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Questa è la storia di un piccolo fascista



Volevo tacere sulla mazzata elettorale. Volevo sinceramente tacere su qualsiasi discorso riguardasse, anche da distante, la politica.

Mentendo, pensavo: non ci resta né di che ridere né di che piangere (sul latte versato, poi, per carità).
Ma oggi la buona Pep. ha segnalato via mail un video agghiacciante, quello che vedete qui sopra.
E mi si è stretto lo stomaco. Sono stata davvero, davvero male.
Per lui, il bambino modello Kinder che canta tutto contento, il braccio destro teso, davanti alla bandiera di Alleanza Nazionale. Che pronuncia - senza capirle - parole di cui non dovrebbe neanche dovrebbe conoscere l'esistenza: spranghe, manganelli, morte, ammazzare, bastardo.

Dici, queste cose accadono. Il neo-Balilla intonerà con la stessa fanciullesca idiozia "Boia chi molla" e la sigla dei Pokemon. Non è colpa sua perché non sa. Non ha studiato. Se va bene, sta in terza elementare: a Mussolini il sussidiario arriva in quinta, lui sarà sì e no alle guerre puniche.
Ma tutto questo entusiasmo per le parole che non dovrebbe sapere (spranghe, manganelli, morte, ammazzare, bastardo) qualcuno gliel'ha ficcato nel cervello, a memoria.
Allora quello che più gela il sangue non è il testimonial dell'Orzobimbo piantato davanti alla bandiera.
Sono i figli di puttana dall'altra parte, dietro la telecamera, a compiacersi di quel figlio così allineato. Quelli che lo fanno sentire importante, e amato, per aver assorbito come una spugna la loro bieca visione del mondo.

Ora. Che passi attraverso giochi sessuali o il vocabolario, lo stupro dell'innocenza andrebbe punito legalmente - più ancora delle scene di bullismo scolastico, degli studentelli in piena botta ormonale che allungano le mani sul tanga della prof, più di quello stronzo che si riprende col cellulare mentre sfiora i duecento all'ora in autostrada. Perché è pura e semplice pedopornografia. Perché è lo squallore nudo dell'odio più osceno piantato in una testa che non ha le basi per comprenderlo, per difendersi, e se lo ingoia fino all'ultima goccia senza neanche riconoscerne il gusto. E lì, purtroppo, rimarrà per sempre, a soddisfare le voglie di due individui schifosi che nella stessa stanza - riesci a immaginarli? - oggi hanno sorriso di quella recita.
Pieni d'amore.
Orgogliosi di avere un figlio così dolce mentre parla di far saltare teste rosse e ammazzare bastardi comunisti, il loro piccolo fascista che presto o tardi diventerà grande e annegherà i figli nella medesima ideologia.

E adesso più che mai ti rendi conto che, in questa marcescente e putrida ignoranza, in questo vomitevole museo degli orrori, la Storia maestra di vita non ha mai lavorato un solo giorno.

La gente sta male (Afterhours)

franzoni.jpgC'era una volta (e forse c'è ancora) il Bar Sport. Al Bar Sport, fra un caffè al banco e l'imprescindibile Gazzetta, si riunivano i potenziali ct di questo tanto Bel quanto Calciologo Paese per discutere di giocatori brocchi, di arbitri cornutissimi, di schemi e di sistemoni. Poi si pagava il caffè, e tutti a casa.
C'erano una volta (e purtroppo ci sono ancora) le esecuzioni capitali, via ghigliottina iniezione sedielettrica cappio pietrate crocefissione fucilazione rogo, eccetera. E il pubblico accorreva a tifare pro o contro il boia (talvolta anch'egli cornuto), in attesa della lama, del proiettile o del pollice di un lunatico imperatore. Non sono sicura che mancassero i popcorn, la questione è da accertare.
Poi il presunto reo moriva, o assai più raramente sopravviveva, e tutti gli altri a casa.

Ieri la Franzoni s'è beccata 16 anni* su 30. E il pubblico pagante non mancava.
Ora invito la Corte ad osservare con attenzione i due reperti qui accanto.

