ALBATROS
PAGINA 2 CAMBIO DI REDAZIONE
PAGINA 2 STEFANIA SI PRESENTA
PAGINA 4 LILLY SI PRESENTA
PAGINA 6 INTRODUZIONE
PAGINA 7 G8 E DINTORNI
PAGINA 7 19-21 LUGLIO 2001, GENOVA
PAGINA 8 DAI CONVENTI ALLE PIAZZE
PAGINA 9 LA TELA DELLE DONNE AVVOLGE IL VERTICE DEI “PREPOTENTI”
PAGINA 10 G8: PER UNA POLITICA ED UN’ECONOMIA DEL BENE COMUNE (rete di Lilliput)
PAGINA 14 G8: I TEMI DEL VERTICE DI LUGLIO
PAGINA 16 G8: OPINIONI...
PAGINA 17 LE STELLE DEL ROCK GIA’ LE SUONANO AL G8
PAGINA 18 LA GLOBALIZZAZIONE E’ BELLISSIMA
PAGINA 20 NEWS...
PAGINA 22 POESIE
PAGINA 23 NONGIO – RAGAZZI
PAGINA 24 LETTERE DELL’ALTRO MONDO
PAGINA 26 IQBAL MASIH
PAGINA 27 CONFUSIONE - MOSORROFA
PAGINA 28 NAPOLI COME SEATTLE
PAGINA 29 KALLE LASN
PAGINA 30 LA FAVOLA DI SPACCIANEVE
PAGINA 33 JANIS JOPLIN: una vita di passioni
PAGINA 35 RECENSIONI (musica, spettacoli)
PAGINA 40 FALSI E CENSURE SUI LIBRI DI TESTO
PAGINA 42 Gino Paoli: LA storia non siamo noi
PAGINA 44 SPAZIO CONCERTI
PAGINA 46 “Le
cose più importanti sono le più difficili da dire”
CAMBIO DI REDAZIONE......
Salve carissimi lettori,
eccoci di nuovo qui alle
prese con questo nuovo numero di Albatros (si tratta del n° 5), che spero vi
colpisca come lo hanno fatto i precedenti.
Ma veniamo subito alle cose
importanti; c'è stata la prima importante defezione di uno dei due
"storici" collaboratori di questo importante progetto; si proprio così, Alice ha deciso di intraprendere
altre strade, e proprio come un albatro ha spiccato il volo verso altri
lidi; spero tanto per lei che sia la strada giusta.
Il numero di marzo non è
uscito proprio per questo; non riuscivo a trovare nuovi referenti con cui
collaborare per la realizzazione di questo giornale; fortunatamente li ho
trovati; si chiamano Stefania ed Elisa (non mi dilungo oltre
perché saranno loro a presentarsi).
La Mailing List di Albatros è già attiva è funzionante da qualche mese
(per iscriversi albatros20@egroups.com) al suo interno si parla di qualsiasi
cosa; senza censure, naturalmente nel limite del comune buon senso; inoltre serve a decidere i pezzi nuovi da
inserire nel giornale; a lanciare nuove proposte; ultimamente si parlava di un
possibile raduno di tutti i lettori e collaboratori di Albatros; io lascio la
palla a voi; avete qualche idea in proposito?
Che altro dire v'invito fin
d'ora a spedire qualsiasi tipo di materiale a me o agli referenti; se avete
voglia di scrivere, di mettere il vostro pensiero su un foglio di carta, fatelo
che aspettate!!!!!!
Ok, ora ho finito; Buona
lettura.
Claudio
REDAZIONE:
Claudio Torreggiani
Via
Ferri, 12/1
42020 Villa Sesso (RE)
stefania si presenta…
Non è facile descriversi, fornire agli altri un'immagine di se' che sia veritiera, sincera, obiettiva. E di se stessi non è facile parlare senza cadere in autocelebrazioni o, diametralmente opposti, in vittimismi. Posso solo dire che questa rappresenta per me un'esperienza del tutto nuova, una ulteriore scommessa con me stessa, un modo diverso per crescere assieme agli altri - noi -.
Ho 36 anni. Alle spalle volti amici che il tempo ha privato dei contorni, nelle orecchie il suono lontano delle mille canzoni urlate a squarciagola, negli occhi un po' di melanconia per ciò che non è più.
Ho due figli ed il terrore di non saperli crescere, in un mondo che troppo spesso vende effimere illusioni per mettere a tacere le crude - ma vive - realtà.
Proprio a mia figlia, Cecilia, avevo dedicato nel gennaio del 1999 un messaggio registrato sulla segreteria telefonica di Jack Folla, mai mandato in onda.
Glielo avrei fatto ascoltare quando, un po' più grande, ne avrebbe potuto cogliere il senso. Glielo donerò - foglio stinto e confuso d'appunti - quando gli anni le insegneranno quella capacità preziosa (e secondo me fondamentale) di saper leggere tra le righe:
"sono ad Alcatraz Park per mia figlia, una
figlia che non è neanche qui con me, ora. Che spero un giorno possa riascoltare
e capire queste mie parole.
Sei ancora piccola, bambina, e crescerai.
Non far mai soffocare la tua voglia di giocare, la tua sete di
conoscere.
Non abbandonare mai i sogni, ma impara a sfidare te stessa, e la
vita.
Io non so se ti sto insegnando a vivere: non esistono regole per
questo.
Ma tu, credi sempre negli altri, nell'amicizia, nell'amore -anche
quello impossibile-.
Impara a leggere negli occhi e nelle mani di chi hai davanti e non
fermarti alle parole.
Ti dedico i versi di una canzone -Figlia, di
Roberto Vecchioni-.
E' ciò che vorrei dirti anche io.
e
figlia, figlia,
non
voglio che tu sia felice,
ma
sempre "contro",
finché
ti lasciano la voce;
vorranno
la
foto col sorriso deficiente,
diranno:
"non
ti arrabbiare che non serve a niente",
e
invece tu grida forte,
la
vita contro la morte.
e
figlia, figlia,
figlia
sei bella come il sole,
come
la terra,
come
la rabbia come il pane,
e so
che t'innamorerai senza pensare,
e
scusa,
scusa
se ci vedremo poco e male:
lontano
mi porta il sogno
ho un
fiore qui dentro il pugno.
(Gennaio 1999 - per Cecilia, a pochi giorni dal
suo quarto compleanno)
Credo nell'amicizia - senza tornaconti -.
Credo nella lealtà ad oltranza - fatta d'amare
delusioni -.
Credo nella responsabilità del singolo e nel suo
esempio costruttivo "sbattuto" in faccia agli altri - anche se quel
singolo poi passa puntualmente per "fesso"-.
Credo nel potere dei sogni, ancor oggi - nonostante
tutto.
StefaniaLisi
Località
loretello 61
60011
Arcevia AN
PS: in realtà a questo numero non ho
praticamente lavorato, apprezzate quindi l'opera magna di Lilly e auguratemi,
per favore, di avere un migliore rapporto con le mie capricciose attrezzature
informatiche!!!!
lilly si presenta…
Si può dire che io e Claudio neppure ci conosciamo; un paio di e-mail, qualche telefonata.
Nulla di più.
Pur abitando nella stessa città, ancora (oggi è il 4 giugno) non sappiamo che faccia abbia l’altro.
Per questo sono rimasta di stucco quando mi ha proposto di prendere parte attiva in questo progetto per dargli una mano ora che Alice ha qualche problema a mantenere l’impegno preso.
Credo sia stata una bella prova di fiducia nei miei confronti da parte sua.
Fiducia che spero di non deludere.
E’ domenica sera, di uno strano week-end di fine maggio in cui, in meno di ventiquattro ore sono riuscita a riprendere forti contatti con tre persone cardini della mia vita. Tre amici coi quali ho condiviso momenti stupendi e che credevo di avere perso ma che ora sono rientrati prepotentemente nella mia vita. Sono felice. Tranquilla, più che altro, forse questa è la parola giusta.
La sicurezza di potere ricominciare a contare su qualcuno mi restituisce un po’ di forza per continuare andare avanti, e sperare.
In generale, tra i soliti alti e bassi, è un periodo abbastanza buono, in cui tutte le cose sembra stiano tornando al loro posto, o quasi. Dal mondo esterno al mio piccolo Io mi arrivano molteplici stimoli, più o meno interessanti, ma che riescono comunque a tenermi occupata a riempire quei vuoti di cui ho sempre avuto paura, e che troppo spesso ritornano. Anzi, forse non se vanno mai; sono solo io che a volte raggiungo un cavolo di equilibrio interiore per cui non mi spaventano più. Ma presto o tardi ritornano sempre. Fino ad ora sono riuscita a mantenere il controllo della situazione, ma fino a quando durerà, fin quando riuscirò a reggere la maschera?
Probabilmente la mia vita sarebbe più serena, se non avessi lo stramaledetto vizio di crearmi i problemi o vederli anche dove non ci sono. Ed è questa mia costante propensione verso il futuro che, oltre a non farmi vivere l’oggi, lo rende anche un inferno; è questa mia ricerca di sicurezze e obiettivi nel domani che mi fa perdere i punti di riferimento del presente, che mi fa trascurare le piccole gioie quotidiane, in continua ricerca di una Felicità che per ora posso solo sognare.
E allora quando ci si sente persi in una mare in tempesta a volte basta uno sguardo, o un sorriso, o molto più semplicemente un silenzio condiviso a ridarti un barlume di speranza.
Nonostante sia sempre stata circondata da una marea di
persone sono stati tanti i momenti nei miei vent’anni e un mese di vita in cui
mi sono sentita sola. Diversa.
Diversa dalla massa, estranea al mondo che mi circondava.
I primi anni ho
imparato a lottare con il mio Io; l’ho soffocato, strozzato, richiuso sotto
maschere e false opinioni, finché non ce l’ho più fatta e sono scoppiata in
tutta la mia irruente, tormentata, catastrofica, rivoluzionaria, iperattiva
personalità, raccogliendo, come era ovvio, più critiche che consensi.
I risultati sono
arrivati con il tempo e con la pazienza.
Nella marea di conoscenze che ho, nella marea di rapporti astratti che si è costretti ad instaurare, pian piano qualcuno è emerso ma non è facile, soprattutto al giorno d’oggi, in cui “l’apparenza è tutto” e il gruppo è ciò che dà la forza ai singoli.
“Il gruppo è la merda che ti danno da mangiare”
ha detto qualcuno.
Non ho ancora incontrato nessuno che mi abbia dimostrato il contrario.
Ma ho imparato, che sparsi qua e là nel mondo ci sono persone che la pensano come me, che credono nei rapporti veri, che lottano per i diritti inviolabili degli uomini, che non si adeguano a come gira il mondo ma che sono capaci di urlare con quanto fiato hanno in gola: “Fermate il mondo, voglio scendere!”
E Io?! Che posto ho
all’interno di questo perverso universo? Io, alla fine, chi sono?
Beh, Io sono sempre e comunque Io, o almeno ci provo, con le mie molteplici sfumature e i miei controsensi.
Un’ora ho una testa matta, poi ritorno razionale; un momento vince il cuore, l’altro la mente.
Ma sono sempre Io.
Con le mie idee, la mia testardaggine e la mia snervante voglia di fare.
E chissà per quanto ancora la mia vita correrà così, tra alti e bassi, continui cambi di scena e di costume, tra repliche e prime serate, tra un personaggio e l’altro.
Poi, forse, ci sarà un giorno in cui mi sveglierò e riuscirò, guardando la mia vita come spettatrice, a ritrovare la ‘me stessa’ persa tra le righe del copione che recito, e mi renderò conto nuovamente di una cosa che già sapevo.
Non so chi sono; e non
mi comprendo.
Ma, in fondo, in questo grande palcoscenico della vita, non credo che esista un qualche attore che conosce perfettamente l’uomo che è costretto a interpretare, e non mi aspetto di certo di poter essere io la prima, perciò prendetemi così, ogni momento diversa, pur essendo sempre me stessa, che tanto ormai io ci sono abituata a non essere capita.
Via
Ciro Menotti, 1
42100
REGGIO EMILIA
Un ultima cosa prima di lasciarvi alla lettura del nuovo numero:
il 23 Maggio è stato l’anniversario dei nove anni dalla morte di Giovanni Falcone. Solo due righe tratte dal libro “Jack Frusciante” di Enrico Brizzi e un secondo di silenzio per lui.
“Vicino a Palermo avevano fatto saltare 50 metri di autostrada per uccidere il giudice simbolo della lotta alla mafia...
Era questa l’Italia in cui stava vivendo...
...quel giudice che avevano assassinato era un uomo che aveva tentato di uscire dal gruppo... uno a cui non andavano bene le prepotenze e l’arbitrio dei forti , uno che aveva camminato controcorrente con l’acqua alla cintola, fino a quando non era arrivata un’onda troppo grande che l’aveva trascinato via.
Era uscito dal gruppo, certo.
E quando per il gruppo era diventato scomodo, l’avevano fatto saltare in aria con la moglie e tutti gli uomini della scorta...
Era questa l’Italia in cui stava marcendo...”
Ciao e buona lettura!
Claudio, Stefania e Lilly.
INTRODUZIONE
Giugno 2001. I telegiornali rispondono con immagini patinate di navi enormi e sontuose ed impomatati capi di stato agli appelli di tute bianche e movimenti anti-globalizzazione.
Da 500 anni altre voci continuano ad innalzarsi, rinnovando nei secoli appelli troppo spesso caduti nel vuoto: sono le voci dei nativi americani che, con la piena disperazione di un popolo martoriato, descrivono la propria storia fatta di amicizia offerta e promesse non mantenute, di speranze e di delusioni, di orgoglio ed umiliazioni.
Quelle stesse parole oggi assumono un nuovo significato, nuova forza e disperazione:
"L'uomo bianco non
capisce questa terra. E' troppo lontano dai suoi processi formativi. Le radici
dell'albero della sua vita non hanno ancora stretto la roccia e il suolo.
Ma negli indiani ha ancora valore lo spirito della terra; sarà così finchè altri uomini saranno capaci di cogliere e incontrare il suo ritmo. Gli uomini devono nascere e rinascere per far parte della terra. I loro corpi devono essere formati con la polvere delle ossa dei loro antenati."
Luther Orso Eretto
"Dove sono oggi i
Pequot?Dove i Narragansett, i Mohicani, i Pocanet e le altre potenti tribù del
nostro popolo? Sono svaniti davanti all'avidità e all'oppressione dell'uomo
bianco, come la neve al sole.
Ci lasceremo
distruggere a nostra volta, senza fare uno sforzo degno della nostra razza? Abbandoneremo,
senza combattere, le nostre case e le terre ricevute in eredità dal Grande
Spirito?
Le tombe dei nostri
mirti e tutto ciò che ci è caro e sacro?
So che voi direte con
me, Mai! Mai!"
Tecumseh
Solo 30 anni fa un giovane Blackfoot, in attesa di raggiungere l'isola di ALCATRAZ (occupata in segno di protesta da numerosi nativi americani) ha così ironicamente espresso la propria amarezza:
"L'uomo bianco
salva le gru nord-americane, salva le oche delle Hawaii, na non sta salvando il
modo di vivere dell'indiano"
(sl)
G8 E DINTORNI
dal 19 al 21 luglio a
Genova
si
riunirà il famigerato "G8".
Questo vertice, come i precedenti, servirà a coordinare le misure economiche, sociali e politiche tese a rafforzare lo strapotere delle multinazionali e ad allineare i singoli governi a scelte contrarie agli interessi dei lavoratori, dei disoccupati e dei settori popolari sia nei paesi industrializzati che in quelli che, non si comprende su che base, sono definiti "in via di sviluppo".
Da anni ormai in questi vertici vengono discusse e prese decisioni che hanno portato allo smantellamento dei diritti sociali, all'abbassamento dei salari, alle privatizzazioni dei servizi, alla flessibilità del mercato del lavoro. In nome della competizione globale, le conquiste dei lavoratori e le esigenze dei settori popolari sono state sottoposte ad un attacco che ha riportato la situazione indietro di mezzo secolo. Queste misure hanno provocato il peggioramento delle condizioni di vita, l'esplosione della povertà, il ritorno di malattie scomparse, l'emigrazione forzata di milioni di uomini e di donne, le devastazioni dell'ambiente.
