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La traviata

Margherita non ha mai avuto un primo amore. Le prime passeggiate, i primi baci appassionati, la piccola quotidianeità che rende speciale la vita insieme. Margherita ha sempre fatto tutto per soldi, l'amore non era altro che una transazione, uno sporco affare.
Ma questa volta no. Questa volta, per Alfredo, è diverso. Potrebbe morire per lui. E, in effetti, sarà quello il suo destino. Perchè Alfredo ha affrontato la socieetà, per stare con lei. Non ha ascoltato il padre, gentiluomo di altri tempi, che lo ammoniva di lasciarla. Perchè certe donne vanno PAGATE, non amate. Ma loro, ora, dell'Universo Immemore vivono quasi nel ciel...


Comprano una casa in campagna, lasciano la vecchia vita. Soprattutto Margherita, che vende tutto, pur di non pesare economicamente al suo uomo.
E la vita è stupenda... Finchè Lui, Il Signor Padre, non si rivela.
Ed obbliga, con parole stupide e irrispettose, a far lasciare il proprio figlio. In nome di un onore che non esiste.
Alfredo imprecherà, non comprenderà, la umilierà.
... Alfredo... Amami... Amami quanto io t'amo... Addio...
E Margherita soffrirà, piangerà, morirà.
Bella Traviata, sorridi al Desio...
Questo è il mio primo incontro con il capolavoro di Verdi. Incontro avvenuto grazie a Lella Costa, con il suo spettacolo "L'intelligenza del Cuore".
Lella Costa ripercorre l'Opera, cantando, citando, sospirando. Soffrendo.
Molte risate, una sensibilità fuori dal comune. Parole tanto dolci da non poter evitare la commozione, alla fine. Un sorriso alle donne. A tutte le donne. Perchè essere Traviate non è difficile, a questo mondo. Perchè Margherita rappresenta solo una di noi. E' il simbolo della sofferenza, dell'amore perduto. Viviamo in un luogo di uomini, in cui la Donna è il fiore più fragile e forte insieme. Donne come bambine, con il sorriso sincero offuscato dalla sofferenza. E spesso dimentichiamo, e dimenticate, che ognuna di noi è stata, anche magari solo per un attimo, una splendida bambina.

Vergogna

Morire perchè dei deficienti hanno deciso così. Perchè è divertente, fare rissa. Allo Stadio, poi, bisogna mostrare la propria bullaggine. Non sia mai che li considerino dei fifoni, dei codardi.
Quella non è una partita di calcio. Quella è una guerra. E non solo metaforicamente. Filippo Raciti, poliziotto, è stato ucciso da una bomba carta, scoppiata in faccia.
Certo, non tutti i tifosi sono violenti e stupidi. Attimo, per fare un esempio, è il contrario di ogni stereotipo che una persona a digiuno del calcio (come me) ha costruito minuziosamente. Il tifoso di calcio, nella mente dello snob intellettuale, non sa parlare l'italiano, si trucca la faccia di colori improbabili e piange e impreca per quattro strapagati che corrono dietro a un pallone. Non è così. Certo che no. Ci sono decine di  migliaia di tifosi intelligenti e interessanti. Però...
Non ho mai sentito di tifosi della pallavolo uccidere una guardia. O di bombe lanciate da "ultra" del Tennis.
Il Calcio è fermo, fino a nuovo ordine. Che, sospetto, sarà pronunciato a breve (troppi soldi circolano in quel mercato, per sopprimerlo). Ma c'è da vergognarsi.
Molti sinistrosi senza cervello lanciano slogan del tipo "L'unico poliziotto buono è il poliziotto morto". Non fosse esagerato, non fosse qualunquista, non fosse altrettanto idiota, potrei dire lo stesso. Sostituendo "poliziotto" con "Ultrà".
Se non fosse, naturalmente.
Poi mi chiedono perchè non sopporto il calcio. Vergogna.

Inquino con un messaggio personale

Ho bisogno di aiuto! Sto partecipando ad un reality assolutamente trash, dove bisogna scrivere dei racconti a tema, toccando il trucidume più completo... essendo un minimo simpatici e leggibili. Ma ho bisogno di voti!!

Il posto dove votare è questo e il racconto si trova qui!! Aiutatemi!!

