Author Archive for Accento Svedese

Everybody Wants To Be Somebody

L'edizione estiva di Trl condotta dall'immenso Carlo Pastore rimane un traguardo francamente irraggiungibile, ma Ferrara Sotto Le Stelle è sicuramente l'evento clou dell'estate 2008 (assieme al Festivalbar, ovviamente – anche se per il Festivalbar i tempi d'oro in cui trionfava Corona purtroppo sono ormai andati e non torneranno più).
Ferrara è una bella città ed un gran posto per viverci. C'è il sole, c'è il mare, c'è la nebbia anche d'estate, ci sono ben due gigantesche scritte Coop e soprattutto c'è una mentalità aperta e non provinciale, che porta la gente ad accostarsi alle cose nuove e diverse con curiosità mista a voglia di scoprire. Praticamente, la maggior parte dei gggiovani ferraresi se starà in spiaggia a sorseggiare comodamente un aperitivo (o più aperitivi, a seconda dei casi) nei bagni più in dei Lidi Ferraresi e quindi snobberà Ferrara Sotto Le Stelle. Peccato per loro.
Ma in fondo poi chi se ne frega della provenienza. L'importante è che ci sia la gente giusta e ci si diverta, del ferrarese medio non me ne importa nulla. Anzi, mi fotte sega (come diceva il compianto Joe Cassano). Io ci sarò, perché mi interessa la musica e mi interessa ascoltarmela in santa pace senza gente che innalzi stendardi e striscioni vari come fossimo ad una puntata di Trl (e si torna sempre a Carlo Pastore, forse perché sono un Carlo Pastore wannabe – ma in fondo chiunque desidera essere qualcun'altro, e quindi non devo preoccuparmi troppo), o senza gente che critichi a prescindere come faccio io. Poi il resto non conta.
Tutto il resto è game over, come disse qualche anno il sempre giovane conservative punk Ringo. Conta solo il fatto che io mi possa vedere seduto in giardino cose molto interessanti come Franz Ferdinand, Interpol, dEUS, Raconteurs, Hercules and Love Affair, Notwist, Le Luci della Centrale Elettrica, Cat Power, Toumani Diabatè, i Distretto 51 feat. Bobo Maroni (che da buon fautore del gioco di squadra viene solamente per cacciare dall'Italia Toumani Diabatè, ma io glielo impedirò con tutte le mie forze), Davide Van De Sfroos (suo malgrado eletto cantore della nuova classe operaia padana pur essendo di sinistra), La banda del trucido, Giuliano Ferrara (il cantore della vecchia classe dirigente italiana ed americana, uomo dalle mille bandiere e soltanto per caso omonimo della città sede del festival), Vittorio Sgarbi (che invece gioca in casa), Caetano Veloso, il mio avvocato Gaetano Pecorella, Giucas Casella, Daniele Capezzone (a cui rivolgo un sincero in bocca al lupo per la sua futura carriera politica) e Giorgione Zamuner.

 

 
Sabato 21 giugno, ore 21.00: CRISTINA DONA' + LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA con GIORGIO CANALI

 
Martedì 1 luglio, ore 21.30: CAT POWER and the DIRTY DELTA BLUES

 
Giovedi 3 luglio, ore 21.30: GIOVANNI ALLEVI con orchestra sinfonica I VIRTUOSI ITALIANI

 
Lunedì 7 luglio, ore 21.30: CAETANO VELOSO

 
Mercoledì 9 luglio, ore 21.00: THE RACONTEURS + guest

 
Sabato 12 luglio:Bands Apart Festival: FRANZ FERDINAND + THE CRIBS

 
Domenica 13 luglio, ore 21.00: HERCULES AND LOVE AFFAIR + guest

 
Martedì 15 luglio:Bands Apart Festival: INTERPOL + DEUS

 
Martedì 22 luglio, ore 21.00: THE NOTWIST + YUPPIE FLU

 
Giovedì 24 luglio, ore 21.30: TOUMANI DIABATÈ

 
Il programma è molto allettante, e dunque se a questo giro Fusi di Testa non viene mi incazzo parecchio. Lo cerco ormai ad ogni concerto, ma purtoppo non lo trovo più, ed un po' mi dispiace vedere più in giro un personaggio così pittoresco. Ha forse abbandonato la lotta passando sul fronte ancor più biecamente commerciale? Sono io che non sto abbastanza attento a chi mi circonda? O forse è solo perché non vado più concerti trendy come quelli a cui è solito essere presente lui? Staremo a vedere che succederà. Io continuo a crederci.

