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  L'immigrazione islamica in Italia
di Davide Policastro grpolic@tin.it  
20 settembre 2000

Non so in quanti di voi abbiano seguito le discussioni che ci sono state in seguito alle affermazioni del Cardinale Giacomo Biffi, il quale ha posto il problema dell'immigrazione islamica in Italia.
Io, da persona laica ed agnostica che però vuol conservare gelosamente le proprie libertà di singolo individuo, quando ho letto l'articolo al proposito sul Corriere della Sera sono di primo acchito semplicemente inorridito.
La maniera infatti con cui il Cardinale affrontava il problema era (ovviamente, trattandosi lui di un alto prelato per di più con idee a mio avviso anche piuttosto conservatrici) un modo assolutamente inconcepibile per me, dato che egli affrontava il problema in termini clericali, quando non teocratici, quindi intollerabili per una persona dalla mentalità laica che per principio dovrebbe essere assolutamente contraria al fatto che la Chiesa (qualunque tipo di religione segua) s'immischi in fatti che riguardano lo Stato e la società in generale.
Questo però non esclude il fatto che il problema sollevato da Biffi esista e che prima lo si affronta meglio è.
Ovviamente non si può, nell'epoca in cui per di più ogni zona del mondo diventa sempre più interdipendente con le altre e le distanze si accorciano (uno dei simboli di quest'evoluzione era secondo me il concorde, grazie al quale se partivi da Londra grazie al fuso orario arrivavi a New York prima di essere partito), cercare di barricarsi dentro i propri confini e cercare di filtrare il più possibile i flussi di immigrazione che giungono da tutte le parti, si otterrebbe solo come risultato un aumento dei flussi clandestini, e quindi la situazione semplicemente peggiorerebbe; in questo senso la via secondo me l'anno mostrata gli Stati Uniti, i quali anzi se non vi fossero continui afflussi d'immigrati (e ricordiamoci che fino a non molto tempo fa anche noi italiani eravamo parte integrante di quei flussi) avrebbero problemi di scarsità di manodopera.
Perché è bene ricordare che sebbene qua in Europa (e dunque anche in Italia) vi siano tassi di disoccupazione altissimi, nonostante tutto certi lavori (come ad esempio pulire i cessi pubblici) il disoccupato europeo, che comunque ha una famiglia alle spalle che può mantenerlo, spesso non si abbassa a farli, mentre invece l'immigrato povero in canna che non ha nessuno sì.
Ma tornando all'argomento principale, sotto certi aspetti bisogna riconoscere che Biffi ha pienamente ragione, visto che le teocrazie ed i regimi integralisti che esistono ancora al mondo sono tutti (spero di non aver appena affermato una grande stupidata, ma anche se fosse, sono certo che siano la stragrande maggioranza) islamici, e che la religione di Maometto ha forti tendenze all'intolleranza, ma non penso che sbarrare i confini alle persone di religione musulmana possa alla fine risultare utile, semmai il contrario.
Ma allora, come fare per risolvere un problema che ogni giorno che passa diventa sempre più pressante? Come annullare il rischio che una volta diventati una minoranza abbastanza forte gli elementi più integralisti della religione musulmana non decidano d'imporre anche agli altri i dettami della propria religione?
Questa è una questione che non mi risulta si sia mai verificata, almeno in questi termini, in tutta la storia europea, in quanto l'unica altra grande minoranza religiosa e razziale (anche se razziale non è il termine più adatto) che sia mai stata presente in Europa è stata quella ebraica, e gli Ebrei hanno sempre cercato di adattarsi alla società in cui vivevano e di conciliare per quanto possibile i doveri che la società ha loro imposto ed i dettami della loro religione. Ad esempio, non ho mai sentito di ebrei che hanno preteso che il loro datore di lavoro lasciasse loro come giorno di riposo il Sabato (che è per la religione ebraica l'equivalente della nostra Domenica), mentre invece ho sentito di gruppi d'islamici che hanno chiesto al loro datore di lavoro di poter avere una sala di preghiera e di poter staccare durante i tre momenti della mattinata in cui devono pregare prostrandosi verso La Mecca.
Una cosa come questa ritengo che la dica lunga sul modo di pensare di molti musulmani almeno in campo religioso, e penso che l'integrazione in un'unica società di tanti gruppi religiosi (senza dimenticare poi atei e laici) sia proprio una delle sfide della società di cui noi (io ho 16 anni) faremo parte.
Sinora però io ho parlato e parlato e non ho però ancora scritto ancora niente su quali possano essere le soluzioni da approntare per uscire da questo contrasto in modo che ambedue le parti siano soddisfatte.
Non pretendo di riuscire a dare una risposta soddisfacente a questo quesito, visto che già faccio molta fatica proprio a dare una risposta, ma secondo me una delle vie possibili è quella di cercare di educare alla tolleranza anche i musulmani, che spesso non lo sono, dato che la tolleranza non è che sia qualcosa di totalmente alieno alla natura umana, e come vi siamo riusciti noi cristiani ad accettare modi di vedere molto differenti dal nostro, penso proprio che questo sia possibile anche per gli altri. Basta pensare al fatto che la religione musulmana è circa 6 secoli più giovane della nostra, e provare a confrontare il livello di tolleranza raggiunto dalla Chiesa Cattolica raggiunto all'inizio del '400, quando se non sbaglio l'Inquisizione esisteva ancora e lavorava anzi a pieno regime. La tolleranza secondo me è infatti frutto della maturazione della società, ma affinché questo processo di maturazione avvenga deve passare del tempo; noi ci abbiamo messo un paio di millenni, non possiamo pretendere che gli altri ci arrivino da soli mettendoci più d'un quarto del tempo in meno. E' a mio parere compito nostro insegnare agli immigrati il rispetto di certe regole fondamentali per il nostro modo di vita, perché bisogna comunque ricordare che loro non possono pretendere che noi paesi per così dire "ospitanti" ci adattiamo al loro modo di vivere, semmai il contrario, e questo lo possiamo fare nel nostro piccolo tutti, perché una persona può essere apprezzata indipendentemente dalla religione che segue (un esempio su tutti, Gandhi, che era induista ma sfido chiunque a non ammirarlo per quel che ha fatto), e lo possono fare le scuole, in quanto questi strumenti sono fondamentali per l'educazione e la formazione di una persona.
Secondo me queste sono alcune delle cose da fare affinché l'integrazione della minoranza musulmana avvenga senza contrasti di sorta tra "residenti" ed "immigrati"


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