 

 

* Cinque anni ce li eravamo presi già noi a sentirne parlare, anche se scommetto un caffé al Bar Sport che Vespa non ci concederà l'indulto mediatico, al grido di "Cogne ultimo atto? Col cavolo".

 


Nel primo reperto sono visibili, in mattiniera e trepidante attesa, le tifoserie dei due opposti schieramenti: innocentisti vs colpevolisti. Non è chiaro chi siano gli uni e chi gli altri, dal momento che nessuno di loro mostra segni distintivi quali sciarpe, bandieroni o trombette ad aria compressa, fatto che avrebbe senz'altro favorito la nostra analisi.
C'è un sacco di gente che probabilmente oggi aveva di meglio da fare, ma non l'ha fatto. Ci sono gli aficionados, quelli che non si perderebbero una puntata nemmeno per la prima comunione di un nipotino. Ci sono gli studenti di giurisprudenza e di scienze della brugola, col bloc-notes per gli appunti. Ci sono quelli che sono venuti per l'ultimo atto, e gli aficionados (che ormai tra loro si conoscono tutti) li squadrano con malcelata superiorità.

Nel secondo reperto, due spettatori mostrano con orgoglio i loro biglietti numerati, rispettivamente un 4 e un 6, per il quale hanno dovuto puntare la sveglia all'alba. Più fortunato il numero 3, che davanti alle telecamere di un noto tg dichiara di essere seduto sul cemento dalle 5 e mezza. Probabile che il numero 1 abbia piantato una canadese nel parcheggio del palagiustizia, e senz'altro incornicerà il pass. Autografato da Paola Savio, magari.

Ognuno di loro è qui per un preciso motivo: godersi lo spettacolo. Guardare negli occhi Annamaria Franzoni mentre viene pronunciato il verdetto, contare le lacrime, prendere nota dei vestiti e dell'acconciatura. Più terrificanti dell'imputata stessa, i tifosi del campionato di Cogne si improvvisano Gil Grissom, stilano profili psicologici, confrontano le armi del delitto, dicono che "la difesa non regge". E se invece fosse stata Miss Scarlett, in biblioteca?

Ma dopo 10 lunghe, estenuanti, patetiche ore di processo, quando tutto sembra pronto per il tripudio finale, ecco il coup de scène: la Franzoni decide di non presenziare. Tragedia. Gli ultimi arrivati sono i primi ad andarsene, quei pivelli. Restano gli aficionados, che però hanno accusato il colpo. Una simpatica vecchina ultrasettantenne lancia anatemi: "Così Annamaria ci ha traditi". Ma come, lei che s'erano dati la pena di difendere a spada tratta, lei per cui s'era litigato dal panettiere col vicino del quarto piano (colpevolista), proprio lei che in fin dei conti pareva così una brava persona. E sempre ben vestita.
La Franzoni colpevole, 16 anni su 30, e allora? Ormai non conta più, e i tifosi imbrogliati dimenticano in fretta la storia del bambino con la testa "esplosa". Feriti nell'orgoglio dei loro biglietti col numero a pennarello, si sentono le vere vittime di un delitto mediatico per cui nessuno pagherà, né Annamaria né Vespa né "Silvia Vada in collegamento per noi dalla villetta di Cogne".

E ora, tutti a casa.

Forza Nuova, vecchi orrori: un convegno sulle SS (?)

forza%20nuova.jpgQui a Torino, la notizia è filata abbastanza sotto traccia. Forse troppo, date le circostanze spazio-temporali.
Perché a quanto sembra Forza Nuova, quel simpatico gruppuscolo di nostalgici dei treni che arrivavano in orario, ha deciso di indire una manifestazione sulle SS. E - tanto per non gettare benzina sul fuoco - l'iniziativa doveva cadere il 26, a poche ore dalla "Giornata della Memoria", sacrosanto monumento alla liberazione di Auschwitz.
Poi la data è differita al 9-10 febbraio, a causa delle proteste (verbali) di alcuni comunisti, che minacciavano di organizzare il proprio presidio antifascista in una piazza vicina.
Nessun annullamento, quindi. Perché?
È bastato ammantare l'evento di una patina pseudostorica, sfoderare la diatriba su "chi ha fatto più vittime, Hitler o Stalin?" e mischiare il tutto con una buona dose di faccia tosta.
«Si terrà in un luogo privato, al chiuso», dicono i responsabili. Dunque non ci sono le premesse per un veto della Questura. Che i comunisti protestino pure, in piazza Bernini.