 
(fotogag via Sceneboot/Er P)

Dancing With The Pogo Kids

La chiave di volta per comprendere un'opera come Deejay Parade vol. 4 sta tutta nei quindici secondi iniziali del disco. Parte il jingle del Deejay Time e quasi immediatamente la voce fuori campo, con una solennità che ha dell'inverosimile, pronuncia la fatidica frase “Configurazione Albertino attivata”. Parole in libertà che messe insieme non significano nulla di compiuto eppure nello stesso tempo vogliono dire tantissimo, parole che sono diretta espressione di un'epoca in cui non si aveva ancora ben chiaro che cosa sarebbe arrivata a fare la tecnologia perché i computer erano visti ancora come entità saldamente controllate dagli uomini e non il contrario. Ascoltandola ora si prova tenerezza, eppure allora una frase del genere faceva sempre un certo effetto. Beata ingenuità.
Ed è proprio questa ingenuità di fondo che rende Deejay Parade vol. 4 un capolavoro immortale. Una compilation a cura di Albertino e mixata da Fargetta uscita nell'anno di grazia 1994, diciotto brani, diciotto inni. Nulla da dire. Ci si trova di tutto: da megahit entrate nell'immaginario collettivo (Change di Molella, Think About The Way di Ice Mc, la fantasmagorica The 7th Allucination dei Datura) a perle nascoste troppo presto dimenticate (All Around the World di Silvia Coleman, Call My Name di Aladino, addirittura Sex Drive di Glam feat. Pete Burns – ripeto Sex Drive di Glam feat. Pete Burns), da tamarrate quasi eccessive (Pupunanny di Afrika Bambaataa) ad improbabili odi alla rivoluzione (W la Revolution di Z100). Da lacrime agli occhi.
Non ci sono cazzi, Deejay Parade vol. 4 è assolutamente imprescindibile. Da avere a tutti i costi, anche solo per farsi un'idea di come una volta funzionavano le cose. Per rivivere i bei tempi che furono se uno li ha già vissuti, ma per farlo anche se uno non li ha mai vissuti - basta solo pensare di averli vissuti e lavorare spudoratamente di fantasia. La finzione che diventà realtà, la realtà che supera l'apparenza, l'apparenza che non inganna, il grande inganno dell'uomo che è controllato dalla tecnologia e non (più) il contrario. Si torna sempre lì, all'uomo che non è più ingenuo ma si fa fregare come se lo fosse. Abbiamo tutti bisogno di ingenuità: almeno avremo sempre una scusa per farci fregare.

