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: che c'entra lui con la Cola?
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E' tutto un equilibrio sopra la follia
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Cinque anni fa a Genova il nostro Paese fu trascinato nel baratro della barbarie fascista. Cinque anni fa questo Paese è diventato un posto meno sicuro, nel quale le garanzie democratiche possono essere sospese. I responsabili di quello che è successo sono ancora (per lo più) a spasso. Tra questi ci sono poliziotti, carabinieri, teppisti black-bloc e teppisti tradizionali, ultras da stadio, agenti della Digos, esponenti della GDF, medici e polizia penitenziaria, politici e fiancheggiatori. Bisogna trovarli tutti e processarli, dovunque si siano nascosti, qualunque identità abbiano assunto. Occorre separare i colpevoli dagli innocenti e aggirare i depistaggi. Se questo non avverrà, la ferita di Genova rimarrà un fiume carsico di risentimenti e vendette. E la memoria non può essere la stampella della vendetta. Ma della giustizia.
Cyrano.
La faccenda dei senatori ribelli che da settimane minacciano di non votare il decreto sul rifinanziamento della missione umanitaria in Afghanistan diventa ogni giorno più paradossale. I punti ambigui, in questo caso, sono più di uno, e muovono dal più spietato cinismo politico mascherato da intransigente pacifismo, fino ad una buona dose di incoerenza e non-senso.
Iniziamo col chiarire di cosa si sta parlando: la missione umanitaria in Afghanistan - seguita alla guerra tra truppe angloamericane e talebani dopo l'11 Settembre 2001 - è una missione multilaterale sostenuta da 35 paesi (fra i quali la Spagna di Zapatero, giusto per dirne una) sotto l'egida dell'Onu e della Nato, missione nella quale è sostanzialmente confluita la precedente missione Enduring Freedom portata avanti unilateralmente dalle truppe angloamericane contro il regime talebano.
I cosiddetti senatori ribelli, manifestando la propria contrarietà al voto sul rifinanziamento di questa missione, esprimono un'opinione che - seppur legittima e inserita nella normale dialettica di una coalizione di governo - presenta diverse zone d'ombra. Vediamo quali sono:
- innanzitutto, si dice di non voler votare il rifinanziamento perchè altrimenti si mancherebbe di discontinuità nei confronti della politica estera del governo Berlusconi. Bisognerebbe muovere due critiche: la prima - di merito - consiste nel chiedersi se non può definirsi abbastanza discontinuo un decreto che stabilisce il ritiro del contingente italiano dall'Iraq (oltre al cambio di prospettiva sulla missione afghana). Inoltre, bisognerebbe chiedersi fino a che punto le priorità del governo debbano essere le necessità dei fatti contingenti o il distinguersi dai suoi predecessori. Se il principio della discontinuità dovesse diventare predominante nelle scelte più delicate dell'esecutivo, non si vede perchè allora non si debba tenerlo in considerazione sempre. E quindi (giusto per fare l'esempio di alcune dirette conseguenze) eliminare il divieto di fumo dai luoghi pubblici o ristabilire la leva obbligatoria. La seconda critica è nel merito: il mantra della discontinuità ha fornito un assist magistrale ad un centrodestra che si stava già lacerando sul voto per il rifinanziamento. La Casa delle Libertà si è invece ricompattata arrivando addirittura a votare il decreto del governo (decreto che prevede anche il ritiro dall'Iraq), pur di mettere in difficoltà il centrosinistra e i senatori ribelli usando parole chiave ('continuità') che non tentano di nascondere questa intenzione.
- si profila anche un problema di coerenza. Il programma dell'Unione col quale tutti i deputati e i senatori (compresi i ribelli) si sono presentati davanti agli elettori non accennava minimamente alla possibilità di un ritiro del contingente italiano dalla missione afghana, anzi, enfatizzava l'importanza dell'impegno italiano in quelle missioni umanitarie condotte da coalizioni multilaterali sotto l'egida delle Nazioni Unite. Non si vede come l'obiezione di coscienza che impedisce oggi ai senatori ribelli di votare il rifinanziamento, abbia permesso comunque loro di candidarsi appoggiando un programma che era abbastanza esplicito. Oggi, la cosa più coerente da fare per questi senatori sarebbe probabilmente dimettersi.