Alice

Discorsi da bar

Questo vuole essere uno sfogo da "bar". Senza argomentazioni, senza approfondimento.
Solo con il senso di disgusto che sale, con la consapevolezza che tutto è sempre stato così e difficilmente cambierà.
Ieri degli esponenti della Chiesa hanno affermato che "una legge per le coppie di fatto non è affatto fondamentale".
Punto primo: sono stanca di vedere che la Chiesa può aprire bocca sulla politica. Anche Jesus disse che ciò che era di Cesare sarebbe stato di Cesare e viceversa.
Punto secondo: sono soprattutto stanca che i politici ascoltino quello che la Chiesa ha da dire, per paura di perdere elettori e soprattutto per chissà quali inciuci di danaro.
Punto terzo: non è vero che la Chiesa è potente e non si può andare contro di essa. Basterebbe, semplicemente, cominciare a far pagare l'Ici alla SuperPotenza. Scommetto che il suo predominio calerebbe. E di molto.
Punto quarto: un vescovo, un prete, il Papa stesso, non hanno le carte per poter parlare di Famiglia, di Matrimonio o di Unione di fatto. Se il Matrimonio per loro è un sacramento, nella società laica è solo un modo per tutelare i propri diritti.
Nessuna delle figure sopra elencate dovrà mai affrontare i problemi che un contratto come il matrimonio può portare. Non dovrà mai accoppiarsi, trovare una compagna, progettare una vita insieme.
E' un paradosso. Come un macellaio vegetariano.

Ora torno al mio Lambrusco, alla mia scalaquaranta e alla musica da osteria.

Cannibal Holocaust

Probabilmente tutti ricorderanno quella grande trovata economicamente redditizia (anche se un po’ di paura incuteva) di “The Blair Witch Projet”… I tre ragazzi che andavano in un bosco a cercare la verità su una piccola leggenda locale e si perdevano, lasciando ai posteri l’ardua sentenza di accettare l’atroce realtà scovata. Infatti quelli che abbiamo visto sono, in teoria, i filmati girati con la loro telecamera e misteriosamente ritrovati. Beh, filmettino di serie B. Perché ne parlo? Semplicemente perché attinge a piene mani da un altro film horror serie Z, “Cannibal Holocaust”, di Ruggero Deodato. Dubito che siate in molti ad essere a conoscenza della sua esistenza, dato che è stato stroncato, censurato e soprattutto fuori catalogo per diverso tempo.

