La chiave di volta per comprendere un'opera come Deejay Parade vol. 4 sta tutta nei quindici secondi iniziali del disco. Parte il jingle del Deejay Time e quasi immediatamente la voce fuori campo, con una solennità che ha dell'inverosimile, pronuncia la fatidica frase “Configurazione Albertino attivata”. Parole in libertà che messe insieme non significano nulla di compiuto eppure nello stesso tempo vogliono dire tantissimo, parole che sono diretta espressione di un'epoca in cui non si aveva ancora ben chiaro che cosa sarebbe arrivata a fare la tecnologia perché i computer erano visti ancora come entità saldamente controllate dagli uomini e non il contrario. Ascoltandola ora si prova tenerezza, eppure allora una frase del genere faceva sempre un certo effetto. Beata ingenuità.
Ed è proprio questa ingenuità di fondo che rende Deejay Parade vol. 4 un capolavoro immortale. Una compilation a cura di Albertino e mixata da Fargetta uscita nell'anno di grazia 1994, diciotto brani, diciotto inni. Nulla da dire. Ci si trova di tutto: da megahit entrate nell'immaginario collettivo (Change di Molella, Think About The Way di Ice Mc, la fantasmagorica The 7th Allucination dei Datura) a perle nascoste troppo presto dimenticate (All Around the World di Silvia Coleman, Call My Name di Aladino, addirittura Sex Drive di Glam feat. Pete Burns – ripeto Sex Drive di Glam feat. Pete Burns), da tamarrate quasi eccessive (Pupunanny di Afrika Bambaataa) ad improbabili odi alla rivoluzione (W la Revolution di Z100). Da lacrime agli occhi.
Non ci sono cazzi, Deejay Parade vol. 4 è assolutamente imprescindibile. Da avere a tutti i costi, anche solo per farsi un'idea di come una volta funzionavano le cose. Per rivivere i bei tempi che furono se uno li ha già vissuti, ma per farlo anche se uno non li ha mai vissuti - basta solo pensare di averli vissuti e lavorare spudoratamente di fantasia. La finzione che diventà realtà, la realtà che supera l'apparenza, l'apparenza che non inganna, il grande inganno dell'uomo che è controllato dalla tecnologia e non (più) il contrario. Si torna sempre lì, all'uomo che non è più ingenuo ma si fa fregare come se lo fosse. Abbiamo tutti bisogno di ingenuità: almeno avremo sempre una scusa per farci fregare.
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