1902. I coniugi Marie e Pierre Curie scoprono il radio F, poi ribattezzato polonio in onore della Polonia, appunto, terra madre della Curie.
Si tratta di una mossa geopolitica, per porre l'attenzione pubblica sull'indipendenza del Paese, allora provincia dell'Impero Russo (guardacaso).
2006. L'ex spia del KGB Alexander Litvinenko muore in Inghilterra, ucciso da una dose letale di polonio, non prima di avere (pare) appestato mezza Londra. Compreso un sushi-bar, l'aereoporto di Heathrow, un albergo, uno stadio, due aerei British Airways (che nel frattempo hanno svolazzato su Mosca, Atene, Vienna, Barcellona, Stoccolma e Dusseldorf) e infine un certo Scaramella, che promette di rivelare - in punto di morte - scottanti verità sui politici legati al KGB. [se si tratta di Cossutta, lo sapevamo già]
L'occasione è ghiotta e i mass-media ci si gettano a peso morto, pronti a costruire una nuova psicosi collettiva: che diavolo è il polonio?
Finita chissà dove e chissà quando l'Era dell'Aviaria, quasi estinti il Fenomeno Bullismo e la Vendetta dei Pittbull, i giornalisti si dedicano a ricordarci che esiste il polonio e che dobbiamo tutti averne un po' paura.
«Il Polonio si compra su Internet», titolano. Ed è solo una mezza verità, atta a mettere in guardia contro il demone di Ebay (dopo quello di YouTube e VideoGoogle, per quanto concerne il succitato Fenomeno Bullismo).
Ma se è vero che la vendita di polonio è autorizzata dalla Nuclear Regulatory Commission (per scopi scientifici ed esperimenti di laboratorio), è anche vero l'isotopo 210 del polonio può essere prodotto solo attraverso processi industriali molto costosi.
Basti pensare che la dose che si suppone abbia ucciso Litvinenko costerebbe circa 1 milione di dollari.
Dubito che qualsiasi contribuente spenderebbe una cifra simile per far fuori l'amante della moglie.
Ma la notizia è un'altra: il polonio-210 è presente nelle sigarette. In pratica, i coltivatori di tabacco innaffiano le piantagioni con fertilizzanti al fosfato. Al termine di una serie di reazioni chimiche, il fosfato di calcio rilascia un deposito di polonio radioattivo che, bruciato aspirando, porta un terzo degli italiani a livelli di radioattività fuori dalla norma.
Preoccupati? No. In teoria, i fumatori sanno che il fumo uccide. È scritto sul pacchetto. Quale dei milleuno ingredienti nocivi presenti nelle sigarette, non è dato sapere. Forse tutti? Ma il polonio, caspita, il polonio ha ucciso Litvinenko.
E allora, vai psicosi.
C'è polonio dappertutto.
Prima o poi si verrà a sapere che c'è polonio negli hamburger di Mc Donald (non ne dubito), nella Nutella e nella birra doppio malto.
Che c'è polonio negli incidenti stradali e nella fatalità di una tegola che si stacca dal tetto e ti piomba sul cranio.
E sì, c'è polonio pure nelle figurine Panini.
Ma tutto andrà per il meglio quando un'équipe di medici del Policlinico di Milano si accorgerà che il polonio, in dosi ridotte, previene il rischio di unghie incarnite e fa bene alla pelle.
Oppure, com'è più probabile, in tutte le gabbie d'Italia comincerà una rivolta organizzata di cocorite, e tutti a chiedersi perché, e le cocorite le vendono su internet, e abbattiamo le cocorite killer prima che le cocorite abbattano noi.
5 Responses to “Abbiamo (ri)scoperto il Polonio”