Il
mondo nuovo
di Aldous Huxley
Perché
leggere Il mondo nuovo di Huxley oggi? Non è una lettura
no-global o anti-berlusconiana. Ma lasciamoli stare per un
attimo i g-ottini e i silvio vari, per un istante usciamo
dall’incasellamento in cui siamo finiti, e pensiamo a noi come
essere umani viventi. E pensanti. Soprattutto. E allora un buon
libro può dare spunto a qualsiasi idea, fornire un argomento di
discussione, non importa quale sia, se sia attuale o meno, che
coinvolga o meno le masse. Ma che serva a discutere, antica arte
oggi in disuso, che serva a far passare 2 ore seduti davanti a
una birra in un fumoso pub della bassa, o che accompagni un
assurdo giro in macchina alle 2 di notte senza meta. Prendere
uno stralcio di un libro, pubblicarlo così com’è, e lasciare
a noi lettori e attori della vita di oggi la discussione, il
pensiero che ci si può costruire sopra. Oggi parliamo di libertà,
della società, della felicità, della stabilità, del nostro
futuro. Mi sembrano motivi validi per leggere Il mondo nuovo.
«Adesso il mondo è stabile. La gente è felice; ottiene ciò
che vuole, e non vuole mai ciò che non può ottenere. Sta bene;
è al sicuro; non è mai malata; non ha paura della morte; è
serenamente ignorante della passione e della vecchiaia; non è
ingombrata né da padri né da madri; non ha spose,figli o
amanti che procurino loro emozioni violente; è condizionata in
tal modo che praticamente non può fare a meno di condursi come
si deve. E se per caso qualche cosa non va, c’è il soma…»
[…]
Il Selvaggio scosse la testa. «Tutto questo mi sembra
assolutamente orribile.»
«
Si capisce. La felicità effettiva sembra sempre molto squallida
in confronto ai grandi compensi che la miseria trova. E si
capisce anche che la stabilità non è neppure emozionante come
l’instabilità. E l’essere contenti non ha nulla
d’affascinante al paragone di una buona lotta contro la
sfortuna, nulla del pittoresco d’una lotta contro la
tentazione, o di una fatale sconfitta a causa della passione o
del dubbio. La felicità non è mai grandiosa. » […]
«
D’altra parte dobbiamo pensare alla nostra stabilità. Ogni
cambiamento è una minaccia per la stabilità. Questa è
un’altra ragione per cui noi siamo poco disposti a utilizzare
le nuove invenzioni. Ogni scoperta nel campo della scienza pura
è sovversiva in potenza; anche la scienza deve talvolta esser
trattata come un possibile nemico. Sì, anche la scienza. »
[…] « Sì », diceva Mustafà Mond « questo è un altro
articolo al passivo della stabilità. Non è solo l’arte a
essere incompatibile con la stabilità; c’è anche la scienza.
La scienza è pericolosa; noi dobbiamo tenerla con la massima
cura incatenata e con tanto di museruola. » […] « Il Nostro
Ford personalmente fece un grande sforzo per trasferire
l’importanza della verità e della bellezza ai comodi e alla
felicità. La produzione in massa esigeva questo trasferimento.
La felicità universale mantiene in ordine gli ingranaggi; la
verità e la bellezza non lo possono. E, beninteso, ogni volta
che le masse si impadronivano del potere politico, era la
felicità piuttosto che la verità e la bellezza che importava.
Tuttavia, nonostante tutto, le ricerche scientifiche senza
restrizione erano ancora permesse. Si continuava a parlare della
verità e della bellezza come se fossero dei beni sovrani. Fino
all’epoca della Guerra dei Nove Anni. La gente allora era
disposta a lasciar controllare anche i suoi appetiti. Tutto, pur
di vivere tranquilli. Questo non è stato un bene per la verità,
d’accordo, ma è stato eccellente per la felicità. Non si può
avere nulla per nulla. La felicità bisogna pagarla. Voi la
pagate, signor Watson; pagate perché vi state interessando
troppo alla bellezza. Io m’interessavo troppo alla verità, e
ho pagato anch’io. »
[…]
«
Arte, scienza… mi sembra che abbiate pagato un prezzo
considerevole per la vostra felicità » disse il Selvaggio
quando furono soli. « Non c’è altro? »
«
Ma sì, certo, c’è la religione » rispose il Governatore. «
C’era una volta anche qualche cosa chiamata Dio, prima della
Guerra dei Nove Anni.Ma dimenticavo; voi sapete bene cos’è
Dio, suppongo. »
«
Diamine… » Il Selvaggio esitò. Avrebbe voluto dire qualche
cosa della solitudine, della notte, dell’altipiano che si
stende pallido sotto la luna, del precipizio, della caduta nelle
tenebre fonde, della morte. Avrebbe voluto parlare, ma non
c’erano parole. Neppure in Shakespeare. […]
«
“Potete essere indipendenti da Dio soltanto mentre avete la
giovinezza e la prosperità; l’indipendenza non può
accompagnarvi sicuramente fino alla morte.” Ebbene, ecco che
noi abbiamo la giovinezza e la prosperità sino alla fine. Che
ne risulta? Evidentemente, che possiamo essere indipendenti da
Dio. “Il sentimento religioso ci compenserà di tutte le
nostre perdite.” Ma non ci sono perdite da compensare; il
sentimento religioso è superfluo. Perché dovremmo andare alla
ricerca di un surrogato dei desideri giovanili, dal momento che
i desideri giovanili non ci fanno mai difetto? Di un surrogato
delle distrazioni, dal momento che continuiamo a divertirci di
tutte le vecchie pazzie sino alla fine? Che bisogno abbiamo di
riposo se i nostri spiriti ed i nostri corpi continuano a gioire
nell’attività? O di consolazione se abbiamo il soma? O di
qualche cosa d’immutabile se c’è l’ordine sociale? »
«
Allora voi credete che Dio non ci sia? »
«
No, io credo che molto probabilmente ce n’è uno. »
«
Allora perché… »
Mustafà
Mond lo fermò. « Ma egli si manifesta in modi differenti ai
diversi uomini. Nei tempi pre-moderni si manifestava come
l’essere che è descritto in questi libri. Adesso… »
«
Come si manifesta adesso? » domandò il Selvaggio.
