All'improvviso la vita di grafici e tipografi acquisisce finalmente un senso.
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E' tutto un equilibrio sopra la follia
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All'improvviso la vita di grafici e tipografi acquisisce finalmente un senso.
AVVISTATO: posto nuovo con prezzo amico e pancino felice. Segnatevi il nome per le vostre gite a Ferrara nel prossimo futuro: Osteria 4 angeli, in Piazza Castello, la stessa che avete bazzicato per i concerti di Ferrara sotto le Stelle. Si mangia cucina ferrarese, abbondante, prezzi decisamente contenuti in proporzione alla sazietà fornita.\nSolo per il fatto che vi sedete vi portano un tagliere omaggio con un bel salame campagnolo da tagliarvi nell'attesa. Le razioni sono da Grande Abbuffata e servite in bei piatti di coccio che fanno tanto tavola povera e rustica come piace a noi.\nAh, e prendete i Dolci: tutti. Per 5 euro vi vengono serviti a svenimento TUTTI i seguenti dolci: torta di formaggio, torta tenerina al cioccolato, piatto di mascarpone, zuppa inglese, ciotola di cioccolato fuso.
Non lasciatevi fregare dalla vostra sveglia: per quanto nuova, bella e tecnologica essa non fara altro che assolvere il suo compito di rubarvi qualcosa. Il sonno.
Ad un certo punto della serata mi chiedono di mettere su un po' di musica, ma nessuno ha computer o stereo e allora usiamo il mio iPhone fighetto tuttofare. Io non è che vada in giro con in tasca una playlist da festa o da sottofondo per una serata di cazzeggio, o meglio cel'avrei ma non sono preparato e non si trova nel telefono in questo momento. Così metto su un po' di roba random tra quella che piace a me, e chi mi conosce sa che ascolto davvero di tutto, quindi in pochi minuti passano alla carlona cose tipo System of a down, Alborosie, Giuliano Palma, Depeche Mode, un paio di gruppetti indie italiani, un paio di gruppetti indie stranieri, Daft Punk, Calvin Harris, Bloc Party... Vivaldi.
Mentre imbarazzato mi avvio ad interrompere il terzo movimento dell'Estate di Vivaldi, che seppure un fottuto capolavoro poco si addice al momento, una ragazza mi chiede:
- Cos'è questa?
- E' un pezzo dell'Estate di Vivaldi...
- Ah, non conosco, non ho ascoltato molta radio quest'estate.
La frase di circostanza "come stai?" quando ci si incontra e ci si saluta è talmente inutile che la gente è solita formularla attendendosi indietro la risposta più comune: "bene".
Ma che succede quando uno non sta bene? Si crea una sorta di cortocircuito nella conversazione che scade nell'imbarazzo per chi ha fatto la domanda scomoda e nella malinconia di chi deve giustificare tale risposta raccontando il proprio malessere, sia esso fisico o mentale.
Qualche tempo fa ho reincontrato un'ex alunna di mio padre che tutta sorridente mi ha chiesto per l'appunto come stesse mio padre che non vedeva dai tempi del liceo. "Non bene" le ho detto, alludendo all'ultimo anno molto faticoso per le conseguenze di un ictus che l'hanno portato alla pensione prima del previsto. La risposta disattesa ha ottenuto un "ah" di risposta sorridente, quasi non avesse nemmeno sentito la risposta, e siam passati immediatamente a parlare d'altro. Non mi ha dato fastidio, l'ho trovato anzi quasi buffo a conferma dell'inutilità di queste domande.
Ci sono un'intera categoria di conoscenti poi, con i quali il massimo della conversazione che puoi avere è proprio "come stai"?
Ci si incontra per strada e non ci si ferma a parlare ma si tira dritto con un ciao tirato via. In alcuni casi straordinariamente idioti dopo che entrambe le persone hanno tirato dritto uno dei due aggiunge girandosi: "tutto bene"? A quel punto dovete deglutire, tirare un lungo sospiro e girandovi a vostra volta gridare: "si grazie e tu"? E chissà se la distanza sarà ancora sufficiente a proseguire la conversazione. Ma soprattutto: metti caso che il vostro amico vi dica: "no", che fate? Tornate indietro per approfondire? E lui si fermerebbe di botto se gli urlaste: "sto morendo!"?
In conclusione, quando camminate per strada, o siete in coda alle poste, o siete in giro in piazza, cercate di stare sempre bene, per amor del cielo.
Come i vecchi che tutto di un botto rincoglioniscono, così la crisi, il futuro precario e il crollo della morale e del senso del limite portano a tutto questo. (Per inciso, se eticamente è disastroso, graficamente è spettacolare e di un'eleganza complessiva che Repubblica.it si sogna, con tutti quei caratteri di mille dimensioni diverse e le sottolineature grossolane, ma è solo questione di tempo e ci arrivano anche loro).