 La storia è scarna e forse anche un po’ debole: quattro ragazzi , reporter shock affermati, si recano nella foresta amazzonica per girare un reportage sulle tribù indigene che ci vivono. Ma non ritornano più indietro, così un gruppo di salvataggio viene inviato per riportarli a casa. Si ritrovano magicamente a compiere lo stesso tragitto dei ragazzi, arrivando a fare amicizia con le popolazioni locali e scoprendo che i quattro sono stati da questi uccisi. Perche? Mistero che trova soluzione nei filmati ritrovati tra le spoglia dei quattro malcapitati. Tornati alla “civiltà” scoprono l’arcano. I ragazzi non si limitavano a osservare, erano in realtà i fautori del male che filmavano. Erano loro la causa di uccisioni, stermini, pene capitali etc. Giocavano con la vita e il mondo, per poi andare in sala montaggio e costruire storie sensazionali. Che Fruttavano soldoni
Apparentemente sembra un film da nulla, privo di attrattiva. Anche Morandini lo giudica male, assegnandogli appena un punto e mezzo. E lo lapida con il commento: “ L’espediente del documentario serve a R. Deodato per un inutile e cinico sensazionalismo”.  Sarà. Fatto sta che alla mia prima visione sono rimasta letteralmente folgorata, per non dire scioccata e anche alla mia seconda, alla mia terza… E alla mia ultima, avvenuta pochissimi giorni fa. Innanzitutto il film è diviso in due parti. La prima, quella meno interessante e che potrebbe far demordere e portare a spegnere il televisore, funge solamente da introduzione. La squadra di salvataggio mostra l’ambiente selvaggio, mostra i suoi abitanti, a come sanno essere malvagi e ingenui nello stesso tempo. Pessimo cinema, ne convengo anche io. Passiamo davanti a un guscio di tartaruga, a un palo fissato nel terreno, raccogliamo le spoglie della guida dei giovani reporter. Poi il villaggio, con le strane abitudini e i riti per l’accettazione. Infine il ritrovamento degli scheletri e dei nastri.
Ma è al ritorno a casa, quando il protagonista del film si ritrova in sala montaggio a spulciare e a spiare la vita segreta dei quattro ragazzi che la cosa si fa interessante. Tutta girata con una telecamera a mano (come The Blair Witch Projet), mostra senza veli le Reale personalità dei malcapitati. La musica, dolcissima , soave, sognante… accompagna scene di sangue e di terrore inimmaginabili. I ragazzi infatti cominciano con l’uccisione e lo smembramento di una tartaruga, per poi passare alla cattura di un’indigena, con correlata violenza sessuale e “impalamento”. Proprio così. I tre maschi la violentano, a turno, in mezzo al fango, incuranti delle urla e dei pianti della donna, filmando tutto… e gridando, di tanto in tanto “questo filmato lo teniamo per l’album di famiglia, da rivedere tutti insieme a Natale, vicino al camino acceso”… Poi la telecamera si spegne e si riaccende pochi secondi dopo. I quattro fanno finta di avvicinarsi per la prima volta al palo dove hanno appeso (anche se non è certo il termine esatto) la vittima e fingono disgusto, ribrezzo (accennando però distrattamente un sorriso di compiacimento per le loro malefatte). Parole di cordoglio anche: “sembra un rito magico, una punizione per un’adultera. Ma noi non possiamo capire e concepire un simile orrore, appartenente a queste culture sottosviluppate”..  Questa credo sia la scena più terribile del film, quasi inguardabile, tanta è la violenza. Non sono una mente impressionabile e le pellicole cruente sono tante e varie. Forse quella più cruenta in assoluto nel cinema d’autore è “Salò e le 120 giornate di Sodomia”, di Pierpaolo Pisolini. Ma in quel caso c’era una sorta di psicologia dietro, una serie di spiegazioni. Non era violenza pura e priva di significato. Ma Deodato ha mostrato il degrado più assoluto dell’uomo, quello che non potremmo nemmeno lontanamente progettare. La noia e il senso di onnipotenza che trasformano gli uomini in Assassini.
Un’ altra scena abbastanza segnante è quella del fuoco appiccato al villaggio. Uomini, donne e bambini che vedono distrutto il loro abitat, che vengono picchiati e maltrattati.. Il tutto sempre accompagnato dalla musica di Riz Ortolani. Devastazione e dolcezza. Forse è proprio per questi suoni che non riusciamo a credere ai nostri occhi. Musica dissacratoria, quasi derisoria se vogliamo. Poco rispettosa. O forse musica che ci sussurra che tutto va avanti, che noi siamo anche questo, uomini e donne crudeli e gioiosamente cattivi. Musica che si prende gioco del nostro orrore, sorridendo alla nostra ingenuità. Anche tu sei così, sembra svelarci qualcosa più in alto di noi. 
Una cosa forse esecrabile del cinema di Deodato è stato l’utilizzo di animali veri per le scene. Tartaruga, ragni, serpenti, scimmie… Tutti gli animali uccisi nella pellicola non sono stati ammazzati per finta. E’ tutto vero. Naturalmente proprio per questo Deodato ha avuto parecchie ripercussioni da parte degli animalisti (e come dargli torto), ma anche per questo le immagini hanno più impatto. Non riusciamo a distogliere lo sguardo da tanta inutile imbecillità. Soprattutto quando la Tartaruga viene sventrata.. Ho sentito male fisico. Voglia di vomitare. Mai un film mi aveva provocato simile reazione. Forse sarò ingenua, ma questo è stato uno dei motivi per cui ho amato e amo quest’opera. La capacità di coinvolgere è sorprendente.
Nel film sono presenti anche gli ultimi attimi di vita dei ragazzi. Dopo tanto dolore afflitto a una tribù di Cannibali innocua, è venuto il loro turno di sofferenza. Infatti vengono uccisi, lentamente e dolorosamente, infliggendo le stesse pene che han dovuto subire le loro vittime. L’ansia di diventare ancora più potenti e famosi ha portato i quattro a filmare anche la loro dipartita. Incuranti della loro morte, assistiamo alla caduta di tutti e quattro. La telecamera cade a terra e la testa dell’ultimo sopravvissuto, con gli occhi sgranati, le cade vicino, fissandola vuotamente…
Il filmato finisce. Ogni commento è superfluo. ..”mi chiedo chi siano, i veri cannibali”… Così riflette tra se e se il protagonista del film, uscendo dalla stanza del montaggio.
 La musica riprende, portando via anche i titoli di coda…. E i nostri pensieri viaggiano, verso un’altra amazzonia, riflettendo sulla follia…. La Follia che porta a una tartaruga sventrata, a una donna massacrata… al sorriso beffardo di un ragazzo che gioca a essere Dio….