- tra l'altro, è il meccanismo stesso dell'elezione di questi senatori a suggerire una scelta di questo tipo. Il 9 e 10 Aprile gli italiani non hanno votato la persona, il singolo deputato o senatore, bensì un partito. Considerato che tutti i partiti - compresa Rifondazione Comunista - hanno annunciato il loro voto favorevole al rifinanziamento, gli otto senatori si pongono in una posizione di palese violazione del contratto stretto col partito e con gli elettori al momento della consultazione elettorale.
- le impostazioni teoriche con cui si porta avanti la scelta del no al decreto sul rifinanziamento, poi, fanno pensare. Luca Sofri fa notare sul suo blog:
"Se si è contrari all'uso dei militari per operazioni volte a garantire - come in Afghanistan - la sicurezza delle persone in zone in cui l'illegalità e la violenza prevalgono - operazioni che prevedono l'uso della forza - che giudizio si dà per esempio dell'operazione “Vespri siciliani” con cui nel 1992 fu impiegato l'esercito in Sicilia dopo l'assassinio di Falcone e Borsellino? In quali posti in cui la gente si ammazza e ammazza civili innocenti, è opportuno usare la forza militare?".
- e come giudicare, allora, le dichiarazioni dei senatori ribelli che affermano che in caso di voto di fiducia voteranno il decreto sul rifinanziamento per evitare che torni al governo Berlusconi? Basta un voto di fiducia - o un cambio di governo che, per quanto sgradito, rientra nelle regole normali della democrazia di un paese - per mandare a quel paese tutti i discorsi sul "no alla guerra senza se e senza ma", sul pacifismo come ragione da anteporre a qualsiasi decisione di politica estera, sul puro idealismo di chi annuncia il proprio voto contrario? Sembra quasi che questa logica voglia che tra la guerra in Afghanistan e il governo Berlusconi, il male minore sia rappresentato proprio dalla guerra.
- a proposito di questo cinismo, che dire delle dichiarazioni di chi chiede che vengano inviate delle truppe anche italiane in Libano per fermare gli attacchi israeliani? Sembra che la decisione di opporsi al decreto sul rifinanziamento non risponda tanto ad una questione di coscienza quando ad un (pre)giudizio politico piuttosto evidente.
- alla luce di tutto questo, sembra lampante la motivazione vera di questa battaglia dialettica e politica: la lotta per il predominio sull'elettorato di estrema sinistra, la sfida per ottenere la maggiore visibilità possibile, il clamore provocato per il solo gusto di smuovere le acque e solleticare gli istinti rivoluzionari di una certa minima (e anacronistica, come dice Napolitano) parte dell'elettorato di sinistra. Scrive oggi Rampoldi su Repubblica:
"Però abbiamo il sospetto che non pochi esponenti di questa sinistra radicale non siano affatto accecati dall'ideologia. Che insomma sappiamo bene quanto fasullo sia il loro Afghanistan: o comunque considerino secondaria la verità. Obbediscono ad un calcolo quasi privato, pre-politico. Cosa conviene dire, dove conviene posizionarsi, cosa vuol sentire il mio pubblico, il mio elettorato, i miei sovvenzionatori? Quale tesi mette in difficoltà i miei competitori? Quale opinione mi giova di più, mi distingue, mi rende più visibile? A verità complesse spesso l'utenza preferisce bugie verosimili, cioè coerenti con le proprie aspettative. E quelli gliele confezionano. In questo gioco di simulacri e imposture l'intransigenza è brandita come la prova della propria superiorità morale: da qui l'abitudine a screditare come agit-prop della Nato, piazzista di bombardieri e "servo degli americani" chi articola un ragionamento sgradito."
Insomma, il governo rischia di essere ingoiato (e persino di cadere) su una cinica lotta di posizione interna alla sinistra radicale mascherata da crisi di coscienza e battaglia idealistica. Una lotta che, se condotta con chiarezza dialettica nei confronti degli elettori e della coalizione, potrebbe persino risultare legittima, ma che con questi metodi - ingenuità politica mista a spregiudicata aggressività, incoerenza e ingenuità - rischia di far dei danni molto seri ad un esecutivo in equilibrio precario che dovrà rispondere alle sfide più impegnative degli ultimi anni. In Italia e, soprattutto, fuori.
Annibale, fino a cucciolo, era sempe stato un cane con più sfiga che zecche, sebbene le seconde raddoppiassero il suo peso corporeo e lo costringessero a molte dialisi ogni pomeriggio.
