Ho visto un cinese che cercava d'ammazzare qualcosa.
L'ho visto con questi stessi occhi dalla finestra della redazione dove lavoro: stava nella sua stanza d'albergo e credo si trattasse di una mosca.
Dalla finestra della mia redazione si vede una facciata enorme del Rose Garden Hotel di Via Boncompagni e siccome la finestra della mia redazione sta all'ultimo piano di un palazzo molto alto, si può dire che affacciandosi da lì si riesca a vedere tutto di quello che succede nelle stanze del Rose Garden Hotel di Via Boncompagni. Per esempio una volta i miei colleghi hanno visto un manager panciuto fare del sesso selvaggio con una biondina esile: si sono messi dietro le ante semichiuse e hanno spiato il loro furibondo coito. Io me lo sono perso. Naturalmente ne abbiamo parlato per giorni interi, sono cose che succedono tra giovani cazzari che passano tantissimo del loro tempo insieme, e alla fine è come se ci fossi stato anche io, quel giorno, in redazione a spiare il ciccione e la bionda scopare.
Invece il cinese l'ho visto solo io. E' roba mia. Per carità, è una cosa molto antica e molto abusata, letterariamente e cinematograficamente, quella di spiare impuniti le vite degli altri da una posizione vantaggiosa, non ne vorrei fare chissà quale spunto originale, però giuro che questo cinese m'ha colpito, m'ha tenuto lì affacciato ad osservarlo mentre con una scarpa in mano cercava d'ammazzare una mosca. La stanza era disordinata, c'erano i bagagli buttati sul letto, doveva essere arrivato da poco: Vietnam s'aggirava per la stanza scalzo, indossava occhialini con la montatura rossa e non c'erano dubbi che fosse un cinese. Sembrava uno di quei cervelloni maghi dei videogiochi, uno di quelli che viene invitato alle grandi fiere ludiche e si mette lì e batte tutti i record del mondo ai videogiochi e poi le grandi case sviluppatrici di videogiochi lo assumono a cifre vertiginose per fare da beta tester a tutti i videogiochi ancora non immessi sul mercato: sembrava esattamente uno così.
Uno con un paio di lauree che stava cercando d'ammazzare qualcosa e a me, non so a voi, non era mai capitato d'osservare un cinese genio dei videogiochi mezzo nudo con un paio di lauree cercare d'ammazzare qualcosa. A parte in uno di quei film, s'intende: nei film mi capita spesso di trovare qualche cinese pazzo che fa delle cose pazze, uno su tutti è sicuramente "Oldboy", uno dei film d'azione coi cinesi pazzi più bello che mi sia mai capitato di vedere, anche se, per dirla tutta, il mio cinese mi ricordava assai di più Cho Seung-hui, lo schizzato che ha fatto fuori tutta quella gente al Virginia Tech Institute lo scorso aprile, e non perché, come Cho Seung-hui, anche lui stava cercando di ammazzare qualcosa, ma proprio per le movenze da pazzo: quello che voglio dire è che sembrava davvero importante per quel cinese ammazzare la mosca, proprio come per Cho Seung-hui doveva essere importantissimo ammazzare più studenti possibile. Ogni suo movimento era proiettato a quello scopo. Una mosca era diventata la cosa più importante della vita, tutta titoli azionari e ideogrammi, di un cinese del cazzo: avreste dovuto vedere come ci si impegnava. Camminava lentamente, muovendosi anche di lato, brandendo questa scarpa con l'attenzione di uno che debba disinnescare una grande bomba: sembrava Bruce Willis cinese, tanto per dire, uno di quei supereroi americani dentro il grattacielo in fiamme. Sembrava uno con una cosa fondamentale da fare.
Seguiva la sua mosca da una parete all'altra e ogni tanto - sbam! - calava il colpo, violento, perentorio ed evidentemente fallace, perché poi, subito dopo, si rimetteva a caccia dell'invulnerabile insetto neanche fosse un alieno: si vede, che ne so, che a Tokyo o a Pechino, o in una di quelle città del cazzo piene di cinesi e lucine, le mosche non ci sono, oppure sono il piatto nazionale o vattelapesca. Comunque questo cinese era veramente un cinese con i controcoglioni: stava lì e non l'avrebbe smosso nemmeno un terremoto, secondo me è per questo che i cinesi, quando ci si mettono, fanno quelle cose strane, tipo spaccare i mattoni con il taglio della mano, oppure creare Supermario.
