Archive for the 'Attualità' Category

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Per un nuovo miracolo italiano

D'altro canto, già il 6 aprile, in una conversazione tra gli imprenditori Francesco Maria De Vito Piscicelli, direttore tecnico dell'impresa Opere pubbliche e ambiente Spa di Roma, associata al consorzio Novus di Napoli e il cognato Gagliardi si capisce che c'è attesa per le mosse di Balducci sugli appalti: "Alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c'è un terremoto al giorno". "Lo so", e ride. "Per carità, poveracci". "Va buò". "Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto".

da Repubblica.it - La cricca degli appalti

Appunti da rileggere tra almeno dieci anni

Secondo me andrà così:

1. Il cinema punterà sempre di più sul malefico 3D e già dai prossimi due o tre anni i film di animazione delle grandi major saranno quasi esclusivamente tridimensionali.

2. Gli occhialini 3D diventeranno un oggetto di massa e la gente si comprerà i suoi da indossare quando va al cinema

3. Con l'avvento dell'alta definizione televisiva anche i programmi tv saranno trasmessi via via sempre più spesso in 3D

4. Verranno eliminati del tutto gli occhiali 3D o inglobati all'interno delle lenti da vista per chi è portatore di occhiali o lenti a contatto. Una sorta di trattamento extra della lente da vista che consentirà di essere già predisposti alla visione di proiezioni 3D.

5. Quando questo succederà, se avrò comprato occhiali 3D, avrò manifestato l'esigenza di farmi le lenti da vista con il 3D incorporato, o se in ogni caso dalla cazzo di tv uscirà la facciona di Berlusconi in tre cazzo di dimensioni, uccidetemi senza alcuna pietà nel modo a voi più congeniale.

Predicare bene

Da un'Ansa delle 14.05:

Con in mano i volantini per difendere il crocifisso, un attivista della Lega Nord Liguria si e' fatto scappare una serie di bestemmie stamani a Genova durante una animata discussione con un passante che la pensava diversamente.

