Monthly Archive for Ottobre, 2009

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Giochiamo al piccolo economista (senza rovinare nessuno!)

Io la vedo brutta
(Loretta Napoleoni)

Nel 2007, prima edizione di Internazionale a Ferrara, arrivai qui con un drappello di amici e, nell'ordine, vidi:

- un pezzo del cappello di Gipi,

- una coda da cancelli di San Siro per il concerto di Springsteen al cinema Apollo per l'incontro precedente a quello di Marjane Satrapi (maledetti imbucati, al momento buono non c'era più un posto neanche a piangere),

- un pezzo del mento di Pier Andrea Canei allo Zuni,

- Tullio De Mauro con l'impermeabile e il passeggino doppio dei nipotini gemelli.

Fine. Bello, eh?

Quest'anno no, quest'anno ho deciso di impegnarmi: niente programmi utopici, niente tentativo di vedere tutto, ma un programma razionale che preveda un po' meno bar, code più razionali e selezione preventiva degli incontri.

Oh. Si vede che sono doventata grande.

E infatti sono uscita ora dall'incontro con Loretta Napoleoni, 'Tutto quello che volete sapere sulla crisi e non avete mai osato chiedere'. Io a Loretta Napoleoni la amo. Perché da umanista oltranzista quale sono, la leggo o l'ascolto e mi si spalanca l'empireo della comprensione. Così è stato anche oggi. Certo, l'argomento principale delle domande non permette di dare risposte definitive e immutabili. Ed è anche un po' rassicurante, per una testa poco analitica come mia, vedere che anche il mondo dei numeri, dell'economia globale e delle banche non può essere regolato e definito da dogmi immutabili. Che ci sono delle variabili, un sacco, e che ogni tanto impazziscono.

O forse no, non è rassicurante. E' un po' terribile.

Loretta Napoleoni ha parlato di crisi che si ripetono sostanzialmente uguali negli anni a causa di modelli che non mutano, di necessità osservare attentamente le potenze economiche emergenti, come la Cina, senza paura e senza la tentazione di rifugiarsi nel protezionismo, per provare a cambiare veramente qualcosa.

E io ho capito, giuro. Che bello.

Programma del pomeriggio: pranzo senza farsi spennare (ahah) e incontro con Paul Ginsborg e Marc Lazar moderato da Gad Lerner. Andiamo a farci venire un fegato grosso così.

A Ferrara non volano mosche

L'ho visto mentre saliva in piedi su un tavolo di plastica al Mei.
L'ho ascoltato mentre era tenuto al guinzaglio da Canali, e già urlava meno (non tanto, ma comunque meno).
L'ho osservato ieri sera, alla Sala Estense, inserito nel programma ufficiale del festival di Internazionale, introdotto da De Mauro come "il più grande artista italiano vivente", accompagnato da chitarra, violino e violoncello.
E' bravo, pensavo mentre ci schiaffeggiva in faccia una cover di De Andrè, o un testo di una deportata. E' stato il concerto migliore dei tre. Non il mio preferito (le distorsioni di Canali trovo ancora siano l'ideale, per lui), ma sicuramente il più equilibrato, il più, oddio, maturo. Ogni cosa sta andando al suo posto. Ora lascia cantare anche il pubblico, ora non legge più quando fa i reading, ora fa delle cover detonanti di pezzi di De Andrè, appunto. E ti viene da chiedere: è così che deve finire?

Le Luci della Centrale Elettrica a Internazionale

Potrete spiegarmela in mille modi, la parabola de Le Luci della Centrale Elettrica, il Rino Gaetano degli anni Zero, i giochi di parole che non fanno ridere, canzoni triste cantate a squarciagola in macchina come neanche Celentano (troppo azzurri. troppo lunghi), le sua urla da acciaieria perforanti. Vasco Brondi ha avuto (già ne parlo al passato?) un solo grande ma definitivo merito: è stato il più "contemporaneo" di tutti. In senso storico, generazionale e, soprattutto, sensazionale (nel senso di sensazioni). Ora è diventato bravo, equilibrato, azzecca i tempi, evita ormai inutili vittimismi, i suoi pezzi sono riconoscibili, anche riarrangiati, le letture sono mandate a memoria e non legge più ma le interpreta, anche se l'effetto è lo stesso. Sono sempre stato convinto che Vasco fosse "Noi", anche se navighiamo su navicelle spaziali differenti.
Ora Vasco inizia ad essere "Uno bravo". Costruiremo molotov, con i suoi libri?

Ad andare ai suoi potenti e delicati concerti tipo quello di stasera, ci sente di nuovo un pochino soli.

Far partire una rivoluzione dal supermercato di Sesto San Giovanni. (un post in aggiornamento)

Salve a tutti! Esordisco sulle pagine di questo blog in modo totalmente improvvisato. Cosa che, tra l'altro, mi si addice perfettamente.