A questo punto ho cominciato a fare caso alla stanza in cui agiva Bruce Lee: a parte il disordine, c'era anche un grande televisore e nonostante la distanza ho riconosciuto il faccione di Amadeus che conduceva il suo cazzo di quiz serale. Allora m'è venuta un po' di tristezza per lui, per il cinese, e ho cominciato a pensare alla sua solitudine in una terra che di cinese non capisce niente di niente, né la lingua, né l'alfabeto, né le abitudini alimentari, né altro. Mi sono immaginato che Occhi a Mandorla potesse essere capitato a Roma non per vacanza ma per lavoro, magari per chiudere un'importante transazione finanziaria tra multinazionali dell'import/export e che, insomma, lui in realtà, nonostante il fascino della Città Eterna e tutto, desiderasse assai di più essere altrove, semmai nella sua terra, dove nessuno muore mai e tra gli uomini e le donne non c'è apparente differenza fisica eccetera eccetera.
L'ho guardato con quella scarpa in mano aggirarsi per la sua stanza, come un artificiere, assetato di sangue di mosca, e ho deciso che, porca puttana, non si meritava Amadeus. Nonostante fosse un cinese e i cinesi si sa quello che fanno - sono strani, hanno il pisello piccolo, mancano di peli e arrendevolezza, sono tutti comunisti e fanno le bombe nucleari con la pasta di pane - ebbene, non si meritava Amadeus. Perciò ho cominciato a tifare per la mosca: almeno, ho pensato, finché avesse avuto quello da fare, non avrebbe guardato Amadeus, non avrebbe fatto zapping sulla nostra terrificante televisione. Mandavo impulsi elettromagnetici alla mosca, implorandola di farsi ancora più mosca, ogni tanto li perdevo di vista, a lui e alla mosca, perché non è che il rettangolo ritagliato dalla finestra mi desse chissà quale visibilità, ma in generale riuscivo a seguire le traiettorie di entrambi, quella del cinese e, di rimando, quella della mosca: a un certo punto m'è parso di starmene lì a fare qualcosa di molto sbagliato, in fondo quella era la sua mosca, la mosca del cinese, e io non avevo il diritto di immischiarmi. Dopo un po' è sparito, sollevandomi dai sensi di colpa.
Sono rimasto a guardare ma niente. Ho pensato: stai a vedere che è sparito un cinese. Ho guardato le altre finestre della facciata del Rose Garden Hotel ma non c'era nulla di interessante da vedere, a parte tutta una serie di tende tirate, poi il cinese è rispuntato, nella mano adesso aveva uno spazzolino da denti e, come niente, s'è messo lì a spazzolarsi i suoi denti piccoli da cinese davanti alla finestra. Non sembrava avere più alcuna volontà di dare la caccia alla mosca: stava semplicemente lì a spazzolarsi i denti alle otto della sera. Ho pensato che fosse un orario strano per spazzolarsi i denti e questa riflessione, insieme al dato di fatto che la caccia alla mosca era terminata, m'ha fatto decidere che sì, senza ombra di dubbio, il cinese non solo aveva ammazzato la mosca, ma se l'era pure mangiata.
A questo punto è successa la cosa più strana di tutte, perché da dietro un angolo cieco della stanza s'è mosso qualcosa, come un'ombra, e dal nulla, vicino al cinese, s'è materializzato un altro cinese. Allora il cinese numero uno, sempre scalzo e in mutande, s'è allontanato dal cinese numero due, vestito di tutto punto con una camicia a rombi a maniche corte, e ha fatto qualcosa con il bagaglio sul letto. Il cinese numero due s'è girato a guardarlo, poi ha perso interesse. Hanno parlato tra di loro, il cinese numero uno sempre con le mani nei bagagli e il cinese numero due sempre davanti alla finestra, poi il cinese numero uno s'è avvicinato al compare e insieme hanno cominciato ad armeggiare con qualcosa che il cinese numero uno teneva in mano. Non ho capito cosa fosse, non ho capito niente, forse era la mosca, o un'arma termonucleare cinese, fatto sta che il cinese numero uno e il cinese numero due hanno continuato così per molto, molto tempo, finché giù in strada non si sono accesi tutti i lampioni.
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