- Cosa posso offrirti?
- Avrei proprio voglia di una birretta fresca...
- Benissimo. Due birre, Toni!
- Dai com'è andata ieri?
- Siamo alle solite:
E' ufficialmente cominciato il torneo di calcetto e in paese non si parla d'altro. I vecchi del bar continuano imperterriti a giocare a carte nel retrobottega (e l'ottima temperatura glielo consente), ma per il resto l'ondata calcistica ha sommerso tutti, grandi e piccini. Ci sono le divise, finto-brasile per una squadra, finto-francia per un'altra, Di Fabio Turbogas per le altre due, ma insomma, ci si arrangia. Ci sono le coppe. C'è la finale, finalmente, dopo un torneo all'italiana con i soliti punti. C'è una grande cena finale, a cui il Sottoscritto mira ad arrivare senza spendere una goccia di sudore sul campo, forte del mio ruolo di panchinaro fisso. Come alle olimpiadi, anche qui ci sono una serie di regole da osservare per il corretto svolgimento della manifestazione: non si può entrare al campetto con abiti troppo succinti, per non distrarre i giocatori, non si possono introdurre cani randagi nelle vicinanze del campo (o almeno non devono superare il numero degli spettatori), i giocatori non devono chiacchierare con il pubblico mentre sono di turno in porta, pena il gol subìto quando meno se lo aspettano. Niente macchine fotografiche, niente videocamere, le cartoline si possono acquistare all'uscita del campo. L'arbitro, rigorosamente in pantofole, sarà scelto tra la gente che al bar si rende disponibile, e non dovrà essere parente di nessuno dei giocatori in campo, ma questo è impossibile in un paese di 70 anime. Infine, è vietato mettere nella stessa squadra il Padre e lo Zio onde evitare siparietti memorabili. Purtroppo qualche mattacchione ha fatto proprio in modo che succedesse e se ne sono già viste delle belle.
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