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L'unico problema è Belpietro, che è un po' duro di comprendonio, ma alla fine
capirà. In caso contrario, gli faccio fare l'opposizione: almeno un giornale che
mi critica ci vuole, se no si torna a parlare di conflitto d'interessi e io mi
annoio a morte. Consentitemi ora di rendervi brevissimamemente partecipi, in
anteprima assoluta, del nuovo Contratto con gli italiani, che intendo al più
presto stipulare in diretta tv, stavolta nel salotto di Mara Venier o nel
tinello di Alda D'Eusanio. Esteri. Come forse avrete saputo, ho ceduto la guida
della diplomazia italiana all'amico Frattini, il noto prestigiatore che tanti
meriti si è conquistato facendo sparire la legge sul conflitto d'interessi:
quella che, riuscendo a restare serio, avevo promesso di approvare nei primi
cento giorni del mio governo. Mi è dispiaciuto un po', visto che dopo le corna
di Spagna avevo in serbo (e anche in croato) per i colleghi premier altri
gustosi scherzetti da fureria: il sacco nel letto, la maionese sotto il cuscino,
la polverina gratta-gratta nel pigiama e le fiale puzzolenti sul pane della
colazione. Ma l'avvicendamento è stato una scelta obbligata, in quanto nei
vertici internazionali alla mia presenza non si riusciva a lavorare per le
risate degli altri capi di Stato e di governo. Con Frattini, invece, alla peggio
si addormentano. Tanto, diciamocela tutta: a che serve questa Europa quando può
decidere tutto Bush? Si fa solo confusione. Lasciamo fare a George, che è molto
più intelligente della media (gli esperti mi dicono che il nostro quoziente
intellettivo è quasi identico). Ora, per esempio, ci sarà la guerra all'Irak: un
paese di cui non ci preoccupano tanto gli arsenali, quanto la conformazione
geografica, francamente fastidiosa e seccante, e le ineleganti e pacchiane
divise indossate da Saddam Hussein (che perdipiù si ostina a portare i baffi,
violando la regola interna Mediaset numero uno). L'amico George mi ha già
garantito che prima di sferrare l'attacco su Baghdad si consulterà con me e
soltanto con me. Sempreché riesca a ricordarsi come mi chiamo, a rintracciare il
mio numero di telefono e soprattutto a comporlo sul suo apparecchio. Agli
eventuali caduti in terra straniera prometto funerali di Stato come a Bettino
Craxi e un posto assicurato nel mausoleo di Arcore, alla destra di Dell'Utri e
alla sinistra di Previti. Per il resto, continuerò a promettere l'ingresso
nell'Unione europea a qualunque paese visiterò, anche nell'Africa nera e nel
Sudest asiatico (intendo rendere omaggio al leader della Thailandia, quello che
mi consente di non essere l'unico capo di governo al mondo a controllare tutte
le televisioni e mi fa sentire meno solo. Magari, se la Corte costituzionale
insiste per Rete 4 su satellite, gli regalo Emilio Fede). Tanto non costa
niente, non succede niente, ma fa molto fine e non impegna. Poi le smentite se
le smazza Romano Prodi. Interni. Da quando - come ci ha suggerito Corrado
Guzzanti - nelle manifestazioni di piazza i poliziotti fanno i poliziotti e i
black bloc fanno i black bloc, senza confusione di ruoli come a Genova, tutto
fila liscio. Basta mettersi d'accordo prima nell'assegnazione delle parti in
commedia, senza improvvisazioni. Merito dell'amico Beppe Pisanu, che essendo
amico di Flavio Carboni, Roberto Calvi e altri celebri incappucciati (come del
resto il sottoscritto), di ordine pubblico se ne intende. Giustizia. Il più
ormai è fatto, grazie anche alle controriforme che l'Ulivo ci ha fatto trovare
bell'e pronte al termine della scorsa legislatura. Risparmiandoci un bel po' di
lavoro sporco. Utilissima, per esempio, quella sui collaboratori di giustizia,
che tappa la bocca ai pentiti dopo appena sei mesi che parlano. Il pentito con
la data di scadenza, come il latte pastorizzato: che idea. Una volta, per
silenziare un pentito, toccava ammazzarlo. Oggi è tutto più civile e igienico:
basta fare una legge. Nino Giuffré detto Manuzza, per esempio, stava parlando
troppo. Fortuna che sono passati quei 180 fatidici giorni, così adesso deve
starsene muto per sempre: qualunque cosa dica, non vale più. E poi basta con
questo rimestare nel nostro passato, basta con questo intristirci nel ricordo di
eventi luttuosi come le stragi del 1992-'93. Pensiamo al futuro, invece.
