Tendo sempre ad escludere l'esistenza del Destino, e penso che qualsiasi successo nasca prima di tutto da noi stessi, dall'impegno e dalle motivazioni fino ad arrivare a quel pizzico di "fortuna", se vogliamo chiamare così la componente casuale a noi favorevole. Tuttavia la vittoria di ieri, data ormai per sempre scolpita nei libri della Storia del Calcio Italiano, credo si spieghi molto così. Se ieri sera dopo 24 anni abbiamo celebrato il quarto titolo ddi campioni del mondo (brividi solo a rileggere questa frase), molto lo dobbiamo al Destino, alla nostra natura che ci portiamo addosso e che questa volta non ci ha penalizzato ma lanciato in volo, e a una benevola predisposizione del Fato. Sensazioni personali, certo. La finale con la Francia è stata la partita dove abbiamo più sofferto nell'intero mondiale. Zidane e compagni sembravano più freschi e più velenosi di noi, nonostante si dicesse che fossero ormai vecchi e logori. Tutt'altro. Fino all'incredibile momento di follia (ma chissà che gli avrà mai sussurrato il buon Materazzi...) Zidane instillava nella nostra retroguardia attimi di incertezza, e nei varchi della difesa italiana stranamente più aperta del solito si infilavano due furetti come Henry e Ribery. Era una Francia praticamente senza punte ma con diffusa pericolosità, quasi più fresca e disinvolta nell'appuntamento capitale della Coppa del Mondo. L'Italia invece si è mostrata titubante e fisicamente incerta all'appuntamento cardine, pur rimediando subito al rigore con Materazzi e colpendo pure una traversa con Toni. Poi nel secondo tempo e nei supplementari abbiamo dato la sensazione di soccombere, di non riuscire a colpire una squadra francese che dava una vaga ma preoccupante sensazione di superiorità. Ed è qui che entra in gioco il discorso destino. In un altro mondiale credo che questa partita l'avremmo finita col perdere: Totti era un'ombra, gli altri difendevano, come da prassi consolidata ( Cannavaro e Buffon a commoventi, a livelli astrali) ma non saremmo mai riusciti ad affondare il colpo decisivo. Eravamo come più vuoti, più stanchi e più smarriti, mentalmente, rispetto alle altre partite del Mondiale. Eppure abbiamo alzato la Coppa, perchè, dopo 24 anni, "doveva" andare così. L'espulsione di Zidane è l'episodio a noi favorevole. Riusciamo ad arrivare ai rigori, quasi volendo consegnare il nostro futuro alla cieca Lotteria. Li segnamo tutti e cinque (!), l'ultimo lo sigla l'Uomo Nuovo venuto dalla C2, Fabio Grosso. La Francia si infrange contro la traversa sul tiro del nostro giustiziere di 6 anni fa, Trezeguet. Trionfo, Cannavaro in piedi sul podio, Lippi sollevato dai giocatori proprio come avvenne per un tale Bearzot. Facile dirlo adesso, ma penso che il Mondiale l'abbiamo vinto con quell'uno-due finale con la Germania. O meglio, abbiamo capito che l'avremmo potuto davvero vincere. E' stato il momento emotivo più bello e significativo. Ieri siamo passati alla cassa, e abbiamo ritirato il premio nel modo più drammatico e lancinante. Il Destino ha voluto che questo gruppo di 23 giocatori, guidato da un allenatore antipatico ma vincente, che ha saputo essere quella vera stella che in campo non avevamo. Non siamo andati avanti per bagliori accesi da fuoriclasse, dei quali come si è visto eravamo sprovvisti, non abbiamo avuti favori arbitrali, non abbiamo mostrato un gioco scintillante. Abbiamo buttato in campo nervi, fortissima determinazione, grandissima capacità di intepretare la partita, assecondandone i vuoti d'aria e sfruttando le correnti favorevoli. Le celebrazioni daranno il giusto tributo alle super prestazioni di Cannavaro, Buffon, Grosso, Materazzi, Zambrotta, Gattuso, Pirlo, e dell'opera magnifica, diciamolo, di Lippi, ma se ora siamo qui a festeggiare lo dobbiamo alla forza di nervi di questa Nazionale baciata dal Destino. Intelligente e pratica, un ingegnere dall'animo artigiano che si è applicata con metodo e passione, per poi guardare in cielo e godere. Dopo 24 anni (l'intera mia vita) aggiungiamo una data, rinfreschiamo gli archivi di immagini, nuove generazioni hanno la possibilità di gridare, una volta di più di Martellini, il grido
Campioni del Mondo. Dopo anni di beffe ai rigori o ai golden gol, una generazione di buoni calciatori italiani raccoglie quello che non aveva saputo fare prima, per difetti ed errori propri. Questa volta non hanno sbagliato nulla, dentro e fuori dal campo, sapendo vincere tra le macerie di uno sport piegato dagli scandali. Anche questo contrasto grottesco, sa tanto di un Destino che si diverte a prendersi beffa degli Stolti e dei Furbi, e fa gridare al cielo una Nazionale e una Nazione che voleva (il termine più adatto) questa gioia. Quando "volere" significa piegare gli eventi, ignorarli e saperne costruire di favorevoli, scegliere quasi inconsciamente una strada che ti porta dritto nell'Olimpo del Calcio.
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