. ti regalo un post

Posso dire che tutto questo spopolare del libro di Brondi mi sta facendo venire l'orticaria. Non ci metto il punto interrogativo, perché non ho bisogno di chiedere il permesso. Sgrat. Conservo molto orgogliosamente la copia del suo manoscritto quandoancoranonerafigo (il manoscritto, non lui), con la prima pagina di carta assorbente da forno che nella borsa mi si è stropicciata tutta, con la forma scomoda e improbabile e le figure molto autentiche dei fogli con la sua vera calligrafia. Sgrat. La conservo gelosamente, all'interno ci sono perfino due gambi di papaveri (seccati) da questa primavera in un giorno di particolare ispirazione artistico-fotografica - poi abortita. Ogni tanto quando riapro il libro questi due gambi vengono fuori senza petali e sembrano delle zampe di cavalletta molto lunghi: ogni volta ho paura. Conservo e mi domando: come mai quest'odio e quest'orticaria per questo spopolare del libro di Brondi (edito tutt'oggi da Baldini/Castoldi, altro che fogliazzi riciclati di carta igienica di seconda mano)? Forse perché vorrei essere pubblicata anche io da Baldini e Castoldi? O forse - e io sono più propensa per questa ipotesi - le cose che sono mie sono mie e basta e non devono essere di nessun altro perché ho l'esclusiva sulle cose che trovo molto belle e da quel momento vorrei che sprofondassero nell'0blio generale a parte qualche raro momento in cui IO decido di farle tornare a galla e farvi attingere a tutti ma solo con le dovute maniere e a piccole dosi ecco sì, senza esagerare. Punto interrogativo. Ma non troppo, perché in fondo so la risposta a questa domanda. Sono gelosa di molte cose. Della mia canzone preferita, e anche di Vasco Brondi, a quanto pare, e del suo manoscritto quando ancora si poteva chiamar tale - mano/scritto, scritto a mano, partecipato, stuprato, partorito in via Croce Bianca (dico bene?) che sarebbe il vicolo di Ferrara, io ci sono stata, dove alla fine trovi il Korova, che adesso è il bar dei due fratelli di Vasco Brondi che lavorano facendo a gomitate con gli articoli di giornale incorniciati, le teche, gli altari benedetti, i poster, i videofilmati, i distinti saluti sulle cartoline autografate dal loro stesso fratello minore. Quello che prendevano a schiaffoni da bambino. Quello che gambizzavano quando non si sopportava. Ecco sì, secondo me QUEL manoscritto è nato secondo una sequenza di passeggiate dalla macchina al Korova, nelle fredde notti di dicembre-gennaio a Ferrara. Dico questo augurandomi che Vasco Brondi non abbia avuto un pass o un tagliandino apposito per parcheggiare DIETRO al Korova e non fare più di dieci passi per andare a lavorare, togliendosi così tutto il gusto che invece abbiamo noi, dico noi, che per andare a trovarlo chiuso per ferie, beh, anche andandolo a trovare chiuso per ferie, ci facciamo tutta Ferrara, vicoli, vicoluzzi e vicoletti per un totale di cento chilometri quadrati lungo le strette vie illuminate. Questa é Ferrara. Questo è Vasco Brondi? Era sicuramente Vasco Brondi sì, con i guanti tagliati in cima e le dita scoperte (i fili sì, erano pezzi di maglia tranciati male), e anche se ne sto dando un'immagine insopportabilmente emo punk che sicuramente Brondi non è mai forse stato a parte il periodo del gruppo che aveva al liceo (voci di corridoio), mi piace immaginarmelo così. Così che cammina nel freddo e nel gelo, soffiandosi sulle mani congelate. Mancano dieci giorni al suo ventiduesimo compleanno, la sua ragazza é appena partita per Parigi, in cui, dice, non volano mosche, è sabato sera e davanti al Korova si riuniranno gruppetti di adolescenti poco più piccoli di lui che vorranno bere parlare mangiarsi le unghie attaccar bottone far saltare bottoni ruttare vomitare e poi andare a casa, che domani ci si ha l'appuntamento con il mal di testa domenicale. Non so se avete mai visto le stradine della vecchia Ferrara: ecco, sono puntellate di sassi in rilievo, completamente inadatti a scarpe con la suola bassa e poco malleabile tipo Converse, anche se molto più pittoreschi dei sanpietrini a Roma; ecco io mi immagino che Vasco Broni cammina (molto, perché è senza tagliandino) e gli vengono in mente parole, parole, parole alla Mina, gli vengono in mente frasi, frasi, frasi, concetti - poi improvvisamente uno di quei sassi in rilievo delle stradine vecchie lo fanno inciampare e i discorsi si compromettono: "e i tuoi capelli che sono..." ... "nastro isolante" ... "c'è un incendio..." "nei bar". Per una prosa poesia di squisiti versi alla cazzo, che si sposano benissimo e che ci fanno piangere, come se io adesso dicessi oggi ho pensato molto ... ai destini degli elettricisti ... che mangiano dei gelati troppo sciolti ... e i tuoi occhi ricolmi di soli. Sono capace anche io di fare Vasco Brondi, ma in quel manoscritto, con la sua calligrafia tremendamente brutta e incomprensibile, ecco in quel pezzetto rilegato alla peggio, Vasco Brondi era solo un povero coglione che inciampava nelle proprie emozioni come facciamo tutti noi e andava a lavorare com'è giusto che sia, ma era anche un tizio, ecco, sì, un tizio che a me sarebbe piaciuto frequentare, pur nel suo spastico esprimersi e nel suo impostato modo di parlare e soprattutto nel suo modo di leggere così uguale. Era uno che a fine serata cercava di tenere insieme i fogli con le mollette e di venderteli o magari di regalarteli, basta che gli offrivi una vodka, sua grandissima passione. Cosa voglio dire, cosa sto dicendo? Non voglio fare la nostalgica, e nemmeno la moralista. Quella che dice "Ah Brondi era meglio quando non era Brondi". E chi era, allora? Oppure dire: il successo cambia tutti. E' un concetto sdoganato, e comunque fa bene lui, a campare col suo unico talento: mettere in fila parole molto belle. Vasco Brondi, per me, è uno che ha fatto molto l'amore col vocabolario. Lo Zanichelli è il suo migliore amico, e come si fa a non voler bene a uno così?  Non sto dicendo niente, su Vasco Brondi, la metà di queste frasi le sapevate già tutti. Sto dicendo che sono gelosa del suo manoscritto prima che lo scoprissero: è diverso leggerlo in quei fogli stupidi, invece che sul libro carino ordinato (e con una copertina orribile) di Baldini e Castoldi. La morale di questa storia è che dovete svegliarvi tutti. Ma a piccole dosi, però, come quando e quanto lo dico io. Poi basta. Sono gelosa delle cose che ritengo belle, perché ormai di cose belle ce ne sono rimaste poche, bisognerebbe per giustizia, secondo me, riazzerare tutto e ridistribuire le preziosità: a te i libri, a te i testi di Vasco Brondi, a te la neve, a te l'esclusiva di dire Sono stato sulla luna! Mi sono persa tra i miei stessi cosavolevodire: non lo so. A questo punto potrei e dovrei premere seleziona tutto e poi fare canc, liberare questo impaccio, togliermi da quest'impasse - per dirla alla Battisti. C'erano alcune cose che volevo dire: che le cose che amiamo ci costringono ad un continuo andirivieni di odio-amore; e che mi dà fastidio che ora la gente legga Vasco Brondi sul libro edito da Castoldi e Baldini, perché dov'eravate fino a ieri?