«
Ecco, si manifesta come un’assenza; come se non esistesse del
tutto. »
«
Questa è colpa vostra. »
«
Dite che è colpa della civiltà. Dio non è compatibile con le
macchine, con la medicina scientifica e con la felicità
universale. Bisogna fare la propria scelta. »
[…]
«
Vi ricordate quel passo del Re Lear? » disse finalmente
il Selvaggio. « “gli dei sono giusti, e dei nostri amabili
vizi fanno degli strumenti per torturarci… il posto oscuro e
corrotto dove ti concepì gli costò gli occhi” ed Edmondo
risponde (ricordate? È ferito, è morente): “Tu hai detto
bene, è la verità. La ruota ha fatto il suo giro completo;
eccomi”. Cosa ne dite voi? Non sembra che ci sia un dio che
dirige le cose, punisce e ricompensa? »
«
Sembra? » interrogò a sua volta il Governatore. «Voi potete
abbandonarvi a un buon numero di amabili vizi con una neutra
senza correre il rischio di farvi strappare gli occhi
dall’amante di vostro figlio. “La ruota ha fatto il suo giro
completo, eccomi.” Ma dove sarebbe Edmondo ai giorni nostri?
Seduto in una poltrona pneumatica, colle braccia attorno alla
vita di una ragazza, masticando le tavolette di gomma di ormoni
sessuali e guardando un film odoroso. Gli Dei sono giusti, non
c’è dubbio. Ma il loro codice di leggi è dettato, in ultima
analisi, dalla gente che organizza la società; la Provvidenza
riceve la sua parola d’ordine dagli uomini. »
«
Ne siete sicuro? » domandò il selvaggio. « Siete proprio
sicuro che Edmondo, in questa poltrona pneumatica, non è stato
punito così severamente come l’Edmondo ferito e sanguinante a
morte? Gli Dei sono giusti. Non hanno usato dei suoi amabili
vizi come d’uno strumento per degradarlo? »
«
Degradarlo da quale stato? Come cittadino felice, assiduo al
lavoro, consumatore di beni, egli è perfetto. »
[…]
«
Se vi lasciate andare a pensare a Dio, non vi lascereste
degradare da amabili vizi. Avreste una ragione per sopportare
pazientemente le cose, per fare le cose con coraggio. L’ho
visto fare con gli Indiani. »
«
Ne sono convinto » disse Mustafà Mond. « Ma noi non siamo
Indiani. Un uomo civilizzato non ha nessun bisogno di sopportare
alcunché di particolarmente sgradevole. E quanto a fare le
cose, Ford lo preservi dall’avere mai simile idea in testa!
Tutto l’ordine sociale sarebbe sovvertito se gli uomini si
mettessero a fare le cose di loro propria testa. »
«
E la rinuncia allora? Se credeste in Dio, avreste una ragione di
rinuncia. »
«
Ma la civiltà industriale è possibile soltanto quando non ci
sia la rinuncia. Concedersi tutto sino ai limiti estremi
dell’igiene e delle leggi economiche. Altrimenti le ruote
cessano di girare. »
«
avreste una ragione di castità! » disse il Selvaggio
arrossendo leggermente mentre pronunciava queste parole.