 

Pulp

Nick Belane è un investigatore privato della Vecchia Hollywood.
Anzi, lui E' la vecchia Hollywood, a ben vedere. Nonostante sia grasso, alcolizzato e depresso.
Anzi, probabilmente proprio perchè è grasso, alcolizzato e depresso. Oltre che manesco.
Un uomo duro, di quelli che non ne esistono più. Ma la Fortuna non è sua amica.

Piuttosto, intraprende una simpatica conoscenza con Signora Morte. Una donna stupenda che lo contatta per lavoro: trovami Cèline. Uno scrittore che, secondo i calcoli, dovrebbe essere morto da tempo.
Non è il solo caso folle che gli capita per le mani. Inchiodare una donna che tradisce il marito. Sbattere via gli alieni dalla terra.
E, soprattutto, trovare il Passero Rosso. Se esiste.
Tra risse nei bar, incontri improbabili, dialoghi quasi surreali, riuscirà a venire a capo di molti misteri.
Solo il Passero Rosso sembra un'llusione.  

Volete sapere che cos'è il Passero Rosso? Chi è?
No, dai... sarebbe troppo crudele. Leggetelo! Non ve ne pentirete.

Come ho fatto?

Oggi mi sono guardata allo specchio.

Molte occhiaie, capelli così lunghi. "Chi è quella cosa, lì, davanti?".
Se avessi visto questa scena in un film, probabilmente lo avrei liquidato giudicandolo retorico, noioso, poco originale.
Ma se succede nella realtà... Beh, cari lettori (se mai ce ne saranno), è abbastanza sconvolgente.
Non è questione di essere più brutti o più carini di come ci si ricordava.

Ma è solo il continuare a domandarsi: ma come ho a diventare così?

Negare la Shoa

Negare la Shoa sarà Reato. Questa è la proposta di Mastella, deciso a portare avanti la questione il 27 gennaio, nel giorno del Ricordo.

Tempo fa si era tanto parlato dell'argomento e di David Irving, condannato a tre anni per i suoi studi negazionisti sulla questione.

E' una legge giusta? Naturalmente sì, visto che è legata indissolubilmente alla dignità e alla vita di milioni di uomini. D'altra parte, si cancella una parte di diritto d'opinione, a parer mio.

In Italia, tra l'altro, risulterebbe una legge d'Arlecchino. Nemmeno il fascismo, complice e colpevole di molte azioni legate all'olocausto, risulta effettivamente vietato. La legge Scelba, per quanto esista, viene scavalcata da piccoli cambiamenti di forma. E il risultato non è cambiato: persone possono manifestare, salutando con braccio teso e portando la parola del Duce. Nel 2006.

Quindi, mi chiedo, cosa potrebbe portare - almeno da noi - una legge del genere.

Da una parte, fiera della decisione. Ma dall'altra, non ne riesco a trovare l'utilità.

Ma non è solo questo. L'Olocausto sta tornando. Sotto altre forme, verso altre "razze". Con altri Lager (I Cpt non vi dicono nulla?).
Mi chiedo se sia solo un modo ipocrita per tappare la voce alla nostra coscienza.

