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[da
Repubblica.it]
Il fondatore di Emergency, l'associazione che ha
lanciato un appello
contro l'intervento in Iraq, spiega le sue ragioni
Perché non
esistono le guerre necessarie
di GINO STRADA
Caro direttore, ieri Miriam Mafai scriveva su La
Repubblica: "E tuttavia c'è qualcosa che non mi
convince in quell'appello, che io non firmerò".
L'appello in questione è quello di Emergency, "Fuori
l'Italia dalla guerra" (www.emergency.it). Sarebbe
utile discuterne a fondo, prima di passare alle
"dichiarazioni di firma", perché Miriam Mafai, per
la quale ho stima e rispetto, espone ragioni molto
serie e opinioni diffuse sulla guerra e sulla pace.
"Non mi convince il pacifismo assoluto, di tipo
ideologico che lo ispira".
Non credo sia così, almeno per quanto riguarda
Emergency: la scelta della non violenza e della pace
deriva, al contrario, dall'aver avuto a che fare,
negli otto anni di vita della associazione, con più
di trecentomila vittime di guerra che abbiamo
operato, curato, conosciuto. Non dall'ideologia, ma
dal vedere sui tavoli operatori dei nostri ospedali
migliaia di esseri umani straziati da bombe e mine
il trenta per cento bambini - nasce il nostro
rifiuto e disgusto per la guerra. Siamo convinti,
perché lo vediamo ogni giorno, che le vittime siano
la prima e forse l'unica verità della guerra, e che
l'alternarsi di governi e dittatori ne siano
soltanto, questi sì, effetti collaterali.
"La libertà di cui godiamo è nata dal bagno di
sangue che si è consumato attorno a Stalingrado e
sulle spiagge di Normandia", ha scritto Miriam Mafai.
È vero, è andata così. Ma è indispensabile che quel
bagno di sangue non si ripeta, perché ci lascia
molto amaro in bocca, per usare un eufemismo, una
libertà conquistata e goduta al prezzo di milioni di
morti.
Il mondo non è più lo stesso dopo l'11 settembre, si
sente ripetere da molte parti. Il mondo e la guerra
sono cambiati ben prima. Il 6 agosto 1945, il fungo
atomico su Hiroshima ha fatto svanire centomila
esseri umani in un minuto e ne ha uccisi molti di
più nei decenni successivi. E' stato allora, nello
stesso periodo in cui in Europa le città venivano
rase al suolo dai bombardamenti e si consumava
l'Olocausto, che il mondo e la guerra sono cambiati
per sempre.
Per quanto mi sforzi di trovare altre parole per
definire quel momento, una sola mi ritorna in mente,
mi pare adeguata: terrorismo. Da allora, tutte le
guerre hanno assunto sempre più un carattere
terrorista. Tremila esseri umani, tra le macerie del
World Trade Center, hanno tragicamente sperimentato
un atto di terrore. Prima di loro, altri milioni di
esseri umani per il 90 per cento civili ne avevano
sperimentati altri, ciascuno il suo.
Chi è stato bombardato, chi bruciato dal napalm o
soffocato dai gas, chi è finito nei gulag o nei
campi di sterminio, chi è stato fatto a pezzi da
un'autobomba e chi è sparito senza lasciare traccia.
Nella lista infinita delle vittime del terrorismo ci
sono anche lo capiamo bene, se pensiamo a loro come
se fossero figli nostri anche le centinaia di
migliaia di bambini iracheni uccisi dall'embargo
nell'ultimo decennio. Il negare loro la possibilità
di essere curati non permettendo l'arrivo di
medicinali è stato, ne siamo convinti, un atto di
terrorismo.
"Non mi convince in primo luogo il discorso di che
mette sullo stesso piano Bin Laden e Bush". Mi
sembra una semplificazione ad effetto, e nulla ha a
che vedere con il testo dell'appello di Emergency.
Ma forse è il caso di fare una precisazione. Resto
convinto che le vittime, cioè gli esseri umani morti
e mutilati, non si possano dividere in cittadini di
prima e di seconda categoria. Credo che un bambino
che sparisce nelle Torri Gemelle valga quanto un
bambino afgano che resta ucciso sotto le bombe. Non
vale di meno, ma neanche di più. E siccome quei
bambini mi interessano, entrambi, ho anche la stessa
opinione su chi li ha fatti fuori, l'uno e l'altro.
"Un pacifismo assoluto (...) se può essere proposto
come valore da uomini di Chiesa, può non reggere
alla dura prova della politica". Questo, mi sembra,
è un altro punto importante della discussione. Mi
verrebbe da dire, da laico quale sono, che forse è
proprio il fatto che i valori e l'etica siano andati
da una parte e la politica da tutt'altra, la causa
prima del mondo ingiusto e violento che è davanti ai
nostri occhi, un mondo dove per molti è "11
settembre" tutto l'anno.
La tesi della "guerra necessaria" per porre fine a
feroci dittature è anche la critica più comune al
movimento per la pace. Anche di ciò si dovrebbe
discutere a lungo. Può darsi che il movimento per la
pace non sia in grado di far cadere un dittatore, ma
una cosa è assolutamente certa, che il movimento per
la pace non ne ha mai creati né aiutati ad imporsi
con armi e fiumi di denaro. Mi piacerebbe, e non
credo di essere il solo, che ci fosse un ampio
dibattito su questi temi, ed è una della ragioni
dell'appello di Emergency e delle iniziative che
prenderemo nei prossimi mesi.
Senza dimenticare tuttavia, quando si scrive di
"guerre necessarie" e si fanno paralleli storici,
che ci troviamo una nuova guerra all'orizzonte,
oggi, contro l'Iraq. E che la nuova guerra, più che
di libertà, ha una maledetta puzza di petrolio.
L'autore è
il fondatore dell'associazione umanitaria Emergency
(26 settembre 2002)
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