L’italiano del secondo medioevo

Noi italiani del Secondo Medioevo possiamo essere definiti come dei cretini abusivi, senza un'opinione propria, ma bensì una costruita e rubata alla tv, fatta da salottini tanto falsi quanto trash. Abbiamo paura di essere giudicati, e ci imponiamo un certo stile di vita conservatore, seguendo fittizi e malsani dogmi, solo per apparire. Potremmo chiederci perché noi italiani siamo indietro rispetto alla normale evoluzione del resto del mondo. Sembra che con la seconda guerra mondiale noi abbiamo vissuto l'apice del nostro fallimento come sanguisughe, e inevitabilmente da allora siamo tornati indietro, al posto di maturare ed evolvere, ignorando o uccidendo chi nel corso della storia aveva le idee e la personalità di darci un carattere istituzionale. Siamo indietro. Si vede da ciò che guardiamo in tv, o che i campi intellettuali come la lettura e il teatro e il cinema, sono beatamente ignorati, e non leggiamo e non andiamo a teatro e al cinema andiamo a vedere Boldi e De Sica.

Ma perché tutto ciò? Io penso che la colpa sia fondamentalmente nostra. Possono esserci molti stimoli negativi, tuttavia siamo comunque un paese che permette di formarsi come meglio si crede, e queste mie parole controcorrente sono la dimostrazione. Nonostante questa libertà, però leggo che ben l'80% della popolazione si informa tramite la tv, il che spiegherebbe l'inutilità di legarsi al dito le notizie sbagliate, acquisendo quelle che saranno le nostre opinioni riguardo un argomento da talk show trash quanto il sacchetto d'umido. Posso citare del recente dibattito delle croci nelle scuole, come esempio lampante; esso, infatti, manifesta il pensiero conservatore che accomuna l'80% di italiani, che non è credente per davvero, che mai è andato in chiesa (sfiderei a dire che chi va in chiesa poi guarda scorreggiare in diretta quelli del grande fratello), ma che difende, dovesse morire, quel pezzetto di legno nelle aule. Esso ormai non rappresenta più il cristo, ma l'ignoranza di cui gli italiani sono fieramente pieni nel legarsi alle loro idee antiche e del tutto sbagliate, dettate come messaggio subliminale da ciò che per lui è una giusta informazione. Ma certamente la tv, ma anche le istituzioni, sono intelligenti sotto questo punto di vista. Infatti noi cretini non seguiamo la giusta idea, ma la semplice idea espressa da un parlatore che è tanto bravo a parlare da ipnotizzarci.