I predatori del libro perduto

Con l’avanzare degli anni, l’aumento della tecnologia, la diffusione di immagini televisive a livelli ridondanti, l’antico e sano piacere per la lettura diventa sempre più una tendenza “alternativa”. Colui che ama e corteggia il libro, viene spesso visto come un alieno o un intellettuale (foss’anche estimatore di Kinsella, la pseudo-scrittrice autrice della serie “I Love Shopping”).
Eppure, senza la scrittura la nostra società sarebbe radicalmente diversa. E’ stata uno dei primi tentativi di comunicazione, dopo la parola, ovviamente, e qualcosa dovrebbe pur dire.
Invece, oggi, aumentano i venditori di nulla, soprattutto mediatici, e diminuiscono coloro che si lasciano trasportare dalla propria immaginazione e dalle parole di qualcuno che avrebbe tanto desiderato lasciare qualcosa.
 

Se a guardarlo, un libro, sembra noioso e sterile, quanto divertimento potrebbe scaturire da n buon romanzo di avventura, o d’amore, o. Ce n’è per tutti i gusti: abbiamo Hornby per il ragazzo che ama la musica e legge per rilassarsi, Eco per chi vuole mescolare avventura e Storia, Bukowski per chi vorrebbe ottenere qualcosa di più di una semplice storia con capo e coda.
Insomma, se abituassimo i più alla lettura, le sorprese sarebbero molte.
Non per niente, sono proprio i libri la maggiore fonte d’ispirazione di un’altra arte, il Cinema.
 
Se ci pensiamo bene, il Cinema potrebbe risultare la massima via d’espressione. In esso sono contenute la fotografia, la dialettica, l’arte visiva (soprattutto), l’espressione corporea, la musica. Un Connubio di tutto ciò che l’uomo ha creato in secoli e secoli di ispirazione artistica.
Eppure ha una strana limitazione: non è in grado di trasformare le parole in immagini.
Mi spiego meglio. Anzi, pongo la domanda essenziale: quanti di noi si sono ritrovati ad assistere al saccheggio selvaggio del proprio libro preferito? Quante volte ci siamo detti “Ma questo non era così!” oppure “io me l’ero immaginato differente”… e, per quanto ci potesse anche piacere quel film, alla fine ne usciamo stravolti, quasi violentati, perché i nostri amici (quelli della storia, che abbiamo sempre custodito con una certa gelosia… Abbiamo sempre consigliato , certo, il romanzo, ma con riserbo. In fondo sapevamo benissimo che, oltre noi, nessuno avrebbe colto certe profondità racchiuse nell’opera in questione… perché sembrava proprio scritto da noi o da qualcuno molto affine) sono stati uccisi dalla pseudo-creatività del regista (o dello sceneggiatore, spesso).
Insomma, per essere laconici: i film tratti dai libri fanno schifo.
Salvo poche e misere eccezioni. Misere per la quantità, non per la qualità. Stanley Kubrick ha basato quasi l’intera sua opera sulla trasposizione di libri. Lolita, per esempio. E che dire de “”2001, Odissea nello Spazio”, tratto da un libro noioso, che cade facilmente nel dimenticatoio? Tuttavia, traendo concetti basilari del romanzo e aggiungendo simbolismi e soprattutto il genio di cui era capace, risulta assolutamente un Capolavoro del cinema mondiale.
Kubrick è riuscito pure nell’impossibile: ha trasportato nel mondo del cinemascope anche un libro di Stephen King, da sempre l’autore più cercato e filmato. Shining supera di molte spanne l’idea dell’orrore del Re, mantenendo dei ritmi lenti, quasi realistici, di quanto nell’Hoverlook Hotel stava accadendo.
Anche qui, si può parlare di capolavoro assoluto.
E, naturalmente, Kubrick non è l’unico. Altri film degni di nota sono “Il pianeta delle scimmie” (quello degli anni ’70, naturalmente) il cui libro è semplicemente un romanzetto di fantascienza di serie B. Dracula di Coppola. E, sempre di Coppola, troviamo la Trilogia del Padrino, che tocca quasi l’apice della bellezza cinematografica.
Ma, come dicevo poche righe fa, si tratta di casi sparuti, che si possono contare sulle dita delle mani. Per il resto, pattume e PIattume.
Cito dei film a caso, senza alcun ordine, se non mentale (soprattutto è l’ordine delle mie sofferenze letterarie)… “The Hours” di Cunningham, “La colazione dei campioni” di Kurt Vonnegut… “La storia infinita” di Michael Ende… e, naturalmente, “Il nome della Rosa”, di Umberto Eco, ridotto ad un’accozzaglia di frati freak pazzi ed omicidi, con Guglielmo reso a vate scemotto con sorriso sornione.
Per non parlare del flop più terribile che mai uomo abbia potuto concepire: “It”, tratto dal capolavoro di Stephen King.
 