Appena nato precipitò in un fast food in fiamme, ma fu salvato da Lou Reed, ir quale era entrato per provare le nuove patatine deodoranti, di cui tanto bene si parlava (si mordevano, si applicavano alle ascelle e si rimangiavano). In questa vicenda Annibale perse la virilità, ma anche la verginità, mentre Lou Reed acquistò entrambe. Il giorno dopo Annibale perse la madre a Sensible Soccer. All'età di tre anni restò indemoniato, a quattro anni ebbe un incidente aereo che gli disintegrò le ghiandole salivari, ma lo liberò da Satana e da un una fastidiosa forma di tumore alla vie urinarie. A sette anni gli si incendiò senza motivo un capezzolo, ad otto divenne allergico al tip tap, cosa che ogni volta che vedeva ballare ir tip tap, schiumava creolina dalla nuca. A undici anni, durante un erroneo soggiorno all'obitorio dei cani, gli asportarono la mascella per lanciarla in aria, il cane si svegliò e da allora non è stato più in un cimitero. Tentarono di azzeccargli il maltolto, ma tutto inutile. Allora gli misero un sacchetto di charms. Un cane quasi più jellato di Jarno Trulli.
La consueta rubrica "Notizie dal mondo" questa settimana non sarà pubblicata causa divergenze sindacali tra lo scrittore e il suo cervello. Ci scusiamo per il disagio, in sostituzione potrete vedere una puntata della serie "La signora in gaillo".
Stasera sono arrivate dalla Caf le sentenze di primo grado del processo sportivo, avrete saputo.
In realtà le sentenze erano già arrivate stamattina, pubblicate sulla Gazzetta dello Sport che, a camera di consiglio in corso, sapeva già come sarebbe andata a finire (punto più punto meno).
D'altraparte si poteva intuire quale sarebbe stato l'esito dopo che Guido Rossi, a camera di consiglio in corso, tanto per fugare i dubbi che i giudici fossero condizionati e condizionabili era andato alla commissione cultura della camera a riferire di aver trovato "illeciti diffusi e gravissimi".
Quanto partorito dalla Caf di Cesare Ruperto, rinforzata dall'ex consigliere d'amministrazione dell'Inter Guido Rossi con l'inserimento in extremis dell'avvocato Porceddu, estromesso da Carraro e dal "sistema moggi" dopo aver chiesto condanne dure per i protagonisti dello scandalo dei passaporti falsi con Inter (patteggiamento di Oriali e Recoba in sede penale) e Roma coinvolte (all'epoca i verdetti scomodi si aggiustavano così), è un pasticcio piuttosto grottesco.
L'impressione è che la colpevolezza e il giudizio sugli episodi siano stati calibrati per arrivare ad un verdetto che era stato stabilito come l'unico possibile secondo criteri che poco hanno a che vedere con il giuridico.
Sostanzialmente Ruperto ha ricalcato la teoria dell'illecito "strutturato" pur senza portare avanti la storia della "Cupola", fantasiosa invenzione dei Carabinieri del nucleo operativo di Roma.
La Juventus va in B con 30 punti di penalizzazione perchè i rapporti intrattenuti dai suoi dirigenti con i designatori non erano "consoni al mantenimento del clima di lealtà sportiva, probità e terzietà" e si configurano come illecito sportivo (anche se il codice di giustizia sportiva non dice esattamente così). D'altraparte non è il caso di stare a sottolizzare su questo punto quando lo stesso avvocato difensore dice chiaramente che una condanna di questo tipo non gli dispiacerebbe, tattica processuale o non tattica processuale.
Il "latin lover della Caf", Massimo De Santis è l'unico fra i "fischietti", insieme a Dondarini (il cui coinvolgimento, ancora più forzato, inguaia la Fiorentina), ad essere squalificato. In pratica si faceva di tutto per "falsare i campionati" ma gli unici che potevano falsarlo sono innocenti.
La Lazio è un po' un caso "unico" perchè tutti gli arbitri coinvolti per le partite che le venivano contestate sono stati assolti, quindi gli aquilotti del "moralizzatore" Lotito vanno in B (con punti di penalità) per le "pressioni" sui vertici federali allo scopo di ottenere "un occhio di riguardo". Che può voler dire tutto e niente.
