Mi sono reso conto di non tollerare la visione di uomini, maschi, che mangiano il gelato.
L'ho capito in via definitiva una sera d'estate, (via definitiva non è un luogo) ciondolando pigramente davanti alla gelateria "Il pellicano" su Via Cassia, quando le mie pupille si sono soffermate su un uomo, seduto da solo al tavolino, che leccava un gelato al cioccolato. Lo avrei sciolto seduta stante in un container di acido solforico, ammesso che l'acido solforico possa sciogliere le carni di un uomo, non lo so, non sono mai stato bravo in chimica, non sono mai stato bravo in niente a scuola, comunque sia gli avrei fatto qualcosa di molto doloroso al fine semplicissimo di farlo smettere di fare quello che stava facendo, ovvero leccare un gelato al cioccolato.
Vedere un uomo, un maschio, leccare il gelato mi fa venire il vomito e so già cosa state pensando, perciò, va bene, lo ammetto subito, sono vagamente omofobico, con buona pace dei massimi difensori pop dei Diritti Universali, quelli che s'in-di-gna-no per qualsiasi cosa abbia a che fare con gli omosessuali; quelli che si incatenano di qui e di là se un omosessuale, per caso, non viene eletto Presidente del Mondo a favore di un eterosessuale, ecco, non me ne vogliano costoro, ma un uomo che fa così, che lecca il gelato nel modo che m'è capitato di testimoniare, ebbè, a me fa venire l'esaurimento.
Nello specifico, l'uomo in questione stava dando all'atto di per sé innocente di leccare un gelato una connotazione sessuale di deplorevole lascività. È sicuro che quel tizio non era al gelato al cioccolato che stava pensando, mentre lo leccava, ma a qualcosa d'altro, per esempio alla schiena di una donna, se non di un altro uomo, appunto, e stava facendo di tutto per darlo a vedere, stava seriamente impegnandosi perché chiunque, lì intorno, guardandolo, potesse pensare, che so, magari che fosse sexy, o spregiudicato, o molto avvezzo a leccare cose fresche e appiccicose. Se non che l'unico che s'è accorto di lui sono stato io e io sono omofobico e gli uomini che leccano il gelato con tanto di lingua, in quella maniera, mi fanno rivoltare lo stomaco e il gelato glielo sarei andato volentieri a spiaccicare sulla camicia.
Si guardava intorno pure lui, aveva un casco da motocicletta sistemato sotto la sedia, e un paio di volte ha pure incrociato il mio sguardo, distogliendolo quasi subito, dove con quel "quasi" intendo dire che, incrociato il mio sguardo, s'è comunque sentito in dovere di sostenerlo per una frazione di secondo, giusto il tempo di suggerirmi una cosa tipo: "Ehi senti, non sei tu che mi interessi, però già che ci siamo guarda come lecco bene questo gelato. Hai guardato? Ok, adesso pensa a cosa sarei in grado di fare leccando dell'altro...". E allora ho cominciato davvero a sentirmi poco bene: per esempio non sono più riuscito ad attaccarmi alla bottiglia di Beck's che tenevo in mano, esclusivamente preoccupato dal fatto che qualcun altro, guardando me bere in quel modo, avrebbe potuto associarmi all'uomo del gelato e pensare, semmai, che fossimo in combutta o che facessimo parte di una qualche setta di depravati sessuali.
La cosa pazzesca è che il gelato al cioccolato del tizio non accennava a diminuire. C'era sempre questa palla sanguinolenta marrone in cima al cono e sempre quella lingua enorme che la leccava lentissimamente, circumnavigandola per intero, come intorno a un continente farebbe una nave. Non dava semplici colpetti di lingua, ma gigantesche spatolate, eppure il gelato non diminuiva mai: per dirla tutta sembrava che stesse leccando un orrendo bolo di merda semicongelata e questo pensiero nuovo, insieme a quell'altro insistente che il tizio in questione non avesse solo voglia del gelato, ma anche di tutt'altro, semmai proprio da me, mi ha per sempre convinto della bruttezza estetica di un maschio che mangia un gelato.
Quel tizio del malaugurio... Con il suo gelato impossibile che non diminuiva mai. A un certo punto deve avermi contagiato un qualche morbo, perché tutto ha cominciato a muoversi al rallenty, come in quei film in cui la soggettiva malata del protagonista prende il sopravvento su tutto il resto e la pellicola scorre lentissimamente, con le voci di sottofondo amplificate e rallentate anch'esse, come in un girone infernale. Ecco, tutto ha preso a muoversi così, intorno alla gelateria "Il Pellicano" su Via Cassia: e più mi guardavo intorno, più mi sembrava che tutti avessero un comportamento strano. Il gesto di un uomo che accarezzava la schiena nuda della fidanzata è diventato brutale, violento, esagerato, altri due che si baciavano poco distanti sembravano emettere i suoni liquidi di una fogna piena di topi e i tanti ragazzini che parlavano tra di loro con le bottiglie di birra tenute per il collo, sono diventati tanti piccoli goblin farneticanti e le loro bottiglie di birra tanti piccoli tacchini spennati e strozzati.
Mi sono alzato dalla sedia di colpo, attirandomi due o tre sguardi addosso: l'uomo col gelato stava ancora leccandolo, imperterrito, come se la sua lingua, oltre che essere gigantesca, avesse anche la capacità di non assorbire quello che leccava, tutti facevano quello che si dovrebbe fare davanti a una gelateria, anche F. e le sue due amiche stavano facendo quello che si dovrebbe fare nei pressi di una gelateria d'estate, e infatti non si erano accorte di nulla, non l'avevano nemmeno visto l'uomo che leccava il gelato, solo io l'avevo visto, solo io avevo visto quell'enorme lingua violentare il gelato al cioccolato a quel modo, solo io davo l'idea di non trovarmi affatto davanti a una gelateria.
In macchina ho pensato di chiedere a F. qualcosa a proposito del gelato, della lingua e degli uomini, ma poi ho deciso di restare col dubbio.
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