In questo momento mi trovo nella sala stampa del Festival, cercando di darmi un'aria professionale, con millemila taccuini e foglietti, l'accredito in bella vista sulla maglietta e la mia borsa immensa (la quale, tra l'altro, si è rotta stamattina mentre correvo verso il treno delle nove, che è partito proprio sotto i miei occhi) e chiedendomi: "Ma qualcuno di questa redazione istantenea si sarà impossessato della sciccosissima cartellina grigia contenente tutte le biografie di tutti gli ospiti? Potrò chiederne una in più?". Sono curiosa e mi esalto con poco, davvero.

Per ora la situazione è calma, le code non sono ancora cominciate, ma prevedo un pomeriggio di fuoco (e il sabato e la domenica saranno sicuramente peggio, ma ciò, in fondo, è un gran bene per il paese).

Le cose a cui sto pensando sono:

  • oggi si vota in Irlanda sul Trattato di Lisbona e il mio buon proposito per la giornata sarà capire esattamente di cosa si tratta e sicuramente in questa amabile occasione troverò persone che ne sanno;
  • Internazionale da questo numero cambia grafica. Vorrei comprarlo per vedere per bene com'è ma mi sono promessa di non prelevare e di vivere fino a stasera con settanta centesimi;
  • prima, mentre seguivo la prima conferenza, Mihai Mircea Butcovan, scrittore romeno, parlava dei discorsi che sentiva davanti a lui alla cassa del supermercato, e mi è tornata in mente la signora che mesi fa incontrai sull'autobus mentre andavo in facoltà. Questa signora era un condensato degli stereotipi di destra più indistruttibili (gli stranieri, i kebab, gli studenti che fanno degrado, le badanti che rubano il lavoro ai nostri figli, i nostri figli che dovranno chiedere l'elemosina agli immigrati, ecc...) e parlava con tanta, tanta cattiveria. Non mi parevano neanche opinioni, le sue. Mi parevano cattivi sentimenti e basta. Mi sarebbe piaciuto averla di fianco, per sentire che ne pensava della conferenza che stavo ascoltando. Dicevano, gli scrittori che parlavano al Cinema Apollo, che una volta gli italiani non erano infelici come adesso. E io ci credo.
  • leggo dal twitter di Internazionale che poco fa David Randall era seduto sul divano in pelle qui dietro. gulp!

Tramite questo aggiornamento delle ore 19.00 posso aggiungere che:

  • La mia vita a Ferrara si svolge tutta in via Ragno, davvero.
  • Ho partecipato, oltre all'incontro di questa mattina dal titolo Italieni, indovina chi viene a cena. Quando lo straniero entra in famiglia. , anche all'incontro con il sig. Randall, che stamattina si crogiolava sul divano qui dietro. Si parlava di Citizien Journalism. Il caro David ci ha mostrato e ha commentato i video spediti dai lettori di Internazionale. E grazie a uno di questi video ho scoperto che i due pilastri della mia alimentazione, ossia le patate e il caffè, contengono, in certi casi, una sostanza cancerogena che si chiama acrilamide. Sono spacciata!
  • Cominciano a formarsi le prime, lunghissime code davanti al Cinema Apollo. Se non sapete come ingannare il tempo potete prendere qualcosa di buono da bere. Le alternative sono due, a seconda della lunghezza della vostra coda. Se la vostra coda è lunghissima dovreste trovarvi all'altezza di Zuni. Vi consiglio lo spritz, che è buono perchè il boss  di Zuni è veneto. Se siete più fortunati e la vostra coda è più corta, c'è un locale dall'altro lato di via Ragno, che mi pare si chiami Clandestino, ha organizzato una vendita di vino d'asporto. wow! In ogni caso non temete, la coda sembra lunga, ma poi molta gente riesce a entrare.
  • Mi scuso per i sicuri orribili errori che sto producendo. Ma questi computer sono lentissimi e mi snervano e non ho voglia di rileggere.

Ciccsoft suona l’Internazionale

Per la tre giorni di Internazionale, Ciccsoft ha organizzato una 'redazione istantenea'. Per seguire, a modo molto nostro, il festival della rivista che spiega l'Italia meglio di quanto facciano gli Italiani, e ci racconta tutto quello che capita nel mondo e viene tralasciato quotidianamente dalla stampa. Più o meno.

Anita, Frine e Capola, saranno le nostre 'inviate' sul campo, che tra un giro per i bar e una coda estenuante per Gipi, proveranno a raccontarci che aria si respira a Ferrara durante il festival.

