Chi per mestiere fa la televisione - e quindi decide cosa mandare in onda, quali programmi produrre, a quali conduttori affidare una determinata trasmissione, su quali fasce orarie puntare, eccetera - sa benissimo quanto sia importante strategicamente la fascia di spettatori che comprende i cosiddetti “giovani d’oggi”. Tutti - chi più, chi meno - cercano di accalappiare la loro attenzione, di assecondare i loro desideri e di proporre loro quello che credono gli possa più interessare: spesso, però, finiscono per prendere cantonate clamorose, a cominciare dalla definizione esatta del target di riferimento.
Se pensiamo ai giovani come agli appartenenti alla fascia di età che va dai sette ai quattordici anni (e io su questo non sarei completamente d’accordo), potremo tranquillamente convenire sul fatto che in Italia esistano già due canali televisivi diretti a questa fascia di età: Italia 1 ed Mtv.
Ci sarebbe da discutere quindi sul come tale target viene considerato dai guru della televisione.
Italia 1 propone un palinsesto incentrato – probabilmente per una scelta precisa – su programmi di breve durata (tranne i film e qualche altra eccezione, non si va mai oltre un’ora): telefilm, cartoni animati, sit-com, programmi di intrattenimento all’insegna del trash e del volgare (Cronache marziane su tutti), un telegiornale – Studio Aperto – che dedica più tempo al gossip e al costume che all’informazione, e che romanza tutti i casi di cronaca nera, un rotocalco – Lucignolo – che parla a rotazione di sesso facile, abitudini sessuali nella notte di Milano, spogliarelliste e nuove tendenze della pornografia. Anche le manifestazioni sportive vengono adattate al target di riferimento: ascoltate le assurde telecronache alle gare MotoGp dell’allucinato Guido Meda, o gli esagitati telecronisti degli incontri di wrestling, e fatevi un’idea.
Mtv dal canto suo risponde alla scelta precisa di dedicare grandissima parte del suo palinsesto alla musica, ma anche qui compie – ma questo lo fa storicamente, e credo non solo in Italia – una scelta importante: non i dischi più belli, ma i più venduti (scendete dal pero, le due cose vanno di pari passo molto raramente), non i dischi più interessanti, ma quelli più trasmessi dalle radio, quelli da cui poter ricavare facili ospitate e suonerie a go-go: quelli – per dirla in un altro modo – commercialmente progettati per un determinato scopo ed esplicitamente diretti a quel target di riferimento che è lo stesso della rete.
Siamo sicuri che i giovani, che quei giovani, vogliano proprio questo?
E ammesso – e non concesso – che lo vogliano, siamo sicuri che sia giusto da adulti assecondare le loro pulsioni più spontanee e istintive immergendoli in una televisione che non li stimola ma li appiattisce e frena tutte quelle cose che dovrebbero/potrebbero farli crescere (il porsi delle domande, il sano divertimento, l’informazione a misura di ragazzo, la formazione di un primitivo senso critico e delle prime passioni verso forme d’arte quali il cinema – anche d’animazione -, la musica, la vera comicità)?
Non mi si risponda che i guru di cui sopra decidono in base ad esigenze esclusivamente commerciali, secondo la consueta logica di devozione ai pubblicitari e al dio Auditel.
Siamo sicuri che – ragionando su un termine medio-lungo che non è di questa tv, lo so – non potrebbe avere successo e seguito una televisione che possa proporre dei cartoni animati di qualità (anche e soprattutto tra i giapponesi ce ne sono di meravigliosi), dei telefilm ben realizzati (un cult come 24 è stato relegato su Rete 4 ad orari impossibili), dei talkshow intelligenti che possano trattare temi vicini ai giovani senza cadere nella retorica, degli spettacoli di comicità che possano divertire in modo sano (in questa direzione qualcosa si vede anche ora, seppure con qualche eccesso), degli appuntamenti sportivi che possano avvicinare i giovani più allo sport in quanto tale che non al merchandising ad esso collegato, dei programmi di informazione che possano formare la coscienza dei ragazzi, stimolare la loro curiosità e arricchire giorno dopo giorno la loro creatività e il loro bagaglio di conoscenze?
Questa è una domanda che forse non troverà mai risposte concrete.
La considerazione più amara, però, sta nel fatto che si possa ragionare di questo discorso solo su a proposito di canali commerciali quali Italia 1 ed Mtv, e non sul servizio pubblico (che dovrebbe e potrebbe fare tutto questo senza la spada di Damocle degli ascolti o degli introiti pubblicitari): malgrado alcuni positivi vagiti quali il Gt Ragazzi, in questo campo la Rai non ne azzecca una dai tempi di Big.
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