La vittoria della sconfitta

A volte la realtà supera la fantasia. Un partito che sembrava un estemporaneo capriccio di un miliardario in crisi d'astinenza di potere, un partito che pareva dimenticato (se non addirittura surgelato per sempre) ricompare all'improvviso. Senza che nessuno ne sentisse la mancanza, oltretutto.
Pare che il grande passo sia stato deciso in un batter d'occhio. Tutti d'accordo. Altri fanno congressi e ci mettono anni, loro decidono di fronte ad una tazza di caffè, senza consultare i militanti. Mi piace questo modo di semplificare la realtà, ma in fondo chi lo decide cosa è realtà e cosa è immaginazione?
Pierferdinando Casini addirittura è stato informato mentre era in viaggio in treno, ed a quanto pare non l'ha presa troppo bene. Non ci vuole stare. Ma alla fine tornerà, come al solito. Non ha altra scelta.
Il Popolo della Libertà (nome da brivido) nasce, e nasce già forte ed invincibile. E non è stato fondato in Piazza San Babila, in occasione di quella memorabile domenica del predellino, sospinto da una valanga di firme talmente vere che non se ne è mai più parlato, forse per pudore. Nasce nel 2005 (anche se i più non se ne sono mai accorti) e nasce non per obbligo, ma per scelta consapevole dettata dalla volontà di semplificare. Siamo alla totale riscrittura della realtà, ma questo è solo l'inizio. Il bello verrà nelle prossime settimane, ne sono convinto. La parola d'ordine sarà una sola: il Capo ha avuto l'ennesima idea geniale, ennesimo successo in una lunga carriera che l'ha visto sempre vincente, in qualunque campo. E se qualche volta per caso ha perso è stata colpa di altri, non sua.
Giuliano Ferrara si è già portato avanti con il lavoro. Ieri sera ad Otto e Mezzo era raggiante, non stava più nella pelle. Ha aperto la trasmissione parlando un quarto d'ora senza dire nulla, però è sempre molto intelligente. Per non farsi mancare nulla aveva addirittura la forfora sulla giacca, la forfora tipica delle grandi occasioni: la Forfora della Libertà. Ho rischiato un blocco digestivo, ma ne è valsa la pena. In seguito verranno Belpietro, Feltri, Giordano, Vespa e gli altri scrivani di corte, ma Ferrara è di un altro pianeta. Un fuoriclasse al servizio del miglior offerente.
Ovviamente, nessuno si chiederà perché, nonostante vada sbandierando in giro fior di sondaggi che lo danno vincitore a man bassa, Berlusconi abbia avuto bisogno di lanciarsi in un'operazione del genere. Nessuno dirà che il Pdl sta imbarcando chiunque per far numero, nessuno dirà che è un'operazione di facciata e che si squaglierà il giorno dopo le elezioni. Farsi troppe domande non serve, priva lo spettacolo di ogni suo fascino.
Soprattutto, nessuno riconoscerà che Lamberto Dini entrando in un carrozzone del genere ha avuto un coraggio da leone. È un uomo da ammirare perché ha scelto di entrare non per convinzione e nemmeno per convenienza, ma per fare lo iettatore. In sostanza, vuole portare loro sfiga e farli perdere. Si è immolato per noi e pertanto è un vero eroe, e solo il tempo galantuomo saprà far sì che venga riconosciuto da tutti in quanto tale. Ai poster l'ardua sentenza (cit.).

Eins – Zwei – Polizei (Cercasi Carlo Pastore disperatamente)

Sabato scorso ho sfidato la fitta nebbia per andare al Covo a sentire il dj set di Carlo Pastore, ma Carlo Pastore non c'era. Non è venuto, ha tirato il pacco lasciandomi parecchio inquieto. Forse non è abbastanza padano per sfidare la nebbia, o forse c'era ed io non l'ho notato, perso com'ero nei miei mille pensieri e mille ragionamenti contorti. Sono cose della vita, vanno prese un po' così e bisogna farsene una ragione. Peccato però, sarebbe stato bellissimo vedere vivo Karl Shepherd (d'ora in avanti lo chiamerò così, perché ripetere un nome troppe volte non va bene e poi dire che Carlo Pastore è un turboposer può essere molto pericoloso, si rischia minimo una querela per diffamazione), stringergli la mano e magari fare una foto insieme a lui, avrei coronato un sogno.
Ma si sa, i sogni son desideri, Ciccio Desideri non ha avuto la carriera che avrebbe meritato perché magnava troppi bucatini e forse a Karl Shepherd non piacciono i bucatini, quindi mi sono consolato vedendomi almeno il concerto. Nell'ambito di una serata chiamata “Pensiero stupendo” ed organizzata in collaborazione con i tipi di Rockit al Covo suonavano infatti Le luci della centrale elettrica, i Ministri e gli Amor Fou e, anche se tutti probabilmente erano accorsi lì per sentire Mr. Shepherd mettere dischi, è stata ugualmente una serata meritevole di essere vissuta appieno.