Quindi non crediamo a meno che non creda chi ascoltiamo. E la religione, come la tv, è un chiaro esempio di specchietto per le allodole. Non mostrano lati negativi della medaglia, ma solo idee che permettono al cittadino cretino medio, di seguire il pensiero comune senza troppi dubbi. A esempio, al catechismo non ti dicono che la data di nascita di Gesù è stata scelta non prima del 240 d.c., così da un giorno all'altro. E dalla scatola magica arrivano a porsi delle domande profonde nei loro salottini, con l'illusione di creare un intrattenimento intelligente, e maturo, discutendo a volte anche argomentazioni interessanti, in modo da far sentire il telespettatore sensibile e umano. Tutto per illuderci di essere ciò che vorremmo. Domenica pomeriggio, a Domenica In, per esempio, si parlava dell'esagerazione nell'aver mostrato in tv persone trans in questo periodo. Domanda profonda, a prima vista intelligente e sensibile. Ma vedi se gli stessi si chiedono del perché nella stessa tv dei trans non c'è l'ombra di una persona di colore. Insomma all'italiano non importa nulla di tutto ciò. Il suo è un finto interessamento al mondo, perché la mentalità da eroe l'abbiamo esaurita, e ora siamo solo zombie che seguono una cosa senza chiedersi troppo il perché. Direi di svegliarci, ma sarebbe inutile, perché fondamentalmente siamo un popolo pigro, e non ditemi che esagero.

Sguardi sulla Côte d’Ivoire

cote

L'Africa, perché:

Il mese è ottobre, l'anno, il 2009. Come tanti europei, giovani, studenti, ho scelto anch'io di andare in Africa, in parte per una ricerca sul campo, in parte per motivi personali che tendiamo a considerare meno elevati che però spingono spesso le persone a viaggi altrimenti non programmati, a esplorare con occhi nuovi, quasi a trarre dall'esterno nutrimento per la vita interiore. Quindi, l'Africa, dove tutto è iniziato, alla ricerca delle radici del vivere e della verità letta nei volumi universitari. Per capire, profondamente, per esperire.
Dunque, la Côte d’Ivoire: un paese che sta uscendo lentamente e a fatica da una crisi economica che ha interrotto i sogni della società civile e che ha acuito i conflitti interni sfociati in una lunga guerra civile.

Ad Abidjan:

IL LAVORO - Mi trovo ad Abidjan a casa di amici che lavorano per la missione ONU, per intervistare politici, rappresentanti delle istituzioni internazionali, ma soprattutto della società attiva ivoriana, a proposito del loro vissuto, della situazione attuale e delle prospettive del paese. Al pari di ogni politico navigato, il presidente della Sorbonne (sorta di Agorà, o Speaker's Corner a tema, dove molti giovani si riuniscono per sentire comizi sulla situazione nazionale e temi collegati, tenuti da rappresentanti di istituzioni o semplici cittadini) ci fa notare l'importanza delle parole nel designare i vari gruppi attivi nella regione. Per gli ivoriani la cd. “società civile” è legata ideologicamente ai partiti o viene da questi sovvenzionata, mentre le ONG e le altre organizzazioni indipendenti si definiscono membri della “società attiva”.
Contrariamente a quanto immaginato, fare interviste in questo paese è molto semplice e gli ivoriani sono felici di rilasciare dichiarazioni e dibattere con “occidentali” interessati alla loro situazione.
Abidjan è la capitale economica e per ora sede delle principali istituzioni ivoriane, in attesa di una ripresa e soprattutto del disarmo delle FAFN (Forces Nouvelles), il gruppo armato ribelle che controlla provvisoriamente il nord del paese, che renderà possibile il trasferimento delle attività rappresentative e diplomatiche a Yamoussoukro.
Le sedi dei partiti del paese sono tipiche case a un piano, con giardini ben tenuti e arredi anni '70. Nessuno fa eccezione, tranne la sede del partito di maggioranza del presidente Laurent Gbagbo, che è ubicato in un palazzone di cemento in uno dei tanti quarteri popolari della città ed è sorvegliato da un quintetto di militari armati di kalashnikov che sonnecchiano sulla porta ma prontamente si risvegliano per introdurre i rari visitatori all'interno. I controlli constano generalmente di una sola domanda: avete appuntamento? cosa dovete fare? E si viene portati nell'ufficio della persona contattata. Come spesso accade, molto rumore per nulla.