Negli ultimi anni in molti paesi è cresciuto un movimento di opposizione, di lotta e di resistenza a questo stato di cose. Cresce, in particolare, la mobilitazione dei lavoratori contro i signori dell'economia mondiale su precise rivendicazioni:
Ø per la difesa e l'estensione delle garanzie sociali (diritto alla salute, all'istruzione, alla casa, alla previdenza, ai trasporti) conquistate con lotte decennali;
Ø per una riduzione generalizzata dell'orario di lavoro;
Ø per il raggiungimento di una qualità della vita dignitosa per tutti;
Ø contro il militarismo, le spese militari, le guerre che ci vengono presentate come scelte "umanitarie" e le missioni di "pace";
Ø contro la precarizzazione di tutte le attività lavorative ed il conseguente degrado delle nostre condizioni di vita e di lavoro;
Ø contro la distruzione ambientale;
Ø perché i lavoratori immigrati godano, almeno, dei diritti, già limitati, riconosciuti, ai lavoratori italiani.
Otto grandi non valgono una moltitudine.
Il neoliberismo sta aggravando enormemente i problemi dell'umanità. Mentre il 20% della popolazione mondiale gode dell'86% della ricchezza, tre miliardi di persone vivono con meno di due dollari al giorno, il 16% della popolazione del nord ricco vive in condizioni di povertà, milioni di persone malate di aids e di malaria non possono curarsi a causa degli alti prezzi dei medicinali imposti dalle multinazionali farmaceutiche, il clima viene alterato dall'effetto serra, l'acqua è diventata un bene scarso, lo strato di ozono che ci protegge è a rischio, la biodiversità viene drasticamente diminuita.
Alcuni esempi che riguardano anche la tua vita:
ü Gli Stati Uniti si rifiutano di ridurre le emissioni di gas serra e rivendicano il diritto di continuare ad avvelenare il pianeta per non ridurre i profitti delle loro imprese.
ü Mangiando corriamo il rischio di incorrere in gravi problemi per la salute (mucca pazza, organismi geneticamente modificati.) perché ciò conviene alle grandi imprese del settore agroalimentare.
ü In futuro correremo il rischio di poter andare a scuola o curarci solo se avremo abbastanza soldi perché l'organizzazione mondiale del commercio (WTO) vuole privatizzare l'educazione e la sanità mettendole nelle mani delle grandi imprese private.
ü Imprese grandi e piccole trasferiscono la produzione nei paesi poveri, dove i salari sono bassi e non esistono diritti sindacali, creando sfruttamento laggiù e disoccupazione da noi.
Gli otto grandi (G8) che si riuniranno a Genova sono i maggiori responsabili di queste politiche ed essendo i più forti obbligano di fatto le altre nazioni del pianeta ad adeguarsi.
Un altro mondo è possibile, costruiamolo insieme.
da repubblica 13.6.01
dai conventi alle
piazze
Appello delle
congregazioni religiose per manifestare a Genova
ORAZIO LA ROCCA
ROMA - "Uscite dai conventi, venite a Genova!". Anche il mondo cattolico e missionario in vista del vertice del G8 di Genova del 2022 luglio prossimi scende in campo e prende decisamente posizione accanto al "popolo di Seattle". E lo fa affilando le armi che caratterizzano, in genere, l'azione dei religiosi impegnati nel sociale e vicino alle istanze dei poveri: con digiuni, preghiere, appelli, documenti.
Il via arriva dal mensile Nigrizia di giugno, periodico dei missionari comboniani, che pubblica un dossier con cui invita i religiosi e le religiose a "uscire", appunto, dai conventi per rispondere in massa all'appuntamento genovese per dar vita ad una pacifica mega manifestazione - in stile tutto gandhiano - a favore della "totale cancellazione del debito estero dei paesi poveri". All'appello – informa Nigrizia - hanno già risposto positivamente 77 congregazioni religiose e una quindicina di organizzazioni di volontariato che hanno sottoscritto un documento redatto apposta per l'occasione, il "manifesto appello interreligioso ai G8 per una giustizia economica in favore dei paesi impoveriti".
Paladina dell'iniziativa, una religiosa delle missionarie della Consolata, suor Patrizia Pasini. La missionaria da anni è animatrice della Rete Fede e Giustizia Europa Africa, un organismo che si batte contro il debito estero a nome di istituti missionari e religiosi, e in collaborazione con il Gruppo Debito del Sedos e la commissione Giustizia, pace e integrità del creato delle Unioni superiori e superiore generali (le congregazioni religiose maschili e femminili).
Oltre alla pubblicazione del manifesto appello interreligioso, l'iniziativa avrà il suo momento centrale in una due giorni di digiuni e preghiere – dal 20 al 21 luglio - nella chiesa francescana di S.Antonio di Boccadasse, sul lungomare genovese. «Chiediamo che la città - spiega suor Patrizia Pasini - accolga apertamente la nostra contestazione pacifica» per la quale sono attese oltre 100mila persone. «Noi ci saremo comunque», avverte la religiosa, «con un documento, ma anche con la voglia di pregare e pronti al digiuno, con spirito alternativo, ma senza aggressività». «Dobbiamo dimostrare - spiega a Nigrizia la suora - che c'è una possibilità di far giungere in alto la nostra voce, senza ricorrere a mezzi volgari». Una precisazione con cui la religiosa prende decisamente le distanze da chi, eventualmente, potrebbe pensare di andare a Genova solo con l'intenzione di sfasciare qualche vetrina. A suor Pasini e ai 77 rappresentanti di congregazioni religiose che hanno aderito all'appello la violenza non piace, in nessuna forma, nemmeno nel linguaggio: dare degli "assassini" - spiega la religiosa - ai dirigenti degli 8 paesi più ricchi del mondo può essere gratificante per i contestatori, ma è non è il modo migliore di farsi ascoltare.
«Ma c'è un'altra buona
ragione per andare a Genova: noi religiosi - esorta la missionaria - abbiamo
una missione da compiere, dobbiamo finirla di avere paura, dobbiamo metterci
dentro ai drammatici problemi di oggi, come la povertà del mondo, e dare la
nostra opinione».
Don Vittorio Nozza, direttore della Caritas: i Grandi lancino un segnale per distendere il clima. Anch’io cattolico e antiviolento sto con il popolo di Seattle.
la tela delle donne
avvolge il vertice
dei “prepotenti”
Due giorni di dibattito e, sabato pomeriggio, la Marcia mondiale delle donne che costruiranno, portando ognuna un proprio pezzo di tela, una rete di spaghi e stoffa attorno alla «zona rossa» di Genova nella quale i «prepotenti» della Terra saranno blindati dal 20 al 22 luglio.
E' femminile e femminista la protesta che in questo week-end animerà la città, secondo le sue proponenti vuole marcare, essendo a più di un mese dal vertice, la necessità di utilizzare a meglio il tempo, per studiare i temi della globalizzazione, per chiarire perché si dice loro di no. La mobilitazione, tappa di avvicinamento al summit, è organizzata dalla Rete di oltre 140 associazioni e gruppi femministi della «Marcia mondiale contro le guerre, le violenze e la povertà delle donne».
Il convegno internazionale, che si terrà venerdì e sabato a Palazzo San Giorgio, ha per titolo «Punto G: genere e globalizzazione - Per una società di donne e uomini equa, sostenibile, democratica e solidale». Un punto "G" che sappia scatenare le emozioni e le reazioni di mobilitazione, di fronte ai cambiamenti che si presentano al mondo. Un punto G che sappia trasformarsi in un punto fermo: cioè in una carta degli intenti che verrà discussa nella giornata di sabato. I avori cominciano alle 15 del venerdì; dopo le prime relazioni (da Lidia Menapace all'economista Christa Wichterich e a Sophie Zafari della Marche Mondiale des Femmes), partono i gruppi i lavoro. Sabato, altre testimonianze (tra cui Ivonne Ramos dall'Amazzonia, Cristina Gualengua dall'Ecuador, mentre non ci sarà la fisica Vandana Shiva), presentazione della Carta degli intenti, e infine nel pomeriggio la tavola rotonda: «Un mondo diverso è possibile: speriamo che sia femmina».
Conclusi il dibattito e gli approfondimenti, alle 17,30 prenderà il via da palazzo San Giorgio una manifestazione itinerante che si svilupperà nella «zona rossa» con performance di artiste, pittrici, danzatrici, attrici. Il corteo si svilupperà lungo via San Lorenzo - con momenti teatrali in largo Sanguineti - poi in via Scurreria, e quindi in piazza Campetto, dove sarà rappresentato lo spettacolo teatrale «La vera storia della Donna Cannone e di Quella Serpente» e infine ancora su verso piazza Matteotti, conclusione scelta non a caso, visto che lì davanti si riunirà il G8. Infine, il corteo convoglierà verso i Magazzini del Cotone, dove da venerdì sarà in corso "Tuttunaltracosa", la mostra del commercio equo e solidale.
Sono attese dall'estero e dall'Italia almeno 300 partecipanti, ma le organizzatrici genovesi - tra le altre la rivista Marea e il Coordinamento Donne, Lavoro, Cultura - contano di portare in piazza almeno un migliaio di manifestanti.
«Le donne - ha spiegato Monica Lanfranco, direttrice di Marea – si mobilitano un mese prima del summit per avere spazio per esprimere le loro posizioni tenendo conto del fatto che, nei giorni del vertice, la contestazione, anche come evento mediatico, sarà così imponente da non consentire approfondimenti e riflessioni».
La presenza femminista sarà comunque assicurata durante i cortei di fine luglio. Ma la protesta contro il G8 potrà meglio declinarsi al femminile in questa mobilitazione di giugno.
«Il filo conduttore -
ha spiegato Oriana Cartaregia del Coordinamento Donne, Lavoro, Cultura - sarà
la gigantesca tela che costruiremo, che stiamo già costruendo con le nostre
figlie e nipoti, con stoffe e spaghi. Ogni donna porterà in piazza il suo
lavoro e lo unirà a quello delle altre». Tessitrici, le donne, e nello stesso
tempo tela di una protesta pacifica contro le diseguaglianze di un mondo le cui
leve sono ancora saldamente in mano agli uomini .
per una politica ed un’economia
del bene comune
Questo documento vuole costituire la base di contenuto che caratterizzerà l'impegno ed il lavoro della Rete di Lilliput e del Tavolo Intercampagne durante il percorso verso il summit dei G8 di Genova, in rappresentanza di un ampio schieramento della società civile italiana.
Prendendo
spunto dal prossimo summit di Genova invitiamo il governo italiano ad una
riflessione e ad un confronto che vada comunque oltre il vertice, a cui
non riconosciamo legittimità democratica in quanto gli otto paesi più ricchi del mondo non possono arrogarsi la prerogativa di prendere decisioni globali che
toccano le sorti dell'intero pianeta.
Credendo
noi che il pianeta appartenga a tutti i popoli della terra e che tutti i popoli
abbiano diritto di espressione, cittadinanza ed autodeterminazione non possiamo accettare che la "legge
dei più forti" possa diventare la legge per tutti, non possiamo
accettare che le scelte finalizzate alla eliminazione della povertà siano
prodotte " in esclusiva " da chi tale povertà ha prodotto, non possiamo accettare che una nuova forma
di neocolonialismo, chiamato globalizzazione neoliberista, mantenga in servitù economica, culturale ed ideologica i
due terzi della umanità.
Chiediamo
quindi che il governo si impegni sin da ora in preparazione dell'incontro
delle Nazioni Unite su Finanza e Sviluppo (Finance for Development) evento di
gran rilievo per la ridefinizione di impegni della comunità
internazionale per lo sviluppo sostenibile e la lotta alla povertà, nei quali
l'Italia dovrà svolgere un ruolo di primissimo piano.
Come ricorda opportunamente l'UNDP (1999) e' necessario
intervenire in questi fenomeni prestando grande attenzione a sei componenti
fondamentali: etica, equità inclusione, sicurezza umana, sostenibilità
ambientale e sviluppo con le seguenti caratterizzazioni:
a) etica: diminuire le violazioni dei diritti umani,
non aumentarle;
b) equità: diminuire le disparità all'interno e tra le
nazioni, non aumentarle;
c) inclusione: diminuire la marginalizzazione di
individui e paesi, non aumentarle;
d) sicurezza umana:
diminuire l'instabilità delle società e
la vulnerabilità degli individui, non aumentarle;
e) sostenibilità
ambientale: diminuire il degrado
ambientale, non aumentarlo;
f) sviluppo: diminuire le povertà e la deprivazione, non aumentarle
Le indagini svolte da tutti i maggiori centri di analisi e di
ricerca ci dimostrano sempre più come il nostro sistema economico e
produttivo sia ormai palesemente entrato in rotta di collisione con i sistemi
naturali che ci supportano e senza i
quali non potremmo vivere e come la situazione economica e sociale
complessiva abbia prodotto un’insostenibilità dei modelli di sviluppo
che ormai necessitano di un grande riorientamento etico e morale.
Continuare sulla strada del “business as usual”, appare assolutamente insensato
e la responsabilità' del cambiamento che hanno i paesi a maggiore
industrializzazione e con le maggiori economie mondiali e' immensa.
A quasi dieci anni dalla Conferenza ONU su ambiente e sviluppo di
Rio de Janeiro (1992) è indispensabile diminuire l’impatto ambientale delle
nostre società con un impegno senza precedenti.
L'economista Herman Daly ha scritto che l'avvio di un'economia sostenibile richiede meno risorse al nostro
ambiente, ma richiede, contestualmente,
molte risorse alla nostra morale.
Secondo le stime della stessa World Bank ("Development Indicators
2000"), 2,8 miliardi di persone vivono con meno di 2 dollari al giorno,
1,2 miliardi di persone con meno di 1 dollaro al giorno, 1,1 miliardo di
persone sono malnutrite, 1,2 miliardi non hanno accesso all'acqua potabile.
Dietro a queste fredde statistiche ci sono volti, storie, vite, ridotte, al
meglio, a sopravvivere. Sono gli
oppressi ed i derelitti della Terra che stanno sempre peggio.
I fenomeni naturali sono inoltre aggravati dalla crescita
demografica che si traduce in un sempre crescente consumo di energia e di
materiali ed un conseguente aumento dei rifiuti prodotti chiaramente
differenziati secondo gli stili di vita ed i pattern di consumo dei vari paesi
del mondo (con i paesi ricchi che presentano un livello assolutamente
insostenibile di consumo delle risorse) La maggioranza degli esperti ambientali
ritiene che, se si vuole assicurare una stabilità dell’intervento umano sugli
equilibri dinamici della biosfera, la pressione ambientale a livello mondiale
dovrebbe essere ridotta almeno del 50% nei prossimi 50/60 anni.
v L’inadeguatezza delle politiche di BM e del FMI
Sulla scia della mobilitazione massiccia della società civile in
Italia ed a livello internazionale per la cancellazione
del debito estero dei paesi in via di
sviluppo, l'Italia ha già preso impegni politici di grande rilevanza che rischiano però di essere resi vani
allorché non si risolvano al contempo le cause strutturali della povertà tra
cui il fallimento delle politiche della Banca Mondiale (BM) e del Fondo
Monetario Internazionale (FMI).
A 56 anni dalla loro
creazione, BM e FMI hanno infatti dimostrato di non essere in grado di creare
le basi per un sistema di giustizia e stabilità economica al quale possano
partecipare tutti i popoli del pianeta.
Le loro politiche non solo hanno generato l’enorme ed insostenibile fardello del debito
estero, ma hanno anche prodotto quello che la società civile del Sud del
mondo chiama "debito ecologico e sociale", un debito cioè contratto
da queste istituzioni internazionali e dalle nazioni ricche verso i paesi in
via di sviluppo che si sono appropriati di risorse naturali a bassissimo costo
o che hanno sfruttato i loro ambienti incontaminati per smaltire le quote di
inquinamento da loro prodotte e i loro abitanti per avere lavoro a bassissimo
costo.
La nuova iniziativa congiunta Banca Mondiale - Fondo Monetario
Internazionale denominata "Poverty Reduction Strategy" rischia di
essere un ulteriore onere per i governi dei paesi poveri e di scalzare uno dei
principi base per nuove politiche di sviluppo, quello della rispondenza agli
effettivi bisogni delle classi marginali.
Occorre
pertanto sviluppare un nuovo approccio
economico e finanziario che faccia prevalere
i bisogni ed i diritti dei popoli, rispetto agli imperativi di
liberalizzazione e globalizzazione dei mercati.
Una strategia integrata di lotta alla povertà ed all'esclusione
sociale non può inoltre prescindere da
una serie di misure ed impegni politici generali volti a rafforzare i
meccanismi di governo dell'economia e della finanza globale e ad accelerare la cancellazione del debito estero
dei paesi poveri ed a medio reddito. Nel contempo vanno effettuati degli
interventi particolari di riforma della Banca mondiale e del Fondo Monetario Internazionale
Obiettivo di queste riforme sarà quello
di garantire che tali istituzioni funzionino in maniera efficace, trasparente e
coerente. Banca Mondiale e FMI soffrono di difetti cronici che vanno dalla
scarsa qualità dei progetti finanziati, alla mancanza di trasparenza e
responsabilità per il loro operato.