 


Ha aperto Le luci della centrale elettrica a.k.a. Vasco Brondi e il concerto avrebbe potuto anche finire lì, vista la manifesta superiorità del giovane Brondi sul resto della truppa. Era un bel po' che non lo sentivo e devo dire che mesi di concerti in giro per l'Italia gli hanno fatto parecchio bene. È parso più sicuro di sé e delle sue enormi potenzialità, estremamente razionale nell'organizzare il suo caos organizzato, una vero globetrotter che grazie a voce, chitarra ed effetti vari risulta molto più evocativo e potente di qualsiasi altra cosa che si sente in giro ultimamente, in particolar modo del suo quasi omonimo modenese (con grande sprezzo del ridicolo etichettato da tutta la stampa nazionale come “l'unico che piace a tutti ed è in grado di riempire gli stadi” o “il rocker italiano per eccellenza”, come se l'Italia fosse la repubblica delle banane). Vasco Rossi in realtà ha superato i cinquanta ed è grottesco e sovrappeso, mentre Vasco Brondi è giovane ed ha ampi margini di miglioramento. Il futuro è dalla sua parte ed il ragazzo si farà anche se ha le braghe larghe, e non è poco.

A seguire hanno suonato i Ministri. Chi si aspettava di vedere sul palco Al Jourgensen e soci è rimasto deluso, visto che i Ministri non sono i Ministry ma sono un gruppo italiano che schiera una line-up di tutto rispetto: Ricky Memphis alla batteria, Marco De Marchi alla chitarra, Riccardo Rossi al basso/voce ed un passante opportunamente camuffato con parrucca e barba all'altra chitarra. Giovani speranze vestite in maniera indescrivibile (più o meno come dei Kasabian che hanno deciso di rinnovare il loro guardaroba facendo acquisti all'Uba Uba), suonano un qualcosa a cavallo tra Negramaro e Pearl Jam, con in sovrappiù testi leggermente sopra la media nazionale. Muccino aveva un sogno: scappare al bar a bere acqua molto fresca. Lui non ce l'ha fatta, io sì. Ed ho pure trovato un'ottima scusa per fuggire da un'esibizione che aveva già ampiamente oltrepassato i livelli di guardia. Ma forse sono solo troppo cattivo. Risentirò in altra occasione.

La kermesse è stata chiusa in bellezza dagli Amor Fou di Alessandro Raina che, complice la mia distanza dal palco, per un attimo avevo addirittura scambiato per Ivan Cattaneo. Un gruppo che suona un qualcosa a cavallo tra Tiromancino e Lali Puna e che, mentre su disco mi era sembrato alquanto noioso, dal vivo riesce a risultare caldo e coinvolgente. Gli anni novanta che piacciono a me non sono di certo quelli dei La Crus ma loro sono molto bravi, non si limitano di certo a svolgere il compitino e, complice la presenza scenica del Raina, tengono molto bene il palco. Potrebbero diventare famosi, devono solo scegliere se far prevalere il lato Tiromancino o quello Lali Puna. In Italia roba del genere piace, basta crederci. In fondo, se ce l'ha fatta Meg dei 99 Posse, perché non dovrebbero farcela loro in quest'Italietta degli anni zero?

Ma a dire il vero che ce la facciano o no poco importa. Il punto fondamentale è un altro: cosa rimarrà di questi anni zero? Penso (quasi) nulla. Sono non-anni, in cui si cerca di riproporre una minestra riscaldata fatta di tutto quello che ha funzionato nei decenni precedenti, semplificato ad uso e consumo delle nuove generazioni che non l'hanno vissuto in prima persona. Vuoi il punk? Ci sono i Finley. Vuoi il rock? Ci sono i Negramaro. Vuoi Enrico Brizzi? C'è Federico Moccia. Vuoi Maurizio Costanzo? C'è la De Filippi. Vuoi Daniele Bossari? C'è Daniele Bossari (che tra l'altro con il suo Scalo 76, un programma che ha fatto del ritmo la sua cifra stilistica, è miracolosamente arrivato alla quarta puntata). In poche parole, c'è un surrogato di tutto, ma non è la stessa cosa. Tra quindici anni gli adolescenti di oggi non ricorderanno l'odierna dance da classifica come noi oggi ricordiamo la eurodance, una delle espressioni artistiche più alte di tutti i tempi, baluardo insuperabile a difesa dell'identità di un'intera generazione. Non c'è verso, si torna sempre lì.
Però ieri Enrico Silvestrin e oggi Carlo Pastore, ed il cerchio si chiude. E qualche dubbio mi rimane.

