Sono uscito come ogni mattina tuffandomi nel traffico con la bicicletta nera di mio nonno. Alle orecchie il solito iPod, stavolta spento. Le cuffie bianche ad ingannare la gente credendomi immerso in chissà quali ritmi afro-americani e invece assorto ad udire il mondo che respirava attorno a me. Ho ascoltato la prima canzone.
Erano i cinguettii degli uccelli del mattino, che nell'aria fresca accennano i primi richiami dando quel senso di tranquillità. Erano i lavoratori del CNA, mentre parcheggiano tranquilli prima di entrare in ufficio. I clacson dell'immancabile coda alla rotonda di via Pomposa, primo vero smistamento tra le automobili in arrivo dalla provincia. La vecchietta che si tuffa sulle striscie pedonali per passare e i giovani con veri iPod funzionanti, ognuno dettante ritmi e umori della giornata che va a cominciare, i bimbi a manina con i genitori e addosso uno zaino più grande di loro.
La canzone successiva era un pezzo più sostenuto. C'erano gli autobus arancioni pieni di persone assonnate che rombano e frenano con alternanza, c'erano i parenti dei malati ricoverati al S.Anna che entrano ed escono dalla consunta porta di legno. I mendicanti e i ladri di biciclette, i ragazzini che chiudono il casco insieme al motorino. C'era l'odoraccio di brodo vegetale all'altezza del Pronto Soccorso e quello buono della pizzeria al taglio all'angolo di via Montebello. Altro brano.
Il ragazzo down che da una vita attende l'autobus davanti alla scuola alberghiera ogni mattina, gli uomini in giacca e cravatta che entrano nella grande banca di Ferrara con sede in un prestigioso palazzo, la gente in coda dall'altra parte della strada, agli sportelli, in attesa dell'apertura. Il viavai di persone che si ferma al volo a prendere il giornale, chi un cappuccino, il pensionato che ha tempo e si trattiene ai tavolini fuori e legge il Carlino mentre si gusta la brezzolina. Via così.
Il vecchio Bar Europa, ora dall'altro lato della strada, bolso di fighetti cornetto e cappuccino e il barbone all'uscita che ha sbagliato target. Le locandine dei cinema, il parcheggio a pagamento, i pedoni che passano con il rosso perchè tanto è senso unico e non ci si può immettere in quella via. E poi giù, fino a sentire le chiacchiere dei borghesi all'enoteca, il respiro del verde del parco dietro il Museo di Storia Naturale, l'eco dei violini proveniente dalle aule del Conservatorio. Il vigile urbano che fa attraversare i bambini davanti la scuola elementare, le buche nell'asfalto, il portabiciclette, proprio mentre parte l'ultima canzone.
La chiave che gira nella toppa, due piani di scale, il fiatone, il chik chik delle suole di gomma sulla pietra lucida, la maniglia che con un cronk apre la porta di legno rosa dai tarli.
Ho spento per educazione. Casomai mi rivolgessero la parola mi pareva brutto farmi trovare immerso nell'ascolto della mia personale compilation mattutina. Ho riposto le cuffie nella borsa e ho percorso i pochi metri che mi separavano dalla scrivania.
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