Ancora treni, ancora stazioni e piazzali davanti alle stazioni, non è che stiamo diventando un blog per pendolari, però non è nemmeno colpa mia se le cose succedono o non succedono dentro e fuori e lungo le stazioni. Ché detta così sembra esattamente quella banalita qual è. Ma insomma, le stazioni sono posti così fascisti, ché le stazioni praticamente tutte le hanno tirate su loro, da diventare perfetti luoghi di resistenza, e sono posti fascisti e dunque spigolosi, essenziali e definitive nelle forme, con quei marmi segnati e quindi liscissimi, quando non sono incrinati, e quei freddi d'inverno dove sono tutti sotto i sottopassaggi ad aspettare una poltrona calda dove poter dormire altri cinque minuti in più. Dentro le stazioni si resiste, fuori dalle stazioni capitano cose che nemmeno ci fai caso, vedi gesti piccoli inoffensivi gratuiti e però proprio per questo ti sembrano anche così volgari, quasi te ne vergogni a parlarne.
Uno esce dalla stazione di Ferrara e la prima cosa che vede è un mare di biciclette. Piantagioni di bici (bici e stazioni, sempre lì si finisce, ve l'ho detto) geneticamente modificate, ridipinte per non farle riconoscere dai rispettivi proprietari che nel frattempo le avran rubate a qualcun altro. Io, per dire quanto son diventato diffidente, la parcheggio lontano, mica lì davanti, la parcheggio lontano al sicuro nel cortile di un palazzo. Lontano.
Allora quando esco dalla stazione, per colpa della mia diffidenza mi tocca fare un pezzo di strada in più a piedi e passo davanti a queste biciclette parassite che si attaccano a qualsiasi cosa, rastrelliere pali infissi alberi cartelli, e poco prima di infiltrarmi nel parco attorno al Grattacielo, un tempo la zona più malfamata di Ferrara ora "simbolo" dell'integrazione, almeno così dicono, sicuramente forse l'unico posto dove d'estate alla sera ci sono bambini fuori a giocare o persone a discutere tra di loro, appena prima di entrare nel parco del Grattacielo ci sta sulla sinistra il 'biciclaro' della stazione, che oltre a riparare le biciclette rotte ha il suo piccolo parcheggino privato, dove pagando lui ti tiene a bada le biciclette.
E' un servizio per i pendolari diffidenti, o pendolari esasperati dai continui furti forse, o pendolari che toccatemi tutto ma la mia bicicletta no, ognuno ha i suoi validi motivi per non volersi fare fottere la bicicletta, e allora paga e la lascia lì, in quelle rastrelliere un po' più rastrelliere delle altre, dipinte di giallo e separate dalla giungla con soltanto un cordicino metallico. A vegliare su di loro, mentre tu dormi verso Padova Rovigo Venezia Bologna, ci sta un omino, un umarell meccanico di biciclette, che butta un occhio ogni tanto, così tu sui tuoi regionali puoi dormire tranquillo, sicuro alla sera di ritrovare la tua fedelissima bici (rubata o meno).
Però il biciclaro della stazione non si limita a tenertele lì, le biciclette. Cioè, a forza di passarci tutte le sere, ho notato che intorno alle sette e mezza ormai tutte le bici sono state riprese dai legittimi (o meno) proprietari, tranne una, ed è la bici di una ragazza, oddio, donna, signora, insomma, di una tipa che secondo me è una professoressa o una maestra forse una mamma, non importa, lei si presenta dal biciclaro e lui è lì sulla soglia della bottega con la sua bici in mano. Sta lì, ad aspettarla, così lei quando arriva al termine della giornata, deve soltanto prendere la bici già aperta che le viene offerta dal biciclaro, salire e salutare ringraziando quella persona lì, che non si limita a riparlarle, le biciclette, o a buttarci un occhio, ma te le porge anche.
Ecco. La seconda cosa che uno vede, uscendo dalla stazione, dopo il mare di biciclette, è un gesto carino. Uno poi pensa, stai a vedere che qui a Ferrara sono tutti così. Carini.
4 Responses to “La seconda cosa che vedi quando arrivi a Ferrara”