Cose da fare oggi: dire che attualmente i Disco Drive sono il miglior gruppo italiano in circolazione

Ferrara solitamente è una città tranquilla, talmente immobile da sembrare quasi addormentata. Nebbia e freddo d'inverno, caldo ed afa d'estate, non ci sono mezze misure: nulla sembra cambiare per davvero e tutto sembra sempre uguale, come in un film che si replica all'infinito. Però a volte capita che Ferrara riesca ad uscire dal suo caratteristico torpore, ed allora saltano gli schemi e ci viene data la possibilità di vivere serate importanti come quella di giovedì scorso.

Al Renfe, nell'ambito dell'azzeccatissima rassegna Indie Thursdays, hanno suonato i torinesi Disco Drive. Una band a modo suo emergente, che è partita da un suono di chiara matrice punk-funk e si è evoluta costantemente, cambiando pelle e riuscendo concerto dopo concerto a trovare un suo suono, un qualcosa esattamente a metà strada tra la melodia pop a e la sperimentazione più pura, facile e difficile allo stesso tempo, ma estremamente intrigante e coinvolgente. Una band semplicemente favolosa, la cui forza sta nella fantasia degli arrangiamenti unita alla potenza e ad un tiro davvero micidiale. Intrecci vocali formidabili e ritmi quadrati e trascinanti, che riproposti dal vivo riescono sempre nella difficile impresa di trascinare il pubblico pagante (nel caso del Renfe non tanto pagante, visto che l'ingresso era gratuito).

Preceduti dai giovanissimi Simplemen Think da Padova (titolari di un post-hardcore spigoloso ma che al momento opportuno sa come lasciare spazio alla melodia, parecchio bravi e con ampi margini di miglioramento: credo che si sentirà molto parlare di loro in futuro), i Disco Drive hanno dato vita ad una grande esibizione. Rispetto all'ultima volta in cui li ho visti mi sono sembrati più sciolti e sicuri di sé, più tranquilli e meno tesi. L'impressione è che abbiano acquisito piena consapevolezza dei loro grandi mezzi e, definitivamente liberi da ogni vincolo mentale, riescano a raggiungere l'obiettivo con più facilità e senza grossi sforzi apparenti. In poche parole, sul palco sembrano cazzeggiare ma in realtà stanno facendo cose sempre più complicate.

I Disco Drive ci credono. Hanno infiammato Ferrara con un set che ha pescato a piene mani dall'ultimo, favoloso Things To Do Today ed hanno vinto la sfida, riuscendo a convincere anche il più scettico tra i presenti. Un bell'inedito eseguito al momento opportuno è stata la ciliegina sulla torta, un momento che una band preziosa ha voluto condividere con chi in un freddo giovedì sera é rimasto sveglio fino a tarda ora solo per seguirla.

Confermo, i Disco Drive sono pronti.

Non c’é religione per le caramelle

Quando ero piccolo c'erano anche le caramelle salate. Non so se al giorno d'oggi esistano ancora, ma all'epoca venivano vendute durante il periodo di Carnevale ed erano un divertente scherzo da fare a tutti i bimbi creduloni. Consistevano in caramelle che sembravano in tutto e per tutto le classiche Sperlari ma che avevano un ripieno decisamente salato, e nelle intenzioni di chi le aveva inventate avrebbero dovuto provocare il disgusto in chi si trovava suo malgrado a mangiarle. Io le compravo tutti gli anni e regolarmente riuscivo a rifilarne parecchie in giro, ma ogni tanto ne mangiavo qualcuna di mia spontanea volontà. Non so quali danni abbiano prodotto in seguito, ma allora trovavo che fossero molto buone.
Ciò che me le faceva gradire così tanto era il contrasto tra la dolcezza dell'esterno ed il salato del ripieno, e sentire gli Asobi Seksu dal vivo venerdì scorso mi ha trasmesso esattamente la stessa sensazione che provavo quando le mangiavo. Preceduti dai romani Sea Dweller (molto bravi, suonano come qualcosa a metà strada tra gli Smashing Pumpkins, i My Bloody Valentine e la maionese fatta in casa), gli Asobi Seksu hanno dato vita ad un bel concerto, coinvolgente dall'inizio alla fine. Dal vivo suonano più ruvidi che su disco, la magnifica voce della cantante Yuki Chikudate ben si lega allo shoegazing duro e puro suonato dalla band e ci si rende ben presto conto di come il contrasto tra le esplosioni chitarristiche e la dolcezza delle linee vocali sia il loro vero punto di forza. Proprio come nelle caramelle salate, percepisci prima la parte dolce, la assapori e te la gusti. Poi viene la durezza del sapore salato, la sensazione diversa dal solito. E lì puoi decidere se fermarti o continuare a scoprire il sapore nuovo. Un gruppo del genere può non piacere a tutti, ma se piace lo fa per davvero. Ti fa perdere il contatto con chi ti circonda, ti lascia inchiodato, incapace di reagire alle aggressioni chitarristiche, perso nel vortice dei tuoi pensieri che si fanno via via più palpabili, come se seguissero l'intensità della musica sospesa nell'aria intorno a te. Un bellissimo stato mentale provocato da bellissima musica.
Mi sa che da piccolo ho esagerato con le caramelle salate. Avrei dovuto drogarmi come fanno tutti quanti.

