La storia di Flavio B. /4

(4° - puntata precedente)
Flavio ne ha fatta di strada. Malgrado la latitanza, Briatore ha finalmente conquistato, tra Saint Thomas e New York, la vita che ha sempre inseguito: soldi, affari e belle donne da esibire. Arie da playboy se le è sempre date ("A sei anni il mio primo bacio, a 14 la prima donna vera, Marilena, credo di Saluzzo. Vera, in quel senso lì"). È la vita pubblica di Briatore, invece, che dopo l’incidente delle bische compie un salto: Flavio, ricercato, condannato e latitante, alle isole Vergini spicca il volo definitivo verso il successo.
Prima della tempesta aveva conosciuto Luciano Benetton. A presentarglielo era stato Romano Luzi, maestro di tennis di Silvio Berlusconi e poi suo fabbricante di fondi neri. Aveva poco o nulla in comune, Benetton con Briatore: trovava di cattivo gusto la sua casa, il suo stile di vita, la sua esibizione di donne e di ricchezza. Ma il Tribüla è un grande seduttore, conquista uomini e donne, è affascinante, sa farsi voler bene. In più, il rigoroso Benetton era rimasto affascinato dalla diversità del suo interlocutore: "È un po’ teppista ma è tanto simpatico", rispondeva Luciano agli amici che gli chiedevano che cosa avesse in comune con quel tipo, dopo averlo messo in guardia per le brutte storie che giravano sul suo conto. Ecco allora che Briatore apre alle isole Vergini qualche negozio Benetton e fa rapidamente carriera nel ristretto gruppo di manager dell’azienda veneta. Come venditore è bravo. Riuscirebbe a vendere anche il ghiaccio al Polo Nord, dice di lui chi lo conosce bene. E aggiunge: venderebbe anche sua madre.
Passa invece nel dimenticatoio un’altra storia che sfiora Briatore nei primi anni Ottanta. Una vicenda intricata di azioni Generali che passano di mano: un pacchetto di oltre 330 miliardi. Protagonisti: Anthony Tannouri, noto alle cronache come trafficante d’armi; Mazed Pharson, sceicco arabo e finanziere internazionale; Florio Fiorini, padrone della finanziaria Sasea, ex manager Eni, esperto di mercato petrolifero. Il pacchetto di Generali passa di mano per sette anni, prima di tornare in Italia, perché diventa la garanzia di fumose transazioni internazionali: di petrolio tra la Libia e l’Eni, di armi ed elicotteri da guerra che dopo qualche giro finiscono a Gheddafi malgrado l’embargo. La vicenda rimane oscura. Certo è che per recuperare le azioni si è mosso anche il presidente di Mediobanca Enrico Cuccia e che, nel suo giro del mondo, il superpacchetto di Generali è passato anche per una sconosciuta fiduciaria milanese, la Finclaus, fondata nel 1978 da Luigi Clausetti, ma per qualche tempo nelle mani di Flavio Briatore.
(Libero adattamento da "Società Civile" - 4. continua)

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