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Tre mesi di carcere a un lavavetri: evviva! Potremo mandare i nostri sms al volante in santa pace

Lasciare alla destra forcaiola, razzista e demagogica un tema importante come quello della sicurezza è stato da sempre uno dei punti deboli di una sinistra spesso ancorata su posizioni ideologiche che non tengono conto dei cambiamenti sociali delle metropoli italiane. Ma proporre addirittura tre mesi di carcere per chi viene sorpreso a un semaforo con secchi e spugne intento a lavare i parabrezza delle automobili è una proposta al limite del ridicolo. Eppure nel paradiso dell'evasione fiscale succede anche questo. E' stato l'assessore Cioni di Firenze - evidentemente rimasto senza spiccioli - a prendere la decisione due giorni fa. Ma un paio di anni prima di lui fu lo sceriffo di Bologna Cofferati a rendere dura la vita ai lavavetri.

"Si tratta - disse Cofferati - di persone che agiscono senza nessuna autorizzazione dato che non sono previste in nessun ordinamento attività di questa natura e credo sia giusto rafforzare i controlli affinché non ce ne siano in futuro. E soprattutto che non ci siano azioni aggressive mirate anche a creare ostacolo o fastidio agli automobilisti". Molto simile la posizione odierna del Comune di Firenze: "L'ordinanza  - ha detto Cioni - non vuole colpire i poveri o chi chiede l'elemosina, ma è una risposta all'arroganza che molti lavavetri mettono in atto nei confronti degli automobilisti che non gli danno quanto loro vorrebbero". Parole sante si dirà. Come negare l'atteggiamento spesso minaccioso dei lavavetri ai semafori? Bisogna prendere atto dunque che agli italiani oggi basta davvero poco per vivere sereni: basta non avere rotture di scatole al semaforo, in modo da poter cambiare stazione alla radio o scrivere un sms senza problemi, col proprio culo sudato ben piantato sul sedile anteriore.

A inaugurare questo malcostume dei lavavetri furono i polacchi che scappavano dal proprio paese durante gli anni Ottanta, quando la battaglia di Solidarnosc contro il regime comunista si faceva sempre più dura. In quel periodo giravano anche delle barzellette intrise di razzismo, come al solito tollerate dal buonismo tricolore, raccontate a Natale a tavola, davanti a un bel piatto di frittura: "Se cadono da un palazzo un italiano e un polacco chi arriva prima giù? L'italiano, perché il polacco si è fermato a lavare i vetri". E giù grasse risate senza magari spiegare ai propri figli che quel lavavetri aveva due lauree e parlava cinque lingue.

Oggi sono gli egiziani e i nordafricani a spartirsi il mercato clandestino degli incroci. Magari ci provano anche i bangladesi, ma per loro - di solito miti rispetto alle altre etnie - la vita è piuttosto dura. Ultimamente, soprattutto a Roma, ai semafori si vedono molti rumeni, molto spesso minorenni. Dopo l'applauso a Cioni dalla Lega Nord, pronta a soffiare sul fuoco dell'intolleranza - a proposito chissà come titola stamattina Vittorio Feltri, il peggior giornalista italiano - sono arrivate per fortuna le parole di Veltroni, ancora una volta lesto a centrare il problema: "Bisogna considerare che spesso dietro il fenomeno dei lavavetri c'è uno sfruttamento del lavoro minorile, qui, come per lo sfruttamento della prostituzione c'è un racket ed è quello che bisogna colpire". Ecco, sarà questo quello che spiegherò a mio figlio, un giorno a Natale, davanti a un piatto di frittura.

Rabbia

Il tizio che dico io è un vecchio coi capelli bianchi che non esprime nessuna tenerezza. Il tizio che dico io, questo tizio, abita nel mio condominio da quando ci abito io, quindi quasi da una ventina d'anni e, da che mondo è mondo, è sempre stato il tizio più testa di cazzo che sia mai esistito.

Tutti, qui, lo conosciamo con un solo nome: "Il Notaio". Notaio è stata la sua professione in vita, ma da quando è morto - e il tizio che dico io è morto da quando lo conosco: in effetti si può dire che non l'abbia mai visto vivo - da quando è morto, dicevo, "Notaio" è diventato semplicemente il modo di indicarlo, di nominarlo quando, a sera, semmai a cena, davanti al gioco di Frizzi in televisione, ci raccontiamo le sue ultime magagne.

Il notaio divenne "Il Notaio", almeno che io mi ricordi, il giorno che senza dire "a", prese e ci bucò il pallone.
Avevamo una decina d'anni a testa e il tizio che dico io arrivò e ci bucò il pallone: ecco quando morì, quando smise d'essere vivo. È così che funziona, secondo me: capita che la gente muoia molto prima di morire davvero, uccisa dalle proprie ignobili azioni. Per esempio arrivando a bucare un pallone a dei ragazzini. Da quel giorno - e dovete fidarvi che il teppismo ci fu perpetrato in maniera del tutto gratuita - il tizio che dico io divenne "Il Notaio".

Occhio, che arriva il Notaio, ecco che arriva il Notaio, che palle riecco il Notaio.
Il Notaio passava e sterminava i nostri giochi: qualsiasi cosa stessimo facendo cessava d'esistere, seccava. Il tizio che dico io non pareva concepire l'idea del divertimento altrui, la semplice coesistenza col benessere degli altri: perciò dico che era morto e morto è tutt'ora, lo vedo mortissimo ogni volta che lo incrocio all'edicola oppure ogni volta che esce dal condominio senza salutare il portiere. È ancora morto: quello lì, il tizio che dico io, credetemi, è un morto senza speranza. È molto più morto lui che Beethoven, per come la vedo io.

Comunque, la cosa bella è che il notaio, oltre ad essere ancora morto, in più è ancora "Il Notaio". I ragazzini d'oggi - tanto più terribili di noialtri che, davvero, non per spirito d'appartenenza, ma, devo dire con onestà, eravamo davvero bravi bambini - lo temono come noi lo temevamo e pure i loro giochi, che credo consistano nello spaccio e nell'assassinio del prossimo, muoiono quando passa il tizio che dico io.

Ora, dovete sapere che da un po' di tempo a questa parte nella mia bella via di Roma Nord è germogliata una curiosa piaga: in pratica tutte le macchine hanno cominciato a risvegliarsi la mattina con un bel graffio sulla fiancata, a volte anche su tutte e due. Non soltanto i Suv, anche le Panda, le Porsche, perfino una Bentley di un tizio che non si sa dove li vada a prendere tutti quei soldi, le Yaris, le Mercedes, le Twingo, le Fiat e così via. Graffi come se piovesse. Naturalmente è anche iniziata la caccia all'extracomunitario ché, si sa, quando accadono cose così la colpa è prima di tutto di Veltroni, e poi degli stranieri. Semmai anche del Governo Ladro. Insomma, gira che ti rigira, alla fine viene fuori che il colpevole era il tizio che dico io. "Il Notaio".

