Oggi ero in treno sul solito regionale seduto con il portatile bianco sulle gambe e la musica inviata dalle cuffie bianche nelle orecchie bianche poichè colpite dal sole. Di solito scrivo, a volte leggo o guardo qualche serie tv con i sottotitoli, a volte porto avanti lavori che ho lasciato in sospeso in ufficio. Oggi ero intento a realizzare una vetrofania (che razza di nome) per i negozi che aderiscono ad una convenzione del Comune. Di solito non mi curo particolarmente delle persone a fianco a me, che non possono proprio fare a meno di spiare cosa stai facendo tanto è luminoso e sotto il naso il portatile di un vicino in treno. La settimana scorsa una signora si è fatta un'ora e mezza di fatti miei tutta contenta e Dio solo sa quanto avrei voluto sapere cosa diavolo pensasse nel mentre. Comunque.
Si siede questo ragazzo al mio fianco nel posto rimasto libero dalle stazioni precedenti e inizia a guardare cosa faccio senza timore di darlo a vedere. La fase creativa di un prodotto grafico è delicata: non devo FARE qualcosa e basta ma lo devo PENSARE, creare, inventare da zero. Dunque un po' di prove: questo lo piazzo li, quello lo scrivo così, questo colore, no meglio l'altro, la forma, il contenuto e così via. A volte (spesso) si parla di ORE. L'idea buona può uscire dopo svariati bozzetti a vuoto.
Inizio a buttare giu' due cose ma questo pubblico mi infastidisce: segue attentamente e non accenna a smettere. Vuole vedere come prosegue questo adesivo: come verrà fuori. Ad ogni pausa per riflettere è un'agonia. Cosa starà pensando? Gli piace questa scritta qui o lui la metterebbe di un altro colore e girata dall'altra parte? Lo show deve proseguire diamine. Non posso esitare troppo. Fai qualcosa, muovi quel mouse.
Scrivo, riscrivo, tento soluzioni banali per provare qualcosa e non lasciare il foglio in bianco. Lo spettacolo deve andare avanti, vogliamo sapere come sarà. Ogni incertezza è la prova di un'incompetenza, di una idea che non c'è, di scarsa fantasia. Lui lo farebbe diversamente, più bello senz'altro. Lo guardo con la coda dell'occhio in una pausa per cambiare canzone sull'iPod. Sta proprio guardando qui. L'aria perplessa non lascia dubbi: è orribile quest'adesivo. Cosa mai saprà fare di meglio questo marcantonio di ragazzo di quasi due metri tutto spelacchiato e allampanato? Guardati cazzo, hai i pantaloncini di Pinocchio rosso slavato e le tennis che si usavano dieci anni fa. Il marsupio con il telefonino. Cielo, che sfigato dai. Che razza di adesivo farai mai TU?
Cerco invano di proseguire ma i tentativi sembrano goffi perfino a me. Non sta in piedi, non si riesce a trovare un modo per riempire tutta l'area di disegno: chi ha scritto i testi? Datemi del testo da aggiungere! Che adesivo è con solo due parole per testo? Non demorde il ragazzone, che probabilmente si sta pure accorgendo delle crepe nella scocca del portatile e starà confrontando mentalmente con il suo tenuto da Dio, certamente, lo utilizza senz'altro con il guanto in seta e lo ripone in un cassetto ogni sera prima di addormentarsi. Intravedo una via di fuga: la batteria del portatile va esaurendosi. Devo guadagnare tempo... abbozzare soluzioni geniali per dimostrare il mio talento e poi fingere di essere colti alla sprovvista dalla batteria e... oh peccato, finirò domani. Va bene rosso? Sposto più giù? Senza tradire la minima emozione lo sguardo sul collo è sempre al suo posto. O forse starà guardando lontano, verso l'orizzonte fuori dal finestrino?
Mancano pochi minuti di autonomia, serve un diversivo: apro un file vecchio di cui sono contento del risultato, già terminato e rifinito. Guarda questo eh, pirla. Hai visto quando non mi guardi cosa partorisco? Guarda guarda. Renditi conto, tu con i tuoi pinocchietti. Fingo di controllare il cellulare e resto con l'immagine aperta sul mio lavoro finito attendendo finalmente l'ultimo respiro della batteria. Nero. Spento. Era ora.
Chiudo e ripongo soddisfatto il portatile nella borsa. Sono salvo. Almeno fino a domani mattina. Che la notte mi porti consiglio.
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