Purtroppo, prima della scadenza, Manuzza ha fatto in tempo ad accennare
qualcosina su Andreotti e Dell'Utri, ma niente paura: è allo studio una legge
che dichiara inutilizzabili le dichiarazioni rese con spiccato accento
siciliano, prestandosi a eventuali ambiguità interpretative. O questi pentiti
vanno a scuola di dizione, o non se ne parla. Il 2003, come ho già
preannunciato, sarà l´anno della Giustizia. Metteremo mano alla Grande Riforma,
come ci ha invitati a fare tutti insieme l´amico Fassino, un minuto dopo la
scandalosa condanna di Andreotti. D'altra parte, credo di essere l'uomo giusto
per riformare la Giustizia. Sono infatti stato riconosciuto colpevole di falsa
testimonianza dalla Corte d'appello di Venezia nel 1989 a proposito della mia
iscrizione alla P2 (poi l'ho fatta franca per amnistia). Sono stato giudicato
responsabile della più grossa tangente mai pagata a un singolo leader politico
(23 miliardi all'amico Craxi: stavolta l'ho scampata grazie alla prescrizione) e
di vari pasticci fiscali e contabili sui terreni di Macherio (mezza assoluzione
e mezza amnistia). Intanto la mia azienda veniva condannata per l'abitudine di
corrompere gli ufficiali della Guardia di finanza, almeno le rare volte in cui
non riuscivamo ad assumerli direttamente. Sempre a Milano, terra a me
notoriamente ostile, sono uscito per un'altra miracolosa prescrizione dal
processo che mi vedeva accusato di aver comprato alcuni giudici per sfilare la
Mondadori e i suoi giornali al mio nemico mortale, Carlo De Benedetti. Mi
restano, è vero, un processo per l'acquisto di altri giudici sull'altra
controversia che mi oppose all'Ingegnere, l'affare Sme, più un paio di
processetti per qualcosa come 1500 miliardi di fondi neri all'estero (i
magistrati usano un termine a me sconosciuto, mi pare che dicano "falso in
bilancio" o qualcosa del genere). Ma anche a queste storture , come spiegherò
fra un attimo, rimedieremo presto. Insomma, chi meglio di me potrebbe curare e
guarire la nostra Giustizia malata? Anche per il fronte mafia i giudici hanno
dovuto riconoscere - a parte i miei "rapporti d'affari con soggetti legati
all'organizzazione Cosa Nostra" e i miei "rapporti non meramente occasionali con
i soggetti criminali a cui è riferibile il progetto stragista" delle bombe del
'93 a Milano, Firenze e Roma - non ho fatto nulla di riprorevole. La prima piaga
da sanare rimane la durata intollerabile dei processi Alcuni, infatti, procedono
ancora con una speditezza assolutamente intollerabile. Prendete ad esempio
quello che vede imputato il sottoscritto insieme all'amico Cesare e ad alcuni
giudici e avvocati romani. è iniziato appena otto anni fa, e già vorrebbero
pronunciare la sentenza di primo grado. Quanta fretta, certo che poi ti viene il
legittimo sospetto. Abbiamo riunito gli amici geografi alla ricerca di una sede
idonea per trasferire il dibattimento, nel caso in cui l'amica Cassazione ci dia
ragione espropriando il tribunale di Milano. Prima avevamo individuato Brescia,
ma poi proprio di lì è arrivato un avviso di garanzia all'amico Pecorella.
Cesare aveva allora pensato a Perugia, ma anche lì è arrivata quel po' po' di
tranvata ad Andreotti per il delitto Pecorelli. Insomma, non è aria. Ora siamo
incerti fra la Costa Smeralda e le Bermuda, ma stiamo ancora studiando. Una
volta trasferiti, comunque, i processi dovranno essere celebrati da giudici
nominati dai due presidenti delle Camere, Casini e Pera, notoriamente super
partes; oppure scelti da una giuria di imputati e condannati mediante un
simpatico concorso a esclusioni e nominations, tipo "Il Grande Fratello". Si
chiamerà il "Il Grande Marcello", in onore di Dell'Utri che l'ha appena
brevettato. In ogni caso, la nostra linea, come dice sempre Marcello, è di fare
le cose con calma. Per i processi ci vuole il tempo che ci vuole. E poi - per
dirla ancora con Marcello - "col tempo può capitare che muore un giudice, un pm,
un testimone". Lui l'ha constatato di persona in Sicilia, dove i giudici, i pm e
i testimoni hanno la brutta abitudine di morire più frequentemente che altrove.