Emblematiche le parole di Dario Troiano, consigliere (ça va sans dire) di Forza Italia: «Mi oppongo al tentativo di impedire la manifestazione non perché io abbia qualche simpatia verso il nazismo o i suoi ideali, ma perché, dato e non concesso che il convegno di cui si parla sia un'apologia delle SS, in questo caso la cura mi sembra peggiore del male.»
Insomma, i piccoli Pilato se ne lavano le mani. Guai a sospettare che lo facciano per taciute affinità con un'ala estrema, loro che in fin dei conti stanno da quella parte lì ma, come dire, un po' più al centro. La libertà di parola ed espressione prima di tutto. Anche quando calpesta, in maniera disgustosamente provocatoria, il ricordo degli orrori passati. E se si tratta di andare contro alla controparte comunista, probabile fiancheggiatrice di chi ama cuocere i bambini nel gulasch, tanto meglio.

Al di là del disgusto nei confronti di un'idea simile, mi chiedo che fine abbia fatto il reato di apologia al fascismo (o al nazismo che sia) se basta così poco per eluderlo, e per dar spazio ai deliranti propositi dei forzanuovisti. Che saranno pure pochi rispetto all'immensità dell'universo in espansione, ma non per questo fanno meno paura.
Vi consiglio, a titolo di studio antropologico, un tour nel loro sito.
E suggerisco un giretto anche a lei, signor Troiano, che si autoproclama paladino dei diritti civili e delle «libertà democratiche». Legga bene le parole. Guardi i manifesti, le fotografie. Valuti attentamente le idee che, con tanto spreco di politichese, si promette di tutelare. Faccia uno sforzo di memoria e mi dica se quelle croci non le ricordano niente, ma proprio niente.
Dopodiché, a scanso di equivoci, i suoi "dato e non concesso" se li tenga per sé.

Abbiamo (ri)scoperto il Polonio

1902. I coniugi Marie e Pierre Curie scoprono il radio F, poi ribattezzato polonio in onore della Polonia, appunto, terra madre della Curie.
Si tratta di una mossa geopolitica, per porre l'attenzione pubblica sull'indipendenza del Paese, allora provincia dell'Impero Russo (guardacaso).

2006. L'ex spia del KGB Alexander Litvinenko muore in Inghilterra, ucciso da una dose letale di polonio, non prima di avere (pare) appestato mezza Londra. Compreso un sushi-bar, l'aereoporto di Heathrow, un albergo, uno stadio, due aerei British Airways (che nel frattempo hanno svolazzato su Mosca, Atene, Vienna, Barcellona, Stoccolma e Dusseldorf) e infine un certo Scaramella, che promette di rivelare - in punto di morte - scottanti verità sui politici legati al KGB. [se si tratta di Cossutta, lo sapevamo già]

L'occasione è ghiotta e i mass-media ci si gettano a peso morto, pronti a costruire una nuova psicosi collettiva: che diavolo è il polonio?
Finita chissà dove e chissà quando l'Era dell'Aviaria, quasi estinti il Fenomeno Bullismo e la Vendetta dei Pittbull, i giornalisti si dedicano a ricordarci che esiste il polonio e che dobbiamo tutti averne un po' paura.

«Il Polonio si compra su Internet», titolano. Ed è solo una mezza verità, atta a mettere in guardia contro il demone di Ebay (dopo quello di YouTube e VideoGoogle, per quanto concerne il succitato Fenomeno Bullismo).