Apriti cielo: l'ha beccato il portiere che gli ha pure urlato dietro, ma quello, morto com'è, che ha fatto?, è scappato. Scappato, capito? Sembra pazzesca questa cosa ma giuro che è vera: un tizio di almeno 80 anni che prende e scappa via con le dita ancora tutte sporche di marmellata. Insomma, è scappato. Per fortuna che esistono i testimoni: a parte il portiere c'è anche il proprietario dell'ultima macchina graffiata e un noto attore di teatro e televisione che ha visto tutto. Insomma, oggi, anno 2007, il tizio che dico io, dopo averci costretti alla fuga per tutta la nostra giovinezza, è scappato lui e adesso si ritrova pure con una bella denuncia sul capo. Non solo: pare che anche tutti quanti gli altri proprietari di macchine graffiate nell'ultimo anno o giù di lì, nel dubbio, vogliano fare causa a lui, al morto.

Capito che roba?
L'altro giorno l'ho visto, statemi a sentire. Stavo in macchina e l'ho visto arrivare. Vi ricordate Enrico Cuccia? Quel famosissimo banchiere che tutti cercavano inutilmente d'intervistare anni orsono? Quel tizio vecchio che camminava curvo, con le mani dietro la schiena o in tasca, l'impermeabile e sempre, ostinatamente muto? Ecco, il tizio che dico io cammina sputato a Enrico Cuccia. Impermeabile a parte. Ho abbassato la musica - e credetemi che per me levare volume a una qualsiasi delle canzoni di Vasco mi costa mezzo litro di sangue, ma l'ho fatto. Ho abbassato il volume, perché, lo ammetto, gliene volevo urlare quattro dal finestrino passando. Tipo: "Graffia tua madre, pezzo dimmerda!" o roba simile. Una di quelle cose che si vede fare nei film agli spacconi, insomma, ero proprio motivato, deciso, eccheccazzo, uno che leva il volume a "Ciao" è uno che deve avere sul serio qualcosa di importantissimo da fare, perciò ero proprio lì lì che stavo per... Quando, non so perché, anzi lo so, ma l'ho capito dopo ed è il motivo per cui ho scritto tutta 'sta roba, ci ho ripensato.

Non gli ho detto niente, ho messo la freccia e ho rialzato il volume: mi è preso come un momento di sconforto. Ho cominciato a pensare a dove stavo andando, a quello che avrei fatto nei giorni a venire, ho riflettuto sulla mia esistenza che, tra alti e bassi, devo definire comunque molto gradevole, emotivamente valida, piena di bella gente conosciuta, e ho capito che ai morti, tutto gli puoi dire tranne che sappiano dove andare. Ecco, mi sa tanto che i morti non hanno alcuna destinazione: e il tizio che dico io è morto da almeno vent'anni. Vent'anni senza avere un posto dove andare, a parte l'edicola e ritorno. Non l'ho giustificato nemmeno un po', intendiamoci, io ODIO chi graffia le macchine, ci dovrebbe essere un inferno privato per chi graffia le macchine, ma ho capito che se davvero gli avessi urlato a pieni polmoni "Graffia tua madre, pezzo dimmerda!", avrei preso esattamente quella stessa strada che lui prese, semmai alla mia età, e che passo dopo passo lo ha portato a bucare un pallone.
Ho capito che preferirei morire giovane piuttosto che arrivare a bucare un pallone: io non vorrei per nulla al mondo bucare un pallone. Vi prego ditemi che qualsiasi cosa succeda io non bucherò mai un pallone!

Ecco, quello che volevo dire, ci ho messo un po', ma insomma, spero che si capisca: è chiaro che tutti noi vogliamo, nella nostra vita, evitare il più possibile le malattie, la solitudine, la povertà, la fame, le invasioni di cavallette, ma la cosa che più ci preme, o che almeno preme me, è di non morire troppo prima del tempo. In questo senso ho deciso che c'è solo una cosa che uccide più della morte e questa è la rabbia. Il tizio che dico io è un tizio incazzato a morte da almeno vent'anni: e io non so come sia cominciata questa rabbia, da dove abbia preso il via, non ne ho la più pallida idea, saranno affari suoi, però, nella mia macchina, guardandolo passare, ho come sentito l'alito di quella stessa rabbia sfiorarmi il viso e m'è venuto il dubbio che, qualsiasi cosa sia, la rabbia, possa cominciare a contagiare le persone proprio così.

Ho pensato che fosse un orario strano per spazzolarsi i denti

Ho visto un cinese che cercava d'ammazzare qualcosa.
L'ho visto con questi stessi occhi dalla finestra della redazione dove lavoro: stava nella sua stanza d'albergo e credo si trattasse di una mosca.

Dalla finestra della mia redazione si vede una facciata enorme del Rose Garden Hotel di Via Boncompagni e siccome la finestra della mia redazione sta all'ultimo piano di un palazzo molto alto, si può dire che affacciandosi da lì si riesca a vedere tutto di quello che succede nelle stanze del Rose Garden Hotel di Via Boncompagni. Per esempio una volta i miei colleghi hanno visto un manager panciuto fare del sesso selvaggio con una biondina esile: si sono messi dietro le ante semichiuse e hanno spiato il loro furibondo coito. Io me lo sono perso. Naturalmente ne abbiamo parlato per giorni interi, sono cose che succedono tra giovani cazzari che passano tantissimo del loro tempo insieme, e alla fine è come se ci fossi stato anche io, quel giorno, in redazione a spiare il ciccione e la bionda scopare.

Invece il cinese l'ho visto solo io. E' roba mia. Per carità, è una cosa molto antica e molto abusata, letterariamente e cinematograficamente, quella di spiare impuniti le vite degli altri da una posizione vantaggiosa, non ne vorrei fare chissà quale spunto originale, però giuro che questo cinese m'ha colpito, m'ha tenuto lì affacciato ad osservarlo mentre con una scarpa in mano cercava d'ammazzare una mosca. La stanza era disordinata, c'erano i bagagli buttati sul letto, doveva essere arrivato da poco: Vietnam s'aggirava per la stanza scalzo, indossava occhialini con la montatura rossa e non c'erano dubbi che fosse un cinese. Sembrava uno di quei cervelloni maghi dei videogiochi, uno di quelli che viene invitato alle grandi fiere ludiche e si mette lì e batte tutti i record del mondo ai videogiochi e poi le grandi case sviluppatrici di videogiochi lo assumono a cifre vertiginose per fare da beta tester a tutti i videogiochi ancora non immessi sul mercato: sembrava esattamente uno così.

