Archive for the 'Non catalogati' Category

Page 3 of 67

.

Man mano che scorrono le ore si avvicina inesorabile la fine della vita terrena di Eluana Englaro.
Se ne rende conto lei? Lo sa? Aspetta con ansia da diciassette anni questo momento? E' un vegetale? Soffre? E' assente?
Sono domande che per me sono senza risposta ed onestamente invidio chi ha risposte certe su quest'argomento tanto da affermare senza remore di sorta che "quella non è vita".
La verità è che nessuno potrà mai sapere se Eluana in questo momento sente qualcosa. 

La cosa che più mi fa impressione è che in questo momento si parli di una persona in stato vegetativo in termini "la mia margherita fiorita sul balcone è più viva di Eluana", così, senza riflettere sull'enormità di queste parole, denigrando uno stato in cui vivono migliaia di persone in Italia, persone diversamente abili, confinate in un letto per sempre o per periodi limitati, dipendenti in tutto per tutto dai propri cari o dalle associazioni di volontari.
Perdendo totalmente di vista quello che è il senso della battaglia legale condotta dalla famiglia Englaro la centralità del discorso viene spostata su un piano che non mi piace per nulla. Quello che porta la gente comune a pensare che in fondo dopo tutti sti anni i genitori di Eluana, poveri cristi, abbiano il diritto di disfarsi della melanzana in cui si è trasformata la loro figlia perchè vivere così non è dignitoso. I commenti e le opinioni in questo senso si sprecano, basta farsi un giretto in internet.

La questione invece è diversa, totalmente diversa, qui non si tratta di definire se Eluana è viva o meno, perchè per quel che riguarda il rapporto di Harvard è viva, sennò il problema non si porrebbe e la spina sarebbe già stata staccata da un pezzo se solo ci fosse una spina da staccare. Non si tratta neppure di stabilire se è uno stato dignitoso o meno di vivere, perchè trovo concettualmente aberrante dire che una persona in stato vegetativo non merita di vivere.
E non si parla neppure di Eutanasia, perchè eutanasia è altro, Eutanasia è la dolce morte, non lasciare un corpo agonizzare per settimane senza acqua e cibo, Eutanasia sarebbe forse più civile, ma non si sta parlando di Eutanasia.

 Qui si parla del diritto di un paziente di rifiutare le cure nel caso vengano ritenute inutili.
Ci sono tre gradi di giudizio che hanno accertato la presunta volontà pregressa di Eluana di non voler rimanere intrappolata in un letto e trattandola come una paziente normale tramite un tutore e un curatore speciale le hanno dato voce e le hanno fatto esprimere la volontà di rifiutare le cure.
Ora posto che nel caso di Eluana le cure in questione sono cibo e acqua e l'immagine di una persona che muore di sete è sempre di per sè atroce lei ha diritto di rifiutare queste cure, legalmente la situazione è ineccepibile, e nessuno può bloccarla, neppure cambiando tutte le costituzioni di questo mondo.

Il problema è che questa è la battaglia di Eluana, per se stessa.
Non dei pro-life, non dei pro-eutanasia, non della Chiesa Cattolica, non delle associazioni di diversamente abili.
Eppure si è visto come è facile cadere nelle provocazioni della Chiesa e profundersi in commenti su cosa meriti o meno di essere chiamato vita, commenti che non è lecito fare se non in forma strettamente personale parlando di se stessi visto che dove un uomo si permette di dire a un altro che la sua vita non è degna di essere vissuta c'è sempre il rischio di pericolosissime derive ideologiche.

Purtroppo la realtà è più dura e crudele e la realtà dice che fino a prova contraria Eluana è viva e morirà in una maniera atroce perchè è l'unico appiglio che le ha lasciato la legge italiana per fuggire dal suo stato che tre gradi di giudizio han ritenuto per lei insopportabile.
Per lei. Non per tutti quelli come lei.
Lei ha deciso di scendere e nessuno può fermarla.

