Voglio dire, il problema era che noi all'epoca il telefonino non l'avevamo. Ad aver avuto le possibilità tecnologiche dei ragazzini delle medie di oggi non potrei mettere la mano sul fuoco che non sarei stato uno dei balordi che filmavano le compagne mentre facevano le stupide esibendo porzioni di reggiseni o mutandine colorate.
Cose che a pensarci oggi ti viene da sorridere, e che nella loro ingenuità erano talmente pure, ingenue e sincere da togliere anche quel velo di maliziosità tipico degli adulti che vanno a dibattere oggi sull'argomento tirando in ballo sociologi ed esperti di bullismo. Vite deviate, problemi adolescenziali, dicono. Macchè: abbiamo avuto tutti 13 anni.
La verità è che dovevi avercele le compagne carine che facevano le cascamorte davanti a te, bambino sfigato come gli altri, biologicamente coetaneo ma psicologicamente talmente arretrato che mentre ancora costruivi telecomandi Lego e collezionavi figurine del basket già loro maneggiavano assorbenti e prendevano coscienza del loro fardello da portarsi addosso una vita intera. Dovevi essere fortunato, diciamo così, ad avere l'amica nella tua classe che facesse la sciocchina così che tutti se la ghignassero felici spargendo la voce agli amici: il più delle volte ti capitavano ragazzine normali, serie e studiose, vestite con una gonnellina a fiori e un maglioncino nero che poco stuzzicava la già fervida e sciocca fantasia fanciullesca preadolescenziale.
Qualcuna si tirava su la maglietta? Benissimo. Ce lo saremmo raccontati per mesi, ricordandolo scherzandoci su. Nulla di diverso da quel che accade ora, dove la scena può essere filmata e distribuita agli amici sulla rete. Si badi: perchè è possibile farlo, non tanto perchè è qualcosa di differente dall'agire di un tempo. Avessimo potuto filmare quella scena dieci anni fa, l'avremmo fatto volentieri, per rivederla ridendo a casa dell'amico che ne era fortunato possessore, chiedendone una copia per bullarci con gli amici a nostra volta. La tecnologia ha reso possibile cose che ci saremmo sognati di poter fare, ma che come per le generazioni che ci hanno preceduto resteranno per noi soltanto ricordi via via sbiaditi nella mente.
Ricordi. Ad esempio quell'inverno del 1995, seconda media. Nello spogliatoio della palestra nell'ora di ginnastica occupavo il posto proprio difronte alla porta di uscita, che dava su un lungo corridoio.
Dieci metri poi la porta dello spogliatoio femminile sulla destra prima di raggiungere l'uscita in fondo. Uscendo dopo esserci cambiati capitava spesso di trovare la porta delle ragazze ancora chiusa, sintomo che loro almeno si lavavano quel poco che consentiva di non appestare l'aula intera una volta rientrati per le lezioni successive. Noi, puzzoni, tuttalpiù ci gasavamo di deodorante sotto le ascelle creando quel mix letale di soffritto di cipolle e stalla di maiali, necessario perchè il mondo continuasse a girare e le ragazzine potessero storcere il naso sottolineando la fondamentale differenza tra Noi e Loro.
C'era questo ragazzo, abbastanza robusto ed estroverso, un po' mattacchione da organizzare scherzi e snocciolare battute ogni volta che ne aveva occasione. Un giorno esce per primo dalla nostra porta al termine dell'ora di ginnastica, avviandosi verso l'uscita. Per puro caso gli sono dietro di pochi passi. Quando transita davanti alla porta delle ragazze ha un'idea. Un lampo e decide il gesto che avrebbe rotto l'equilibrio, sovvertito le regole innate riguardo ciò che si può e ciò che non si può fare. Senza nemmeno fermarcisi davanti preme il bottone della maniglia della porta e la spinge verso l'interno, aprendola. Prosegue sorridendo guadagnando l'uscita. Gli strilli, le urla, il panico. Io dietro, mi ritrovo mentre passo una porta spalancata con un panorama gustosissimo e più che raro. Segue il buon Attimo, che sgrana gli occhi anche lui dietro la montatura rigorosamente tonda da ragazzo perbene. Applausi, risa. Corriamo via prima che qualcuno scopra la faccenda, complimentandoci per il coraggio del nostro compagno.
Il professore che era già fuori, non si accorse di nulla e per quella volta non ricevette nemmeno denunce da parte delle malcapitate nostre compagne. Un chiaro invito a ripetere il gustoso esperimento.
Le Missioni Cupido proseguirono tutto l'inverno, con incursioni mirate non consecutive ed impreviste, partendo dal presupposto che la chiave dello spogliatoio non esisteva ed era perciò lasciato al buon costume di noialtri invadere o meno la loro privacy. Ricordo di una mirabile missione, credo la quinta o la sesta, in cui la tecnica si era talmente via via raffinata che qualcuno si era intrufolato addiritura nelle docce, per saltare fuori al momento opportuno direttamente da dentro dopo poco che erano entrate le ragazze.
Nello scrivere queste righe non posso che sorridere ripensando a certe chicche che in un certo senso hanno rappresentato per noi un gioco, uno stuzzicare senza in fondo far nulla di male un mondo che per noi era qualcosa di inesplorato e misterioso ma che iniziava ad attrarci terribilmente. L'altra metà del cielo era li al nostro fianco e portava una seconda striminzita.
Ad averci avuto un cellulare per filmare il tutto, oggi riguarderei un video del genere sogghignante, pensando a quanto in fondo tutto ciò era semplice e viscerale. Nessuno di noi ha mai avuto turbe mentali, nessuno si è scandalizato o è rimasto traumatizzato. Siamo cresciuti, abbiamo imparato a pesare le cose, a confrontarci e a scambiarci idee rispettandoci l'un l'altro. Le stesse ragazzine che un tempo si sarebbero esibite per noi in improbabili strip-tease avrebbero capito presto la differenza notevole tra chi fa il mestiere più antico del mondo e chi semplicemente ha scherzato un po' esibendo il suo corpo non avendo del tutto varcato la soglia che dall'età infantile porta all'adolescenza e in fretta e in furia all'età adulta, dove ad attenderle ci sarebbe stata una famiglia, una carriera, dei figli.
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