Lo ricorda sempre nei suoi discorsi pubblici. è il suo modo di commemorare
Falcone e Borsellino. è un sentimentale. Economia. Anche su questo fronte
avevamo preso un impegno preciso: meno tasse per tutti. La promessa però, come
la legge Cirami, era da intendersi retroattiva: cioè riferita alle imposte del
passato. Ragion per cui gli amici più furbi che non le avevano mai pagate o che
se le erano autoridotte spontaneamente sono stati giustamente premiati dai
nostri condoni. Per le tasse nuove, invece, nessun problema. Non le aumentiamo
noi. Lasciamo che le aumentino i comuni e le regioni, ai quali abbiamo tagliato
i viveri. è la devolution. I dodici condoni previsti dalla finanziaria sono,
naturalmente, il primo passo. Per il futuro abbiamo in serbo (e in croato) una
serie di analoghe misure per incentivare il mercato depresso dell'auto. Tremonti,
il nostro creativo, pensa a un condono per chi parcheggia l'auto in divieto di
sosta. Per chi guida l'auto senza patente. Per chi tampona l'auto del vicino
perché gli dà noia. E per chi l'auto del vicino la ruba perché gli piace tanto.
Televisione. Disinfestati i teleschemi da tutti gli altri che ne facevano un uso
criminoso, rimango io. Che, essendo il padrone, faccio quello che voglio. Vespa
ormai mi ha annoiato, e cogliendo il suggerimento di Giuliano Ferrara sul
"doppio conduttore" gli vorrei affiancare Monica Lewinsky. Il nuovo programma
potrebbe chiamarsi "Bocca a bocca" e, se dovesse andare bene, potrebbe passare
anche su Mediaset. In cambio alla Rai andrebbero Miguel Bosè e il professor
Trecca. Gli altri bidoni glieli abbiamo già rifilati tutti. Giornali. Non
contento di essere stato cacciato dalla Rai, per aver rifiutato la conduzione
della tv dei ragazzi si Rai 3, Enzo Biagi insiste pervicacemente nello scrivere
sul Corriere della Sera e sull'Espresso, facendo un uso criminoso della carta
stampata. Bisogna che mi comperi anche quei due giornali, per insegnargli un po'
di libertà di stampa. Nell'ambito del nostro programma di semplificazione della
vita pubblica, intendiamo istituzionalizzare la figura dell'editore unico (che
per comodità sarei io) anche per i giornali, onde evitare inutili disparità di
trattamento fra giornalisti televisivi e della carta stampata e per scongiurare
spiacevoli equivoci e disorientamenti fra i lettori dei giornali, ancora
pericolosamente disabituati al pensiero unico. Opposizione. Ora che passo a
sinistra, ho bisogno di una seria opposizione a destra. D'Alema potrebbe esserne
il leader ideale e Il Riformista l' organo ufficiale. Non dovranno nemmeno
cambiare musica: basterà che ripetano quello che dicono oggi. Purché la smettano
di darmi ragione. Lo so che siamo d'accordo su tutto, lo so che mi ammirano e
vorrebbero essere come me, ma almeno in pubblico sarebbe opportuno darsi del lei
e manifestare qualche dissenso, una volta ogni tanto. Per finta, s'intende.
Altrimenti la gente comincia a sospettare, come ai tempi della Bicamerale. E, se
dovrò andare a elezioni anticipate, non mi sarà facile convincere milioni di
italiani che l'opposizione mi rema contro e non mi lascia lavorare, come l'altra
volta. Oltretutto incontro sempre maggiori difficoltà a piazzare le mie bugie:
dopo la sfiducia espressa da Leoluca Bagarella, anche il presidente di
Confindustra ha smesso di credermi. E pare che anche Pezzotta e Angeletti siano
colti dai primi dubbi sul Patto per l'Italia. Se proprio non gli viene niente da
dire contro di me, D'Alema faccia un fischio: gli presto per qualche mese Lino
Jannuzzi o qualcun altro dei miei diffamatori professionisti, e qualcosa da dire
glielo trovano di sicuro. Fattore K. Nell'ambito dell'opera di revisione storica
avviata dai nostri esperti - il progetto Scuola delle libertà - abbiamo già
approvato la proposta che ci ha fatto pervenire dalla clinica don Gianni Baget
Bozzo per abrogare il 25 aprile. Basterà un piccolo ritocco al calendario, per
passare direttamente dal 24 al 26. Il 25 porta male, come il 13 negli alberghi a
ore. D'altra parte ci sono molte ricorrenze decisamente più attuali e gaie da
festeggiare: dalla morte in esilio di Bettino Craxi a quella del compianto
Vittorio Mangano (sul quale mi soffermerò fra un attimo). Senza dimenticare don
Vito Ciancimino, recentemente scomparso e subito dimenticato da questo Paese
ingrato. Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno. Infatti io sono ancora
qui. Molto resta da fare anche sul fronte della lotta al comunismo. Non appena
avrà finito con la Mitrokhin e la Telekom Serbia, il nostro infaticabile Paolo
Guzzanti varerà nuove commissione d'inchiesta alla scoperta di altri scottanti
crimini della sinistra ancora inesplorati: dal ruolo delle guardie rosse nella
prima guerra punica ai rubli sovietici che sovvenzionarono i moti del 1820-'21.