IL CONTESTO - La prima volta in Africa, ogni cosa appare nuova, genuinamente. Per la prima volta sono immersa in quelle forme e quei modi di vita già sentiti nei racconti di chi c'è stato, letti o visti in televisione e in fotografia. E' un atteggiamento che cerco di mantenere in ogni viaggio, ma qui non è necessario uno “sforzo” consapevole.
So di non trovarmi in un paese che ha mantenuto viva la tradizione delle popolazioni riunite dagli europei nel confine di un'entità artificiale poi chiamata Côte d’Ivoire, in nome di un'Ivoirité, un'identità fittizia ma funzionale alla creazione dello stato-nazione, imposta dall'alto dal trentennale presidente e padre della patria (in qualità di capo del governo, proclama l'indipendenza della Côte d’Ivoire nel 1960) Félix Houphouët-Boigny. Tuttavia, la Côte d’Ivoire è paradigmatica di molti stati ex-coloniali che oggi chiamiamo, a dispetto della loro reale condizione, in via di sviluppo. La Côte d’Ivoire, infatti, oggi mostra i segni del fallimento di uno sviluppo basato su un modello liberista fragile, in quanto legato alla produzione ed esportazione di alcune materie prime (nella fattispecie cacao e caffè), che con il crollo dei prezzi avvenuto negli anni 70 in seguito a trasformazioni dell'economia mondiale ha trascinato tutto il sistema economico in una crisi profondissima cui non si sono sapute dare risposte adeguate. Nel nord del paese, da sempre tenuto ai margini della grandeur e del benessere della parte meridionale, si assommano poi i segni lasciati dalla distruzione di villaggi ed edifici pubblici durante la guerra civile e dalla migrazione di persone verso luoghi più sicuri.