nessuno di noi può immaginarsi quanto siano collegate tra loro le parti del corpo. la funzione dei nervi la intuiamo solo quando si infiammano e ci fanno male, quando non riusciamo nemmeno a cuocere un uovo per via di un dolore ad un fianco, ci rendiamo conto che siamo semplicemente una centrale elettrica con molti fili che hanno a che fare l'un con l'altro. così è anche per le persone che se ne vanno. non intendo dire che partono all'areoporto, o che muoiono: parlo di quelle che scelgono di andarsene con coscienza, che non fanno fatica a racimolare la loro roba, e che non si voltano indietro quando varcano la porta di casa (anche metaforicamente parlando). non ci rendiamo conto dell'esistenza di una persona, o di quanto quella persona conta per noi, di quanto ci ascolta o di quanto ci fa piacere averla intorno, finché non se n'è andata. é un concetto fritto e rifritto, ma è la verità. ellen page in juno diceva: non mi rendo conto di quanto mi piace stare a casa mia finché non vado in un posto diverso per un po'. anche questa, è un'affermazione abbastanza già sentita, ma quando vidi il film mi colpì molto. a proposito di cose trite e ritrite, stamattina di buon'ora sono andata in libreria, ho perfino parcheggiato di fronte alle porte scorrevoli, cosa che in vent'anni di vita in cui frequento quel posto, non mi era mai capitata (ho spento la macchina e ho pensato: dovrò scriverlo sul mio blog, non dimenticarmi che è successo). questa, per esempio, é una cosa originale: trovare parcheggio davanti alla libreria di ponte san giovanni. poi ho fatto qualche passo, e come ho messo piede dentro mi sono resa conto di due cose. la prima (che mi succede sempre), era che ero di nuovo capitata in un posto, forse l'unico, in cui mi sentivo a casa mia; la seconda, che c'è ancora un mucchio di persone che non vogliono arrendersi al fatto che tutto é stato scritto o detto, e che ci provano, facendo spesso e volentieri la parte dei coglioni, a scrivere un romanzo. queste persone, che a me piace considerare amici anche se non ci siamo mai visti e mai parlati, sono tutte lì che si danno la mano. calvino guarda buzzati da sotto a sopra stringendogli la mano, i libri di marek van der jagt salutano quelli di arnon grunberg, ignari che il loro autore sia la stessa persona; e infine ci sono i signori nessuno - la maggioranza, in verità, gente che ha scritto libri per passatempo, o chi l'ha fatto solo una volta e poi mai più; quelli che gli é bastato provare, quelli che stampano ancora roba ma non vendono, quelli che vendono esageratamente, quelli che stuprano il mestiere, quelli che fanno vergognare la categoria, quelli che meriterebbero di stare sul banco degli "scelti per te", ma che non vengono mai scelti. non lo so perchè ho iniziato parlando delle parti del corpo e sto finendo per parlare di librerie e libri - una risposta plausibile potrebbe essere che sono il mio argomento preferito, o un'altra risposta accattivante potrebbe essere che metaforicamente parlando i libri fanno parte di me come parti del corpo o che mi si infiammano le ghiandole quando non riesco a leggere libri; ad ogni modo tutti questi signori nessuno, a parte certe categorie, sono tutti miei amici, e per un attimo mi viene da ridere pensando che se é vero che gli amici sono nati per aiutarsi, in questo momento avrei bisogno di un massaggio al fianco sinistro: mi immagino tutte le coppie di mani che ci sono in una libreria, tolti i commessi e i clienti, che mi fanno un massaggio per farmi passare il dolore. non ho mai riflettuto a quante paia di mani potessero co-esistere in una libreria sola, anche se di modeste dimensioni: chissà quanti modi di impastare, di toccare, di massaggiare diversi si potrebbero incontrare. ci sarebbe lo scrittore di libri un po' sporchi che cerca di allungare le mani, lo scrittore di saggi di medicina che insiste per sapere bene dov'è localizzato il dolore. e alla fine, un mucchio di persone che massaggiano come sanno fare, che muovono le mani allo stesso modo di quando tengono in mano una penna o pigiano sui tasti dei loro portatili: in maniera personale e a volte goffa, troppo frettolosa, e per niente speciale, semplicemente veloce, perchè urgente è scrivere. credo sarebbero i miei preferiti.
Cerco mani che battono e non le trovo. Ma gli applausi ci sono, escono da un altoparlante. Come in una sit com.
La visita di Berlusconi ad Onna per inauguare le nuove case dopo il terremoto. Tanto per mettere i puntini sulle i, sempre che non siano crollate pure quelle. L'altro racconto, lo trovate qui.
La prima reazione di molti amici quando abbiamo lanciato la scorsa settimana il sondaggio .Zero per trovare le migliori canzoni dal duemila ad oggi è stata: troppo difficile, non riesco. In effetti un simile sondaggio può essere vissuto in due modi a seconda di quanto vi fate coinvolgere: come un gioco, rispondendo in maniera piuttosto rapida seguendo l'ispirazione del momento (e finendo per votare brani degli ultimissimi anni), oppure andando a scartabellare nella vostra libreria musicale per ore indecisi su cosa mettere nemmeno fosse il ballo di fine anno.
Io appartengo ovviamente alla seconda categoria, e nel momento in cui abbiamo deciso di creare questo giocone di fine decennio ho passato più di una serata sgomento per la scelta che avrei dovuto affrontare e che probabilmente non affronterò prima del 24 dicembre, quando per forza di cose dovrò buttare giù dalla rupe Tarpea qualcuna delle mie superfavorite. Mi nutro perciò volentieri delle vostre scelte, con la curiosità di un bambino che dopo la lettura di Alta fedeltà di Hornby non riesce più a fare a meno delle top-qualcosa, con l'ansia di sapere da voi quali siano i brani che ricorderemo degli anni zero, perchè da solo non ce la posso fare e mi scoppia la testa.
Ogni lunedì vi terremo aggiornati sulla classifica, a partire da oggi,
con questi primi risultati ancora molto vaghi ma che comunque già premiano brani e dischi che effettivamente hanno lasciato un segno notevole in questo decennio digitale.
P.S. Ci è stato detto che manca la categoria "miglior colonna sonora", ma credo che eleggere direttamente "Il favoloso mondo di Amelie" sia scontato, no?