5 Maggio

Io non sono sempre stato Juventino. All’inizio tifavo Genoa, perché ogni volta che compravo le figurine, c’erano figurine del Genoa, così mi son detto che forse quello andava interpretato come un segno del destino. Poi però mi sono reso conto che il Genoa aveva vinto il suo ultimo scudetto nel 1899, e così, visto che non sono proprio scemo, ho scelto la Juventus.

Qualunque: ma tu non tifavi Genoa?
Chinaski: ma tu non eri morto?

E mi ci sono affezionato, chiaro. Ora, se sei della Juve, automaticamente devi odiare l’Inter.

Non ho sempre odiato l’Inter. Forse l’odio tra Inter e Juventus risale a quel famoso scudetto che abbiamo rubato nel 98, ma non credo. Per quanto mi riguarda, l’odio per l’Inter risale alla terza media.
C’era questo mio amico interista, correva l’anno 1989.
Sì. Quello lì.
Quello dei record, che l’Inter ha vinto 33 partite su 34.
E tutte le mattine, sullo scuolabus, mi dovevo sorbire questo mio amico che faceva cori da stadio. Non solo. Mi recitava tutta la formazione, tanto che ancora adesso la so a memoria. Non ci credete?
Zenga, Bergomi, Brehme, Ferri, Mandorlini, Matteoli, Berti, Diaz, Bianchi, Matthaus, Serena.
Ecco. Io e lui sappiamo che non l’ho dovuta cercare su internet.

Così, da allora io chiedo sempre due cose, a chi sa i risultati delle partite. Se la Juve ha vinto, e se l’Inter ha perso. Non mi interessa altro, entrambe mi danno il medesimo godimento.
L’apice, ovvio, è quando giocano contro.
Nella mia memoria storica di tifoso juventino, alcuni epici scontri mi sono rimasti impressi.
Tra questi, un 2-2 con doppietta di Seedorf. Solito stra-dominio bianconero, vittoria in rimonta sul filo di lana, poi questa scimmia col baricentro alle ginocchia tira una sassata a cazzo di cane, e segna. Ecco. Quella lì è una ferita mica male. Più delle sconfitte (per quanto rare).
Sono passati due anni e mezzo, e me la ricordo ancora.
Nel frattempo, c’è quella vittoria nostra, sempre a San Siro, dopo una partita senza storia.
A tempo scaduto, in seguito a una mischia furibonda assolutamente irregolare, succede questo.
L’inter pareggia con un gol del portiere.
Un gol del portiere.
Anche lì, giù sangue. E rabbia.
Oh, quanta rabbia.
Ancora adesso, se ci penso…
Ma niente, via, non gli si può dar soddisfazione: bisogna dissimulare.

Domenica sera, stavo tornando in macchina. Accendo la radio e scopro che a 15 minuti dalla fine, vinciamo due a zero. Sorrido compiaciuto. Stavolta è fatta, mi dico.
Spengo la radio, e guido. Il mio corpo comincia a produrre qualche chilo di serotonina, per brindare alla vittoria tanto attesa. Guardo Milano, grigia e piovosa, e mi immagino gli ottantamila interisti, allo stadio, tutti depressi. E quelli nei bar, tutti incazzati. E io che mi faccio una meritata passerella, lungo una città deserta. Mi sono sentito come una pattuglia militare dopo la conquista.
Per suggellare il momento, mi assicuro che Pussycopy si sia addormentata, sul sedile passeggero, e poi sibilo, silenzioso:

“Vediamo se pareggiate anche stavolta, figli di puttana”.

Il resto, è risaputo.

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