Chiediamo quindi
al Governo italiano di impegnarsi affinché i paesi più ricchi impostino
una strategia comprensiva che affronti una volta per tutte il problema del debito estero, cancellando del
tutto il debito dei paesi più poveri verso la Banca mondiale ed il Fondo
monetario internazionale, e creando i presupposti per un sistema economico e
finanziario basato su criteri di equità responsabilità e sostenibilità. Andrà
inoltre garantita la prevalenza delle istanze politiche rispetto a quelle
dell'economia e del mercato. Una delle caratteristiche e conseguenze della
globalizzazione economica è infatti rappresentata dallo spostamento di asse
delle dinamiche politiche e decisionali
dagli stati e dai parlamenti ad istituzioni sopranazionali globali.
Una
riforma del sistema economico-finanziario dovrebbe quindi ricreare le basi per un controllo democratico
e politico dell'economia, da parte della società civile e dei governi.
v I pilastri per sostenere lo sviluppo sociale
Equità, sostenibilità e responsabilità,
questi dovrebbero essere i pilastri di ogni azione volta a sostenere lo
sviluppo sociale e la lotta alla povertà oltre il debito.
Perché
non basta rilanciare gli scambi commerciali, o i flussi di investimenti senza
indicare i criteri ed i vincoli ai quali tali scelte devono essere
condizionate.
L’equità
richiede l’introduzione di procedure negoziali nelle quali la società civile ed
i governi dei paesi impoveriti possano avere gli stessi diritti di quelli
ricchi, e che le politiche di sviluppo siano improntate verso la giustizia
sociale ed il rispetto dei diritti umani.
La responsabilità
necessita di istituzioni responsabili, trasparenti, e coerenti con i propri
obiettivi. E significa che il settore privato, siano esse banche o imprese multinazionali
dovrà essere sottoposto a regole certe riguardo alla delocalizzazione
produttiva, alla loro partecipazione a programmi di riduzione del debito, di
prevenzione delle crisi e di incentivazione degli investimenti diretti nei
paesi più poveri.
La sostenibilità
richiede un sistema economico e
finanziario solido, non basato su interventi macroeconomici tradizionali, e che
riconosca il diritto dei paesi a controllare le proprie economie ed i flussi
finanziari speculativi; richiede anche che la sostenibilità ambientale venga
messa al centro delle politiche di
sviluppo, degli scambi commerciali e degli
investimenti, poiché il più grande bene comune e' la stabilita' del pianeta
e dei rapporti tra i suoi abitanti.
v Il debito estero
Il
debito globale delle nazioni in via di sviluppo, ha sorpassato i 2.500 miliardi
di dollari. Il 2000, anno del Giubileo, doveva essere l'anno in cui i paesi
ricchi, grazie ad una forte campagna
pubblica internazionale, sarebbero stati invitati a cancellare questi
debiti che sono ormai divenuti una pesante "catena" alla salute umana
ed ambientale dei paesi indebitati.
40
nazioni sono state designate dalla World Bank e dal FMI come Highly Indebted
Poor Countries (HIPC) e come tali e' stato per loro previsto un programma che mira
a ridurre i debiti ad un "livello sostenibile". Ai paesi beneficiari
di questi programmi si chiede, in
cambio, di mettere in atto riforme economiche che riducano la spesa pubblica,
facilitino le privatizzazioni e promuovano la liberalizzazione del commercio.
Queste politiche si
traducono concretamente in azioni che non
fanno che peggiorare i livelli di povertà della popolazione ed i danni per
l'ambiente
Questo
fallimento è legato ai limiti che questa iniziativa presenta
dall'origine. I paesi e le Istituzioni creditrici hanno mantenuto una
posizione dominante: hanno introdotto una distinzione fra le categorie dei
paesi indebitati ed hanno prodotto una divisione fra i paesi in via sviluppo, ponendo le premesse per nuove
tensioni e conflitti; hanno definito in maniera unilaterale i criteri di
sostenibilità e le condizioni di ammissione alla riduzione del debito;
continuano ad ignorare i meccanismi politici ed economici che hanno portato
alla attuale crisi e quindi negano qualsiasi principio di responsabilità.
Con
le recenti innovazioni, ottenute sotto la spinta della campagna per la
cancellazione del debito, i paesi e le Istituzioni creditrici hanno manifestato
l'intenzione di rendere più efficaci e rapidi i meccanismi di riduzione del
debito.
Ma anche in presenza delle modifiche più recenti i
risultati rimangono deludenti: ad oggi, un solo paese ha ottenuto la
cancellazione del debito, l'Uganda; solo 12 paesi sui 40 del gruppo HIPC stanno
ora beneficiando di una riduzione del servizio del debito. Per questi paesi, in
ogni caso, la riduzione del debito e stata in media del 30% e la spesa per il
servizio del debito continua ad essere superiore a quella per l’assistenza
sanitaria.
Dopo il
fallimento del vertice di Okinawa, chiediamo quindi un nuovo accordo che
includa l'obiettivo della cancellazione del debito, che dia certezze
sull'impiego a favore delle popolazioni dei paesi indebitati delle risorse
recuperate attraverso la cancellazione, che risponda all'esigenza di nuovi
rapporti fra paesi indebitati e paesi e Istituzioni creditrici, per il
riequilibrio delle relazioni Nord-Sud.
Chiediamo al Governo italiano di
impegnarsi affinché i paesi più ricchi perseguano:
-
la completa cancellazione del debito da parte dei paesi e delle Istituzioni
creditrici; in particolare Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale
devono garantire la cancellazione del 100% dei loro crediti (abbandonando il
livello del 30% mantenuto attualmente);
- la cancellazione immediata di tutti i
debiti dei paesi in condizione di estrema povertà, dove il reddito individuale
e inferiore al dollaro al giorno, in presenza di chiari impegni per l'uso delle
risorse rese disponibili in piani di riduzione della povertà che vedono la
partecipazione della società civile;
-
la garanzia che i paesi più poveri ed altamente indebitati non siano costretti
a spendere di più per il servizio del debito di quanto spendano per
l'assistenza sanitaria;
-
la garanzia che le condizioni per la cancellazione del debito siano coerenti
con l'obiettivo dello sradicamento della povertà, evitando, ad esempio,
l'applicazione del sistema delle tariffe (<user fees>) per l'accesso
all'educazione ed alla sanità;
-
l'individuazione di vie permanenti per al soluzione della crisi del debito
attraverso forme di mediazione, che garantiscano gli interessi delle
popolazioni dei paesi indebitati (sostenute recentemente anche dal Segretario
Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan), ed il ricorso alla Corte
Internazionale di Giustizia;
-
la modifica dell'iniziativa HIPC che porti all'estensione del numero dei paesi
beneficiari sulla base del livello d'indebitamento e povertà (per includere
paesi come la Nigeria ed Haiti); la
modifica delle condizioni per l'accesso alla riduzione e la cancellazione del
debito sulla base delle esigenze delle popolazioni dei paesi indebitati; la
ridefinizione delle politiche macroeconomiche alla base dell'iniziativa HIPC;
la riduzione dei tempi
Chiediamo
inoltre al Governo Italiano d'impegnarsi, a partire dalla piena applicazione
della legge per la cancellazione del debito recentemente approvata, per
ottenere un nuovo accordo che dia la risposta definitiva alla crisi del debito
dei paesi più poveri ed altamente indebitati.
v Il debito ecologico e sociale
Crediamo sia giunto il momento che i paesi ricchi ed industrializzati e le grandi istituzioni finanziarie internazionali, riconoscano il debito ecologico che hanno nei confronti dei paesi poveri. Sebbene l'economia globale prometta sviluppo e benessere per i cittadini del pianeta, la povertà nel mondo è purtroppo aumentata ed i sistemi naturali hanno subito impatti e pressioni che hanno provocato effetti devastanti oggi molto difficili da restaurare.
I paesi poveri, che sono stati sempre ricchi di risorse
naturali e di diversità culturale, sono stati rapinati nei secoli dei loro beni
permettendo lo sviluppo del Nord grazie
alle loro risorse, dal petrolio ai
metalli preziosi, dalle foreste alla loro ricchissima biodiversità.
Conoscenze ancestrali e patrimoni genetici sono stati e sono portati via indiscriminatamente; i suoli, l'acqua, i mari, l'aria sono stati inquinati da rifiuti e residui tossici, armi chimiche, test nucleari; la sopravvivenza dei popoli indigeni e' stata ed e' messa a rischio continuamente.
Il peso e l'impatto ambientale (che può essere quantificato con la cosiddetta “Impronta ecologica”) dei modelli di consumo e dei sistemi economici dei paesi ricchi pesano enormemente sulle risorse di tutto il pianeta, in particolare su quelle dei paesi poveri.
Gli Stati Uniti hanno un'impronta ecologica che supera le 12 unità di superficie pro capite (quelle dei paesi dell'Europa occidentale vanno da 5 a quasi 10), mentre i paesi dell'Africa subsahariana presentano impronte ecologiche inferiori a 2 unita' di superficie pro capite (quella dell'Eritrea e', ad esempio, di 0,35).
Tenendo conto delle capacità bioproduttive degli ecosistemi e della necessità della conservazione di almeno il 10% della superficie terrestre, l'impronta ecologica degli abitanti della Terra non dovrebbe superare le 2 unità di superficie . Oggi i paesi poveri sono, quindi, creditori del debito ecologico e sociale.
Chiediamo
al Governo italiano di impegnarsi affinché i paesi più ricchi avviino un processo che consenta il riconoscimento di
questo credito attivando meccanismi di compensazione e di
"restituzione". Tra questi, ad esempio, si possono citare gli aumenti
dei contributi per una cooperazione ambientalmente e socialmente sostenibile,
il finanziamento di progetti internazionali di recupero ambientale, programmi
mirati per l'uso di fonti energetiche rinnovabili per una decentralizzazione
delle distribuzioni di energia con particolare orientamento ai bisogni del Sud
del mondo, ecotasse sui prodotti forestali a beneficio dei paesi che detengono
patrimoni forestali, impegni concreti per ridurre l'impronta ecologica dei
cittadini dei paesi del Nord mediante politiche di sobrietà ed efficienza, ecc.
Lilly
(da www.retelilliput.it)
PS: per ovvi problemi di spazio il testo integrale
è stato ridotto e sono stati trattati sono alcuni temi. Chiunque fosse
interessato a leggere tutto il manifesto lo può trovare, se non ricordo male!,
al sito www.retelliliput.org
i temi del G8 di Genova
Il vertice di Genova vedrà la partecipazione delle delegazioni di Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito Russia e Stati Uniti che saranno affiancate anche da una delegazione dell’Unione Europea.
La città ospiterà 100 delegati per ciascun Paese e per l’Unione, circa 10.000 persone da tutto il mondo, almeno 4.000 giornalisti e 5.000 militari provenienti da tutta Italia per assicurare il servizio d’ordine.
I TEMI principali che verranno dibattuti a Genova dagli 8 Grandi saranno:
o la cancellazione del debito dei Paesi in via di sviluppo e la lotta alla povertà
o lo squilibrio delle conoscenze tecnologiche
o l’ambiente
o l’architettura finanziaria
o la democratizzazione mondiale.
Connessi a tali temi spiccano:
o la lotta al crimine tecnologico (high – tech crime) commesso attraverso Internet e le nuove tecnologie informatiche ai danni di banche e gruppi finanziari ma anche, e soprattutto, ai danni delle popolazioni di ciascun Paese che, pertanto devono essere protette (si pensi ai reati quali lo sfruttamento sessuale dei bambini ad opera di reti di pedofili o agli attacchi alle infrastrutture civili);
o le opportunità di sviluppo sociale ed economico offerte, non solo ai paesi industrializzati ma anche ai paesi in via di sviluppo, dalle ICT (Information & Comunication Technologies), ossia dalle nuove tecnologie digitali.
Lilly
AMATO: G8 lavorate con le ONG e cancella te il debito
In una lettera aperta indirizzata al G8 pubblicata sull’International Herald Tribune, Giuliano Amato chiede di cancellare il debito e di lavorare con le ONG.
“Le ONG hanno un importante ruolo da svolgere al G8”. Lo ha dichiarato Giuliano Amato in una lettera aperta ai Premier degli otto Paesi più potenti della Terra.
Il ruolo che Amato si immagina per le ONG al summit di Genova?
“Non tanto ingaggiare una battaglia ideologica, ma aiutare ad identificare e risolvere problemi concreti sul campo, dove spesso lavorano con più efficacia di istituzioni e governi.”
Tre, secondo il Premier uscente, le azioni urgenti da intraprendere al G8:
ü cancellare il debito estero dei Paesi poveri;
ü detassare le esportazioni di prodotti provenienti dai Paesi in via di Sviluppo;
ü aiutare i Paesi poveri a sviluppare il capitale umano.
Carlotta Jesi
c.jesi@vita.it
20, 21, 22 luglio: gli otto paesi più ricchi del mondo (USA,
Gran Bretagna, Germania, Giappone, Francia, Italia, Canada, Federazione delle
Repubbliche Russe) si riuniranno a Genova nel vertice G8 per concordare le loro
politiche. Ci vogliono far credere di lavorare per uno sviluppo sostenibile e
per la lotta alla povertà ed invece a luglio la tv e i giornali non
ci diranno
che i cambiamenti climatici e il buco dell’ozono non si fermeranno
davanti alle loro decisioni;
che continuiamo a vivere consumando più di quello che possiamo
permetterci per la salvaguardia dell’ecosistema;
che la mucca pazza è il risultato della politica del profitto che è
tutelata dai paese del G8 per le grandi multinazionali;
che gli organismi geneticamente modificati possono far male a noi e
all’ambiente e non risolvono la fame nel mondo;
che l’acqua tra pochi anni non sarà sufficiente neanche al nord del
mondo;
che l’AIDS come tante altre malattie potrebbero essere curate se le
medicine costassero il loro prezzo reale di fabbricazione;
che in 50 anni le politiche della Banca Mondiale e del Fondo Monetario
Internazionale sostenute dagli Stati ricchi non hanno dato risultati positivi;
che il debito dei paesi poveri non è stato cancellato;
che quasi 2 miliardi di persone vivono con meno di 1 dollaro al giorno;
che la povertà e l’insicurezza del lavoro è aumentata anche nel nord
del mondo;
CHE INSIEME POSSIAMO FARE QUALCOSA PER EVITARE TUTTO QUESTO.
Cosa
chiediamo al Governo Italiano
ed al G8
che si facciano promotori di un’economia di giustizia nel mondo per
sostenere lo sviluppo sociale;
che sia cancellato il 100% del debito estero dei paesi poveri;
che il protocollo di Kyoto sul clima sia ratificato e applicato in
tutto il mondo;
che si avvii un processo di radicale
revisione della struttura e delle politiche della Banca Monetaria, del Fondo
Monetario Internazionale e dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO);
che comincino seriamente ad applicare delle regole basate sulla
chiarezza, la democraticità e la trasparenza sulla sostenibilità ambientale e
sociale;
che il rispetto dei diritti dell’umanità, dell’ambiente e la sicurezza
alimentare siano la priorità davanti all’economia.
Chiediamo cibo
per tutti, medicine per tutti, acqua per tutti!
Da “Rete di Lilliput” 9 aprile 2001
G8: opinioni
Tra poco più di un mese si svolgerà a Genova l’ormai tanto famigerato/vituperato/boicottato G8.
I movimenti antiglobalizzazione sono pronti a scendere in piazza, sono pronti a dare battaglia, sono pronti allo scontro per difendere le proprie ragioni. Nel variegato universo troviamo di tutto dai centri sociali agli scout, dagli anarchici agli ecologisti fino ad arrivare ai cani sciolti passando per qualche comunità religiosa e molte associazioni politiche e culturali, non solo della sinistra. In questo caravanserragli di sigle e movimenti scontato che le posizioni, i distinguo, le richieste e le denunce sono diversissime così come sono diversissimi i modi e le forme della contestazione.
L’unica cosa che sembrerebbe unire tutti questi gruppi, associazioni e movimenti è il non volere la "globalizzazione", oscura parola dietro la quale ogni gruppo, del variegato popolo di Seattle, vede cose, minacce, finalità e obiettivi diversi.
Se ci attenessimo al significato proprio della parola allora dovremmo soltanto suggerire a questo popolino di svegliarsi e di rendersi conto che il Mondo è da tempo globalizzato.
