiata in tutti i modi, mi han detto che in fondo non avevo visto nulla di così straordinario e che non c'era il tentativo di violenza, quanto più che altro una blanda molestia. Ho vomitato da sola, col buio, nella stazione di Rovigo, spersa, tra le lacrime, per la doppia umiliazione. Come se chiunque avesse il diritto di farsi una sega su di me, come se la cosa non fosse grave.
Poi sono tornata a casa e ho letto questo.
Non c'è più rispetto per le umiliazioni. Non più.
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