Uno con un paio di lauree che stava cercando d'ammazzare qualcosa e a me, non so a voi, non era mai capitato d'osservare un cinese genio dei videogiochi mezzo nudo con un paio di lauree cercare d'ammazzare qualcosa. A parte in uno di quei film, s'intende: nei film mi capita spesso di trovare qualche cinese pazzo che fa delle cose pazze, uno su tutti è sicuramente "Oldboy", uno dei film d'azione coi cinesi pazzi più bello che mi sia mai capitato di vedere, anche se, per dirla tutta, il mio cinese mi ricordava assai di più Cho Seung-hui, lo schizzato che ha fatto fuori tutta quella gente al Virginia Tech Institute lo scorso aprile, e non perché, come Cho Seung-hui, anche lui stava cercando di ammazzare qualcosa, ma proprio per le movenze da pazzo: quello che voglio dire è che sembrava davvero importante per quel cinese ammazzare la mosca, proprio come per Cho Seung-hui doveva essere importantissimo ammazzare più studenti possibile. Ogni suo movimento era proiettato a quello scopo. Una mosca era diventata la cosa più importante della vita, tutta titoli azionari e ideogrammi, di un cinese del cazzo: avreste dovuto vedere come ci si impegnava. Camminava lentamente, muovendosi anche di lato, brandendo questa scarpa con l'attenzione di uno che debba disinnescare una grande bomba: sembrava Bruce Willis cinese, tanto per dire, uno di quei supereroi americani dentro il grattacielo in fiamme. Sembrava uno con una cosa fondamentale da fare.

Seguiva la sua mosca da una parete all'altra e ogni tanto - sbam! - calava il colpo, violento, perentorio ed evidentemente fallace, perché poi, subito dopo, si rimetteva a caccia dell'invulnerabile insetto neanche fosse un alieno: si vede, che ne so, che a Tokyo o a Pechino, o in una di quelle città del cazzo piene di cinesi e lucine, le mosche non ci sono, oppure sono il piatto nazionale o vattelapesca. Comunque questo cinese era veramente un cinese con i controcoglioni: stava lì e non l'avrebbe smosso nemmeno un terremoto, secondo me è per questo che i cinesi, quando ci si mettono, fanno quelle cose strane, tipo spaccare i mattoni con il taglio della mano, oppure creare Supermario.

A questo punto ho cominciato a fare caso alla stanza in cui agiva Bruce Lee: a parte il disordine, c'era anche un grande televisore e nonostante la distanza ho riconosciuto il faccione di Amadeus che conduceva il suo cazzo di quiz serale. Allora m'è venuta un po' di tristezza per lui, per il cinese, e ho cominciato a pensare alla sua solitudine in una terra che di cinese non capisce niente di niente, né la lingua, né l'alfabeto, né le abitudini alimentari, né altro. Mi sono immaginato che Occhi a Mandorla potesse essere capitato a Roma non per vacanza ma per lavoro, magari per chiudere un'importante transazione finanziaria tra multinazionali dell'import/export e che, insomma, lui in realtà, nonostante il fascino della Città Eterna e tutto, desiderasse assai di più essere altrove, semmai nella sua terra, dove nessuno muore mai e tra gli uomini e le donne non c'è apparente differenza fisica eccetera eccetera.

L'ho guardato con quella scarpa in mano aggirarsi per la sua stanza, come un artificiere, assetato di sangue di mosca, e ho deciso che, porca puttana, non si meritava Amadeus. Nonostante fosse un cinese e i cinesi si sa quello che fanno - sono strani, hanno il pisello piccolo, mancano di peli e arrendevolezza, sono tutti comunisti e fanno le bombe nucleari con la pasta di pane - ebbene, non si meritava Amadeus. Perciò ho cominciato a tifare per la mosca: almeno, ho pensato, finché avesse avuto quello da fare, non avrebbe guardato Amadeus, non avrebbe fatto zapping sulla nostra terrificante televisione. Mandavo impulsi elettromagnetici alla mosca, implorandola di farsi ancora più mosca, ogni tanto li perdevo di vista, a lui e alla mosca, perché non è che il rettangolo ritagliato dalla finestra mi desse chissà quale visibilità, ma in generale riuscivo a seguire le traiettorie di entrambi, quella del cinese e, di rimando, quella della mosca: a un certo punto m'è parso di starmene lì a fare qualcosa di molto sbagliato, in fondo quella era la sua mosca, la mosca del cinese, e io non avevo il diritto di immischiarmi. Dopo un po' è sparito, sollevandomi dai sensi di colpa.



Sono rimasto a guardare ma niente. Ho pensato: stai a vedere che è sparito un cinese. Ho guardato le altre finestre della facciata del Rose Garden Hotel ma non c'era nulla di interessante da vedere, a parte tutta una serie di tende tirate, poi il cinese è rispuntato, nella mano adesso aveva uno spazzolino da denti e, come niente, s'è messo lì a spazzolarsi i suoi denti piccoli da cinese davanti alla finestra. Non sembrava avere più alcuna volontà di dare la caccia alla mosca: stava semplicemente lì a spazzolarsi i denti alle otto della sera. Ho pensato che fosse un orario strano per spazzolarsi i denti e questa riflessione, insieme al dato di fatto che la caccia alla mosca era terminata, m'ha fatto decidere che sì, senza ombra di dubbio, il cinese non solo aveva ammazzato la mosca, ma se l'era pure mangiata.

A questo punto è successa la cosa più strana di tutte, perché da dietro un angolo cieco della stanza s'è mosso qualcosa, come un'ombra, e dal nulla, vicino al cinese, s'è materializzato un altro cinese. Allora il cinese numero uno, sempre scalzo e in mutande, s'è allontanato dal cinese numero due, vestito di tutto punto con una camicia a rombi a maniche corte, e ha fatto qualcosa con il bagaglio sul letto. Il cinese numero due s'è girato a guardarlo, poi ha perso interesse. Hanno parlato tra di loro, il cinese numero uno sempre con le mani nei bagagli e il cinese numero due sempre davanti alla finestra, poi il cinese numero uno s'è avvicinato al compare e insieme hanno cominciato ad armeggiare con qualcosa che il cinese numero uno teneva in mano. Non ho capito cosa fosse, non ho capito niente, forse era la mosca, o un'arma termonucleare cinese, fatto sta che il cinese numero uno e il cinese numero due hanno continuato così per molto, molto tempo, finché giù in strada non si sono accesi tutti i lampioni.