Da Marconi in poi il Mondo è sempre diventato più piccolo e le distanze sono sempre diminuite.
All’inizio del secolo ci volevano settimane (per nave) per andare dalla vecchia Europa alle Americhe, oggi bastano (in aereo) ore. Con l’avvento della televisione le informazioni e le notizie, le inchieste ed i reportage sono diventate di pubblico mondiale dominio. Con l’aumento dei viaggi (di affari ma soprattutto di piacere) milioni di giovani sono usciti dalla propria nazione ed hanno conosciuto altri milioni di giovani.
Con l’arrivo di Internet, poi, il Villaggio Globale telematico è una realtà per cui essere oggi "antiglobalizzazione" tout-court significa essere ancora fermi alla guerra del fuoco e non essersi accorti che è stata inventata la ruota, la stampa e che il Mondo è andato avanti. Evidentemente non può essere così altrimenti, più di un Forum, questi giovani avrebbero bisogno di uno psichiatra.
Ma allora qualcuno è in grado di formulare una piattaforma, un documento, un’analisi che possa essere poi sottoscritta, dalle mille anime della protesta, per poi essere portata nelle piazze e fra la gente per discuterne tutti assieme? Evidentemente la risposta è no, se fino ad oggi il movimento (o per meglio dire i cento movimenti) non ha ancora trovato una strategia, un obiettivo, una strada comune.
Difficile dire perché, nonostante la non poca organizzazione, il popolo di Seattle ancora non abbia trovato (pur nelle mille diversità delle idee) un obbiettivo comune.
Si possono fare soltanto alcune ipotesi. Innanzitutto le finalità e gli scopi delle varie organizzazioni sono spesso troppo distanti tra loro per cui, anche cercandoli, ci sono molti più punti di distacco che di contatto.
Secondariamente la mancanza cronica di una forte unione di base non permette al popolo di Seattle di costruire una stabile leadership che possa poi porsi come unico interlocutore/antagonista in quanto ogni rivolo del movimento, geloso della propria unicità e miope nella visione generale del movimento, ancora non ha capito che soltanto un unione stabile (con tutti gli inevitabili compromessi politico/sociali/organizzativi che questo comporta) permette di essere poi forza in grado di interagire con le Istituzioni.
Bisogna anche considerare che le frange più estremiste sono quasi incapaci di avere qualsiasi dialogo per cui è quasi impossibile trovare degli interlocutori (quando ne abbiano le capacità, il che è tutto da dimostrare) capaci di sedersi attorno ad un tavolo (e di dialogare con gli altri gruppi) senza ricorrere alla violenza, unico loro modo di partecipazione alle manifestazioni. Detto questo, per ultimo, bisogna anche considerare il grosso controsenso insito all’interno del movimento, inteso nella sua forma più globalizzante.
Gli esponenti politici ed economici che partecipano al G8 sono stati eletti da organismi che sono stati democraticamente eletti e che quindi, indirettamente, rappresentano il Popolo.
Il popolo di Seattle, all’opposto, non rappresenta che una piccola percentuale del Popolo, nessuno li ha scelti democraticamente, nessuno gli ha dato una delega in bianco per rappresentarli.
E dove sta scritto che una minoranza deve arrogarsi il diritto di costringere una maggioranza a compiere delle scelte?
In un sistema democratico si hanno gli strumenti ed i mezzi per rappresentare, nelle sedi appropriate, le istanze e le voci più diverse della popolazione.
Arrogarsi il diritto di essere una piccola oligarchia (nemmeno "illuminata") che pretenderebbe di costringere una maggioranza a delle scelte, non sottoposte al volere popolare, non è altro che essere uguali, pari pari, alle oligarchie economiche/politiche che essi dicono di voler combattere.
Gianfranco
le stelle del rock già
le suonano al G8
Dagli U2 ai
Rage Against the Machine, da Courtney
Love a Peter Gabriel, dai 99 Posse a Jovanotti. Viaggio tra i siti internet
delle star contro la globalizzazione:
Walk on. Vai avanti, non mollare, quello che hai non te lo possono portare via, non lo capiscono neppure.
Walk on, quello che senti non lo possono vendere o comprare.
Walk on, walk on: quasi due anni dal vertice di Seattle e dal Rock duro dei Rage Against the Machine che aveva scandito i primi passi degli attivisti anti globalizzazione, la società civile internazionale si muove verso il G8 di Genova al ritmo dolce e insieme incalzante di Walk on. E’ il ritmo scelto da Bono Vox e compagni per la ballata dedicata all’attivista birmana Aung San Sun Kyi contenuta nel cd All that you can’t leave behind con cui, il 23 Marzo a Miami, gli U2 hanno inaugurato il loro nuovo tour mondiale. E con esso una grande mobilitazione di musicisti anti G8 : da Courtney Love ai 99 Posse, da Peter Gabriel ai Radiohead passando per Jovanotti ed Ani di Franco.
Per ascoltarli basta collegarsi a Internet: la colonna sonora del controvertice, infatti, scorre sul web. Libera da copyright ed esclusive imposte dalle case discografiche, spiega sul sito delle Hole www.hole.com Kourtney Love che online ha pubblicato le sue accuse contro le multinazionali della musica invitando artisti e pubblico a non farsi sfruttare nel nome della globalizzazione. Una battaglia che hanno sposato appieno anche i Radiohead: Amnesiac, il loro ultimoalbum che esce il 5 giugno, è stato pubblicizzato solo sul sito Internet. www.radiohead.com. Lo stesso indirizzo da cui, il 23 luglio dell’anno scorso, il leader del gruppo Tom York ha indirizzato ai premier riuniti nel G8 di Okinawa pesanti accuse sulla loro indifferenza verso il debito estero dei Paesi poveri e ha fatto risuonare il tutto il cyberspazio le note incalzanti di Idioteque, una lirica contro l’azzeramento delle coscienze insito nella globalizzazione.
Sulla vera proposta in gioco a Genova –dal diritto ai farmaci nei Paesi poveri, alla protezione dell’ambiente- insiste invece una lunga schiera di artisti che hanno trasformato i loro siti Internet in portali di news sociali su cui confrontarsi coi fan. E’ il caso di www.soleluna.com, il sito di Jovanotti: oltre al suo rap sul debito estero lanciato due anni fa a Sanremo ci trovate la notizia della chiusura dell’ospedale di Emergency in Afganistan e delle mobilitazioni di Luglio.
Mentre della Genova blindata. Di Quebec City e dei libri scaricabili gratuitamente dal web per non arrivare impreparati al G8 parla il sito www.ratm.com dei Rage Against the Machine. La band californiana che nel nuovo album di Regade continua ad infierire contro lo sfruttamento , l’imperialismo e le violazioni dei diritti umani con le detonate punk e i rap velenosi di Battle of Los Angeles, la colonna sonora di Seattle.
Più soft le riflessioni sugli equilibri del mondo che due veterani dell’impegno sociale come Bob Gelfdod e Peter Gabriel lanciano sul web: su www.bobgelfdof.com e www.peter-gabriel.com celebrano più l’associazionismo internazionale che le loro canzoni.
E se Ani di Franco che a 20 ha creato una etichetta indipendente per lanciare la sua musica dà buoni consigli su come boicottare la globalizzazione su www.anidifranco.org, i 99 Posse portano avanti le loro denunce col nuovo album La Vida Che Vendra all’indirizzo www.novenove.it e Michal Franti avverte gli attivisti in marcia verso Genova che “Se quando l’America starnutisce il mondo prende il raffreddore, con Bush rischia di prendere il cancro”.
Carlotta Jesi
c.jesi@vita.it
La globalizzazione e'
bellissima
Un'idea meravigliosa sta prendendo piede
nel mondo:
basta con la guerra, basta con le
barriere tra gli stati, un'unica legge valida in tutto il pianeta e interessi
talmente intrecciati da rendere impossibile nel futuro lo scoppiare di una
guerra.
La globalizzazione e' una rivoluzione
straordinaria, resa possibile da Internet, qualche cosa per la quale i nostri
nipoti ci saranno grati.
Perché' allora c'è tanta gente che
contesta questa globalizzazione?
Vogliono tornare alle divisioni
nazionali, costruire nuove barriere e dazi?
No.
Abbiamo girato i siti dei
"contestatori" e non abbiamo trovato una sola parola contro la globalizzazione.
Il
problema e' su come si sta facendo
questa globalizzazione.
E' bellissima l'idea della libertà di
commercio.
Basta con i dazi e le dogane che gonfiano
artificialmente il costo dei prodotti stranieri per proteggere quelli nazionali. Tutti
commerciano con tutti e vinca il
migliore! Alla fine questa rivoluzione andrà a favore proprio dei consumatori
garantendo qualità migliore e prezzi inferiori.
Questa e' la teoria.
La
pratica e' che questa libertà di commercio e' regolata da 27 mila pagine di leggi e regolamenti.
I potenti del mondo credono di aver fatto
una furbata enorme che li dovrebbe arricchire al di la'
dell'immaginabile: creare un super potere
mondiale eletto non dai cittadini ma dai governi (il WTO - World Trade
Organization - Organizzazione mondiale del
commercio).
Per le grande multinazionali
influenzare le scelte di un unico
governo mondiale e' più facile e più economico che aver a che fare con 150
autorità nazionali. E quando la globalizzazione dei ricchi entra in azione son
dolori.
Eccovi un esempio reale: l'Europa decide
di vietare la commercializzazione di
carne agli ormoni (quella che fa
crescere i seni ai bambini e fa crollare la percentuale di spermatozoi che produrranno da adulti), e
decide che la quantità di diossina
presente in una bistecca deve essere molto bassa. Bene, bravi. Ma questa legge
penalizza la carne Usa, dove sono convinti che gli ormoni e la diossina
galvanizzino la virilità. Cosi' gli Usa fanno causa all'Unione Europea e le
leggi del WTO danno ragione agli americani.
L'Europa si rifiuta di accettare
l'imposizione ma ogni anno deve pagare sanzioni pesantissime per questo
rifiuto, sanzioni che colpiscono in particolare alcuni nostri prodotti.
Ad esempio, i produttori di tartufi
italiani pagano parte di questa multa di tasca loro perché che il WTO ha
stabilito che i tartufi italiani venduti in Usa debbano pagare una tassa del
100%.
Cosi' si scopre che questa globalizzazione dei potenti serve
per aggirare le leggi nazionali e impedire ai cittadini di difendere la qualità
dei consumi.
E'
una globalizzazione del commercio completamente amorale, attraverso la quale si impongono i giocattoli per bambini
in plastica tossica e la soia transgenica. E si toglie il diritto a una nazione
di impedire il commercio di palloni costruiti da bambini schiavi.
E'
una globalizzazione che non tiene conto della qualità.
Le banane delle multinazionali Usa,
coltivate chimicamente in immensi latifondi sudamericani, costano di meno di
quelle biologiche coltivate in piccole aziende africane.
Mettere sullo stesso piano i due prodotti
e' ingiusto. La politica dei vertici del WTO e' quella di impedire qualunque
forma di protezione dei prodotti di qualità.
Ad esempio, non vogliono che sulle
etichette ci sia l'obbligo di dichiarare se i cibi contengono prodotti
transgenici o se i palloni sono stati fabbricati rispettando i diritti
sindacali.
Dicono che e' concorrenza sleale.
Ma il grottesco si raggiunge quando si
pretende il diritto di poter brevettare piante e batteri trasformando
una ricchezza del pianeta in un bene privato.
Ma per fortuna dirlo e' un conto e farlo
e' un altro e già questo progetto infame ha incassato i primi smacchi. Il Sud
Africa si e' preso il diritto di autorizzare la produzione locale indipendente
delle medicine essenziali rifiutandosi di rispettare i brevetti. Le case
farmaceutiche hanno intentato causa ma la reazione dell'opinione pubblica
internazionale e' stata talmente forte che alcune multinazionali hanno deciso
di liberalizzare l'uso dei loro brevetti nel terzo mondo e quando il tribunale
sudafricano ha dato ragione al governo il fronte farmaceutico ha abbandonato la
battaglia.
Ma lottare solo contro i singoli
provvedimenti del WTO e' perdente.
Dobbiamo opporre la nostra globalizzazione
alla loro.
Se il governo del WTO e' in mano agli
uomini delle multinazionali e' su queste che dobbiamo agire usando la leva del consumo.
L'immenso potere dei nostri acquisti.
Non vi piacciono le scelte di Bush
sull'ecologia?
Non fate piu' benzina ai distributori
della Esso. La Esso e' della statunitense Exxon. Sono loro i petrolieri che
hanno sostenuto Bush finanziando la sua campagna elettorale. Possiamo sfilare
in milioni contro le scelte di questo ubriacone e lui non se ne accorge
neanche. Ma se la Esso gli dice una parolina...
I protagonisti di questo grande complotto contro i popoli
del mondo sono qui, davanti a noi, ogni giorno, e noi abbiamo un modo molto
semplice per dire loro che non ci piace quello che fanno.
Non
comprare i loro prodotti!!!
Dario
Fo e Franca Rame
news...
Veleni di Genova
GABRIELE
POLO
Ieri gli operai dell'Ilva di Genova si sono scontrati con la polizia, che li ha picchiati: sono giustamente furiosi perché saranno licenziati dopo il sequestro dello stabilimento da parte della magistratura. Lavorano in una fabbrica terribile, che uccide il territorio e i suoi abitanti, mette a repentaglio le loro stesse vite. Il prezzo per un lavoro sottopagato e rischioso ha il sapore della morte. A darglielo è il padrone dell'acciaio italiano, Emilio Riva, un uomo che starebbe benissimo in un racconto di Dickens sulle ferriere inglesi dell'800; con, in più, la capacità di mettere gli uni contro gli altri, gli operai contro gli abitanti di Cornigliano, i lavoratori contro le persone preoccupate per l'ambiente. A completare il quadro è l'assenza della politica, il lavarsene le mani delle istituzioni, il prevalere della logica che "è il mercato a decidere". La stessa logica che ha ridotto l'industria italiana a far conto sulle mproduzioni più povere, che spesso sono anche quelle più inquinanti. La storia recente dell'Ilva è tutta dentro questo quadro.
Presi singolarmente, uno per uno, gli operai dell'Ilva - quasi tutti giovani al primo impiego "stabile" - hanno le loro ragioni. Quelle di un reddito certo su cui contare per vivere. Ma di vivere, appunto, si tratta. E, allora, la dimensione collettiva - di classe, se ci consentite la bestemmia - dovrebbe arrivare a dire che quell'impianto, per com'è, non può più continuare a esistere, che la drammatizzazione di cui quegli operai sono vittime fa comodo solo a Riva, che le risorse per la "riconversione" dovrebbero essere utilizzate per un altro tipo di occupazione, proprio perché non si può lavorare a tutti i costi. Che, insomma, oggi più che in passato, sarebbe possibile, oltre che giusto, vivere di lavori puliti e decenti. E' una logica che solo quelli che subiscono il ricatto occupazionale possono affermare, nessun altro lo farà per conto loro.
Questo, in fondo, era lo spirito che fece nascere un secolo orsono le camere del lavoro e i sindacati di categoria: unirsi per migliorare le condizioni di lavoro e di vita, convinti che quel miglioramento servisse a tutta la società e che il nemico era quello che ti dava quattro soldi per un lavoro schifoso, che i tuoi amici erano tutti quelli che attorno a te subivano le conseguenze di quello stato di cose. L'industrialismo, la pretesa che una fabbrica vada tenuta in vita a tutti i costi, è soltanto una caricatura del movimento operaio che riduce a oggetti le persone e nega i loro diritti più elementari: alla fine sei sempre nelle mani del padrone, perché il tuo grado di libertà dipende dalla tua capacità di autonomia.
Come dovrebbe anche insegnare la composizione del fronte imprenditoriale che sostiene Bush nel suo "addio a Kyoto": siderurgici, petrolieri, costruttori d'automobili, quanto di più vecchio e pericoloso possa offrirci il panorama industriale. Tra un mese, proprio a Genova, si terrà il vertice dei potenti della terra. Nella città ligure, che la grande industria ha prima sfruttato e poiabbandonato, arriveranno anche migliaia di persone che chiedono "un altro mondo".