Ma invece di soffermarsi su questi aspetti ed assistere con silenzioso cordoglio alla dolorosa fine di questa ragazza ci si perde in discorsi più grandi e più pericolosi, assumendo posizioni nette dove dovrebbe regnare una scala di grigi, rimanendo scoperti su fronti diversi rispetto a quelli su cui ci stavamo difendendo.

E il peggio deve ancora venire.

L’Allegro Massmediologo

Leggendo Un'altra notte dei cristalli mi vengono in mente una slavina di altre annotazioni simili. 
Brrrroom. Una cascata di avvenimenti in fila.
Quante volte è già successo che la notiziabilità di un fatto superasse l'importanza o la gravità dell'accaduto?
Quante volte l'uso pianificato di una notizia ha sacrificato eventi intervenienti? 
Se questo argomento un po' vi interessa, se questo argomento un po' vi spaventa, se forse già ci avevate fatto caso chè non è argomento da luminari nè da illuminati come invece viene fatto credere, allora vi andrebbe di giocare per una settimana all'Allegro Massmediologo?
Le regole sono semplici, il kit anche.
 
L'ALLEGRO MASSMEDIOLOGO
 
#1
Dunque, 
intanto procuratevi un bloc-notes che vi dia un tono, penna abbinata. 
Poi, verso l'inizio della vostra settimana sceglietevi:
1. una notizia feticcio, vi seguirà per tutta la durata del giuoco
2. l'orario in cui pensate di poter guardare un TG di qualsiasi rete, meglio se due/tre, per almeno 4 giorni della settimana
3. tre giornali di carta
4. due giornali online
 
#2
Una volta svolte le prime indicazioni, annotate con perizia:
a. le quotazioni della notizia che avete adottato: se ne parla di più, se ne parla di meno? in che modo? qual è l'evoluzione naturale dei suoi spostamenti su carta, tg und so weiter (prima pagina, titolo d'apertura ecc)?
b. l'ordine delle notizie nei TG. Ci sono TG nei quali il gossip vale più di tre esplosioni atomiche a Berlino Bruxelles Beirut, altri invece che riescono a mantenere ancora un barlume di dignità informativa. Scrivete l'ordine, scrivete i titoli delle notizie e tranquillizzate i vostri coniquilin* o genitori, dire loro che state compilando un form per un quiz troppo yeah. A volte funziona. A volte no, ma è divertente lo stesso. Uh, ricordatevi anche di certi espedienti come il panino, ovvero opinioni politiche organizzate per convenienza cognitiva in esponente di maggioranza - opposizione- maggioranza con riassunto. 
c. la disposizione degli articoli cartacei. Lo spazio che occupano è direttamente proporzionale all'importanza che la linea editoriale della testata dà alla notizia. Se alcuni giornali pubblicano la faccia di Benedetto XVI in formato A0, e non per schernirlo come potrebbe succedere in altri quotidiani, forseforse non è per tappare i buchi di una prima pagina troppo grande. Riportate quali e quante notizie scivolano progressivamente dalla prima all'oblio, oppure quelle che si srotolano quotidianamente come episodi di una soap. Scrivete anche i titoli, o il contenuto, o quello che nell'articolo è rilevante.
d. controllateli, 'sti siti. Non più di tre volte al giorno, ma solo per evitare di perdere ogni contatto con la vostra realtà. Anche lì, l'ordine delle notizie, e magari, anche quante volte girano i gossip e i link ad altre baggianate. 
 
#3
Ora, dopo una settimana che farete questa cosa, se la farete, potreste ricavare da voi qualche conclusione, e magari comunicarla attraverso Ciccsoft. 
Non si vince nulla, neanche una caramella. 
Però - e questo è certo-, potrete vantare un'esperienza da studiologo impegnato e lamentarvi con savoir-faire del sistema mediatico italiano. E senza nemmeno studiare Scienze della Comunicazione amici!
Impagabile.
 