Ma se è vero che la vendita di polonio è autorizzata dalla Nuclear Regulatory Commission (per scopi scientifici ed esperimenti di laboratorio), è anche vero l'isotopo 210 del polonio può essere prodotto solo attraverso processi industriali molto costosi.
Basti pensare che la dose che si suppone abbia ucciso Litvinenko costerebbe circa 1 milione di dollari.
Dubito che qualsiasi contribuente spenderebbe una cifra simile per far fuori l'amante della moglie.

Ma la notizia è un'altra: il polonio-210 è presente nelle sigarette. In pratica, i coltivatori di tabacco innaffiano le piantagioni con fertilizzanti al fosfato. Al termine di una serie di reazioni chimiche, il fosfato di calcio rilascia un deposito di polonio radioattivo che, bruciato aspirando, porta un terzo degli italiani a livelli di radioattività fuori dalla norma.
Preoccupati? No. In teoria, i fumatori sanno che il fumo uccide. È scritto sul pacchetto. Quale dei milleuno ingredienti nocivi presenti nelle sigarette, non è dato sapere. Forse tutti? Ma il polonio, caspita, il polonio ha ucciso Litvinenko.

E allora, vai psicosi.
C'è polonio dappertutto.
Prima o poi si verrà a sapere che c'è polonio negli hamburger di Mc Donald (non ne dubito), nella Nutella e nella birra doppio malto.
Che c'è polonio negli incidenti stradali e nella fatalità di una tegola che si stacca dal tetto e ti piomba sul cranio.
E sì, c'è polonio pure nelle figurine Panini.
Ma tutto andrà per il meglio quando un'équipe di medici del Policlinico di Milano si accorgerà che il polonio, in dosi ridotte, previene il rischio di unghie incarnite e fa bene alla pelle.

Oppure, com'è più probabile, in tutte le gabbie d'Italia comincerà una rivolta organizzata di cocorite, e tutti a chiedersi perché, e le cocorite le vendono su internet, e abbattiamo le cocorite killer prima che le cocorite abbattano noi.

Salvate San Salvario

san_salvario.jpg 

Si chiamano Scampia, Zen, San Salvario.
Sono solo alcuni fra i cosiddetti “quartieri a rischio”. Isole infelici dove vigono altre regole, diversi equilibri, meccanismi sotterranei di potere e di violenza che sopravvivono alla giustizia ordinaria. Luoghi in cui si spaccia a qualsiasi ora, in cui ci si prostituisce per poco agli incroci delle strade, e troppe sono le lingue parlate e le miserie vissute per potersi comprendere l’un l’altro.
La promessa (obbligata) di ogni amministrazione comunale prevede che si ripeta sempre la stessa litania: riqualificare. Ma si fa poco (o comunque non abbastanza) per mantenerla davvero.
 
San Salvario rientra a pieno titolo nella categoria. Qualunque torinese sa che non è saggio addentrarvisi a una certa ora, specie di notte, e che forse, nella pratica, non è saggio addentrarvisi mai.
Perché nel reticolo di strade che costeggiano la stazione di Porta Nuova può succedere di tutto. E puntualmente succede.
Oggi molti fra coloro che abitano nel quartiere, e spesso ci vivono da una vita, immigrati anch’essi in altri tempi e stagioni, sono stanchi. Stanchi di non poter camminare tranquilli, di non sentirsi mai sicuri, di fare “il giro largo” per non imbattersi in quelli che, a San Salvario, ormai la fanno da padrone.

