Lei non c'era più, ed era passata più di una settimana, già.
Come non c'era più lui, da quasi cinque anni oramai.
Ci son tanti modi diversi di suicidarsi, lui di sicuro aveva fatto prima, quello di lei invece si era protratto a lungo nel tempo. Iniziò a tormentarsi capelli, in silenzio, tentando di reprimere tutto quello che stava lottando per venire fuori dallo stomaco; rabbia, impotenza, dolore. Cosa sarebbe servito tirarli fuori, le lacrime sarebbero scese e nessuno sarebbe tornato indietro per stringerla a sè.
No, infatti.
Erano giorni che ogni pretesto era buono per farle salire un nodo alla gola, l'acqua, il cielo azzurro, il vento sulla barca, il suono d'una voce. Durava un attimo, di solitudine tra il rumore e la frenesia, gli occhiali da sole calati sugli occhi; ma poi doveva andare avanti, come al solito, che la vita gliel'ordinava, imperiosa, ostinata. Era nata per quello alla fin fine.
Tutto su un colpo realizzò che la cosa più dolorosa erano quei ricordi felici che avrebbe voluto tanto portare con sè nel cuore senza che facessero così male. A quelli pensava quando sentiva di odiarli, entrambi. Li odiava per quanto li aveva amati. E li odiava perchè guardava negli occhi tutti giorni qualcuno che non aveva potuto scegliere se rischiare di morire o meno.
Era un flusso di pensieri, un attimo di dolore acuto, poi il rumore cominciava di nuovo, si stringeva nelle spalle e riusciva a respirare abbastanza da muovere qualche passo.
Una mano sulle sue gambe la fece sobbalzare all'improvviso.
"E' successo di nuovo?"
"Sì."
"Vieni qua, appoggiati a me, su, dormi..."
Un attimo e sentì le lacrime scendere, perchè se ogni tanto quasi si vergognava ad essere felice sapeva che il compito dei vivi era andare avanti. Con chi li avrebbe seguiti.
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