Tra essi anche i "compagni di lavoro" degli operai dell'Ilva, uomini e donne che appartengono alla loro stessa categoria, al loro stesso sindacato. E' un'occasione per trovare una "ragione comune" contro chi sulle "ragioni diverse" costruisce il proprio dominio. Una ragione generale che, per l'Ilva, suona con le note di una vecchia canzone: "si lavora per vivere, non per morire"
LO
SCRITTORE SEPULVEDA:
“La sinistra italiana non ha capito”
MILANO - “Mi sembra che la gran parte della sinistra italiana non abbia capito che significa tutto questo, nè abbia preso posizione rispetto a Seattle o il G8”. Lo scrittore cileno Luis Sepulveda, ieri a Milano, ha
invitato ad approfondire il movimento di Seattle: “Si parla solo di ordine pubblico senza dire una parola di questi ragazzi valorosissimi che sono gli stessi di Seattle, di Porto Alegre, del Chiapas. La violenza? Mio figlio abita a G6teborg, mi ha spiegato che è stata una provocazione della polizia”.
Conclusione: “Non mi convince, quando si parla di centrosinistra: centro di che? A un estremo la giustizia, all’altro l’ingiustizia, dove sta il centro? No, la sinistra dovrebbe andare per strada, manifestare. E capire come in questi giovani stia germogliando il pensiero etico del ventunesimo secolo”.
Cerco Mare
“Sai
che non so
di
che colore
ha
gli occhi il mondo…
E'
che mi sento
da
un po'
chiusa
dentro a un tondo,
che
rotola giù
trasparente;
tra
le nuvole e la gente
rimbalza
si
alza e si stende.
E
intanto la vita si spande
mentre
io sono qua
a
guardare:
cerco
mare
cerco
amore
cerco
anima da amare.
Cerco
te - senza sosta
spesso
senza risposta-
dentro
il bricco del te,
che
mi scotto le dita
mentre
assaggio la vita.
Ma
non smetto i miei passi
dentro
i flutti
e
sopra i sassi:
ti
sogno e ti penso
ti
trovo e ti prendo
e
mi sento leggera.
Scogliera
baciata dal vento
ti
sento:
aggrappata
al mio equilibrio a stento
scopro
che la verità
sarà
dentro di noi
in
ogni momento.”
Angela
“Una
manciata d'ore
-
nuda di pensieri,
vuota
di dolore -
vado
cercando
che
mi avvolga di sonno
e
mi liberi di malinconia.
Guardo
il buio
fino
a stancarmi gli occhi;
ascolto
il silenzio
sino
a consumarne il ritmo,
ma
ogni mio respiro
resta
sveglio dentro il rumore
di
questa rabbia
senza
voce.”
Angela
“Vele
terse, aggrappate al vento,
guardo
in
questo tramonto storto
che
voglio te e
di
nient’altro ho voglia.
E
mi fa spavento
Questo
mio cuore nudo
Che
schiuma inquieto
Contr’ogni
istante,
che
gli istanti stanno
dispettosi
come scogli
sulla
via della marea.
Respiro
il mare ancora
Per
respirare te,
a
bocca aperta
come
un bimbo rincorso.
Rincorro
i passi tuoi
Sulla
sabbia, piovuta giù
Da
una clessidra infranta:
si
libera il tempo
nella
magia di questo incontro”
Angela
Anime...
“Anime...
Anime
vuote vagano per la città
Spettri…
Spettri
senza morale né costume
Mi
circondano
Mi
soffocano
Come
zombie inquietanti
Pronti
a contagiarmi con la loro apatia.
A
stento sfuggo…
Sfuggo
al destino
Oblioso
di
questa umanità
Che
vaga in cerca
Di
quello che neppure esiste.
Fuggire…
Fuggire
lontano alla ricerca del mio Io
Alla
ricerca della verità,
del
mio destino.
Senza
cedere
Senza
soffocare
Posso
contare
Solo
su me stessa
Sulla
mia resistenza…
Sola…"
Veronika
Lettere dell’altro mondo...
...di Giobbe Covatta
Coco Recasaka, geometra del catasto di Mbara in Uganda, venuto in vacanza in Italia per due settimane di svago, scrive al suo amico Wacana che è rimasto in ufficio.
Rimini, luglio 1998
Caro Wacana,
la mia idea di passare le ferie a Rimini per divertirmi e stare al fresco si è rivelata ottima.
Devi proprio convincerti che i tuoi dubbi e le tue paure sull’Italia sono assolutamente ingiustificate e frutto di ignoranza. Si tratta di un paese eccezionale, un immenso Villaggio Turistico dove non ti annoi mai.
Pensa che per trovare la stanza d’albergo mi hanno fatto partecipare ad una bellissima caccia al tesoro in giro per tutta la città. Mi sono divertito molto, ma purtroppo non ho vinto e non ho mai avuto una camera.
Anche i tuoi pregiudizi e le tue paure sugli italiani sono ingiusti e non ti fanno onore.
Si tratta di gente fantastica. Pensa come sono sensibili al colore della nostra pelle: vent’anni fa uccisero un MORO e ancora la cosa li sconvolge.
E’ un popolo eccezionale.
Una volta ho sentito dei ragazzi dire:” I neri dentro sono uguali ai bianchi”, affermazione di gran civiltà. Poi uno ha aggiunto: “Rigiriamoli!” Ma non so cosa intendesse.
E’ un popolo rassicurante.
Una volta ho sentito sempre lo stesso gruppo di ragazzi dire : “Non ti mangio mica!; affermazione assai tranquillizzante. Poi uno ha aggiunto:” Siete troppo difficili da pulire!”. Era sempre lo stesso.
Ma in verità ci sono alcune regole di questo Villaggio Turistico che mi sfuggono: non mi hanno fatto entrare in un ristorante sostenendo che non volevano rose, non ho mai capito cosa c’entrassero le rose.
Adesso sto partecipando al torneo di Monopoli: sto in prigione sei mesi senza neanche passare dal VIA!!!!
L’Italia è un paradiso!
A presto... spero!! Tuo Coco.
...di
Giuliano Aluffi
Cara
mamma,
io e papà siamo nella nuova succursale orientale della sua ditta da ormai una settimana.
Il posto è molto bello e la gente è simpatica anche se certe volte proprio non li capisco.
L’altro giorno, andando in limousine alla fabbrica, siamo passati dentro il villaggio e ho chiesto a Papi come mai le case erano tutte così piccole. Mi ha risposto che da queste parti si vogliono così bene che cercano di stare tutti vicini vicini. Allora ho pensato che forse voi non me ne volete tanto, perchè quando siamo a casa non so mai in quale delle nostre trentasei stanze siete e devo chiamarvi con il telefonino.
Senti cosa mi è successo ieri: stufo della piscina sono sceso al villaggio per giocare con Kino, il figlio del nostro giardiniere, e i suoi amici. Ma non li ho trovati: mi hanno detto che erano tutti al lavoro.
“Accidenti, che tipi in gamba!” ho pensato.
Deve essere interessante. Chissà se hanno anche loro due segretarie come il mio babbo.
Tornato in villa, papi mi ha spiegato che qui in Pakistan cominciano a darsi da fare verso i dieci anni e diventano ricchissimi, addirittura più ricchi di lui che ha iniziato solo a trenta. Allora gli ho chiesto di farmi lavorare con loro, ma Papi cattivo mi ha detto di no.
Perchè mi fa perdere tempo alla scuola in Svizzera? Non si preoccupa del mio futuro?
A sera inoltrata sono andato ad aspettarli all’uscita della fabbrica, ma prima delle dieci non si è visto nessuno. Quando sono usciti crollavo dal sonno (loro un pochino di più), però volevo ancora giocare.
Kino mi ha presentato tanti nuovi amici che si sono fermati lì con noi: sembravano simpatici e gentili, ma appena ho tirato fuori il pallone dallo zaino hanno fatto una faccia terrorizzata e sono scappati via tutti quanti, lasciandomi lì solo.
Che strano! Eppure il mio pallone è bellissimo. Non lo sanno che è tutto fatto a mano?
Ciao dal tuo Piercarlo Antoine Maximilian III
A dispetto delle Convenzioni
Internazionali lo sfruttamento del lavoro infantile è una realtà universale.
Secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sono 120 milioni i
bambini tra i 5 e i 14 anni che lavorano tutto il giorno, e altrettanti per i
quali è un’attività “secondaria”: in Asia 1 bambino su 2, in Africa 1 su 3 e in
America Latina 1 su 5.
Il caso del Pakistan, dove è
concentrata gran parte della produzione di palloni di cuoio, articoli sportivi
delle maggiori aziende internazionali e tappeti, è l’ultimo emerso in ordine di
tempo.
16 Aprile 2001:
ricordiamoci di IQBAL MASIH!
Iqbal Masih nasce a Murdike, un piccolo villaggio del Pakistan.
Fin dall’età di quattro anni comincia a lavorare come piccolo schiavo di un fabbricante di tappeti che lo aveva comparato dalla sua famiglia povera, come riscatto per un piccolo prestito, e viene costretto a lavorare al telaio per più di 6 anni per una rupia al giorno (circa 55 lire!!!!).
A 10 anni, nel 1993, entra in contatto con Ehsamullah Khan, presidente di una organizzazione governativa per la liberazione dei minori.
Trovata la forza di liberarsi e ribellarsi, Iqbal inizia a
denunciare le disumane condizioni lavorative di tanti bambini pakistani,
diventando di fatto un piccolo leader della lotta contro lo sfruttamento del
lavoro minorile.
Nel 1994, a soli 11 anni, interviene ad una conferenza
internazionale in Svezia sul problema dello sfruttamento infantile; lo stesso
anno riceve un premio-riconoscimento dalla Reebook a Boston e una borsa di
studio da una università americana: il suo sogno è diventare avvocato per
meglio difendere i diritti dei suoi coetanei ancora costretti al lavoro.
Il 16 Aprile 1995, a Lahore in Pakistan, Iqbal viene brutalmente ucciso, travolto da un’auto pirata guidata da uno sconosciuto, mentre per strada giocava con la sua bicicletta.
“Quando gli uomini vogliono cambiare il mondo
mandano un esercito,
ma quando Dio cambia il mondo, manda un
bambino”
L.Barkdull
Lilly
CONFUSIONE
Un sasso rotola dalla collina senza conoscere la sua traiettoria.
La casualita' tiene il mondo: le cose accadono senza un ordine preciso. Gli spruzzi del mare ci bagnano, un colpo di vento ci toglie il cappello.
Tutto, semplicemente, accade.
Qual e' la relazione fra ordine e caos ? Possiamo dire che la casualita' tende a farsi ordine.
Non si puo' risolvere una questione una volta per tutte.
I seguaci del Tao accettano cio' che accade abbracciando gli eventi, le contraddizioni, la confusione.
L'incertezza appartiene ai nostri giorni ed e' necessario accoglierla.
Piove, e un uomo continua a bagnarsi. Le gocce sciolgono i contorni della sua sagoma. Egli non cambia espressione, non si ripara.
Quando le gocce penetrano l'uomo, egli e' parte della casualita'.
Solo allora egli conosce il divino.
E' caos. E' amore.
Miao Yin
NAPOLI COME SEATTLE
Marzo 2001
Più di trentamila persone ieri a Napoli hanno manifestato contro il Global Forum.
Hanno sfidato il divieto imposto dalla questura di raggiungere il Palazzo dei Congressi in Piazza Plebiscito dove si svolgeva l’incontro. Questa disobbedienza ha scatenato violentissime cariche indiscriminate da parte delle forze dell’ordine.
Abbiamo visto agenti stipendiati dallo Stato, lanciare pietre contro i manifestanti, utilizzare armi di fortuna come cartelli stradali, colpire con calci e pugni persone cadute a terra ed isolate, intraprendere assurde cacce all’uomo che li hanno portati ad aggredire selvaggiamente giornalisti , passanti e agenti in borghese.
Tutte le testimonianze hanno descritto agenti visibilmente alterati, con gli occhi fuori dalle orbite, incontrollati e incontrollabili, agire all’impazzata fuori da ogni legalità. Questo atteggiamento dimostra quale sia il ruolo degli enormi schieramenti di forze dell’ordine dispiegati in occasione di vertici come il Global Forum. Sicuramente non quello di mantenere l’ordine, bensì quello di attaccare selvaggiamente chiunque non voglia uniformarsi al pensiero unico dei padroni del mondo.
I vertici come il WTO, il Global Forum o il G8 sono le necessarie rappresentazioni dell’Impero nelle sue province. Inutili perchè spesso non decisionali, ma fondamentali per legittimare l’ordine che questo impero rappresenta. Un ordine fatto di guerre, violenze, fame, povertà, sfruttamento incondizionato dei paesi poveri, delle risorse umane e naturali del pianeta.
Un ordine asservito alle multinazionali e ai loro interessi, contro ogni logica anche di mero sviluppo sostenibile. Un ordine cieco che ha bisogno di rappresentarsi come unico mondo possibile, attraverso grandiosi spot pubblicitari in giro per le provincie dell’impero. Ma che inesorabilmente mostra il vero volto, arrogante e violento, non appena qualcuna osa squarciare il velo della sua ipocrisia.
A Napoli il 17 Marzo il re è nudo.
Gli occhi spietati dell’agente antisommossa sono gli stessi del pilota che col suo caccia bombarda migliaia di civili inermi nelle missioni umanitarie.
Sono gli stessi di un dirigente di una multinazionale che, per qualche punto in più in borsa, affama milioni di persone o sfrutta il lavoro dei bambini in qualche fabbrica all’estremo oriente o in qualche scantinato delle nostre periferie urbane.
Sono gli stessi, violenti ed arroganti, del caporale che aspetta alle 6 di mattina qualche decina di migranti per sfruttarli alla giornata in qualche cantiere, salvo poi individuarli come il nuovo nemico, l’invasore dal quale difendersi.
Tra poco i potenti dell’Impero faranno una tappa nella nostra città, Genova.
...e anche in quell’occasione ci saranno più di centomila persone determinate a squarciare il velo dell’ipocrisia che avvolge i potenti della terra...
...perchè ovunque i grandi si sposteranno a celebrare se stessi, troveranno sempre più persone dispost a mettere il re a nudo.
Ancora una volta.
Centro Sociale Zapata
Centro Sociale terra di Nessuno
Associazione Ya Basta Genova
KALLE LASN
pubblicitario “eretico” e
autore del manuale di lotta alle multinazionali, si prepara per la battaglia di
Genova. Contro “Silvio
l’ipnotizzatore”.
Il “teorico” del movimento: “Ascoltate questi ragazzi, hanno voglia di democrazia”. Una bandiera americana che, al posto delle stellette bianche, ha i marchi di tante multinazionali (tra cui Nike, McDonald’s , Playboy , Ibm ).
La famigliola di orsi polari dello spot Coca-Cola che va alla deriva su un iceberg sempre più piccolo (lo slogan: “Gustati il rinfrescante sapore dell’innalzamento della temperatura ai poli”).
Poi ci sono i manifesti ancora più duri, con il famoso cowboy delle sigarette che soffre d’impotenza e il cammello fumatore ammalato di cancro ai polmoni.
E ancora, un gregge di pecore che vanno a comprare abiti firmati, Adolf Hitler in camicia bruna che fa da testimonial di una ditta di abbigliamento famosa per i pantaloni khaki .
Kalle Lasn ama scioccare: e anche per questo è uno degli eroi del popolo di Seattle (nelle strade della città di Bill Gates lui è sceso davvero, “con i miei ragazzi”). Perchè è il re dei “pubblicitari anti-pubblicità”, gli adbusters (sfasciapubblicità) che ai ragazzi anti-globalizzazione hanno fornito idee nuove ma anche manifesti di grande impatto.
Se la cerebrale Naomi
Klein è la sacerdotessa del “No Logo” (www.nologo.org ), il sarcastico Lasn
invece, usa sì i simboli aziendali, ma per sbeffeggiarli: e alla sua filosofia
ha dedicato un best-seller, -Culture
Jam-, marmellata di cultura. Lasn, canadese di origine estone, è anche il fondatore (e direttore) della rivista Adbusters : una delle letture preferite del popolo di Seattle ( www.adbusters.org ).
Kalle Lasn contrario alla violenza? Sì e no.
Vedere sassaiole e sparatorie, come è successo a G6teborg, lo addolora: “Ma attaccare un negozio, sfasciare un McDonald’s non è grave. A volte danneggiare la proprietà è l’unico modo per attirare l’attenzione sulle proprie ragioni”, spiega al Corriere dal suo ufficio di Vancouver, Canada. “E poi - riprende – la stragrande maggioranza di quelli che sono contrari a questo modello di sviluppo non adotta metodi brutali nella protesta. Molti, e li conosco, sono addirittura buddisti, vegetariani e nonviolenti. Rompere una vetrina è roba da poco, non lasciatevi distrarre. Il fatto importante è che è nato un nuovo attivismo, su scala mondiale, e cresce sempre più”.
