Si arrischia di piangere un poco se ci si è lasciati addomesticare…
Luogo: cucina. Ore nove del mattino. In attesa di uscire, come ogni giorno. Rimuginavo sulla volpe, sul Principe, sulla Rosa. Il latte, pensiero dopo pensiero, svaniva dalla tazza, inesorabilmente.
Mi chiedevo “cosa ci guadagno io, se non ha nemmeno i capelli del colore del grano”? Piccoli, dolci pensieri, per una giornata ancora nascente.
Si apre la porta della stanza. Due ragazze siedono accanto a me. In coro: “Oh, Il Piccolo Principe! E’ il mio libro preferito!”. In coro, dico. Perfettamente in sincrono.
Le guardo. Non voglio cominciare ad essere cattiva e perfida, cerco di sorridere e tento di recuperare il filo delle mie sensazioni. Ma è inutile. Oramai il dialogo è aperto, volente o nolente. “Se vuoi ho la versione in francese… “. Stancamente, poso il cucchiaio. “Non so il francese. Non così tanto bene da poter leggere un libro, per lo meno”. E, con aria di sufficienza, ricevo un: “Peccato. In lingua originale si ottengono molti più risultati. L’Italiano non è una musicale”. A parte il fastidio per questa scarsa considerazione del nostro “gergo” (e non va bene per la musica, e non va bene per i libri… Basta, Dannazione…), il mio cervello focalizza l’attenzione sul termine RISULTATI. Leggi “Il piccolo Principe” per dei risultati? Non è un vocabolo un po’ troppo materiale per essere associato a un capolavoro del genere? Non è finita, ovviamente. “Perché, sai, non è un libro per bambini…”. A questo punto non posso resistere. Guardo attentamente il mio interlocutore (anzi, la mia interlocutrice): sembra normale. SEMBRA. Accolgo la sfida. “Davvero? Cosa intendi?”. Penso si intuisca che è un tono derisorio. Mi sbaglio. “o, no. Ha un sacco di secondi significati”. Mi cadono le braccia. Nessuno accenna a raccogliermele. Anzi. Lei, sadica, ci salta sopra. Mi stritola le ossa. Perché non ha finito: “Per esempio la storia della rosa… Non è solo una rosa”.
Mi alzo. Prendo il libro, la borsa. Non saluto, esco e sbatto la porta.
Poche ore più tardi.
Sono a scuola. Per la cronaca è doveroso precisare che si tratta di una serale. La varietà quindi dei personaggi che incontro è estrema. Dai vent’anni ai cinquanta, grosso modo.
Mi siedo al mio posto. Tiro fuori di nuovo il mio libro. Sto cercando di preparare un pezzo per Albatros, quindi lo porto con me ovunque. Cerco degli spunti. Prendo il mio quaderno e scrivo:
“Ma cosa sei venuto a fare qui?”.
“Ho avuto delle difficoltà con un fiore”, disse il piccolo principe.
Come è vero! Quante volte siamo mossi dal dolore… Quante volte è proprio l’insoddisfazione dell’amore a portarci lontano, fisicamente e materialmente. In fondo il viaggio del bambino biondo per i pianeti non è il peregrinare nel nostro cuore, nascondendoci da coloro che amiamo fortemente, per timore di soffrire? Quante volte abbiamo scambiato le spine di una rosa per delle spade pronte a trafiggerci? E quanto abbiamo sofferto quando abbiamo finalmente capito che era affetto, che erano dichiarazioni d’amore quei piccoli gesti indispettiti? L’essenziale è invisibile agli occhi… ma io non l’ho colto mai...
I miei ragionamenti vengono rotti da un urlo. “MA NON TI SEMBRA DI ESSERE UN PO’ GRANDE PER LEGGERE I LIBRI PER BAMBINI?”. Alzo lo sguardo di scatto. Cerco di nascondere il mio fastidio e sorrido, mio malgrado (che sorriso falso…). Non rispondo, ovviamente. Il mio vicino di banco mi guarda, con compassione. E quella che ha parlato continua: “E’ il mio libro preferito”.