LA CITTA' - Abidjan, oggi capitale informale del paese sembra, come ogni altra città sovraffollata del mondo, avere un ritmo autonomo, e di quel ritmo e con quel ritmo pare costringerti a vivere. La mattina tra le 7 e le 9 inizia il rumore assordante del traffico, fatto di mezzi pubblici e grossi fuoristrada piuttosto che di carrette private. Il clima è umido e lo smog si fonde con l'aria satura di umidità... Alzando lo sguardo da qualsiasi punto della città si scorgono ovunque gli ultimi piani dei palazzoni anni 60 e 70, della perla di Africa occidentale, accanto a quelli che ci sembrano mostri urbani (edifici concepiti come fenomeni isolati, ammassati senza alcun rispetto per le architetture circostanti) usciti dalla penna di qualche architetto europeo. Intorno, cumuli d’immondizia urbana esalano un odore penetrante e caratteristico, oleoso, che impregna l'aria e si avverte appena scesi dall'aereo. Una caratteristica che resta e torna alla mente inscindibile al ricordo ai paesaggi di questa città, fatti di venditori di strada, donne che vendono arachidi e banane abbrustolite ai lati delle strade, taxi Toyota Corolla quasi tutti di almeno 15 anni che sfrecciano senza alcun rispetto per i tanti pedoni, né per le regole di circolazione ordinata, quartieri vip abitati dalla galassia bianca che lavora per le organizzazioni internazionali e sede di negozi di vario genere e ristoranti, poi i quartieri dalle case basse e dalle vie che si contorcono tra le bancarelle dei mercati dove la gente tuttora trascorre le giornate degli ivoriani, dei libanesi...
La città, che si estende nella bellissima laguna che dà sul Golfo di Guinea, digrada dal Plateau, quartiere dei grattacieli, la Manhattan ivoriana, verso l'interno, dove vi sono le case basse dei cittadini africani, in cemento poi, più a margine, la baraccopoli. Dal quartier generale dell'ONUCI, ci fanno notare, si può scorgere l'inizio della baraccopoli al limite della città.
Nonostante non vedano di buon occhio i “bianchi”, tuttora simbolo del colonizzatore, gli abidjanesi sono molto disponibili a dare informazioni, aiutare in ogni modo, cercare taxi, riempirti la borsa della spesa... Inizialmente è un po' imbarazzante (specialmente per chi è abituato a far da sé...).
Le grandi strade esterne a 3 corsie, retaggio dei tempi d'oro della presidenza Houphouët-Boigny, che costeggiano Abidjan sono il regno delle auto e delle “discriminazioni di ritorno” dei tassisti che praticano un prezzo nero e un prezzo bianco per la stessa tratta che va comunque contrattato prima di salire in auto (e che generalmente subisce variazioni al rialzo all’arrivo: il modo per arginare questo comportamento sarebbe far accendere il tassametro, ma essendo probabilmente tarato su prezzi in vigore anni fa, le corse risulterebbero più case e purtroppo ci si adegua visto che le finanze degli studenti come si sa non sono mai floride) e danno a tratti sulla laguna, sui palazzi delle varie istituzioni, sulle molte caserme (“gendarmerie”, “police”,...), su campetti da calcio di periferia. Insomma, gli stradoni si somigliano un po' tutti.
La città a quanto vedo sembra essere lo specchio riuscito del sentimento degli abidjanesi. Sono profondamente antifrancesi eppure imbevuti di francité, sia nel loro modo di intendere il nazionalismo, sia nella grandeur che vorrebbero per il loro paese. Insomma, questo popolo, almeno in quest'area del paese, ha fatto della sua cultura un mélange inestricabile con quella del colonizzatore.
Musica e arte risentono molto di questa caratteristica. L'artigianato che noi definiremmo etnico è qui importato dal Mali e la musica è quella moderna che circola in tutto il mondo. Per sentire musica tradizionale si fa ricorso alle tradizioni di altri paesi, specialmente congolese (che gli abidjanesi riconoscono immediatamente). A detta di tutti i locali con cui ho avuto modo di parlare, di qualsiasi età ed occupazione, gli ivoriani, nonostante tutto, sono un popolo che “s’amuse”, balla e canta, e le malinconie suggerite dai ritmi di certe musiche tradizionali non gli interessano.

(continua...)

Senso dell’umorismo e libertà di stampa. (un altro post in aggiornamento)

Prima di narrare le mia gesta in questa soleggiatissima domenica ferrarese dedicherò un paio di righe ancora alla giornata di venerdì.

La sera decisi infatti di concedermi un calice di Nero d'Avola prima del concerto di Vasco e mi recai quindi da Zuni.

Dentro al locale si stava svolgendo la presentazione di una mostra di fumetti molto carina, organizzata dalla casa editrice Ernest. La cosa davvero davvero bella, oltre ai fumetti, che erano realizzati in modo artigianale, con copertine in cartoncino e etichette fatte a mano, era la moltitudine di palloncini che volteggiavano per la stanza, reggendo il volantino di presentazione dei fumetti. Davvero adorabile.

Oggi sono di nuovo a Ferrara con appena cinque ore di sonno. Ri-gulp.

C'è sole, c'è caldissimo e soprattutto c'è tanta, ma tanta, ma tantissima, ma proprio una marea di gente.

Pensate che poco fa, davanti al Teatro Comunale c'erano non una, ma ben due file! Una per la conferenza delle 14.30 sull'Asia e una, della stessa lunghezza, per la conferenza delle 16.30 con Saviano (che comunque sarà trasmessa in video conferenza anche al Cinema Apollo).

Io, questa mattina, sono arrivata un po' tardi e la conferenza che volevo seguire sull'Unione Europea era già piena, così ho ripiegato su quella sulla Crisi con Tito Boeri e Bill Emmott. Che dire? Tito sarebbe sicuramente un ministro dell'Economia molto più affascinante di Tremonti, e probabilmente anche più capace, ma tant'è.