Il caso di Francesco Picciotto è emblematico. 71 anni, ex-artigiano, quasi un’esistenza intera trascorsa tra quelle vie, ha deciso di sbloccare la situazione affiggendo sui muri oltre 250 manifesti: offre mille euro a chiunque sia in grado di fornirgli una descrizione dell’uomo che ha aggredito sua moglie, 71 anni anche lei, mentre andava a prendere il pane.
Il bottino, peraltro, è stato magro: 7 euro, i documenti e una vecchia borsa di cui certo non si può fare granché. Ma il punto non sono i soldi. Il punto è la paura, il disagio diffuso di chi affronta ogni giorno sulla propria pelle il degrado di un quartiere intero.
Inutili i passanti, che non sono riusciti a fermarlo in tempo. Inutile anche la telecamera in via Principe Tommaso, dove lo scippatore è fuggito: dicono che non funzioni.
E dal momento che è difficile scoprire chi sia stato, quella mattina, un po’ perché la polizia si dà per vinta in partenza, un po’ perché nessuno sembra sapere o voler parlare, Francesco Picciotto ha scelto di farsi giustizia da sé.
Quei mille euro, li sta racimolando insieme ad altra gente del quartiere. Negozianti, soprattutto.
Mille euro, come le taglie del vecchio Far West. Il sintomo tangibile che qualcosa deve cambiare.
Picciotto dice soltanto: «Non ne possiamo più», e ti mostra le cicatrici che ha sul braccio: i segni di una coltellata ricevuta quando, per protesta, si era incatenato alla saracinesca di un negozio.
 
Si può spiegare l’atmosfera di San Salvario solo con un folto elenco di aneddoti e altre amenità assortite.
Raccontando di quella volta in cui un turista inglese è stato picchiato e derubato.
Di quell’altra volta in cui un uomo, accorso in difesa della ragazza che stavano molestando, è stato aggredito a sua volta con calci, pugni e sputi in faccia.
Oppure, potrei parlarvi di ciò che ho visto coi miei occhi nell’ultimo anno: spacciatori che si feriscono tra loro a coltellate, gente che urina sui bidoni della spazzatura oppure sullo sportello per la benzina delle auto in sosta.
O piuttosto, di quando un uomo, a cui avevo fatto segno di attraversare la strada, ha pensato bene di abbassarsi la cerniera dei jeans per farmi ammirare il contenuto delle sue mutande.

È facile demonizzare o tirare fuori epiteti d’impronta calderoliana, tanto cari a un certo tipo di destra in cui non mi riconoscerò mai. Ma persino alcune menti della sinistra (orientamento in cui senz’altro mi vedo di più) dovrebbero evitare di indulgere in considerazioni all’acqua di rose. E non sono d’accordo con chi intravede nell’apertura di un nuovo locale “alla moda” il segnale di un vero riscatto.
Laddove esiste un problema di criminalità ad altissimi livelli, di qualunque etnia o provenienza geografica si tratti, è inutile tapparsi le orecchie in nome della tolleranza fra popoli.
Sono le azioni, e non la pelle, a distinguere un uomo dall’altro.

Una Hilton per amica

Vuoi essere l'invidia del vicino di casa quindicenne e brufoloso?
Vuoi che tutti i tuoi amici maschi ti venerino come un dio pagano?
E magari il pensiero di organizzare la prossima festa di capodanno ti mette addosso un'angoscia insopprimibile?

La soluzione c'è: affitta Paris Hilton.
L'ereditiera più ubiqua del pianeta, a corto di idee, si dice disposta a passare il Capodanno in casa di chiunque. Te compreso.


A patto che tu sia disposto a spendere la modica cifra di 100mila dollari più "rimborso spese" (si presume per nuove mirabolanti acconciature e sedute dallo psicanalista) e viaggio in jet privato. Che tu sicuramente possiedi.
In cambio, promette di esibirsi in qualche lento (ho detto lento, non letto), di intrattenere gli invitati con entusiasmanti giochi di società e, addirittura, di brindare al nuovo anno.

Paris Hilton, prova vivente che si può sopravvivere a una lobotomia, non specifica se la cifra pattuita per questa notte indimenticabile verrà devoluta o meno in beneficenza.
Ma se - in nome del glamour - non ti disturba il sospetto che quei soldi foraggino la Ricerca sullo Shopping Terminale, affrettati.
Pare che il servizio "Capodanno a casa del primo pezzente" sia l'ultima moda tra le divette in cerca di stimoli: con soli 50mila dollari ti porti a casa Carmen Electra al gran completo, con tanto di rifiniture in acciaio inox.
Il risultato - in termini di invidia del vicino - sarà uguale, ma è innegabile che perderai parecchi punti glamour. Chi se la fila più, Carmen Electra?