Un fenomeno di cui Lasn è
il divertito profeta: “Ero in strada a Seattle, e il sentimento comune di
questi ragazzi è semplice e nobile: vogliono democrazia. E’ la tragedia dei
Paesi avanzati: il potere sempre più forte delle grandi aziende ha soffocato la
democrazia. Hanno tenuto il Terzo mondo nelle condizioni dell’età coloniale: un
colossale serbatoio di materie prime e manodopera sottopagata.
I cittadini dei Paesi avanzati? Siamo stati costretti a recitare un ruolo duplice e ugualmente triste: da una parte rappresentiamo una forza lavoro sempre più precaria e "flessibile", e dall’altra siamo stati convinti a diventare consumatori sfrenati di tutti questi beni, spesso inutili. Perchè ci si stupisce che esista una forte opposizione a un simile modello di vita? Quei ragazzi vogliono solo vivere in un sistema più normale!”
La prospettiva di un viaggio a Genova per il G8, tra qualche settimana, lo alletta: “Sarà bellissimo, chi si è stupito per Goteborg sappia di non aver ancora visto niente. Sa qual è l’aspetto più divertente? L’Italia, con l’elezione di Silvio Berlusconi, è diventata il campo ideale per la prossima azione dei ragazzi di Seattle. Il principale strumento di propaganda dello "Stato delle grandi aziende" è la tv, usata per ipnotizzare i cittadini-consumatori. E il vostro presidente Berlusconi, ovviamente, è il più grande ipnotizzatore del mondo”.
LA FAVOLA DI SPACCIANEVE
Spaccianeve viveva ai margini del bosco fatato
in un monolocale fuori equo-canone semi arredato,
e si guadagnava da vivere non vendendo rose,
bensì' campava smerciando la dose.
Con lei abitavano i sette Nasi contenti
che poi erano i suoi migliori clienti:
c'erano Spinolo, Passalo, Scaldalo, Pillolo, Trippolo e Rollo,
e infine Sniffolo, che era di tutti il rampollo,
si alzavan di mattina a un'ora molto presta
e prendevano la pista attraverso la foresta,
era una pista lunga e polverosa
che conduceva a una radura erbosa,
dove i Nasi lavoravano tutta la settimana
coltivando papaveri e canapa indiana.
"Andiam (sniff-sniff) andiam (sniff-sniff), andiamo a coltivar
tanti bei papaveri da raffinar,
e noi vogliam (sniff-sniff) vogliam (sniff-sniff), vogliamo respirar
la polverina che ci darà la felicità!"
Ma Spaccianeve dirigeva la piantagione
e suggeriva moderazione:
"Portate pazienza miei giovani amici,
mettete un freno alle vostre narici,
soltanto se i raccolti saranno buoni
verranno soddisfatte le vostre aspirazioni"
Intanto la malvagia Regina
nel suo superattico con piscina
stava armeggiando senza fretta
con uno specchio e una lametta,
ah, no, scusate, mi son sbagliato,
con uno specchio si, ma fatato.
"Specchio, specchio delle mie brame
chi ha la roba più' buona del reame?"
"Regina, una volta l'avevi tu,
ma ora Spaccianeve ne ha più' buona e molta di più'!"
"Ah, sciagurata! Come osa ostacolarmi?
Dimmi dov'e', sicche' io possa vendicarmi!"
"Ai bordi del bosco valla a cercare
e questo strano frutto in regalo le dovrai portare."
Cosi' la Regina partì un bel mattino
sotto mentite spoglie di un pusher marocchino
e giunse poco dopo alla casina
portando in tasca una siringa piena di stricnina.
"Benvenuto amico mio, posso darti una mano?"
disse Spaccianeve quando vide l'Africano,
"gradisci un cylum, un trip, un caffè con la panna?"
aggiunse poi, rollandosi una canna.
"Gara Sbaggianeve, di ringrazio dell’invido
e g'hai gulo ghe sdasera sono brobrio ben fornido!
Gosa ne digi di farmi endrare
gosi' questa bella bera gi bossiamo sbarare?"
Spaccianeve accetto' volentieri la proposta,
senza neanche immaginare la malvagita' nascosta,
ma poco dopo cadde riversa sulla schiena
con l'ago ancora piantato nella vena.
Ora la Regina, tornata normale,
quella sventurata si mise a sbeffegiare:
"Guardati, Spaccianeve, sei ridotta ad uno straccio,
ed ho di nuovo io il monopolio dello spaccio!
Vedi cosa succede alle persone golose?
Chi troppo vuole alla fine si ritrova in overdose!"
Immaginate voi lo strazio e la disperazione
che colse i nasetti di ritorno dalla piantagione,
il primo di essi aprendo la porta
la vide distesa che sembrava morta:
"Oh, Spaccianeve, dicci chi e' stata
chi ti ha venduto roba tagliata!
Come faremo noi la mattina
senza la magica polverina?"
E rimasero a fissare quel corpo inerte
che aveva le gambe tutte scoperte:
"Certo pero' che e' proprio carina!"
sussurro' Sniffolo con la sua vocina,
rispose Rollo "Che vuoi che ti dica,
e' sempre stata un gran pezzo di fica,
ma adesso che e' in coma non sente niente,
potremmo farcela tranquillamente!"
Cosi' si disposero in fila indiana
davanti all'ingresso di quella tana,
entrando a turno per pochi minuti,
finche' tutti quanti non furon venuti.,
quindi riposero quel corpo giallo
dentro una bara di puro cristallo
e dopo un viaggio di pochi minuti
la scaricarono in mezzo ai rifiuti.
Da quel di' vissero nella disperazione
trascurando persino la piantagione,
e diedero fondo con ritmi indecenti
alle riserve di stupefacenti.
Era da tempo finita la scorta
quando qualcuno busso' alla porta,
e di chi era quel tocco lieve?
Ma che domande, di Spaccianeve!
L'accolsero tutti con entusiasmo,
addirittura sfiorando l'orgasmo,
quindi le chiesero come si chiamava
quel tipo strano che l'accompagnava.
"Cari Nasetti, prestate attenzione,
e' a lui che devo la resurrezione,
e' dolce come il miele, tenero come il burro
ed il suo nome è Principe Buzzurro!"
Costui era un tipo un casino alternativo,
capelli lunghi, la barba, lo sguardo primitivo,
i jeans unti e strappati, portava un grosso anello,
gli puzzavan le ascelle, fumava lo spinello,
e quando i sette Nasi gli chiesero una spiegazione
lui rispose cosi', grattandosi il panzone:
"A nase', cioe', io stavo a rovista' n'a monnezza
quando d'un tratto te vedo 'sta bellezza,
stava ferma, distesa, tutta sbracata,
e che dovevo fa', io m'a so' chiavata!"
"E lei - chiesero stupiti i Nasi - si e' svegliata?"
"No, pero' la voja mica m'era passata,
e lei stava sempre la, dentro 'sta scatola de vetro,
aho, io l'ho ggirata, m'a so' fatta pure dietro!"
"Ed a quel punto - insistettero i Nasi - che lei si è risvegliata?"
"Manco pe' gnente, pero' la voja io me l'era levata.
Me ne stavo a anna', abbonandome i carzoni
quando questa caccia n'urlo - mi cojoni!
'A more' - me dice - pe' tutta 'sta trafila
vedi un po' de cala' na bbella centomila!"
E siccome che 'sta cifra nu je la potevo da'
m'ha chiesto de seguirla, ed ora eccoce qua!"
E da quel giorno vissero ai margini del bosco
Spaccianeve, i sette Nasi, con in piu' quel tipo losco,
ripresero a coltivare, e tutto andava bene
anche perche' avevano le narici sempre piene,
mentre invece la Regina, travolta dall'egoismo
si era data addirittura all'alcoolismo.
"Tutto e' bene cio' che ti fa star bene", dice il saggio
e a volte ne basta appena un assaggio.
Ma... lunga la pista, stretta la via, occhio che arriva la Polizia!!
Janis Lyn Joplin nacque alle 9.45 del 19/01/1943 a Porth Arthur (Texas),la
piccola blues girl crebbe in modo tranquillo, in una famiglia serena, ma
l'anima blues cominciò presto a zampillarle dentro.
Presto
la sua strabiliante voce la portò l'attenzione di musicisti dal palato
raffinato, che riscontravano in quella fanciulla poco attraente, una carica
sensuale e un'energia paragonabile a poche altre cantanti.
Janis
Joplin non ha mai studiato canto, le bastava dar fiato al suo talento blues e come
per incanto un suono sgraziato, rauco eppur affascinante e ipnotico riusciva a
renderla una creratura aliena e incantevole.
La
sua cantante preferita era quella Bessie Smith morta giovane e povera, cui pare
che fu la stessa Janis a pagare la tomba. E con Bessie Smith ebbe in comune
proprio la vita spericolata e la precoce scomparsa.
Janis
Joplin fu una figura dell'eccesso, eccedeva in tutto, cibo, alcol sesso e
musica.
La
sue urla apparentemente spontanee, erano frutto d'un lavoro di prove lunghe ed
estenuanti.
Janis,
aveva un grande senso del dovere, spesso era ubriaca, (famoso il suo rapporto
col Bourbon), ma sul palco era una vera donna, sobria, ubriaca solo di puro
blues.
Nel
1966 accettò di suonare con i Big Brother e The Holding Company e questo le
fruttò la vera svolta! Spesso, in passato, aveva rinunciato ad attività di
vario tipo, perché si ripeteva "O la migliore o non vale nemmeno la pena
di tentare", (aveva manifestato talento artistico in campo pittorico), ma
quando vide i riscontri che la sua musica potevano offrirle, si gettò con tutto
il cuore nel blues e la sua ambizione fu appagata.
Con
i Big B. divenne la signora del remake di "Summertime", resa da lei
memorabile nella sua particolarità.
Il
pubblico era pazzo di lei, le sue grida, quella sorta di "Mancamenti"
dì voce, quel rauco di rabbia, e passione, quel corpo paffuto, che grazie alla
musica diveniva elettrizzante ed
emozionante.
La
sua era una voce diversa, la Franklin aveva la magia nelle sue urla, una carica
immensa, la sua voce era pulita, si elevava al cielo come le sensazioni blues
del genere nero, la voce di Janis restava a terra, per certi versi sprofondava
il terreno per poi librarsi in aria dopo lotte estenuanti di rabbia e
profondità.
Il
suo era blues crudo, cattivo ma poi anche grande, persuasivo, cattivo,
ipnotico. Le sue urla erano lacrime per riflettere, per lottare.
Il
suo carattere rispecchiava tutta l'ambiguità
della voce, era avida, ma proprio per non far notare la sua avidità
offriva da bere a tutti, amici e sconosciuti, poi tornava a casa e piangeva per
"Lo spreco".
Per
anni fu amica di una ancora sconosciuta Linda (futura McCartney), ma
quest'ultima non sopportava i suoi eccessi nell'uso di alcol e droghe. Janis
trovava in Linda un amore materno fedele, un riparo sicuro, ma Linda la
abbandonò presto, decisa a non voler vedere il lento suicidio che la grande
Janis si preparava con l'abuso di stupefacenti.
Linda
salvò Janis da molte overdose.
In
realtà Janis soffriva di questa sua debolezza, a volte si stabiliva delle
"Rinascite" e per giorni riusciva a non toccare nulla, ma poi cedeva
a quell'immagine che tutti si erano fatti di quella creatura così
"Viziosa".
Anche
col sesso aveva un rapporto particolare, in realtà pare che le sue avventure
fossero di molto inferiori ai suoi racconti erotici, ma per lei era
soddisfacente sentirsi importante per tutti gli amanti che aveva avuto.
Soleva
iniziare a raccontare le sue storie con: "…..che bella scopata che ho
fatto ieri sera" e spesso soleva dire una frase semplice, ma intensa:
"Fa quel che vuoi, sta bene quando vuoi, cogli l'istante, sperimenta tutto
quando c'è da sperimentare"
(Biografia di J. J. "Morire di blues" di Myra Friedman).
La
piccola blues girl si spense alla sua settima overdose, in quella California
che la amò a cuore aperto il 4/10/1970.
La
questione più incredibile riguarda la sua autopsia, la perizia medica accusò un
danneggiamento del fegato e dell'intestino, ma l'analisi delle corde vocali
mostrò un'incredibile salute delle stesse, in poche parole, quel rauco avrebbe
potuto durare ancora per anni, perché quel suono non nasceva in gola, veniva
direttamente dall'anima.
Dietro
la sua morte ci sono comunque varie versioni (come ogni mito che si rispetti!),
infatti, la morte per overdose di eroina, (convertibile in morfina dopo
l'ingresso nell'organismo), è indubbiamente la causa, la morte parve
accidentale, perché nello stesso
periodo, morirono altri per overdose (evidentemente una partita tagliata male),
ma come mai non morì immediatamente? Pare che all'interno del suo organismo vi
fossero molti altri componenti chimici.
Comunque
Janis morì a 27 anni, proprio in uno dei suoi tanti momenti di
"Rinascita".
Ebbe
appena il tempo di emergere e incontrare gente del calibro di Hendrix, Jim
Morrison (suo amante occasionale) e Bob Dylan.
Di
Dylan aveva persino timore, con lui
assumeva comportamenti artificiali, era affascinata dall'enigma di questo
grande menestrello.
Dylan
e Joplin erano entrambi pupilli della "Columbia" e molti notarono in
lei assurdi cambiamenti quando Dylan era nei paraggi, come al solito si
credette a una sorta di adescamento da parte di Janis, ma chi la conosceva bene
affermò Janis teneva all'opinione di Bob Dylan , perché voleva essere da lui
stimata come artista.
Un
altro grande cui Janis si legò molto fu il grande Kris Cristofferson, attore
nel mitico "Billie the kid" e autore di una mitica "Me and
Bobbie McGee".
Dopo
la sua morte, il corpo cremato e le sue ceneri sparse nell'Oceano Pacifico,
davanti ad una splendida baia.
Janis
riposa lì, nel silenzioso mare, ma il suo blues aleggia per il mondo, ancora
originale e riscopribile da chi cerca in una voce un mix di emozioni forti e
contrastanti, ma comunque potenti e intense come la sua folle e breve vita di
amante e di povera little girl blue!
Grazie
Janis
DISCOGRAFIA:
Big
Brother:
1.
Big Brother & The
Holding Co. (1967)
2.
Cheap thrills (1968) live
3.
Be a brother (1970)
4.
How hard it is (1971)
5.
Cheaper thrills (1983) live
6.
Joseph's coat (1986) ant.
Janis Joplin:
7.
I got dem ol' komzic blues
again mama (1969)
8.
Pearl (1971)
9.
In concert (1972) Doppio
live
10.
Greates hits (1973) ant
11.
Janis (1974) Col. Son.
12.
Anthology (1980) ant.
13.
Farewell songs (1981) live
+studio
Maria Luisa
RECENSIONI
musica
Una
doverosa premessa: sono più che consapevole del fatto che i miei consigli musicali
possono suonare (perdonate il gioco di parole) un tantino insoliti rispetto a
quelli comparsi in passato in questa rubrica e che i dischi di cui leggerete
non saranno semplicissimi da trovare sugli scaffali dei negozi. Tuttavia sono
convinta che sia bene, in ambito musicale, non rifiutare niente a priori e
soprattutto non alzare steccati tra rock, pop, classica, jazz, etnica,
eccetera. La musica è solo buona, cattiva o così così in tutte le sfumature
intermedie, e anche la qualità della musica è una quantità soggettiva, che
dipende solo da quello che fa sentire a ognuno di noi. Anzi, forse non ha senso
nemmeno parlare di musica buona o cattiva, ma di musica che ci piace o che non
ci piace. Se poi vi capitasse di ascoltare questi dischi e non gradirli,
prendetevela pure con me: sono pronta a tutto! Se invece vi sono piaciuti,
fatemelo sapere: potremmo scambiarci delle opinioni interessanti.
Ø ANIME SALVE (Fabrizio De André)
Sarà forse retorico tornare a parlare dell'ultimo regalo discografico di Fabrizio De André? Sì, se lo si fa per ricordare un grande artista che ci ha lasciati ormai da due anni, no, se lo si fa semplicemente perché è un disco da ascoltare e riascoltare, magari perfino da cantare.
"Anime salve" fa parte di quella categoria di dischi che diventano famosi per una sola canzone, l'unica canzone che viene trasmessa dalle radio quando il disco esce sul mercato ("Anime salve" uscì nel 1996), se pure qualcuno la trasmette. E' un peccato, tenendo conto del fatto che le canzoni sono 9, una delle quali, "Khorakhanè (a forza di essere vento)", fa parte della scaletta dell'ultimo tour di Fiorella Mannoia. Per fortuna quell'unica canzone nel nostro caso è una scelta inconsueta, essendo stranamente la più provocatoria, dal titolo "Princesa", che è il nomignolo di Fernando, diventato Fernanda per non aver mai sentito come "suo" quel corpo maschile.