Chiameremo a testimoniare anche il padre dei fratelli Cervi, che presto avrò
occasione di incontrare, come mi ha promesso suo cugino Mario, colonna del
nostro Giornale. Fattore S. Un noto brigatista rosso, dalle colonne di Linus poi
ripreso da Claudio Rinaldi su Repubblica e da vari siti internet, ha osato
insinuare che io e il mio governo portiamo rogna. E ha citato alcune semplici
coincidenze: come l'attentato alle due torri, la recessione, l'inflazione, il
G8, la sciagura aerea di Linate, il tornado su Arcore, il velivolo sul Pirellone,
le migliaia di licenziamenti nel settore turistico e metalmeccanico, la crisi
idrica in Sicilia, il ritorno del terrorismo, la misera fine della Nazionale ai
mondiali di calcio e altre quisquilie. Ogni nesso causale fra il mio ritorno al
potere e siffatte coincidenze è destituito di ogni fondamento. E non credo
proprio che qualcuno vorrà strumentalizzare le spiacevoli combinazioni del tutto
fortuite seguite al criminoso articolo di Linus: il terremoto in Molise,
l'eruzione dell'Etna e il tracollo della Fiat. Sono cose che capitano anche
quelle. Fattore Mangano. Come forse saprete, recentemente mi sono avvalso della
facoltà di non rispondere davanti al tribunale di Palermo, a proposito della
provenienza dei miei capitali e delle ragioni che mi portarono nel lontano 1974
a perdere la testa per un boss mafioso, scambiandolo per uno stalliere, anzi per
un fattore, e a tenermelo in casa per un paio d'anni. Non è che non volessi
parlare, anzi, avrei avuto un sacco di cose divertenti da dire ai giudici. Ma
l'idea di farli venire fino a Roma, a Palazzo Chigi, dopo averli rimandati
indietro altre due volte con le scuse più esilaranti, e poi di rimandarli a casa
un´altra volta a mani vuote mi eccitava troppo. Anche Cesare e Marcello hanno
trovato la cosa molto divertente. I giudici un po' meno, ma tanto c'è la Cirami.
O trasferiamo i processi, o trasferiamo loro. Grande Riforma. Dicono che il
nostro progetto istituzionale è fascista e piduista. è un complimento che mi
lusinga e mi fa arrossire. Ma io ci andrei piano con gli accostamenti. Gelli e
gli eredi Mussolini potrebbero querelare. Perché Licio e Benito, con tutto il
rispetto, erano dei pericolosi minimalisti, al nostro confronto. Dove le trovate
le leggi sulle successioni esentasse, sulle rogatorie, sul falso in bilancio, la
Cirami e la Anedda-Pittelli nel Ventennio fascista? E nel Piano di rinascita
democratica della P2? Quella è tutta farina del nostro sacco. Licio Gelli ci ha
dato l'idea della separazione delle carriere e del rientro dei soldi sporchi
dall'estero, ma non di più. Gli piacerebbe prendersi il merito anche del resto,
a quel sedicente venerabile maestro che aveva osato mandarmi la tessera con i
gradi di "apprendista muratore". A me! Apprendista sarà lui, venerabile bidello
che non è altro. Per il resto, l'ho detto e lo ripeto: io sono per il
parlamentarismo perfetto (con un bonus d'ingresso gratuito in Parlamento per
almeno cinque anni a chiunque abbia riportato almeno una condanna passata in
giudicato, e severe penalità per gli incensurati). E per il presidenzialismo
corretto. Ma non è detto che il presidente debba farlo per forza io. Dipende da
come si comporta quello attuale. L'amico Carlo Azeglio, per ora, sta facendo
benissimo. Tutto quello che gli portiamo, lui lo firma alla velocità della luce.
L'altro giorno ho dimenticato sulla sua scrivania il biglietto della spesa, e
lui me l'ha restituito firmato e promulgato di tutto punto nel giro di tre
minuti. Se va avanti così, finisce che lo lascio lì altri dieci anni. Nemmeno
io, con tutti gli sforzi possibili, saprei fare meglio. In fondo, io preferisco
dedicarmi ancora per qualche anno a cambiare l'Italia. Vi avevo promesso, che
entro cinque anni, vi avrei restituito un Paese irriconoscibile. Dovete
ammettere che, in soli due anni, sono stato di parola. Modestamente.