Mentre cercavo di dormire sul comodo balconino vellutato del Teatro Comunale, cercando contemporaneamente di seguire la discussione, pensavo anche ai futuri sviluppi di questo Festival. Ma aspetto la fine della giornata per pronunciarmi dettagliatamente. E sono talmente stanca già ora che credo immetterò l'ennesima dose di caffeina della giornata nel mio gracile corpo.

Ah, il Trattato di Lisbona è passato, anche se Bill Emmott non era d'accordo!

Telegrafica

Buone notizie: molto interessante e suggestiva l'installazione Male magnum Male nostrum di Dario Lazzaretto.

Cattive notizie: niente spillette di mr. Wiggles.

Giochiamo al piccolo economista (senza rovinare nessuno!)

Io la vedo brutta
(Loretta Napoleoni)

Nel 2007, prima edizione di Internazionale a Ferrara, arrivai qui con un drappello di amici e, nell'ordine, vidi:

- un pezzo del cappello di Gipi,

- una coda da cancelli di San Siro per il concerto di Springsteen al cinema Apollo per l'incontro precedente a quello di Marjane Satrapi (maledetti imbucati, al momento buono non c'era più un posto neanche a piangere),

- un pezzo del mento di Pier Andrea Canei allo Zuni,

- Tullio De Mauro con l'impermeabile e il passeggino doppio dei nipotini gemelli.

Fine. Bello, eh?

Quest'anno no, quest'anno ho deciso di impegnarmi: niente programmi utopici, niente tentativo di vedere tutto, ma un programma razionale che preveda un po' meno bar, code più razionali e selezione preventiva degli incontri.

Oh. Si vede che sono doventata grande.

E infatti sono uscita ora dall'incontro con Loretta Napoleoni, 'Tutto quello che volete sapere sulla crisi e non avete mai osato chiedere'. Io a Loretta Napoleoni la amo. Perché da umanista oltranzista quale sono, la leggo o l'ascolto e mi si spalanca l'empireo della comprensione. Così è stato anche oggi. Certo, l'argomento principale delle domande non permette di dare risposte definitive e immutabili. Ed è anche un po' rassicurante, per una testa poco analitica come mia, vedere che anche il mondo dei numeri, dell'economia globale e delle banche non può essere regolato e definito da dogmi immutabili. Che ci sono delle variabili, un sacco, e che ogni tanto impazziscono.

O forse no, non è rassicurante. E' un po' terribile.

Loretta Napoleoni ha parlato di crisi che si ripetono sostanzialmente uguali negli anni a causa di modelli che non mutano, di necessità osservare attentamente le potenze economiche emergenti, come la Cina, senza paura e senza la tentazione di rifugiarsi nel protezionismo, per provare a cambiare veramente qualcosa.

E io ho capito, giuro. Che bello.

Programma del pomeriggio: pranzo senza farsi spennare (ahah) e incontro con Paul Ginsborg e Marc Lazar moderato da Gad Lerner. Andiamo a farci venire un fegato grosso così.

Far partire una rivoluzione dal supermercato di Sesto San Giovanni. (un post in aggiornamento)

Salve a tutti! Esordisco sulle pagine di questo blog in modo totalmente improvvisato. Cosa che, tra l'altro, mi si addice perfettamente.

In questo momento mi trovo nella sala stampa del Festival, cercando di darmi un'aria professionale, con millemila taccuini e foglietti, l'accredito in bella vista sulla maglietta e la mia borsa immensa (la quale, tra l'altro, si è rotta stamattina mentre correvo verso il treno delle nove, che è partito proprio sotto i miei occhi) e chiedendomi: "Ma qualcuno di questa redazione istantenea si sarà impossessato della sciccosissima cartellina grigia contenente tutte le biografie di tutti gli ospiti? Potrò chiederne una in più?". Sono curiosa e mi esalto con poco, davvero.

Per ora la situazione è calma, le code non sono ancora cominciate, ma prevedo un pomeriggio di fuoco (e il sabato e la domenica saranno sicuramente peggio, ma ciò, in fondo, è un gran bene per il paese).

