Io la vedo brutta
(Loretta Napoleoni)
Nel 2007, prima edizione di Internazionale a Ferrara, arrivai qui con un drappello di amici e, nell'ordine, vidi:
- un pezzo del cappello di Gipi,
- una coda da cancelli di San Siro per il concerto di Springsteen al cinema Apollo per l'incontro precedente a quello di Marjane Satrapi (maledetti imbucati, al momento buono non c'era più un posto neanche a piangere),
- un pezzo del mento di Pier Andrea Canei allo Zuni,
- Tullio De Mauro con l'impermeabile e il passeggino doppio dei nipotini gemelli.
Fine. Bello, eh?
Quest'anno no, quest'anno ho deciso di impegnarmi: niente programmi utopici, niente tentativo di vedere tutto, ma un programma razionale che preveda un po' meno bar, code più razionali e selezione preventiva degli incontri.
Oh. Si vede che sono doventata grande.
E infatti sono uscita ora dall'incontro con Loretta Napoleoni, 'Tutto quello che volete sapere sulla crisi e non avete mai osato chiedere'. Io a Loretta Napoleoni la amo. Perché da umanista oltranzista quale sono, la leggo o l'ascolto e mi si spalanca l'empireo della comprensione. Così è stato anche oggi. Certo, l'argomento principale delle domande non permette di dare risposte definitive e immutabili. Ed è anche un po' rassicurante, per una testa poco analitica come mia, vedere che anche il mondo dei numeri, dell'economia globale e delle banche non può essere regolato e definito da dogmi immutabili. Che ci sono delle variabili, un sacco, e che ogni tanto impazziscono.
O forse no, non è rassicurante. E' un po' terribile.
Loretta Napoleoni ha parlato di crisi che si ripetono sostanzialmente uguali negli anni a causa di modelli che non mutano, di necessità osservare attentamente le potenze economiche emergenti, come la Cina, senza paura e senza la tentazione di rifugiarsi nel protezionismo, per provare a cambiare veramente qualcosa.
E io ho capito, giuro. Che bello.
Programma del pomeriggio: pranzo senza farsi spennare (ahah) e incontro con Paul Ginsborg e Marc Lazar moderato da Gad Lerner. Andiamo a farci venire un fegato grosso così.
1 Response to “Giochiamo al piccolo economista (senza rovinare nessuno!)”