. lezioni di prospettiva

Quasi tutti quelli che frequentano il DAMS, o un altro corso a sfondo culto-cinematografico, vi diranno che se non avete mai visto Rapacità di Von Stroheim, allora non capite niente di cinema. Se vi capiterà mai di sedervi per un caffé con un accanito cinefilo, gli spiegherete che sì, conoscete il cortometraggio del treno che esce dalla galleria, e vi liscerete il baffo spiegando che sapete anche che nel milleottocentonovantasei gli ignari spettatori corsero via fuori dalla sala credendo che il treno in arrivo alla stazione stesse veramente per travolgerli. Il cinefilo vi riderà in faccia dicendo che nonostante la gran parte delle persone (e non ci vorranno sottotitoli per capire con quanto disprezzo lo starà dicendo) credano che l' Arrivée d'un train en gare de La Ciotat sia conosciuto come il primo cortometraggio della storia del cinema, i fratelli Lumière produssero altri vari corti in bianco e nero, rispettivamente Repas de bébé o La sortie de l'usine Lumière à Lyon, ma anche L'arroseur arrosé o la Démolition d'un mur. Voi vi sentirete ignorantissimi, e penserete che tutto sommato era meglio uscire con un cinofilo. Credetemi se vi dico che, nonostante mi sia sentita dire moltissime volte da svariate tipologie di persone, che per i miei quindici anni avevo visto una marea di pellicole - poche volte mi sono sentita ignorante come quando ho assistito alla prima lezione di Storia e critica del cinema. Tra le diverse persone che erano in aula, diverse di loro avevano già visto Rapacità di Von Stroheim dieci o quindici volte, e ne erano molto soddisfatti. Li guardavo e mi meravigliavo delle loro facce soddisfatte, saccenti e sornione, mentre il professore parlava di questo film, che annuivano in segno di comprensione profonda e attenta partecipazione. Sì, ho visto Rapacità di Stroheim settantuno volte, confesso che nelle buie notti di pioggia in cui non riesco a dormire, oppure se ho acidità per il pranzo di natale, non riesco a non far partire play sul dvd su cui ho copiato Rapacità. Come se Rapacità fosse un gran film. I cinefili vi diranno di sì, per molti motivi che non ci interessano (o sì?) e che quindi evito di elencare. In verità Rapacità é un film muto, e non solo: ha quelle sgradevolissime schermate nere con scritti in caratteri bianchi le battute. Non so se avete avuto mai la sfortuna di incappare in tali pellicole: un tizio fa una faccia disgustata, e nella schermata nera seguente compare la scritta: - Che schifo! Il che, a mio parere, è davvero avvilente, pensando che c'è stato qualcuno che arbitrariamente voluto avere la meglio sulla mimica, e illudersi di poter interpretare universalmente il significato di un'espressione, uccidendo non solo la dignità all'attore, ma anche la fiducia nelle capacità intellettive dello spettatore. Ma con quale criterio malsano siamo arrivati a decretare cos'è bianco, cos'è nero, e cosa, a nostro gusto, dovrebbe essere un tantino grigio? Cambiando discorso: non più tardi di ieri mattina, lungo i corridoi dell'ateneo, mi intrattenevo con vari personaggi che stavano sostenendo un esame di storia della danza e del mimo. Che ogni volta che lo dico, uno pensa: che palle. In realtà é stato molto meno traumatico che guardare Rapacità di Von Stroheim, se non altro non c'erano sottotitoli, e uno poteva mettersi mentalmente a dialogare con Mejerchol'd e compagni. Il fatto é che la prospettiva é molto importante: se guardi il David di Donatello a Firenze, certo ti renderai conto che quello che guardi é sempre un David, ma non potrai nemmeno non ammettere che se lo guardi da davanti ha un pene, e se lo guardi da dietro ha un deretano. Insomma: Rapacità di Von Stroheim é un bel film oppure no? Non l'ho ancora deciso, ma vi consiglio di vederlo, se non altro per cultura generale, e per non farvi trovare impreparati durante una lezione di cinema. Ma cercate di non avere quella faccia saccente, mentre il professore ne parla: sembrerete molto meno insopportabili. Ci sono almeno cinque milioni di persone a questo mondo che non sanno neppure chi fosse, Von Stronheim; una buona percentuale di loro non sa neppure cosa significhi la parola "rapacità". Parlo di persone che non sono andate a scuola, ad esempio, e la cui ignoranza arriva molto prima del cinema tedesco di inizio Novecento. D'altra parte, forse, sono gli stessi che ci darebbero lezioni di prospettiva. Il punto é: quanti lati ha una figura geometrica? Evitino di rispondere i geometri. Perché non tutti lo sono (per fortuna). Secondo me la vera domanda é: è sul serio importante sapere con precisione quanti lati abbia un esagono? Oppure all'esagono basta avere la certezza che sarà guardato nella sua totalità, con lucidità, da occhi vergini, illibati dalla contaminazione della cultura esclusiva? E' bello essere ignoranti, per certi versi, ignorare che esistano certe forme di corruzione; é bello capire le cose senza manuale; é bello vedere i film che ci piacciono, ed essere liberi di decretare che Rapacità fa cagare, ma Saturno contro é un bel film. E' bello essere acculturati solo di quello che consideriamo noi cultura, e infine, di questi tempi, credetemi, é bello non dover frequentare l'università.

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(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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