Le cose a cui sto pensando sono:

  • oggi si vota in Irlanda sul Trattato di Lisbona e il mio buon proposito per la giornata sarà capire esattamente di cosa si tratta e sicuramente in questa amabile occasione troverò persone che ne sanno;
  • Internazionale da questo numero cambia grafica. Vorrei comprarlo per vedere per bene com'è ma mi sono promessa di non prelevare e di vivere fino a stasera con settanta centesimi;
  • prima, mentre seguivo la prima conferenza, Mihai Mircea Butcovan, scrittore romeno, parlava dei discorsi che sentiva davanti a lui alla cassa del supermercato, e mi è tornata in mente la signora che mesi fa incontrai sull'autobus mentre andavo in facoltà. Questa signora era un condensato degli stereotipi di destra più indistruttibili (gli stranieri, i kebab, gli studenti che fanno degrado, le badanti che rubano il lavoro ai nostri figli, i nostri figli che dovranno chiedere l'elemosina agli immigrati, ecc...) e parlava con tanta, tanta cattiveria. Non mi parevano neanche opinioni, le sue. Mi parevano cattivi sentimenti e basta. Mi sarebbe piaciuto averla di fianco, per sentire che ne pensava della conferenza che stavo ascoltando. Dicevano, gli scrittori che parlavano al Cinema Apollo, che una volta gli italiani non erano infelici come adesso. E io ci credo.
  • leggo dal twitter di Internazionale che poco fa David Randall era seduto sul divano in pelle qui dietro. gulp!

Tramite questo aggiornamento delle ore 19.00 posso aggiungere che:

  • La mia vita a Ferrara si svolge tutta in via Ragno, davvero.
  • Ho partecipato, oltre all'incontro di questa mattina dal titolo Italieni, indovina chi viene a cena. Quando lo straniero entra in famiglia. , anche all'incontro con il sig. Randall, che stamattina si crogiolava sul divano qui dietro. Si parlava di Citizien Journalism. Il caro David ci ha mostrato e ha commentato i video spediti dai lettori di Internazionale. E grazie a uno di questi video ho scoperto che i due pilastri della mia alimentazione, ossia le patate e il caffè, contengono, in certi casi, una sostanza cancerogena che si chiama acrilamide. Sono spacciata!
  • Cominciano a formarsi le prime, lunghissime code davanti al Cinema Apollo. Se non sapete come ingannare il tempo potete prendere qualcosa di buono da bere. Le alternative sono due, a seconda della lunghezza della vostra coda. Se la vostra coda è lunghissima dovreste trovarvi all'altezza di Zuni. Vi consiglio lo spritz, che è buono perchè il boss  di Zuni è veneto. Se siete più fortunati e la vostra coda è più corta, c'è un locale dall'altro lato di via Ragno, che mi pare si chiami Clandestino, ha organizzato una vendita di vino d'asporto. wow! In ogni caso non temete, la coda sembra lunga, ma poi molta gente riesce a entrare.
  • Mi scuso per i sicuri orribili errori che sto producendo. Ma questi computer sono lentissimi e mi snervano e non ho voglia di rileggere.

Buffet

Le migliori foto di LondraNote sparse su alcune cose curiose
trovate a Londra

Le migliori foto di Berlino Do not walk outside this area:
le foto di Berlino

Ciccsoft Resiste!Anche voi lo leggete:
guardate le vostre foto

Lost finale serie stagione 6Il vuoto dentro lontani dall'Isola:
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I migliori album degli anni ZeroL'inutile sondaggio:
i migliori album degli anni Zero

Camera Ciccsoft

Si comincia!

Spot

Vieni a ballare in Abruzzo

Fornace musicante

Cocapera: e sei protagonista

Dicono di noi

Più simpatico di uno scivolone della Regina Madre, più divertente di una rissa al pub. Thank you, Ciccsoft!
(The Times)

Una lieta sorpresa dal paese delle zanzare e della nebbia fitta. Con Ciccsoft L'Italia riacquista un posto di primo piano nell'Europa dei Grandi.
(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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