Il tempo delle mele

 

Scenari da discoteca minorenne sabato scorso al Covo, location del concerto dei brasiliani Bonde Do Role. All'arrivo età media molto bassa ed io che mi sentivo parecchio a disagio, ma poi é arrivata la svolta, il segno premonitore, l’avvenimento che ha spazzato via ogni timore. Prima che si aprissero le danze, infatti, ho visto un tipico neoalternativo provarci spudoratamente con una ragazza. L'ho visto fare di tutto per ammaliarla e l'ho visto arrivare ad un passo dalla conclusione. Mancava poco ed ormai era quasi fatta, facevo addirittura il tifo per lui, ma ecco l'imprevisto. Come un qualsiasi Mauro Repetto versione video di Come mai le ha rovesciato addosso il cocktail, scatenando la sua ira funesta e giocandosi in un colpo solo tutte le possibilità di successo. Era davvero il 1994 e a quel punto ho capito che sarebbe stata una gran serata.

Come nelle migliori tradizioni i Bonde Do Role sono arrivati sul palco a mezzanotte, ed è stata subito festa. La band è assolutamente minimale ed è composta da due vocalist ed un corpulento dj identico a Fat Mike dei Nofx, la loro musica è un collage di samples riconoscibilissimi (che talvolta sono in realtà vere e proprie scorie, come il campione preso da The Final Countdown degli Europe o quello preso da un qualunque singolo degli U.S.U.R.A, glorioso progetto eurodance che dodici anni fa partendo da Padova ha conquistato l'Europa grazie ad una manciata di supersingoli tutti uguali ed intercambiabili), roba talmente tamarra da risultare favolosa. Nessuno suona nulla, nessuno sa cantare bene ed é questo il bello.

I Bonde Do Role si prendono poco sul serio ma sono riusciti per un'ora nel miracolo di far ballare e divertire la gente. Somigliano a dei Bran Van 3000 cresciuti a Curitiba ascoltando solo il metal più ignorante e sul palco sono degli autentici invasati: saltano, ballano, bevono fiumi di birra e spesso si ricordano anche di cantare, riuscendo a trasmettere gioia e positività. Ci credono parecchio e si meritano proprio tutto il seguito che stanno riuscendo ad ottenere. Quando è partita Solta O Frango è stata l'apoteosi: tutto il pubblico pagante era felice e la cantava in coro, sembrava davvero che non fosse possibile trovarsi in un altro luogo all'infuori del Covo. Bei momenti.

Il concerto è finito troppo presto ma comunque c'è stato anche spazio per un bis, da loro eseguito dopo essersi nascosti per qualche minuto sotto la console di dj Fat Mike per mantenere viva la tensione e simulare l'effetto sorpresa al momento loro rientro. Sentendoli su disco, non mi aspettavo che roba del genere potesse essere resa live in maniera quantomeno decente ed ero praticamente certo che si sarebbero rivelati una band-pacco, ma mi sono dovuto ben presto ricredere. Con somma soddisfazione, tra l'altro.

La morale, quindi, è che nella vita non bisogna mai avere dei pregiudizi. Le apparenze ingannano.        

 

Buffet

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Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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