Vai compagno Uolter!

Non ci giriamo troppo intorno. La candidatura di Walter Veltroni alla segreteria del nascente Partito Democratico è l'unica soluzione per rilanciare un progetto che stava morendo prima di vedere la luce. "Questo non è tempo di sogni, che non sono sufficienti: bisogna portare anche le risposte". Così il sindaco di Roma ieri ha anticipato il senso del discorso con cui oggi pomeriggio a Torino scioglierà la riserva. Potrà non piacere a molti Veltroni per via del suo cosiddetto buonismo, potrà suscitare le ire di chi va in motorino per il centro e maledice ogni buca in cui incappa, potrà far storcere il naso a quelli che credono che i fondi si trovino per le notti bianche e non per l'emergenza abitativa. Tuttavia ci troviamo di fronte a una personalità capace di unire anche le posizioni più diverse in nome della buona politica e del fare.

Il fare. Voglio insistere su questo punto perché a mio avviso è quello in cui la sinistra ha maggiormente peccato negli ultimi anni, troppo spesso prigioniera di ideologie fuori dal tempo o, peggio ancora, immobilizzata dai rapporti compromettenti con i poteri forti. Meglio non scontentare questo, meglio non scontentare quell'altro e intanto il consenso se ne andava. Veltroni è un politico che fa le cose. Questo è incontestabile. Vi racconto la sua giornata di lunedì: è stato a Corviale per l'inaugurazione di un nuovo campo da rugby, poi a Ostia per la presentazione del nuovo trenino Roma-Lido, ricco di tantissimi servizi. E non pensate che questa sia una veltronata, perché quella tratta ogni giorno è attraversata da oltre 160 mila pendolari. Poi, dopo essere stato a Torino ha fatto un salto a Bucarest per parlare dei Rom. Attenzione per parlare delle soluzioni al problema Rom, non per dire: "I rom sono un problema". Veltroni avrà sì rapporti con i cosiddetti palazzinari, considerati dai più (e anche da me) i padroni di Roma. Ma Uolter dai padroni di Roma, in cambio del piano regolatore, si sta facendo costruire tutto il Raccordo a tre corsie. Uolter ha concluso il sottopasso che unisce la Pineta Sacchetti all'Olimpico, Uolter ha demolito i ponti del Laurentino 38, Uolter ha intensificato la lotta agli insediamenti abusivi (dall'inizio dell'anno sono stati sgomberati quasi dieci campi).

Il decisionismo di Veltroni è la qualità che maggiormente apprezzo in lui. Ma torniamo un momento alla visita a Bucarest: i punti d'intesa raggiunti sono a mio avviso innovativi ed eccezionali. Ne cito giusto qualcuno: polizia rumena in appoggio ai vigili urbani per la sorveglianza dei campi rom presenti a Roma, incentivi per gli imprenditori italiani che investono in Romania affinché assumano gli emigranti rom e rumeni per favorire un loro rientro, e poi - magari questa sì una veltronata - una serie di iniziative per favorire lo scambio culturale tra i due paesi, con mostre, concerti e visite guidate.



Uolter sta costruendo la Metro C, Uolter ha intrapreso una battaglia contro la corporazione dei tassisti per migliorare il servizio da offrire ai cittadini, Uolter ha dato vita alla miglior Roma Estate che si sia mai vista negli ultimi 30 anni, Uolter ha scippato a Venezia la leadership nel settore del Cinema. Veltronate, direte voi. Impresa, dico io. Roma ha un pil di tre volte superiore a quello della media del Paese e il turismo nel 2006 ha avuto un incremento del 27%. Dire che Roma non sia migliorata rispetto al 2001 è dire il falso. Certo, restano i problemi di una metropoli che ormai non riesce più a sostenere il numero di persone che la vivono tutti i giorni. Esiste un'emergenza sociale ben più grave di quella che sembra (in tal senso sono eloquenti le esperienze della Caritas e della Comunità di Sant'Egidio), c'è un problema enorme legato alle case, manca una politica degli affitti e un'edilizia popolare. Ma questi sono problemi nazionali, dove un Comune, senza l'aiuto del Governo non può intervenire. Uolter ha introdotto i Buoni Casa per le famiglie che non riescono a pagare l'affitto, Uolter cerca e ha cercato la riappacificazione politica tra destra e sinistra (e quando bruciano la lapide di Verbano vorrei dirgliene quattro al compagno Uolter).

Ma torniamo al PD. Sarà lui il segretario, sarà lui il leader di una coalizione sgangherata senza capo né coda. Ma Uolter ha la mia fiducia e sono convinto che riuscirà a dare una sterzata al Paese. Anzi, credo che la sua candidatura rilancerà anche la riorganizzazione dell'ala sinistra dell'Unione. Un'occasione così non possiamo farcela scappare. Modello Roma sia. Vai Uolter, uomo del fare.

Sabato siamo a pranzo con Silvio Berlusconi

Sveliamo l'arcano. Venerdì saremo a Milano per il concerto di Vasco Rossi. Ma sapete con chi abbiamo appuntamento sabato a pranzo, in qualità di bloggers? Con Silvietto nostro. Ci saranno rimasti male Macchianera, Luca Sofri e tutti gli altri. Ma è stato proprio Silvio a scegliere noi. Lo ha fatto dopo la lettera in romanesco che gli dedicammo qualche mese fa e soprattutto dopo tutto lo spazio che gli abbiamo concesso in campagna elettorale violando ogni norma in merito. Possiamo affermare che il recupero delle ultime settimane prima delle elezioni è tutto merito nostro. E Silvietto lo sa.

Il 16 giugno La Stampa ha pubblicato una notizia che ha gettato nel panico la blogosfera:

"Nei giorni scorsi il capo dell'opposizione ha preso appuntamento a Milano con uno dei più importanti ideatori di blog che gravitano attorno alla grande casa madre che fa capo alla sua famiglia, la Mondadori".

Bene, siamo noi. La notizia sulla Mondadori è stata usata solo per depistaggio. Del resto ce lo meritiamo: gli abbiamo dedicato tanti e tanti di quei post. Una volta lo abbiamo pure rimpianto, nel mitico post aridatece il nanetto. Abbiamo già pronti alcuni appunti da fargli, ma se avete qualche curiosità scrivetele nei commenti: per prima cosa gli diremo di togliere l'oroscopo e la descrizione della sua personalità dal sito di Forza Italia perché fa ridere:

"Silvio Berlusconi, nato a Milano il 29 settembre 1936, Bilancia. Come la maggior parte dei nati sotto questo segno è un personaggio comunicativo, capace di forti passioni e amori profondi. Carismatico, grazie alla grande adattabilità e al talento innato, spicca in attività che lo portano di fronte al grande pubblico, ha ottime capacità di giudizio, di analisi e di sintesi, costruisce ogni ragionamento con logica stringente, riesce a conferire chiarezza a ogni argomento".