Viene da chiedersi: cosa non funziona? Passi quando si tratta di romanzi con una certa qualità stilistica (“The Hours”, per tornare agli esempi sopraccitati, è un romanzo con molta introspezione, difficile da riportare sullo schermo… come trasmettere la gioia o la morte, se non con delle musiche che, spesso, ci lasciano solo intravedere la superficialità della profondità dell’uomo?), ma quando si tratta di fantasy, romanzi d’avventura o piccole commedie agro-dolci? Dove si trova la difficoltà, per lo sceneggiatore e per il regista?
E’ da non credersi: It è tutto lì. Ogni dettaglio viene minuziosamente raccontato,ogni luogo descritto senza tralasciare angolo buio. Gli odori fuoriescono dalle righe, senza che possiamo astenerci dal sentirli. Una volta, e sembra incredibile, leggendo un racconto di King (“I Langolieri”, contenuto ne “Quattro dopo mezzanotte) ho addirittura sentito, con le mie orecchie, il rumore assordante dei mostri che si avvicinavano.
Non ho dormito, per certi libri. Ed ho pianto tanto, per altri.
Difficile che un film possa coinvolgere talmente. Innanzitutto per il livello intimistico del romanzo.
Se, infatti, un’opera di scrittura è qualcosa di oltremodo personale, l’operazione di lettura supera il lavoro dello scrittore.
Lo scrittore, in fondo, si limita a mettere per iscritto il proprio intimo. Il lettore, invece, carica di significato ogni parola, ogni frase, mescolando il proprio con il mondo, con lo scrittore, con le sue passioni. Ogni uomo, affrontando un libro, troverà diverse sfaccettature. Difficile parlare di un libro che si è amato molto: ci si limita a sorridere, sentendo un titolo a noi caro. Cosa poter dire senza svuotare il nostro Io?
Il film, invece, è rivolto al grande pubblico. E, proprio per questo, si ritrova a dover sottostare a certe “leggi di mercato”. Soprattutto con l’avvento di nuovi standard modaioli e visivi.
Detta brutalmente, un film non “tira” senza la donna avvenente e scosciata, senza la storia d’amore, senza il figo di turno. E, soprattutto, senza i ritmi sfrenati da videogiochi.
Oggi mai si potrebbe pensare ad un film dell’orrore senza corse ed urla. La salita delle scale di Jack Torrance, fatta da Kubrick, per togliere la mazza alla moglie, oggi sarebbe assolutamente impensabile.
Shining, oggi, diventerebbe un’accozzaglia di sangue, di scene splatter, di musica brusca che non lascia intendere nulla. Non c’è spazio, insomma, per il terrore profondo, quello che cresce a dismisura, però parola dopo parola, lentamente. I tempi sono diversi.
E per il libro, sono guai.
Prendiamo “La macchina del Tempo” di Wells. Ottimo romanzo, visionario come non mai. Il cinema avrebbe potuto creare un vero capolavoro. Invece, ecco la donnicciola, le situazioni bizzarre, la mancanza di profondità e l’annullamento della denuncia sociale.
Divertimento, non riflessione.
 
Ci sono anche problemi logistici. La durata, per esempio. Persino Jackson, che a mio parere ha fatto un ottimo lavoro con “Il signore degli Anelli”, ha dovuto uccidere moltissime parti del romanzo. D’altra parte, ricordo, a pagina cento gli Hobbit sono ancora nella Contea. Avrebbe dovuto compiere un lavoro disumano, per girare proprio tutto.
E poi ci sono scelte incomprensibili. Perché “la storia infinita”, che è riuscita a ricreare i personaggi quasi come me li sono immaginati, ha tagliato miseramente delle parti importantissime del libro? Perché l’incontro con l’Oracolo è così frettoloso, mancando così il primo vero faccia a faccia tra Bastian e il Regno di Fantasia? Perché Gmork viene mostrato come un lupo mannaro cattivo e niente di più? E dove è finito il dialogo che rivela il perché del Nulla, il perché del figlio dell’uomo, insomma, il perché della distruzione?
Chi di voi è a conoscenza del perché il film si chiami proprio “la storia infinita”? Nessuno.
E per ovvie ragioni: il motivo, importantissimo e trainante, è stato eliminato. E senza apparente logica, a mio parere.
 
