A quindici anni ce ne stavamo seduti sui gradini. Il pomeriggio lo passavamo in parrocchia, ore e ore a giocare a ping pong. Il Gesù Cristo sulla parete muoveva la testa a destra e sinistra per rimirare giocate da brivido. Arrivavamo sudati fradici al bar, orgogliosi della nostra partita e ci facevamo belli davanti alle coetanee. Coetanee che annusavano l'aria commentando con "Cos'è questa puzza di sudore?".
I sabati sera li passavamo a correre in bicicletta per la città, sperando che prima o poi uno di noi cadesse per poterci sbellicare dalle risate fino a lunedì. Il lunedì di quasi vent'anni dopo, perché ancora oggi ci raccontiamo delle nostre cadute. Non c'è niente da fare, c'è al mondo qualcosa che fa ridere come uno che cade?
Poi tutti a casa dell'amico, pizza e stereo a manetta. Le cassettine vuote per doppiarsi la musica. Videomusic e i Guns'n'Roses con Live in Tokyo. Slash e la sua Gibson.
Noi come Slash.
Cominciammo a suonare un sabato in una cantina. Io presi la chitarra acustica di mio padre, una Yamaha. Come Eddie Lawson, solo che non aveva le ruote. Francesco una chitarra elettrica, una Lead nuova fiammante. Paolo un set di cassette di legno, pentole e il braccialetto regalato dalla fidanzata su un coperchio a fare da charleston. C'era tutto tranne il nome.
La cantina era umida è stimolava di tutto tranne che la nostra fantasia. E venne naturale: Colica.
Signore e signori: i Colica.
Tutto il sabato per imparare tre accordi ed eravamo già pronti per il tour. Colica: Live in via Cosmè Tura. Il nostro primo concerto a casa di un amico per un pubblico d'eccezione: l'amico, la sorella e le sue amichette. Scatenate groupies adoranti appena uscite dalle scuole elementari.
"Grazie ancora! Questa era Don't cry!"
"A me sembrava uguale a quella di prima!"
"... perché ci sono due versioni di Don't cry!"
Il gruppo si allarga.
Il successo ci aprì le prime porte. Così come la primavera che ci permise di aprire finalmente la porta della cantina e respirare aria più salubre.
Arrivò la prima vera batteria per Paolo. E arrivarono Michele e Marcello con le loro chitarre e Stefano con la sua tastiera. La prima cosa professionale mai vista dai Colica. I primi spartiti. Le canzoni degli u2. Dovresti prendere lezioni di chitarra come noi! Qualcuno dovrebbe cominciare a suonare il basso! Perché guardate tutti me?
La crisi.
I ritmi insostenibili cominciarono a pesarmi. Le registrazioni della prima cassettina e il successivo tour sfiancarono le mie dita e il mio morale. Le date in via Cosmè Tura si susseguivano una dietro l'altra. La passione si era affievolita, volevo ancora far parte della band?
Ci furono momenti di tensione. Durante una tappa del tour, la cinquecento rossa era carica all'inverosimile dalla band e i suoi strumenti. Le chitarre spuntavano dai finestrini e dal tettuccio. All'arrivo ci mettemmo quasi mezz'ora solo per uscire dai sedili posteriori.
"Scusa ma il mio ampli dov'è?"
"Non lo so, è il tuo di ampli."
"Prima di partire non hai detto – È tuo questo ampli?"
"Sì, però non ho detto che lo caricavo in macchina."
Per la cronaca l'amplificatore non fu più ritrovato.
Durante un pomeriggio di prove avvenne poi lo strappo definitivo. Il nuovo tastierista insisteva per provare a ripetizione "Wild world" di Cat Stevens. Io e i miei spartiti degli u2 non trovavamo più spazio.
"Ooh, baby, baby, it's a wild world..."
"Scusate... Non puoi abbassare un po' il tuo ampli, non mi si sente!"
"No, è al livello giusto. Ooh, baby, baby, it's a wild world..."
"Scusate... Non possiamo provare anche qualcos'altro?"
"Prima dobbiamo imparare bene questa. Ooh, baby, baby, it's a wild world..."
"No! Scusate eh... ma così non mi va! A questo punto decidete: o me, o mister wild world!"
"Ooh, baby, baby, it's a wild world..."
Addio cantina. La mia stagione nei Colica finì così.
Il concerto. Quello vero.
Qualche tempo dopo arrivò anche la grande occasione. Un concerto vero, su un palco, con un pubblico che non si sarebbe sentito in obbligo di ascoltare per educazione o amicizia e addirittura con la SIAE da pagare. Trattasi niente poco di meno de La festa della birra di un paesino nel bolognese. Poteva essere l'evento che avrebbe scatenato in loro la voglia di tentare il grande passo, provare a fare veramente musica. Fare concerti veri e registrare dischi veri. Oppure poteva essere l'occasione per chiudere un periodo della vita e iniziare le cose serie.
Probabilmente voi non avete mai sentito parlare dei Colica. Ma c'è ancora in giro una videocassetta che testimonia il loro unico vero concerto. Quel video lo girai io.
2 Responses to “C’è un adolescente che non ha sognato di suonare in una band?”