Gli chiederemo se alla fine si è convinto che le elezioni le abbia vinte davvero il centrosinistra visto che il riconteggio dei voti ha stabilito che quelli di distacco sono di più di quelli dichiarati dal Viminale. Poi ci dovrebbe spiegare come sarebbe stato possibile un golpe... Dell'opposizione, un po' difficile insomma. E poi caro Silvietto, visto che adesso si è separato pure Fini vogliamo farla finita di fare i moralisti cattolici e magari la smettiamo di leccare il culo ai vescovi?

Una volta puntualizzate tutte queste cose però (magari anche una parolina su Previti e Dell'Utri, va...) dovrò anche fargli le mie scuse perché aveva ragione: insomma non che se tornassi indietro voterei lui, anzi rifarei quello che ho fatto nella cabina elettorale. Però aveva ragione a dire che quelli sono un disastro: sono un disastro perché fanno esattamente quello che faceva lui, però lo fanno in maniera subdola. Alla fine del pranzo gli chiederò di dare lavoro in tv a un paio di persone in gamba che conosco, anzi gli dirò di affidargli proprio tutto il palinsesto. E poi non lo so, perché alla fine da un pranzo con Silvietto può venire fuori di tutto, magari ci presenta la figlia. E chissà che non vada d'accordo con Ste (sapevo che anche lui amava i tacchi, soprattutto quelli che indossa per sembrare più alto), che non decida di venire a Cuba con noi il prossimo Capodanno e che magari si compri la Lazio, ma su quest'ultima forse mi metterei in mezzo. Ovviamente il conto sarà cosa nostra...

«Sembrava una macelleria messicana» (Pulp Fiction)

Dice l'ex vice questore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma Michelangelo Fournier che la scuola Diaz, a Genova, durante il G8 del 2001 sembrava una macelleria messicana. Dice che c'erano pezzi di cervello in giro e schegge di cranio, fiumi di sangue e tizi moribondi distesi in pozze rosse.

Dice la gente, gente come me, che si sveglia la mattina come me e che si lava i denti come me, magari usando lo stesso dentifricio consigliato dai dentisti, dice questa gente che a luglio 2001, a Genova, se la sono cercata. Dicono ragazzi della mia età, e dell'età che avrebbe Carlo oggi se non fosse stato barbaramente assassinato dallo Stato Italiano, che quel ragazzo di 45 chilogrammi con in mano un estintore di 6 costituiva un gravissimo pericolo per il Defender dei carabinieri e che, dunque, quegli stessi uomini armati bene hanno fatto ad ucciderlo e poi a passarci sopra con le quattro ruote motrici, avanti e indietro, come in quelle battute che uno fa quando per la strada incontra qualcuno d'antipatico: "Ora lo investo e poi gli ripasso addosso pure in retromarcia".

Dicono tanti, alcuni lettori di questo stesso blog, che se uno alla mattina si sveglia e, invece di mettersi a tracolla lo zaino, indossa un passamontagna, allora quello è un tizio pericoloso per la società e che quindi giustamente deve andare ammazzato in Piazza Alimonda. Dico io che uno che alla mattina si mette un passamontagna, invece di scrivere un cartello con la colomba della pace, quello è solo un ragazzo che ha scelto una vita diversa da quella di tutti noi che, invece - e legittimamente - a fronte di un grande dissenso scriviamo, ci insultiamo, gridiamo in televisione. Dico io che uno che lancia un estintore addosso a una camionetta zeppa di uomini armati, ebbene, non è un eroe, è un coglioncello con un'aspettativa di vita assai inferiore della mia, ma è tuttavia una persona che ha avuto il coraggio di fare qualcosa che altri, diversi da lui, preferiscono limitarsi a pensare, a giudicare, a sognare arrotolando le lenzuola nei pugni.

Uno che lancia un estintore di 6 chili da 10 metri di distanza verso una camionetta è uno che la sera dovrebbe tornare a casa a guardarsi i quiz di Gerry Scotti, non morire ammazzato e ripassato in padella da sassi interlocutori e pneumatici in retromarcia. Dice che la verità piano piano sta venendo fuori e dico io che saranno in pochi, alla fine, a potersi guardare allo specchio, tra interpreti dello scandalo e semplici commentatori dello stesso. Dice l'ex vice questore aggiunto del Primo Reparto Mobile di Roma Michelangelo Fournier che oggi s'è pentito ma che allora non riuscì a dire le cose che invece adesso sì. "Durante le indagini non ebbi il coraggio di rivelare un comportamento così grave da parte dei poliziotti per spirito di appartenenza", ha confessato finalmente in aula a Genova, rispondendo alle domande del pm Francesco Cardona Albini. Io dico che lo spirito d'appartenenza è legittimo: non mi sento di criticarlo. Per spirito d'appartenenza storcerei la verità io stesso, se per esempio si trattasse di calcio, ma non lo so cosa farei se dal mio spirito o non spirito d'appartenenza dipendesse la verità di un fatto che resterà per sempre tra le pagine più nere della storia italiana.



Dice l'ex vice questore aggiunto eccetera eccetera: "Arrivato al primo piano dell'istituto ho trovato in atto delle colluttazioni. Quattro poliziotti, due con cintura bianca e gli altri in borghese stavano infierendo su manifestanti inermi a terra. Sembrava una macelleria messicana. Sono rimasto terrorizzato e basito quando ho visto a terra una ragazza con la testa rotta in una pozza di sangue. Pensavo addirittura che stesse morendo. Fu a quel punto che gridai: 'basta basta' e cacciai via i poliziotti che picchiavano".

Dicono tantissime persone che allora fu tutta colpa dei black bloc, ma anche di tutti i ragazzi come Carlo i quali invece d'andarsene al mare, in fondo era luglio, scelsero di scendere in piazza a manifestare, anche violentemente. Chi dice così generalmente lo dice, appunto, stando in spiaggia al mare, steso sulla sabbia calda, dietro la Gazzetta dello Sport, oppure al lavoro, in cravatta e completo gessato e io penso che così sia troppo facile. Allo stesso modo, per esempio, potrei dire che non capisco affatto tutte le persone che la mattina s'alzano alle 5 del mattino, anzi potrei aggiungere che per me chi s'alza alle 5 del mattino è proprio un gran coglione e dovrebbe smetterla subito perché non glielo fa fare nessuno, anzi, se uno di quelli che s'alzano alle 5 poi, per caso, finisce ammazzato sotto un treno, ben gli sta: ma, appunto, sarei io a dirlo, e io sono uno che male che va, per lavorare, si deve alzare alle dieci, ripeto: male che va, al massimo una volta o due al mese può darsi che debba prendere un aereo la mattina presto, ma comunque sia la paga che ricevo per tutto questo è talmente più alta di quella riconosciuta a quelli che s'alzano alle 5 che facilissimo sarebbe per il sottoscritto continuare a riferire di costoro come dei perfetti cretini.