«
Ma la castità vuol dire passione, vuol dire nevrastenia. E
passione e nevrastenia vogliono dire instabilità. E instabilità
vuol dire fine della civiltà. Non si può avere una civiltà
durevole senza una buona quantità di amabili vizi. »
«
Ma Dio è la ragione d’essere di tutto ciò che è nobile,
bello, eroico. Se voi aveste un Dio… »
«
Mio caro, giovane amico » disse Mustafà Mond « la civiltà
non ha assolutamente bisogno di nobiltà e di eroismo. Queste
cose sono sintomi d’insufficienza politica. In una società
convenientemente organizzata come la nostra nessuno ha delle
occasioni di essere nobile ed eroico. Bisogna che le condizioni
diventino profondamente instabili prima che l’occasione possa
presentarsi. Dove ci sono guerre, dove ci sono giuramenti di
fedeltà condivisi, dove ci sono tentazioni a cui resistere,
oggetti d’amore per i quali combattere o da difendere, là
certo la nobiltà e l’eroismo hanno un peso. Ma ai nostri
giorni non ci sono guerre. La massima cura è posta
nell’impedirci di amare troppo qualsiasi cosa. Non c’è
nulla che rassomigli a un giuramento di fedeltà collettiva;
siete condizionati in modo tale che non potete astenervi dal
fare ciò che dovete fare. E ciò che dovete fare è,
nell’insieme, così gradevole, un tal numero di impulsi
naturali sono lasciati liberi di sfogarsi, che veramente non ci
sono tentazioni alle quali resistere. E se mai, per mala sorte,
avvenisse in un modo o nell’altro qualche cosa di sgradevole,
ebbene, c’è sempre il soma che vi permette una
vacanza, lontano dai fatti reali. E c’è sempre il soma per
calmare la vostra collera, per riconciliarvi coi vostri nemici,
per rendervi paziente e tollerante. Nel passato non si potevano
compiere queste cose che facendo grandi sforzi e dopo anni di
penoso allenamento morale. Adesso si mandano giù due o tre
compresse di mezzo grammo, e tutto è a posto. Tutti possono
essere virtuosi, adesso. Si può portare indosso almeno la metà
della propria moralità in bottiglia. Il Cristianesimo senza
lacrime, ecco cos’è il soma. »
«
Ma le lacrime sono necessarie. […] C’è una storia che usava
raccontarci uno dei vecchi Indiani sulla Ragazza di Matsaki. I
giovanotti che desideravano sposarla dovevano passare una
mattina a zappare nel suo giardino. La cosa sembrava facile, ma
c’erano delle mosche e delle zanzare tutte stregate. La
maggior parte dei giovani non poteva assolutamente sopportare i
morsi e le punture. Ma colui che ci riusciva, otteneva in premio
la ragazza. »
«
Graziosa! Ma nei paesi civili » disse il Governatore » si
possono avere delle ragazze senza zappare per loro; e non ci
sono mosche e zanzare che vi pungono. Ce ne siamo sbarazzati già
da secoli. »
Il
Selvaggio assentì, accigliato. « ve ne siete sbarazzati, già
è il vostro sistema. Sbarazzarsi di tutto ciò che non è
gradito, invece di imparare a sopportarlo. Resta a sapere se è
spiritualmente più nobile subire i colpi e le frecce
dell’avversa fortuna, o prendere le armi contro un oceano di
mali e opporsi ad essi sino alla fine… Ma voi non fate né
l’una né l’altra cosa. Voi né sopportate né affrontate.
Abolite semplicemente i colpi e le frecce. E’ troppo facile.
»
[…]
«
Ciò che vi abbisogna » riprese il Selvaggio « è qualche cosa
che implichi il pianto, per cambiare. Nulla costa abbastanza
qui. » […] « “Esporre ciò che è mortale e indifeso al
caso, alla morte e al pericolo, fosse pure un guscio.” Non è
qualche cosa questo? » domandò guardando Mustafà Mond. «
Anche astraendo da Dio; e tuttavia Dio ne costituirebbe pur
sempre una ragione. Non è qualche cosa vivere pericolosamente?
»
«
E’ molto » rispose il Governatore. « gli uomini e le donne
hanno bisogno che si stimolino di tanto in tanto le loro capsule
surrenali. »
«
Cosa? » fece il Selvaggio che non capiva.
«
E’ una delle condizioni di perfetta salute. E’ per questo
che abbiamo reso obbligatorie le cure S.P.V. »
«
S.P.V. ? »
«
Surrogato di Passione Violenta regolarmente, una volta al mese,
irrighiamo tutto l’organismo con adrenalina. E’
l’equivalente fisiologico completo della paura e della
collera. Tutti gli effetti tonici dell’uccisione di Desdemona
e del fatto che è uccisa da Otello, senza nessuno degli
inconvenienti. »
«
Ma io amo gli inconvenienti. »
«
Noi no » disse il Governatore. « Noi preferiamo fare le cose
con ogni comodità. »
«
Ma io non ne voglio di comodità . Io voglio Dio, voglio la
poesia, voglio il pericolo reale, voglio la libertà, voglio la
bontà. Voglio il peccato. »
«
Insomma » disse Mustafà Mond « voi reclamate il diritto di
essere infelice. »
«
Ebbene, sì » disse il Selvaggio in tono di sfida « io reclamo
il diritto d’essere infelice. »
«
Senza parlare del diritto di diventare vecchio e brutto e
impotente; il diritto d’avere la sifilide e il cancro; il
diritto d’avere poco da mangiare; il diritto d’essere
pidocchioso; il diritto di vivere nell’apprensione costante di
ciò che potrà accadere domani; il diritto di prendere il tifo;
il diritto di essere torturato da indicibili dolori d’ogni
specie. »
Ci
fu un lungo silenzio.
«
Io li reclamo tutti » disse il Selvaggio finalmente.
|