Nel disco però non c'è solo Fabrizio che scuote le coscienze, ma anche Fabrizio amante della sua Genova e della sua Sardegna, di quest'ultima un po' come chi si ostina ad amare qualcuno anche se in passato gli ha fatto tanto male. A Genova e alla Liguria sono dedicate ben tre canzoni, forse le più belle dell'intero lavoro, vale a dire "'Â cúmba", "Dolcenera" e "Le acciughe fanno il pallone", le prime due con ampio uso di un genovese che, accostato a sonorità e cori un po' africani, sembra venire più dal Kenia che dall'Italia. Anzi, per rendere ancora più evidente il legame con Genova, in due canzoni ("Â cúmba" e "Anime salve") compare anche la voce di Ivano Fossati.
E' un disco da ascoltare, ma anche un disco da leggere, non solo per apprezzare i testi del Fabrizio poeta (maledetto, ma non solo), ma anche per scoprire quanti strumenti diversi, soprattutto percussioni, sono stati usati per realizzarlo, a dimostrazione di quanto sia stata curata, se non ce ne fossimo accorti dal semplice ascolto, la parte strettamente musicale. Varrebbe la pena di ascoltarlo anche solo per divertirsi a cercare di capire che suono hanno il caxixi o il djembé.
E se poi, dopo questi 45 minuti, ci venisse da pensare che Fabrizio ci manca, chissà che musica ci farebbe ascoltare se fosse ancora vivo... sarà retorica? Può darsi, ma se lo fosse non avremmo più ragione di sentirci in colpa per questo.
Ø LA PIETA’ (musica di Nicola Piovani, testo di Vincenzo Cerami)
EMI Classics
7243 5263022 6
Stabat Mater per voce recitante, voci soliste e orchestra: annunciato così farebbe pensare a un pezzo di musica sacra del '600, e invece è una storia, o meglio due, dei giorni nostri. Una ricca madre europea riceve la notizia della morte di suo figlio poco più che adolescente, ucciso da un’overdose, e nello stesso momento una povera madre africana stringe al petto un bimbo, poco più che neonato, ucciso dalla fame. Sono due realtà in apparenza opposte, ma effettivamente molto vicine, e vicine anche a quella della terza madre evocata dallo "Stabat Mater" citato e parafrasato nel sottotitolo e all’interno del testo ("Sta la madre dolente sotto il corpo sanguinante del figlio inchiodato alla croce, sotto l’anima gemente, disarmata e impotente, anima senza voce"), a dimostrare che il dolore di una madre che ha perso suo figlio è lo stesso in ogni luogo del mondo, in ogni epoca della storia, in qualsiasi lingua venga detto o cantato.
Il contrasto è forte, tra la voce lirica e melodrammatica della madre bianca (Rita Cammarano) e quella scura della madre nera (Amii Stewart), ma tutte e due hanno cantato delle ninne nanne per far sì che i loro bambini non avessero paura del buio e non si sentissero soli, e poco importa se una parlava di cavalli a dondolo e l’altra di cieli stellati. Ed è proprio sulla dolcissima ninna nanna "Notte blu" (quelli che hanno avuto la fortuna di assistere allo spettacolo dal vivo la ricordano sicuramente come bis, tanto più che è un pezzo molto orecchiabile) che le due madri, fino ad allora quasi parallele nel canto, finiscono per duettare e approdare a un finale in cui si scambiano le parti. A unire il tutto c’è la voce recitante dell’attore (Gigi Proietti), che tra rabbia e commozione racconta, commenta e sottolinea ovunque che sia il troppo che il troppo poco sono in grado di uccidere e far soffrire, e porta dentro le due storie cercando di renderle comprensibili anche a chi non è troppo abituato a interpretare le parole cantate da un soprano. Sono le parole recitate da lui a farci vedere la notte metropolitana in cui la madre bianca cerca disperatamente suo figlio o quel che ne è rimasto e l'arida terra d'Africa ridotta a deposito degli scarti dell'Europa ipernutrita e iperproduttiva.
Il CD è corredato di un utile fascicoletto con il testo integrale sia degli interventi parlati che di quelli recitati, che è consigliabile leggere anche per apprezzare meglio la scrittura di un autore illustre come Vincenzo Cerami, sceneggiatore insieme a Benigni di "La vita è bella". La musica di Nicola Piovani (premio Oscar, anche lui per "La vita è bella", nonché autore di numerose colonne sonore di altri film) non si presta a un approccio altrettanto immediato. Non tutti i punti hanno la stessa cantabilità di "Notte blu", ma la musica è fatta per catturare a poco a poco l’ascoltatore, a patto che si dimostri sensibile a quanto gli viene narrato nel frattempo dalle parole e disponibile ad accettare anche un linguaggio musicale a cui può non essere abituato.
Forse costerà un po’ di sforzo all’inizio, ma, credetemi, ne vale la pena, e se vi capiterà la rara possibilità di assistere allo spettacolo in teatro, non esitate a prenotarvi un posto.
Ø BUONGIORNO (Mario Castelnuovo)
DFV0004
Quanti di voi ricordano un cantautore che nel 1984 si presentò a Sanremo cantando "Nina", storia di due fidanzati che si amavano a Roma sotto i bombardamenti e che dovettero separarsi a causa della guerra, storia che si concludeva con le parole "credo ancora all'amore, perché avrà gli occhi tuoi"? A chi ha alzato la mano, non ho più nulla da spiegare, per tutti gli altri sarà un buon motivo per provare a conoscerlo.
Mario Castelnuovo è musicista, poeta e pittore (è suo infatti il disegno della copertina), e mette tutti e tre questi lati della sua personalità di artista nelle sue canzoni. Racconta storie semplicissime come quella di Nina e del suo amore bombardato o complicatissime come quella dei due ospiti di un ospedale psichiatrico che vorrebbero scappare insieme per sposarsi e invece vengono ripresi e separati dai medici e dai genitori di lei ("Sul nido del cuculo", dal disco omonimo del 1989), e lo fa con parole che dipingono dei quadri dai colori non sempre così scontati o facili da interpretare. Le sue ispirazioni si dividono tra il passato, il presente e momenti senza collocazione temporale, tra il Lazio della sua nascita, la Toscana delle sue origini e qualsiasi parte del mondo, tra ritratti di uomini e donne, paesaggi e sentimenti che si vedono o si sentono sulla propria pelle.
In "Buongiorno" si nota una gran varietà di stili musicali, da "L'orologio a pendolo", un valzerino su un testo moderatamente romanesco scandito dalla presenza nel testo di una pendola (buffo: tempo di 3/4 accostato alla pendola che batte un tempo binario!) all'uso di un coro polifonico a cappella in chiusura di "Amaranta", mentre le storie vanno dal ritrattino ironico di una Lolita ("La bambolina") e del suo seduttore al ricordo tra l'ironia e la commozione (e autentico: lui si chiamava Gaio Chiocchio) di un amico e compagno di bevute. Una nota speciale e l'invito a un ascolto più attento sono per il pezzo più sorprendente e originale, "Montaperti", non una canzone, ma un piccolo melologo, cioè un pezzo recitato con accompagnamento strumentale, in cui un'intensa Athina Cenci dà voce a una donna che è rimasta sola dopo la partenza del suo uomo per una battaglia da cui non è più tornato. Il testo si commenta da solo e vale tutto il disco (forse addirittura di più...):
Da quando hai svergognato il mio amor proprio,
che una mattina sei partito come un ladro
e hai detto: "Vo', che questa guerra è un fatto serio,
e c'è bisogno pure del mio aiuto"...
da quando il fiume è tramontato in rosso,
e ci ho riconosciuto il sangue tuo...
come posso spiegarti...
come posso spiegarti...
Da
quando ho pianto tutti i cinque sensi...
che
s'erano dugento avrei l'affanno...
e
ho maledetto tutta Montaperti
e
tutti i Montaperti che verranno...
da
quando ci ho pregato e ci ho creduto
che
tutto ritornasse a avanti ieri...
come
posso spiegarti...
come
posso spiegarti...
Da
quando, maledetto, m'hai lasciata
da
sola ad avvitarmi intorno ai fianchi...
come
posso spiegarti...
come
posso spiegarti... che mi manchi...
Laura
spettacolo
Ø PRECISE PAROLE (Lella Costa e Gabriele Vacis)
A chi non piace sentirsi raccontare delle storie, vere o fantastiche che siano?
Che lo ammettiamo o no, tutti subiamo il fascino di una persona che parla descrivendoci esperienze passate, sue o altrui, specialmente se è capace di farlo in modo da lasciarci senza fiato, senza permetterci di deconcentrarci prima di aver sentito il finale, magari per farci poi venire voglia di ricambiare con altre storie, e così via all'infinito... E poi, sarà vero che in una storia quello che conta è proprio sapere come andrà a finire, e non, piuttosto, tutto ciò che accade nel frattempo o addirittura solo le parole che il narratore sta usando?
E' da riflessioni come queste che inizia "Precise parole", lo spettacolo che Lella Costa sta portando in tournée per i teatri, e la storia che ci deve raccontare parla di un extracomunitario immigrato in Italia con regolare permesso di soggiorno, anzi addirittura con un incarico importante presso il governo. Costui sposa una ragazza nobile e bella, ma alla fine per gelosia la uccide.
Un fatto di cronaca nera? No: l'"Otello" di Shakespeare, ma raccontato in questi termini ci sembra un'altra cosa, a dimostrazione del fatto che a volte è solo il modo di raccontarla che fa tutta una storia. Per quale altro motivo staremmo ad ascoltarla per due ore, anche se la conosciamo benissimo, anche se fin dall'inizio sappiamo che Otello ucciderà Desdemona e non possiamo sperare che finisca in un altro modo, altrimenti non sarebbe l'"Otello" di Shakespeare?
La premessa è fin troppo chiara: Lella Costa che recita e Gabriele Vacis che ha scritto il testo con lei non vogliono semplificarcela, questa storia, anzi la analizzano, tracciano una descrizione molto personale di tutti i personaggi, a ognuno dei quali Lella, dando prova, se mai ce ne fosse bisogno, della grande attrice che è, dà la sua impronta particolare (mirabili, ad esempio, sono il perfido Iago e un doge tale e quale a Berlusconi).
Per due ore si piange, si ride e si riflette come solo gli attori comici o presunti tali ci permettono di fare, e tutto questo solo ascoltando delle parole e seguendo i movimenti di un'attrice su una scena spoglia, in cui dei semplici teli possono ricordarci le vele della nave di Otello che va verso Cipro o le tende del letto su cui Otello strangola Desdemona.
E alla fine forse finiamo per renderci conto che Desdemona, capace di innamorarsi di un uomo solo per aver sentito da lui il racconto delle sue esperienze di vita, anche decine di volte, siamo proprio noi, catturati da una storia e desiderosi di ascoltarne altre, oppure di riascoltare questa all'infinito.
Tornando con i piedi per terra, non dimentichiamo che al tour dello spettacolo è legata un'iniziativa di vendita di libri e altro materiale per una raccolta fondi a favore di Emergency... perché di certe storie sarebbe bene farne a meno!
Ø "Io sto con quelli di Seattle" (Beppe Grillo & C.)
Beppe Grillo: "Preferisco ogni forma di violenza a questa forma di ingiustizia che dobbiamo subire ogni giorno".
E durante lo spettacolo-dibattito sulla globalizzazione interventi di Sepulveda e don Ciotti.
MILANO - Un piccolo assaggio del "popolo di Seattle". Circa 500 persone, infatti, hanno cercato di forzare l'entrata dell'Auditorium di corso San Gottardo. Fortunatamente non ci sono stati incidenti, anche perchè, all'interno, non c'erano i nemici, ma gli amici, quelle persone che dei pericoli e dei danni della globalizzazione parlano da anni. Si stava svolgendo "Globalizzato sarà lei!", il dibattito-spetaccolo organizzato da Wwf e Coopi, associazione di cooperazione internazionale.
All’inizio doveva essere solo la presentazione di un libro per una campagna di cancellazione del debito dei paesi in via di sviluppo, “Debito da morire”, edizione Baldini&Castoldi. Alla fine, il dibattito diventa un happening.
Un’assemblea informale dove sul palco finiscono anche il medico di Emergency Gino Strada che forse ce l’ha fatta a salvare il suo ospedale in Afghanistan, e in platea si vede il presidente della Rai Roberto Zaccaria.
Gianni Minà presenta estratti di una sua intervista al comandante Marcos che la Rai non ha ancora mandato in onda: “Il mondo non è quello che ci viene raccontato in Borsa, con la New Economy o dai Grandi del mondo. Bill Gates e altri tre come lui, hanno tanti soldi quanto 40 paesi africani”.
Se fuori tanta gente voleva entrare, dentro all'Auditorium si è registrato il tutto esaurito: 1400 persone che si sono unite in un lungo e scrosciante applauso quando hanno visto apparire sul palco Beppe Grillo con il passamontagna da zapatista messicano che intonava il motivetto di Forza Italia. Agguerrito, scatenato, sarcastico si è subito rivolto al pubblico con toni accesi: "Ve lo dicevo io, quindici anni fa, che il vero pericolo non erano i socialisti, ma il formaggino Mio e le mozzarelle, ve lo dicevo o no? Ma cosa volete combattere se non siete nemmeno riusciti a riconoscere il pericolo in casa vostra e lo avete votato? Ve lo meritate, l'avete voluto voi". E gli attacchi a Silvio Berlusconi, definito "Mastrolindo" e "Dorian Gray", non sono finiti: "Una volta c'erano i politici che diventavano pregiudicati, adesso sono i pregiudicati che fanno i politici. Certo non poteva mica chiamarlo Polo della libertà perchè lui non ne vuole una sola, ne vuole molte: non vuole la libertà solo per sè, la vuole anche per Previti, e per Dell'Utri".
Un rientro dopo dieci anni di assenza televisiva:
"Perchè quel mezzo non mi si confà", per parlare di un tema che gli
sta a cuore: "Preferisco ogni forma
di violenza a questa forma di ingiustizia che dobbiamo subire ogni giorno. Ma
il mio appello in vista del G8 di Genova è: lasciamoli soli questi 8
extracomunitari. Lasciamoli con i loro 18mila poliziotti: si arresteranno fra
di loro!"
Oltre a Beppe Grillo sono tante le persone che si sono alternate sul palcoscenico dell'Auditorium, ognuno per fornire il proprio contributo. Ospite inaspettato, ma gradito è stato lo scrittore cileno Luis Sepulveda: "Saluto tutti i ragazzi di Goteborg, mio figlio è tra di loro. Ammiro il coraggio di questi ragazzi che stanno conducendo una battaglia. Perchè la battaglia oggi è fra globalizzazione e diritti umani e si deve stare da una parte o dall'altra, non si può stare nel mezzo". Sepulveda ha poi raccontato le miserabili condizioni in cui vive una grande parte della popolazione del suo Paese, a conferma che i poveri stanno diventando sempre più poveri.
Concetto ripreso da Alex Zanotelli, il prete
comboniano tra i fondatori della Rete Lilliput, in collegamento da una
baraccopoli di Nairobi: "La situazione per i poveri sta peggiorando. Lo
vedo ogni giorno qui, con i miei occhi. Dove la gente non può curarsi perchè
costa troppo, non può mandare i figli a scuola perchè costa troppo, non può
seppellire i suoi morti perchè costa troppo. Due milioni di persone accatastate
in un fazzoletto di terra che appartiene ai governi. Neanche le baracche
appartengono ai poveri: devono pagare l'affitto. Vorrei che voi che siete là, a Milano, poteste sentire questo grido di
dolore.
E' importante questa preparazione al G8, io vi sono vicino con lo spirito. Non ci sarò perchè non mi sembra giusto lasciare la mia gente".
Alla testimonianza di padre Zanotelli si è aggiunta quella di un altro prete, don Luigi Ciotti, anche lui dotato di quella particolare grazia di essere prete di strada, vicino agli ultimi, a conferma dell'esistenza di una Chiesa attiva su certi fronti. "Abbiamo l'obbligo di denunciare l'ingiustizia. Qualcuno dice che noi preti dovremmo fare altro: eh no! La denuncia critica e seria è un messaggio salvifico. E' fondamentale che la Chiesa che tutti i giorni si confronta con la sofferenza, non stia a guardare. La globalizzazione, così come è gestita, un sistema che garantisce sempre i più forti e crea enormi squilibri. Di fronte a 4 milioni di persone che nell'arco di quest'anno moriranno perch=E9 non hanno i soldi per comprare le medicine, di fronte a 100 milioni di nuovi schiavi nel mondo, a 120 milioni di bambini sfruttati ditemi se non dobbiamo alzarci e gridare con forza. essere La globalizzazione può avere una via corretta ed etica solo se permette a tutti di essere protagonisti".