Ci avrei giurato.
Si accodano altri due miei compagni. “L’ho letto cento volte”. “Ma lo hai letto in francese???”.
Sono sempre stata contornata da geni e da acculturati e non me ne sono mai resa conto.
Il fatto è che certe cose non coincidono. Innanzitutto definire, anche solo per scherzo, il libro di saint exupery “per bambini” è un sacrilegio e mal si addice al fatto che dovrebbe essere il “libro preferito”. In secondo luogo, come ha fatto, quella, a leggere “Il piccolo Principe” in francese??? La domanda non è posta per retorica. Subito dopo il nostro dialogo, ecco quanto accade:
Inizio della lezione. La ragazza deve cercare una penna. Prende l’astuccio. Rovescia il contenuto sul banco. Escono milioni e milioni di penne colorate. E lei asserisce: “Io ho la FOBIA per le penne colorate”.
MANIA! Si dice MANIA! Le parole sono importanti, direbbe qualcuno…
E Così avresti letto il piccolo Principe in Francese, cogliendo le “Sfumature” linguistiche, da sofisticata letterata quale sei????
Ma mi faccia il piacere.
La realtà è che ora mi vergogno. Ho sempre definito la storia del bimbo biondo fondamentale per la mia vita. Ho pianto e imparato e sorriso e riflettuto ogni qual volta ho aperto quelle pagine colorate. Credo di conoscere a menadito ogni sua parte eppure mi stupisce puntualmente.
La partenza del principino, l’addio con la rosa... L’ubriaco che beve per dimenticare il fatto che beva.. L’uomo che accende e spegne il suo lampione… i quarantatrè tramonti..
Ogni volta che amo, sbaglio. Soppeso i gesti. Non comprendo che ognuno ama a suo modo.
Eppure lui mi avverte sempre, quando vado a trovarlo… :
“Non ho saputo capire niente allora! Avrei dovuto giudicarlo dagli atti, non dalle parole. Mi profumava e mi illuminava. Non avrei mai dovuto venirmene via! Avrei dovuto indovinare la sua tenerezza dietro le piccole astuzie. I fiori sono così contraddittori! Ma ero troppo giovane per saperlo amare”…
Io continuo ad essere ingenua. O infantile. O semplicemente giovane. Con gli occhi velati dalle lacrime mi ripeto che ha ragione. Avrei dovuto indovinare la sua tenerezza dietro le piccole astuzie.
Ma bando ai sogni. Le Petit Prince è un marchio di fabbrica. Un Business.
Pigiami del Piccolo Principe.
Segnalibri del Piccolo Principe.
Magliette Fiorucci del Piccolo Principe.
Agende del Piccolo Principe.
E’ un’invasione di testine bionde. Dovrei esserne felice?
Forse.
Sinceramente, rimango sbigottita.
Domanda numero 1:
E’ vero che l’hanno letto?
Non è poi così scontato. Enrico Brizzi l’ha infilato nel suo romanzo (“Jack Frusciante è uscito dal gruppo”) e lo stesso passo da lui citato (quello della volpe) viene fatto sempre leggere a scuola.
Domanda numero 2:
possibile che abbiano veramente CAPITO ciò che l’autore ha scritto?
Viviamo in città gremite di stolti. Questi beoti modaioli dubito che abbiano più di due o tre neuroni nella loro scatola cranica.
Pochi giorni fa, nella trasmissione di Maria De Filippi (il guru di queste non-menti) una ragazza ochetta ha regalato un libro all’uomo che stava corteggiando.
Indovinate?
Sì, proprio lui. “Il Piccolo Principe”, di Saint Exupery.
Com’è possibile?
E’ Moda. E’ Business.
La poesia del bambino in fuga è svanita.
La volpe è stata uccisa dai cacciatori.
La rosa è stata mangiata dai bruchi.
Il pianeta B 612 è stato invaso dai Baobab.
L’aviatore è morto nel deserto.
Il serpente ha finito il veleno.
Il Piccolo Principe non è più tornato a casa.
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