Io dico che chi dice così di quello che accadde a Genova oggi dovrebbe arrossire. Dice invece l'allora questore eccetera: "Intorno alla ragazza per terra c'erano dei grumi che sul momento mi sembrarono materia cerebrale. Ho ordinato per radio ai miei uomini di uscire subito dalla scuola e di chiamare le ambulanze". Dico io che per fortuna certe cose piano piano stanno uscendo fuori e noi siamo anche qui per ricordarlo, di tanto in tanto.

Qui sotto un video importante con le testimonianze dei "sopravvissuti" alle torture inflitte all'interno della Scuola Diaz che titoleremo: "Mi costringevano a urlare Che Guevara figlio di una puttana". (diffondete, per dio)

L’uomo venuto con la Porsche bianca e il patto col Diavolo

Azouz che scende dalla Porsche Carrera bianca, con la giacca bianca e il pantalone bianco, a me fa venire i brividi. Dice il Corriere della Sera che sulla V aperta della camicia, forse bianca anch'essa, tra qualche pelo rado e la pelle scura, si stagliava un medaglione d'oro, uno di quello dei grandi divi e, dice sempre il Corriere, che quel medaglione era composto dalla fede nuziale e dalla foto del bimbo. Moglie e figlio di Azouz, quello della Porsche bianca, camicia bianca, giacca bianca e medaglione, sono stati trucidati a sprangate e a coltellate dai vicini di casa, qualche mese fa, nella tragedia delle tragedie, quel massacro di Erba che ha fatto impallidire pure Novi Ligure.

Azouz che scende dalla Porsche bianca davanti al Coconut, questo piccolo locale della provincia di Erba, e si ritrova con Lele Mora, col tronista Alessandro di Pasquale e il calciatore Gabriele Rodrighiero, mi fa attorcigliare le viscere come una stella filante soffiata perché l'avevamo detto, tutti quanti, che quello lì ce le aveva tutte per diventare carne da reality, l'avevamo detto subito, già alle prime interviste, mentr'egli si schermava dietro gli occhiali da sole a specchio, e poi pure dopo, l'avevamo detto, nei salottini televisivi di Mentana e Vespa, seduto sulle poltrone, intento a rispondere a domande cretine di giornalisti cretini, e l'avevamo definitivamente desunto ancora più tardi, quando cedette le immagini del funerale della famiglia per una cifra spropositata a un settimanale rosa. Tra il partito di quelli che in qualche modo deve pure campare e il partito di quelli che uno così si meriterebbe le fiamme dell'inferno, Azouz godone ha già stipulato il patto col Diavolo, dove il Diavolo veste anche lui di bianco, ha sfiorato la galera, vanta un paio di procedimenti penali in corso e si chiama Mora Lele. Mora Lele, di professione agente dello spettacolo, ha dichiarato che Azouz è un bellissimo ragazzo e che da cosa può nascere cosa, anche se nella televisione, per carità, la bellezza mica è tutto. Da par suo l'uomo che ha visto il proprio figlio e la propria moglie sciogliersi di sangue nel salotto di casa ha mangiato ostriche e pesce crudo, tutto rigorosamente offerto dal ristorante Coconut, gentilezza questa ben più che calcolata, se si pensa che per la magica serata il Coconut stesso ha fatto registrare il tutto esaurito e, addirittura, come racconta il proprietario, s'è dovuta rifiutare la prenotazione a decine e decine di richiedenti, e dopo essersi ripulito le labbra e aver rifiutato un amaro, l'uomo che da par suo ha visto il figlio e la moglie eccetera eccetera, non si è nemmeno negato agli autografi e alle fotografie, perché si sa cosa succede alla gente quando viene a sapere che c'è il divo sottocasa: rinuncia agli impegni e scatta foto ricordo.

Lui stesso, Azouz, ha dichiarato che Lele è un amico, me l'ha presentato Fabrizio Corona e mi è stato vicino nel momento del dolore, confessione, questa, che, dopo i soliti brividi, m'ha fatto pensare a un sacco di cose, quasi nessuna positiva, intanto a una, facile facile, che vi espongo immantinente: perché, nel momento del dolore e, nella fattispecie, nelle ore successive a un ematicissimo massacro che ha coinvolto tutta la tua famiglia, dai primissimi rami dell'albero genealogico fino alle ultime gemmazioni, ecco, perché in quei momenti lì, tra tante persone, al tuo capezzale di uomo finito dovrebbe accorrere Lele Mora? Perché questa cosa è successa? Come mai Lele Mora s'è tuffato nel dolore di un uomo? E perché quest'uomo, privato dell'intera vita sua da un paio di fendenti di coltello, avrebbe dovuto accettare, certograzieperchéno, i servigi d'una specie di Divino Otelma ripulito, piombato chissà come e perché mai in quel di Erba con alcuni cadaveri ancora caldi stesi sul tavolo di marmo?

Un'altra domanda che io vorrei porre a questo signore, a cui è andata tutta la mia partecipazione emotiva, mesi fa, mentre veniva accusato, solo perché extracomunitario, mezzo negro, parliamoci chiaro, d'aver massacrato lui i propri cari, un'altra domanda vorrebbe essere la seguente: Azouz, la Porsche Carrera bianca, ce l'aveva anche prima dell'assassinio della famiglia? Perché se la rispota è no, se la risposta è certo che no, la Porsche Carrera bianca è stato un legittimissimo contentino post-trauma, semmai consigliato dallo psicologo di Costanzo, se una strage di Erba qualsiasi porta nel garage del sopravvissuto una Porche Carrera bianca e un contratto con Lele Mora, vale a dire i medesimi servigi che arreca al fortunato la partecipazione ad un reality, allora io non mi sento tanto bene e posso dire con illuminata certezza che questo mondo avrebbe bisogno di una bomba atomica. (o, comunque sia, fatemi sapere a chi mi devo rivolgere per avere indietro la mia partecipazione emotiva)

La proposta di Sofri è una cagata pazzesca

Care persone del Comitato per il Partito Democratico,

mi risolvo a scrivervi perché non mi riconosco nel disagio colto da chi già vi ha scritto una prima proposta. Il mio disagio è ben più grande e riguarda la natura stessa del Partito Democratico.