Insomma, cari mangiatori di cinema (tutti, anche quelli con maggiore gusto e obiettività critica, nessuno si può salvare), sappiate che state assistendo ad un surrogato di fantasia.
Sappiate che la vera avventura si nasconde dentro ad un volume impolverato. Magari di quelli senza nemmeno la copertina. Quelli con l’odore di vecchio.
Sappiate che, quando vedete qualcuno annusare quelle pagine, non è un pazzo. Anzi, a ben vedere si tratta di un saggio!
 
I piccoli Hobbit, l’infermiera che non vuole vedere Misery morta, Harry Potter (che vi piace tanto) altro non sono che dei personaggi creati da qualcosa che oggi definireste “fuori tendenza”: uno scrittore.
Forse, chissà, basterebbe rendere nota questa oscena ovvietà per riportare il libro al suo posto: da semplice sostituto della gamba del tavolino dove troneggia il televisore, a ultimo amico ascoltato la sera, prima di addormentarsi.

Un film parlato

Marsiglia, Napoli, Atene. Una madre, con una piccola per mano. E una nave da crociera.
Una nave che si rispetti, naturalmente, possiede un capitano. Un gentiluomo, con lo sguardo malinconico, fedele solo al suo mare. Sue ospiti, tre donne molto belle. Una italiana, una francese e una greca.
La bambina accompagna la madre nel lungo viaggio fino a Bombay, dove vive e lavora il padre. Quale occasione migliore per poter visitare quei luoghi leggendari, studiati nei libri di scuola, immaginati con la fantasia?

Così, ad ogni inquadratura di mare, i posti si succedono, uno dopo l’altro. Piramidi, Sfingi, i resti di Pompei. E tanti perché non dimenticati, perché che la mamma tenta di soddisfare con nozioni aiutate dalla vista, dall’esperienza. E la bambina beve ogni cosa, ansiosa di sapere.
Ma questo, come ci suggerisce il titolo, è un “Film Parlato”. E non resta che farci cullare dai suoni. Sembra di assistere a un documentario storico, ascoltando però tanti linguaggi differenti… Il portoghese, l’americano, il francese, il greco e l’italiano.
E, per una magia quasi impossibile nella realtà di ogni giorno, pasteggiano a vino e cultura. Allo stesso tavolo, il capitano invita le tre donne e la madre con la bimba. Non si può parlare di amore a prima vista, ma sicuramente di vivo interesse. Non si sa da cosa sia scaturito. In quella nave i via vai di personaggi più o meno stravaganti sono cosa di tutti i giorni. Forse è stato un sorriso. O forse riascoltare, dopo tanto tempo, il portoghese…
Vino e cultura. Ma anche dolori e malinconie. Cinque personaggi che hanno tanto vissuto e tanto perso. Chi un matrimonio, chi sogna un figlio. Chi invece non fa che lasciarsi cullare dal mare, senza una meta. Lo scopo sì, eccome. Lo scopo rimane sempre il mare.
Una canzone greca riecheggia nella sala da pranzo della nave. Una gentile concessione di una delle signore, che riporta alla luce la sua lingua, purtroppo quasi dimenticata. Si parla inglese, è vero, ma è dal greco che provengono le basi dei nostri linguaggi. Eppure, per qualche misteriosa ragione, la grecia viene sepolta nel dimenticatoio.
Solo una canzone, passeggiando tra i tavoli della gente che, stupita, ascolta, smettendo di mangiare, riporta l’antico splendore della civiltà tra noi….
Un’ombra scura sembra però coprire la giocosità dei passeggeri. Qualcuno ha messo una bomba ad orologeria.
Bastano pochi minuti e la nave è evacuata. Il capitano guarda, sommessamente, la propria casa dalla scialuppa di salvataggio. Quando due figure compaiono sul ponte.
Sono loro: la bimba, con la mamma. Rimaste indietro per uno sciagurato incidente.
La nave esploderà. Portando via la gioia, le speranze, due vite e il nostro incanto.
Un’altra torre di Babele è crollata.

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(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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