questo non è un post politico né culturale né rivoluzionario (a proposito, buon 2 agosto): questo è un post su una persona che va in libreria. certo non siamo l’emilia romagna (se sei emiliano o romagnolo o tutt’e due, non lamentarti: vivi in una regione ricca e sensibile alle esigenze dei giovani, ti consiglio di apprezzare la tua fortuna), non siamo la lombardia (bene per lo smog male per i negozi di sushi ogni tre per due) e non siamo nemmeno roma, roma, roma (che fa la stupida solo di rado), firenze non ne parliamo, è una cugina che non ci guarda e non gli interessa e al pranzo di natale ci tira i capelli insieme a siena e lucca (ricordi che succede in ottobre?): siamo perugia.
se credi che sia divertente, hai sbagliato regione. noi siamo quella che nelle cartine politiche è sempre verde, il cuore pulsante di questa scarpa malandata senza tacco, boschi-campi e fiumiciattoli come direbbe bilbo baggins (sì, siamo simpatizzanti degli hobbit perché ci sentiamo hobbit anche noi).
la notizia è che la libreria oberdan chiude, dopo simonelli e il fallimento di altri piccoli negozi più marginali (non parliamo di altre attività che hanno chiuso nel giro di due anni per altri problemi e che hanno demolito l’interesse del centro storico, uno su tutti lo storico teatro pavone, le diatribe riguardo il cinema turreno che vogliono buttare giù per costruire un parcheggio, o lo stato di abbandono che sta degradando il cinema modernissimo che ormai di moderno ha solo il nome).
sulla pagina facebook ne parlano attraverso questo comunicato, laconico e lapidario (nel senso di lapide, e buon 2 agosto di nuovo). c’è chi, come succedeva per voldemort, non vuole fare “il nome del colpevole”, e chi invece crede di essere così rivoluzionario che un nome è solo un nome, e per giunta rosso e troneggiante, ditemi se non esiste qualcosa di più comunista: la-feltrinelli.
ma questo non è un post politico, nè di cultura, nè rivoluzionario (buon 2 agosto a mamme e piccini). è un post, come ho già detto, riguardo le persone che vanno in libreria: non importa quale, non gli interessa il nome. hanno bisogno di sapere che ci siano librerie, e libri e persone che salgono per lui sugli scaffali e prezzi - aehm - modici e un’offerta, diocristo, un’offerta.
perugia è un posto dove le persone litigano tramite i manifesti. c’hanno costruito il minimetrò rubandoci i soldi tramite lo scandalo dei semafori gialli e grazie all’aumento delle tariffe delle strisce blu (va bene), c’hanno dimezzato e ribaltato il servizio apm mettendo in croce anziani e ragazzini (va bene), c’hanno tolto i cinema, i teatri, i laboratori teatrali, i circoli arci, le aule dei licei, ci hanno chiuso perfino i locali dove si faceva karaoke (che ora sono privati e se vuoi cantare devi tesserarti come al partito), e va bene, va benissimo. e non è una diatriba su chi sia la vittima o il carnefice, le persone che amano i libri sono stanche di decidere di chi sia la colpa e di pensare a quello che avrebbe potuto offrire la oberdan o quello che offre la feltrinelli (che sì, se volete saperlo, dev’esserci in un capoluogo regionale, da chi altro vogliamo farci ridere dietro?): il dubbio è su quello che resta, non rispetto a quello che se ne va. quando si rimane da soli a giocare, si può dire o no di avere già vinto?
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