Per il resto, mi sento di appoggiare il buon Paul Giamatti, quando racconta che incontrare la Hilton e Nicole Ritchie alla festa di Vanity Fair "è stata un'esperienza sinistra. Quelle due, di persona, sono così... aliene. Non hanno volti normali. E il colore della loro pelle è proprio strano, una sorta di abbronzatura perenne un po' andata a male".

Dieci piccoli spammer

Se avete ricevuto (via posta elettronica) preziosissimi consigli su come incrementare la circonferenza del vostro penis, comprare Rolex a metà prezzo e perdere peso, da oggi sapete chi incolpare.

Lo spam è ormai una "piaga" di dimensioni colossali: ogni giorno, in media, 55 miliardi di mail indesiderate intasano milioni di caselle in tutto il mondo, pari a oltre due terzi del traffico totale in Internet.
Davanti a cifre così alte, vien da pensare a un'opera collettiva, un esercito di hacker al soldo delle ditte che vendono rimedi miracolosi o (più probabilmente) fregature.
Ma secondo la Federal Trade Commerce, l'ente USA per la tutela dei consumatori, internauti compresi, l'80% dello spam proviene da un team di sole 10 persone.

Leader indiscusso della squadra di spammer sarebbe Alex Blood, ucraino, conosciuto nella Rete anche dietro i nickname di AlekseyB, Alexander Mosh e Alex Polyakov (citazione dal libro «Il Topo», di J. Le Carré).
Nel gruppo, Blood è esperto in farmaci per la virilità (primo fra tutti, il Viagra) e in pedopornografia. Qualunque cosa voglia dire.
Secondo nella lista il russo Leo Kuvayev, specialista in software. A seguire, Rusian Ibraginov, connazionale di Kuvayev ed esperto di antivirus.
La top ten include poi altri due russi (Pavka e Alexey Panov), due americani (Michael Lindsay e Jeffrey Peters), un canadese (Tim Goyetche), un israeliano (Amichai Inbar) e un cinese di Hong Kong (Vincent Chan).

Il meccanismo è semplice. Un ristretto numero di Internet Provider in malafede vende agli spammers (per profitto) i dati dei propri clienti. Non resta che schiacciare un tasto, e in meno di sessanta minuti 1 milione di messaggi pubblicitari non richiesti è nelle nostre caselle. 
A quel punto, mediamente, 15 navigatori hanno appena ordinato i prodotti offerti.
Se vi sembrano pochi, ricordate la cifra iniziale: 55 miliardi di mail al giorno.

Perché lo facciano, non è difficile da capire: soldi. In un certo senso, lo spam è un derivato della new economy, denaro facile col minimo sforzo. Insomma, un business.
A detta dell'impresa di sicurezza Ip-switch, le gang dello spam ricevono una percentuale considerevole a seconda del prodotto che sono in grado di piazzare. Un terzo, nel caso dei farmaci. Il 19%, se si tratta di servizi bancari. Il 14% per la pornografia.
Nonostante lo spam sia fuori legge sia negli Stati Uniti che nella UE, i veri professionisti sanno come aggirare il sistema, ovvero cambiando Paese di continuo e approfittando di legislazioni meno attente (Russia, Cina e i vari paradisi fiscali).

Ora, oltre al sollievo di avere dieci capri espiatori, rimane un mistero.
Accanto al nome degli spammer, La Stampa di oggi pubblica le foto dei primi tre. Fra cui, appunto, il "Boss" Alex Blood.
Peccato che la faccia corrisponda a quella di Alex Blood, inglese, conosciuto nel giro come il rapper delle Midlands [nella sua pagina MySpace potete anche ascoltare qualche brano]. 

La stessa persona?
O un sintomo da abuso di Google?

Buffet

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Si comincia!

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Dicono di noi

Più simpatico di uno scivolone della Regina Madre, più divertente di una rissa al pub. Thank you, Ciccsoft!
(The Times)

Una lieta sorpresa dal paese delle zanzare e della nebbia fitta. Con Ciccsoft L'Italia riacquista un posto di primo piano nell'Europa dei Grandi.
(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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