Otto marzo.
L'ennesimo otto marzo in cui la mattina manco mio padre mi ha fatto gli auguri.
Ogni tanto penso che avrei bisogno di sentirmeli fare tutti i giorni gli auguri.
La mattina quando mi alzo vorrei che qualcuno mi ricordasse che esisto a rendere più bello il racconto del mondo.
Può sembrare stupido ma non lo è.
Sono una donna, sono un trattore se mi ci metto, un segasso come si dice qua a Venezia.
Ho un mio lato femminista, con tanto di zoccoli e gonnellone fiorato, ma senza che questo entri in contraddizione con le mie fragilità. Col mio essere e reagire sempre e comunque in maniera emotivamente diversa rispetto ad un uomo.
Ci si vende anche nel 2006, ci si vende ovunque con un sorriso, con il dover subire quelle umiliazioni che i nostri nonni avrebbero considerato affronti.
Vendersi è anche rinunciare a una parte di se stesse in nome di una nuova convenzione sociale che ci vuole più "aperte", tollerare col sorriso. Subire gli altri che vorrebbero che le mancanze di rispetto fossero normalità, perchè oramai si usa così, è il modo comune di pensare.
Qualcuna delle persone che ho accanto forse mi rispetta come persona.
Nessuno come donna, nella mia diversità.
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