Sono decisamente un italiano, decisamente fra i venti e i quarant'anni, e ritengo che la politica italiana sia imbalsamata da una serie imbarazzante di atteggiamenti che accomunano e racchiudono, senza soluzione di continuità, tutti gli schieramenti attualmente rappresentati in Parlamento.

Ritengo inoltre che il Partito Democratico non sia un'occasione per restituire la giusta vitalità a una vita politica che va di pari passo con il Paese, un Paese in cui la questione morale non è mai stata veramente risolta.
Ritengo che sia un'inguardabile accozzaglia di idee, messa insieme alla meglio con l'unico obiettivo di conservare lo status quo.

Pertanto, no, non aumentate il già ridicolo numero di 45 "persone" (tutti nomi già visti e stravisti) che comporrebbero questa sorta di direttorio di una cosa che non trova accordi su alcun tema fondamentale, fra quelli che dovrebbero costituire un programma politico. Non rendetelo di 55, né di 65, 75, ma neanche di 35 o 25. Non coinvolgete nel vostro progetto - come in una riserva protetta, come le ridicole quote rosa - under 40 che fra vent'anni saranno come siete voi adesso.

Provate, piuttosto, a esprimere un leader, a prevedere quote per persone competenti, a recitare un ruolo politico diverso per questo misero paese che si ritrova, anche per colpa vostra, in una situazione di ridicola e estenuante campagna elettorale permanente.

Questa proposta, al momento, la firmo solo io: non fate il Partito Democratico.

Il miglior governo di centrodestra possibile è quello guidato da Prodi

Un anno di Governo Prodi e poco sembra cambiato in Italia. O meglio, poco sembra cambiato per chi nel cambiamento credeva davvero. Perché quello attualmente in carica si sta rivelando davvero un ottimo governo di centrodestra. Ministri preparati e responsabili guidati però da un premier poco autoritario. Ecco, con Berlusconi presidente del Consiglio questo sarebbe il miglior governo di centrodestra possibile. Gli stessi elettori della Casa della Libertà dovrebbero riconoscerlo: in questo anno appena trascorso possono lamentarsi davvero di poche cose. Iniziamo dalla politica estera: al di là degli equilibrismi lessicali del Ministro degli Esteri, poco è cambiato nella strategia. Parlare di segnale di discontinuità con il passato alla luce anche degli ultimi avvenimenti è davvero esagerato. La missione in Iraq sarebbe finita anche con il governo Berlusconi, così come quella in Afghanistan avrebbe avuto lo stesso tipo di rinforzo annunciato dal Ministro Parisi poche settimane fa. Sul Medioriente c'è stato un giusto riequilibrio nei rapporti con Palestina e Israele molto apprezzato da alcuni settori della destra, mentre il 9 giugno il criminale di guerra George W. Bush verrà ricevuto a Roma da Prodi con tutti gli onori. Cosa c'è di nuovo? Nulla.

La politica economica: la legge Biagi è ancora lì, anzi non se ne discute minimamente. La Finanziaria è stata contestata da un'ampia parte della società civile. Le fasce di reddito introdotte per un nuovo calcolo delle trattenute Irpef hanno avuto l'effetto di togliere potere d'acquisto alle buste paga dei dipendenti, che le tasse le pagano da sempre. Ma i conti oggi sono in regola: dicono che ci sia un tesoretto da spartirsi, reclamato a gran voce da Confindustria. Settori come la scuola, la ricerca e il pubblico impiego intanto sono in agitazione da mesi e difficilmente dopo i continui proclami di questi giorni rinunceranno allo sciopero fissato per le prossime settimane. Le pensioni? "Nessuna riforma", ha detto il Ministro Padoa Schioppa: o si trova l'accordo entro giugno oppure resta tutto così com'è, ovvero con la Legge Maroni. Alla faccia di tutti quelli a cui avevano promesso di abolire lo scalone.

Legge elettorale? Niente, tutto fermo. Anzi, si cerca il consenso degli stessi che meno di un anno e mezzo fa hanno fatto passare a colpi di maggioranza la cosiddetta legge porcellum, quella che ha fatto precipitare il Paese in una fase di instabilità politica senza precendenti. Conflitto d'interessi, l'altro cavallo di battaglia dell'Unione? Tutto come prima, anzi nel disegno di legge su cui si sta lavorando è stato tolto l'emendamento sull'ineleggibilità "perché - parola di Viceministro - non si può rinunciare all'apporto di personalità importanti che così bene hanno fatto alla società come Montezemolo o Della Valle".



Legge Bossi-Fini: modificata, anzi stravolta, con la nuova Legge Ferrero. Peccato che i Cpt siano ancora al proprio posto, mentre la parte relativa all'autosponsorizzazione favorisce il traffico di schiave, ma tant'è. Che dire poi dei Patti per la sicurezza? Più potere ai Prefetti sul territorio, dichiarazione di guerra a rom e rumeni, perché gli stessi imprenditori che risparmiano sui loro guadagni appaltando lavori a ditte più piccole (che fanno lavorare gli extracomunitari in nero) sono stufi di vedere le prostitute per strada. Ai rom andrebbe invece riconosciuto il Premio nobel come popolo superiore: a chi può venire in mente di fare soldi rivendendo rame rubato dai cavi elettrici?

Liberalizzazioni: la riforma tanto apprezzata di Bersani qualche effetto positivo sembra averlo apportato. Il settore più colpito al momento è quello della telefonia mobile. Per i consumatori ci sono stati dei vantaggi: costi di ricarica azzerati e maggior tutela nei contratti. Ma il resto? Assicurazioni e banche hanno sempre posizioni dominanti mentre assurdo appare il braccio di ferro con i benzinai. Liberalizzare la vendita dei carburanti non favorisce un abbassamento così sensibile dei costi: e poi bisogna tener presente che i guadagni dei gestori di pompe di benzina sono ridicoli rispetto al tipo di lavoro usurante e al rischio di vita che corrono quotidianamente custodendo soldi che appartengono allo Stato. Meglio non affrontare la questione taxi: quella che la scorsa estate sembrava una svolta nel settore, con l'abbattimento dei privilegi di una corporazione, è praticamente morta sul nascere.

Che fare di questo governo allora? La risposta può essere solo una: un mese di tempo. O passa l'accordo con i sindacati sulle pensioni o inevitabilmente Rifondazione Comunista, PdCI, Verdi e Sinistra Democratica hanno il dovere di farlo cadere. Per rispetto di tutti quelli che ad aprile 2006 votarono con il naso tappato, e che oggi non sopportano più Ministri comandati a bacchetta da Santa Romana Chiesa. L'indulto sì (con i voti di Forza Italia) e i Dico no. Non era questo quello che avevano promesso. Non è questo quello che si dice cambiamento. Non è questo un governo di sinistra.

