Ultimamente se ne fa un gran parlare, nel bene e nel male.
Ginecologi che procurano cocktail di farmaci che danno effetti simili vengono alternativamente osannati o considerati alla stregua di assassini a sangue freddo.
Spesso chi è a favore del cosidetto "aborto farmacologico" ne parla senza la minima cognizione, ignorando i dolorosissimi effetti collaterali, il peso supportato dall'organismo per riassorbire e smaltire il farmaco ed il trauma psicologico, che, intervento o non intervento, inevitabilmente rimane.
L'aborto farmacologico è doloroso quanto uno spontaneo e nel caso di non completa espulsione di tutto ciò che è da espellere si deve procedere lo stesso al raschiamento dell'utero (come quando dopo il parto una bara sulle goccette, per intendersi, il principio è lo stesso).
Solo che adesso viene presentato come rimedio miracoloso in un'Italia dove abortire per una donna è diventato un iter umiliante ed estremamente complicato.
In un'Italia dove a son di presentare l'astinenza come il metodo più sano per la prevenzione delle gravidanze non viene fatta una corretta educazione sessuale, dove non sono solo gli adolescenti ad ignorare i più banali metodi di contraccezione.
E quel che mi da più fastidio è vedere chi marcia sopra un problema enorme e si nasconde dietro un dito. Anche il rimedio farmacologico dovesse essere migliorato, ottimizzato e tutto il resto basterebbe rendere la sua distribuzione umiliante come lo è adesso per una donna recarsi in un consultorio se il suo non è un caso "disperato".
In Italia siamo a livelli in cui se ti si rompe un preservativo devi aver paura di sostenere lo sguardo di disprezzo del ginecologo che potrebbe rifiutarsi di firmarti la ricetta per la pillola del giorno dopo.
Il problema, purtroppo, è alla base.
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