Lo spettacolo si è poi avviato verso la conclusione con l'intervento di Idris: "Io praticamente protesto tutto l'anno. Non andrò a Genova perchè altrimenti mi fanno bianco".
E poi sullo schermo si susseguono le testimonanze provenienti dai tanti Sud del mondo. La proiezione di un'intervista al subcomndante Marcos, leader del movimento zapatista in Messico; un filmato sull'orrore della guerra per i diamanti combattuta dai bambini della Sierra Leone.
E infine un collegamento a sorpresa con Triterius, un hacker bolognese che è riuscito a entare in un sito della Nato per chiedere all'amministrazione statunitense di interrompere bombardamenti dimostrativi ai danni dell'Iraq.
Una giornata densa di
emozioni, come l'abbraccio lungo e intenso tra Luis Sepulveda, un marxista, e
don Ciotti, un prete. Perchè oggi ci si abbracciava. Facendo sentire possibile
e cocreta l'idea di poter vivere davvero in un mondo migliore.
Lilly
Tratto dagli articoli di
Elisabetta Guidotti
e Fabio Poletti
Falsi e censure sui
libri di testo
Alcuni personaggi politici hanno chiesto che si sottoponessero a censura i libri di storia, che venissero purificati dagli eccessi marxisti.
Ma, come dimostra Umberto Eco, in realta' i libri di storia sono ancora oggi, espressione della cultura democristiana, salvo poche eccezioni A meno che nella D.C. si fossero subdolamente inserite, fin dai primordi, colonne di intellettuali comunisti truccati da cattolici (uno di questi comunisti infiltrati e' senz'altro Giulio Andreotti).
Parlando seriamente, se proprio vogliamo discutere di libri di storia, sarebbe il caso di iniziare dal principio, da tutti i falsi e le censure di cui abbonda la letteratura scolastica.
Facciamo un piccolo inventario.
Si parte da lontano, non raccontando tutto il dibattito su come l'umanita' abbia perso il pelo e sia diventata bipede, con donne munite di seni (capolavoro unico nel creato per morbidezza e antigravitazionalita').
Poi si racconta ancora che discendiamo dall'uomo di Neanderthal quando le analisi genetiche hanno dimostrato che era solo un lontano cugino.
Si censurano almeno 10 mila anni di societa' agricole pacifiche e matriarcali, grandi costruttori di canali e di opere idriche di utilità' collettiva. Non se ne parla perche' erano popolazioni che non conoscevano la guerra ne' il concetto di proprietà' privata e praticavano l'amore libero con zelo religioso. Consideravano l'orgasmo un momento di comunione con la divinita'.
Si tace sugli orrori di Atene, dove le donne venivano tenute in schiavitu'.
Si presenta Roma come un faro di civiltà' mentre era un girone infernale dove pedofilia, stupro e ogni genere di violenza e schiavismo erano la legge.
Nulla si dice dell'abominio di centinaia di migliaia di prigionieri di guerra costretti a massacrarsi nel Colosseo per il giubilo della folla.
Si dimentica di raccontare le incredibili invenzioni del popolo dalla trovata di andare ad abitare sulle palafitte di Ravenna al colpo di genio dei lombardi che decidono di affrontare Federico Barbarossa costruendo una citta' trappola (Alessandria). Appena la cavalleria di Federico entra nel basso acquitrino che circonda la citta', la bombardano con blocchi di calce viva che bruciando scatena il terrore tra i cavalli. Poi dopo mesi di assedio, in un momento di forti piogge, fanno crollare 3 dighe, costruite apposta molto prima, annegando buona parte degli imperiali.
Si salta a pie' pari la storia dell'invasione dei Mongoli che arrivarono in Europa con le prime armi da fuoco sbaragliando tutti.
Forse e' una storia troppo simile a quella della conquista europea dell'America ( e ancora si racconta che fu Colombo a scoprirla quando certamente la raggiunsero ben prima i Vichinghi).
Si tace sulla vera dimensione del massacro del colonialismo e della tratta degli schiavi.
Non si racconta ai ragazzi come l'attuale miseria del terzo mondo sia stata costruita massacrando questi popoli per 500 anni.
Si parla di re imperatori e non di gente umile e di artigiani, artisti e scienziati che fecero realmente la storia con il loro lavoro.
Non si parla di come fu la cultura popolare a creare le lingue e di come dai ritmi del lavoro nacquero nuove musiche.
Ne' si racconta della creativita' popolare, come quando a Bologna il popolo insorse. Il legato pontificio con le sue truppe provenzali si rinchiusero in un castello inespugnabile con cibo in gran quantita'. Gli insorti, con le poche catapulte di cui disponevano non lanciarono pietre ma scaraventarono dentro, al di la' delle mura, palle di sterco fresco preferibilmente di produzione umana. La solidarieta' del popolo nel procurare questa materia prima fu veramente straordinaria. I tiranni resistettero solo un paio di giorni a quell'inarrestabile smerdazzo.
E poco niente si dice sui crimini nascosti dietro le bandiere dell'Unita' d'Italia. Di come le industrie di Napoli e di Palermo, all'avanguardia dal punto di vista tecnologico, furono strangolate dalla burocrazia piemontese che aveva l'obiettivo di favorire le imprese del nord.
Ne' si dice dei massacri e dei veri e propri lager con i quali i Savoia risposero alla rivolta popolare nel meridione.
E perché' non si parla di Bava Beccaris che a Milano prese a cannonate gli operai?...
E poi, sulla storia piu' recente, si potrebbe dire tanto d'altro.
Ma forse ancor prima di occuparsi del contenuto dei libri di testo dovremmo affrontare il vero problema della scuola: e' noiosa in maniera pantagruelica...
Ancora non si e' capito che soltanto nel divertimento, nella passione e nel ridere si ottiene una vera crescita culturale.
Chi si ricorda i nomi delle sottocatene montuose che compongono le Alpi scagli la prima pietra.
Franca Rame e Dario Fo
Gino Paoli:
la storia non siamo noi
La casa incredibile me la aspettavo.
Gino Paoli ci riceve nello studio, vasto e pieno di luce. Sessantasette anni portati con la calma del grande maestro, lo sguardo saggio e vivace. Ci mostra i suoi ulivi, i bonsai, la terrazza sul mare. Parla con piacere, anche dopo l’intervista, degli anni d’oro di Genova, delle mille storie di quei quattro ragazzi che, quasi per scherzo, sono diventati famosi in tutto il mondo partendo da qui. Alla fine, quando guarda l’orologio, sono passate tre ore senza che ce ne accorgessimo.
Cosa ne pensa del G8 e
delle migliorie apportate alla città?
Lo dico subito: sto
dalla parte del popolo di Seattle.
Sono contrario alla
globalizzazione, che in fondo è un fatto economico e favorisce chi i soldi li
ha già. Inizialmente credevo il G8 avesse una impostazione diversa, mi avevano
detto che anche gli antiG8 sarebbero stati ascoltati, e mi sembrava un atto
civile. Avrei dovuto fare uno spettacolo al Carlo Felice, la presentazione di
un progetto destinato a girare il mondo fino al 2004, facendo conoscere Genova.
Il progetto è ancora in piedi, la presentazione al Carlo Felice non si farà.
Avevo dei dubbi se
esibirmi o meno per il vertice, ma sono convinto che un cantante non deve
guardare in faccia a nessuno, ha una posizione sua, e la manifesta con la
propria opera, con quello che scrive.
Lo spettacolo lo avrei
fatto perchè era un ottimo progetto per Genova, e spero si farà in futuro.
Sul G8 sono contro.
Per quanto riguarda i
lavori, sì, indubbiamente ci sono dei miglioramenti, ma non è che si può esser
buoni solo a Natale!, se capisci cosa intendo.
Nei giorni del vertice
cosa farai?
Vivo con mia moglie e
con due dei miei figli: me ne andrò da qualche parte: già adesso ci sono enormi
disagi, la città è già mezza blindata.
Le premesse perchè
scoppi qualche guaio mi sembrano ideali: l’occasione è ghiotta per chiunque
voglia compiere gesti folli. Inoltre accentuare la repressione è il modo
migliore per eccitare il desiderio di trasgredire.
E degli antiG8 che
idea si è fatto?
Mi sembrano civili,
pacifici. Poi come tutti i movimenti hanno il problema degli infiltrati, quelli
che sono magari solo tre o quattro ma vanno in giro a spaccare le vetrine. E i
pacifisti, gli altri, prendono le botte.
Sono dalla loro parte,
ma non manifesterò: quando danno le bastonate non stanno a guardare chi è, chi
non è!
Gli antiG8 non sono
stupidi e useranno il vertice come “palcoscenico” per far sentire le proprie
ragioni, e spero servirà, spero che qualcuno le ascolti, ma sono scettico.
Sarà impopolare ma mi
viene in mente una canzone di De Gregori “la storia siamo noi”.
Da un po’ di tempo mi
verrebbe da scriverne una io, intitolata
“la storia non siamo noi. La storia sono Loro”. Con la elle maiuscola.
Al di là del G8, in
generale, stiamo vivendo una crisi, causata dal profitto. Tutto ha finito per
soccombere alla logica del guadagno, la gente non conta molto, o si
disinteressa, preferisce guadagnare.
Una volta ho conosciuto
un contadino che ha venduto la terra su cui stavano costruendo la centrale
nucleare di Montalto di Castro. Gli ho chiesto “ma come mai lo hai fatto?” e
lui “mi hanno pagato”. Sì ma ai tuoi figli, ai tuoi nipoti, non ci pensi? Come
vedi, ha vinto il profitto. Ed è terribile.
Sono d’accordo con
Benigni, quando ha detto “ricordatevi che questo pianeta non lo abbiamo
ricevuto in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli”.
E’ una grande verità.
Io sono meno lirico: per me basterebbe seguire le indicazioni nelle toilette
degli autogrill: lasciate questo posto come vorreste trovarlo.
SPAZIO CONCERTI
Ecco qui fresco fresco
un nuovo spazio dedicato ai concerti e altri eventi sparsi in giro per
l’Italia.
Chiunque abbia qualcosa da segnalare per il prossimo numero che uscirà
in Autunno, non esiti!!
estate italiana,
quando la musica si risveglia
Nelle piazze, nei teatri, nelle piste e negli stadi di mezzo Paese quella che si annuncia è una stagione ricchissima di appuntamenti di spicco che vedranno nelle piazze più celebri da Sting a David Byrne, a Bob Dylan, fino a Neil Young, Manu Chao, gli Eagles, Alanis Morissette, Mark Knopfler, Patti Smith e Ben Harper. E siamo solo a un primo appello.
ü Manu Chao, per la prima volta arriva in Italia nelle vesti di solista, si esibirà in cinque concerti: il 10 luglio a Roma, il 12 a Tarvisio e il 27 a Melpignano.
ü Appuntamento con i sempre spettacolari Ac/Dc il 4 luglio a Torino.
ü Sting, dopo le date in giro per il mondo approda a luglio in Italia per i quattro concerti in programma: il 5 a Palmanova, il 6 a Milano, il 7 a Roma, il 19 a Cagliari.
ü Il chitarrista dei Dire Straits, Mark Knopfler, torna in veste di solista per quattro date a luglio: il 6 a Brescia, il 7 a Lucca, l'8 a Roma e il 9 a Udine.
ü David Byrne il 9 luglio sarà ad Ancona, il 10 a Milano, il 12 a Jesolo, il 13 a Pistoia e il 14 a Correggio.
ü Bob Dylan riprende il suo tour infinito e offre al pubblico italiano ben otto appuntament: il 10 luglio a Brescia, il 19 a Udine, il 20 a la Spezia, il 22 a Pescara, il 24 ad Anzio, il 25 a Perugia, il 26 a Napoli e il 28 a Taormina.
ü Neil Young con i Crazy Horse sarà a Brescia il 9 luglio e il 21 a Lucca.
ü Alanis Morissette sarà il 12 luglio a Brescia, il 13 a Fano e il 15 a Palermo.
ü Esordio assoluto in Italia per i ricostituiti Eagles il 14 luglio a Lucca.
ü Patti Smith, sempre nel mese di luglio sarà il 14 a Firenze, il 15 a Cesena, il 18 a Torino, il 19 a Catania e il 20 a Roma.
ü Grande attesa per l'appuntamento con gli U2 che il 21 luglio porteranno a Torino, allo stadio delle Alpi, il loro Elevation tour, per l'unica data italiana.
ü E a questo lungo elenco di stelle della musica non poteva mancare Ben Harper, tra i pochi musicisti in grado di legare tradizione e rinnovamento. Per lui tre concerti a luglio: il 23 a Milano, il 24 a Roma e il 25 a Rimini.
i
festival
ü Arezzo Wave: Arezzo dal 4 all'8 luglio. Completamente gratuito è la "Woodstock" della musica alternativa. Saranno presenti Elisa, Living Colour, Nick Cave e Subsonica, come Guano Apes, St. Germain, Orishas, Cousteau, o gli italiani Quintorigo, Bandabardò, Mau Mau e molti altri. Saranno una cinquantina in tutto le band e i dee jay coinvolti nella maratona.
ü Pistoia Blues: Pistoia 13 e 15 luglio. Il cartellone: Van Morrison, Emir Kusturica, David Byrne, Pino Daniele, John Mayall e Popa Chubby, il maestro della chitarra Jeff Beck, John Hammond, Paul Weller, Hooverphonic, Goldfrapp, Steve Lukater, The Animals.
ü Tora! Tora! Festival: è la vera, grande novità di questa stagione. Diciotto band del panorama rock italiano saranno protagoniste di un tour itinerante che farà tappa il 10 giugno a Rimini, il 23 giugno a Napoli, il 14 luglio a Padova e il 19 a Collegno (To). Del cast: Africa Unite, Bluvertigo, La Crus, Subsonica, Mau Mau, Cristina Donà.
ü GoaBoa Festival: Genova, dal 27 giugno al 1° luglio. L'ospite di punta sarà Manu Chao, ma il cartellone propone anche Tricky e My Vitriol, Emir Kusturica con il suo gruppo No Smoking, gli inglesi Divine Comedy. E ancora Turin Brakes, Almamegretta ed Elisa.
ü Neapolis Rock Festival: Napoli, dal 30 giugno al 10 luglio. Apertura immancabilmente affidata a Pino Daniele, di scena all'Italsider di Bagnoli. Poi i concerti si trasferiranno allo Stadio San Paolo, che ospiterà tra l'altro le sibiwioni di Muse, 99 Posse ed Eros Ramazzotti. In programma anche una serata dedicata a Renato Carosone.
ü Coco Village Chicobum: Borgaro Torinese, dal 20 giugno al 28 luglio. Grande attenzione alla nuova scena rock italiana e internazionale. Tra gli ospiti la Blues Explosion di Jon Spencer, i ricostituiti Living Colour, i Grandaddy, la cantautrice newyorkese Suzanne Vega, Youssou N'Dour e Carmen Consoli.
ü Summer Festival: Lucca, dal 7 al 21 luglio. Il paradiso degli appassionati della west coast degli anni Settanta. Oltre a ospitare l'unica data italiana degli Eagles, la rassegna toscana propone i concerti di David Crosby con i CPR e Neil Young con i Crazy Horses. In programma anche Mark Knopfler, l'accoppiata Milton Nascimento Gilberto Gil e Giorgia.
di OTTAVIA GIUSTETTI e ALESSANDRA
RETICO
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“Le cose più importanti sono le più
difficili da dire.
Sono quelle di cui ci si vergogna,
perché le parole le immiseriscono.
Le parole riducono cose che finché sono
nella vostra testa sono sconfinate, e le riducono non più che a grandezza
naturale quando vengono portate fuori.
Ma è più che questo, vero?
Le cose più importanti giacciono troppo
vicino là dove è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per
ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felici di portarvi via.
E potreste fare rivelazioni che vi
costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto
quello che avete detto.
Senza capire perché vi sembrava tanto
importante da piangere, quasi, mentre lo dicevate.
Questa è la cosa peggiore secondo me:
quando il segreto rimane chiuso dentro
non per mancanza di uno che lo racconti…
ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare!”
STEPHEN KING