Vi considerate persone virtuose?

Per motivi che non mi risultano chiari, io non mi ritengo una persona virtuosa. Tutt'altro. Io non sono una persona virtuosa: se fossi virtuoso, mi comporterei diversamente in un sacco di circostanze.

Invece ho tutto dell'uomo non virtuoso: inclinazione al tradimento, passione sfrenata per la bugia, cinismo. In più dico molte parolacce, ogni giorno che passa parlo sempre più in romanaccio, e sono invidiosissimo. Sono invidioso a morte dei successi degli altri: si potrebbe dire che io, semplicemente, non riesca a concepire l'idea di un successo che non sia il mio. Conoscenti, sconosciuti o amici: nella quasi totalità dei casi, davanti al successo di uno, mi giro dall'altra parte, come minimo, molto più spesso faccio finta di niente e poi ne sparlo rigorosamente alle spalle. Quando si tratta dei cari amici, allora il sentimento d'odio riesce a scemare in una rispettosissima indifferenza coatta: si potrebbe dire, a una più attenta analisi, analisi che sto facendo, in effetti, proprio in questo momento, che a me, del prossimo in quanto tale non me ne frega un cazzo. Le ingiustizie mi percuotono l'anima come una frustata di un fantino sul dorso di un cavallo - mi sto mettendo nei panni del cavallo adesso - eppure giammai, di fronte a tale frustata, io-cavallo mi metterei a galoppare più velocemente. Non fa per me: l'unica reazione che riesco ad avere, concreta, tangibile, immediata, evidente è questa, questa che sta formandosi orora sotto i vostri e i miei occhi: la scrittura. È l'unica cosa che riesca a fare davanti alle ingiustizie. Scrivere. Poco virtuoso, dunque, e per giunta egoista.

Altri esempi che mi vengono in mente: prima di addormentarmi guardo insulsi programmi televisivi, oppure le pubblicità porno su Diva Futura Channel, invece di - come un virtuosissimo farebbe - mettermi a leggere libri, libri che, attenzione, eppure io mi porto a letto, alla stregua d'un impotente che serba fino all'ultimo alla bellissima donna il segreto della propria inutilità sessuale, pur di darsi un tono, pur di non perderla. Conduco con me i libri al giaciglio notturno già sapendo che non li aprirò, che preferirò la compagnia della televisione o delle foto di Cuba che ho appese davanti: mi mento da solo sapendo di mentirmi. E' questa la cifra della mia non-virtuosità: voialtri siete virtuosi? Io no, eppure ho tutta quest'alta considerazione di me stesso che mi porta un sacco di antipatie, perfino la mia.

Ammiro gli evidentemente virtuosi che mi girano intorno, ma li guardo come le zebre allo zoo: darei loro volentieri da mangiare. Queste persone incredibili che non mandano mai affanculo gli altri dalla propria macchina, che fanno sedere le vecchiette sugli autobus, che sono tanto gentili con tutti, che arricciano le labbra quando sentono parlare male degli omosessuali, dei transessuali: a me, è solo un esempio, quando è uscita fuori la polemica di Sircana con tutti che dicevano che bisognava anche pensare alla dignità dei transessuali, ché i transessuali non sono tutti prostitute (prostituti?), ecco io non potevo fare a meno di pensare che non me ne fregava niente. Non è che non me ne freghi niente dei transessuali in assoluto, però, che vi devo dire...? Ok, sentite, se questo è un post sulla non virtuosità, allora tanto vale che la dica tutta, perciò va bene, sì, effettivamente a me non me ne frega niente dei transessuali e, se devo proprio andare fino in fondo, sappiate che mi fanno anche un pochino schifo: non è che cambio marciapiede, ma insomma, poco ci manca. Non m'importa delle quota rosa, sono orgogliosamente maschilista, non m'importa del riscaldamento globale, non m'importa delle cose che invece importano alle persone virtuose.

E i blogger! Ci sono certi blogger virtuosissimi che io li invidio a morte, nel senso che proprio li eliminerei dalla faccia della terra per l'invidia che provo nei loro confronti: questi blogger che si prendono la briga di salire su aerei e treni e andare a questa cosa nuova, adesso, del Web 2.0, i BARCAMP, vanno ai BARCAMP, i blogger virtuosi, e si mettono ad elargire la propria scienza, il proprio know how a chicchessia, quando invece io, che virtuoso non sono, il mio know how me lo tengo bello stretto o, se proprio sono costretto a elargirlo, lo elargisco a pagamento, mai gratis.



Invece ai BARCAMP ci si vuole tantissimo bene e tutti si preparano delle conferenze e gli altri stanno a sentire e poi, il giorno dopo, si ringraziano a vicenda sui rispettivi blog e certuni pubblicano anche le foto su flickr, così che uno possa curiosare e scoprire quel famoso blogger che faccia ha, eccetera, però mai nessuno, dico MAI, che scriva di cosa ha parlato tal dei tali, mai, mai nessuno, vi sfido a cercare l'eroe, nessuno che sia tornato da un BARCAMP e che abbia fatto sapere qualcosa dei CONTENUTI.

Mi pongo dei limiti, va bene. Rifiuto la frode, l'omicidio, i BARCAMP, il falso in bilancio, Luciano Moggi, ma resto un non virtuoso. Ecco, se dovessi dire, io non sarò mai come Luciano Moggi: il moggismo corrisponde alle colonne d'Ercole della mia non virtuosità che, attenzione, è cosa ben diversa dall'amoralità. Un amorale può compiere qualcosa di aberrante, un non virtuoso non se ne prenderebbe neanche la briga, figuriamoci la responsabilità. Un amorale è Lele Mora, un non virtuoso è Bobo Vieri e io, se permettete, preferisco Melissa Satta a Daniele Interrante. Amorale è costringere la gente ad andare ai BARCAMP per sentire un blogger parlare: io sto a casa e i CONTENUTI ve li potete leggere comodamente seduti, mentre fate cadere molliche di pane dalle labbra. Non è virtuoso, ma è comodissimo. Volete mettere?

Buffet

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Più simpatico di uno scivolone della Regina Madre, più divertente di una rissa al pub. Thank you, Ciccsoft!
(The Times)

Una lieta sorpresa dal paese delle zanzare e della nebbia fitta. Con Ciccsoft L'Italia riacquista un posto di primo piano nell'Europa dei Grandi.
(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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