Il Milan, nonostante le ingiustificate lamentele della grancassa del CaiNano, incassa il bottino pieno: usufruisce del "regalo" di Palazzi che gli ha tolto la responsabilità diretta per l'illecito (riconosciuto come tale) con un'operazione di fantasioso maquillage giuridico in sede di deferimenti e si salva dalla serie B. Come se non bastasse, per via dell'insipienza della Caf che ha calcolato male i punti di penalità per il campionato appena concluso (-44 invece di -46), rischia di andare a fare ugualmente la Coppa Uefa il prossimo anno.
Riassumendo si tratta di un confusionario compromesso che presta il fianco a ricorsi, contro-ricorsi, polemiche ed infinite recriminazioni e che non soddisfa nessuna "piazza" né quella forcaiola (con la Juve) né quella innocentista (con tutti gli altri).
A meno di una settimana dalla finale di Coppa del Mondo si sente già la mancanza del "calcio vero", per intenderci quello in cui l'Inter (campione d'estate a ragion veduta quest'anno) finisce per perdere uno scudetto già vinto, magari proprio in favore di quel Milan "vittima dei giudici comunisti" (anche qui) rinforzato dall'aggiunta di un paio di riconoscenti campioni bianconeri come Buffon e Zambrotta che stanno già facendo le valigie pronti a raggiungere Milanello.
Sono sicuro che i nerazzurri si stanno già attrezzando per farci tornare tutti alla spassosa normalità.
Rendo partecipi i lettori del mio nuovo (vergognoso?) record personale. Ho da poco terminato di lavare la pila di piatti (40 minuti di passione), per la prima volta, dopo ben 7 giorni da quando mi trovo in casa da solo. Non era più fisicamente possibile proseguire: ogni tipo di stoviglia, pentola, padella, forchetta, coltello, cucchiaino, piatto era indisponibile pertanto stasera o si lavava o non si cenava. Attimi di panico ieri, quando si è riusciti a concludere per un soffio il sesto giorno ordinando una pizza ed utilizzando il solo coltello grande del pane, rimasto pulito, per tagliarla.
Sono un maestro dell'arte del risparmio sul lavaggio piatti. Ovviamente il trucco sta nel mangiare a casa solo la sera, e nemmeno sempre... un giorno vi spiego meglio.
Ultimamente se ne fa un gran parlare, nel bene e nel male.
Ginecologi che procurano cocktail di farmaci che danno effetti simili vengono alternativamente osannati o considerati alla stregua di assassini a sangue freddo.
Spesso chi è a favore del cosidetto "aborto farmacologico" ne parla senza la minima cognizione, ignorando i dolorosissimi effetti collaterali, il peso supportato dall'organismo per riassorbire e smaltire il farmaco ed il trauma psicologico, che, intervento o non intervento, inevitabilmente rimane.
L'aborto farmacologico è doloroso quanto uno spontaneo e nel caso di non completa espulsione di tutto ciò che è da espellere si deve procedere lo stesso al raschiamento dell'utero (come quando dopo il parto una bara sulle goccette, per intendersi, il principio è lo stesso).
Solo che adesso viene presentato come rimedio miracoloso in un'Italia dove abortire per una donna è diventato un iter umiliante ed estremamente complicato.
In un'Italia dove a son di presentare l'astinenza come il metodo più sano per la prevenzione delle gravidanze non viene fatta una corretta educazione sessuale, dove non sono solo gli adolescenti ad ignorare i più banali metodi di contraccezione.
E quel che mi da più fastidio è vedere chi marcia sopra un problema enorme e si nasconde dietro un dito. Anche il rimedio farmacologico dovesse essere migliorato, ottimizzato e tutto il resto basterebbe rendere la sua distribuzione umiliante come lo è adesso per una donna recarsi in un consultorio se il suo non è un caso "disperato".
In Italia siamo a livelli in cui se ti si rompe un preservativo devi aver paura di sostenere lo sguardo di disprezzo del ginecologo che potrebbe rifiutarsi di firmarti la ricetta per la pillola del giorno dopo.
Il problema, purtroppo, è alla base.
Ma come? Fai l'intervista in diretta tv e non riveli che ti ha detto Materazzi? Non abbiamo mica tempo da perdere noi. Almeno non ulteriormente a quello che perdiamo chiedendoci se Lippi ci ripensi nonostante più volte abbia detto no.
Che avranno da nascondere sti due? Parlate chiaro e fàmola finita!