(questo post è stato scritto senza che nessun albero sia stato abbattuto e non è stato testato su student* di Scienze della Comunicazione)

Google blocca tutti i siti del mondo dannosi

In questo momento, alle 15.45 del 31 gennaio 2009, Google, il più importante motore di ricerca del mondo, è completamente BLOCCATO da qualche tipo di bug che impedisce l'apertura di qualsiasi sito indicizzato al suo interno come potenzialmente DANNOSO.
Ogni sito tramite ricerca da Google è IRRAGGIUNGIBILE, anche, paradossalmente, Google stesso. L'intera rete mondiale è potenzialmente "dannosa" ed irraggiungibile tramite motore di ricerca. Il mondo si ferma.

La pagina che esce ad ogni ricerca

La pagina che esce ad ogni ricerca

Chiave: Google

Chiave: Google

Chiave: Barack Obama

Chiave: Barack Obama

Chiave: Ciccsoft

Chiave: Ciccsoft

Meg Ryan, Billy Boyd, New York.

[Dedicato a chi ha pensato,

almeno una volta nella vita,

che non poter morire per amore

sia un peccato.]

Meg Ryan, se la guardi bene, ma molto bene, attentamente, e col cuore leggero, assomiglia spaventosamente a Billy Boyd, l'attore che ha interpretato, tra gli altri, Pipino, nella Trilogia de "Il Signore degli Anelli". Ha la stessa boccuccia a triangolo e i medesimi occhi, un identico naso adunco e perfino in certi atteggiamenti Meg Ryan ricorda tantissimo Billy Boyd. Recentemente, rivedendo "Harry ti presento Sally", mi sono subito reso conto di due cose: la prima è che Meg Ryan e Pipino sono identici, la seconda è che io amerei incondizionatamente, e più di qualsiasi altra donna della realtà o del cinema, la Meg Ryan di "Harry ti presento Sally", nonostante in certe espressioni, soprattutto quando piange e ordina al ristorante o si abbassa gli occhiali sulla punta del naso, o sorride ironicamente di qualcosa che in realtà non la fa sorridere per niente, diventi identica a Billy Boyd, verso il quale non nutro alcuna passione sentimentale. Quella Meg Ryan lì, solo quella Meg Ryan lì, è fantastica: non so se Rob Reiner, il regista, fosse innamorato di una donna simile quando, insieme ai suoi collaboratori, scrisse la sceneggiatura del film, io glielo auguro perché deve essere semplicemente bellissimo amare una donna in grado di indossare dei pantaloni a scacchi con tanta disinvoltura, comunque sia resta il fatto che io una così la prenderei e comincerei, tutti i giorni, ad auspicare di essere esattamente l'uomo fatto apposta per lei fino a sfiancarmi. La corteggerei così forte da farmi uscire il sangue dal naso.

Quella Meg Ryan lì io credo di amarla, proprio di amarla, come un ragazzino può amare la Stella della Senna, o Creamy, Lamù, o uno di quei personaggi dei cartoni animati in calzamaglia. La amo con la consapevolezza che non esiste una femmina del genere, perciò il mio sentimento è purissimo, incondizionato, senza tentennamenti. E' un amore letterario, ideale, catastrofico. Quando sorride, quella Meg Ryan lì, e dalle labbra sottili spuntano solo le gengive e quasi mai i denti, a meno che il sorriso non sia veramente largo, e lei non sorride mai a tal punto, ebbene io la amo, senza dubbi. La amo di quell'amore che uno ne deve parlare con gli amici migliori subito, quella sera stessa, offrendo da bere a tutti, senza neppure sapere se si tratta di un amore ricambiato o meno. Amo quella Meg Ryan lì che ogni volta che sta per baciare qualcuno si blocca, come un cerbiatto che ha appena scoperto il proprio riflesso nell'acqua, e spalanca gli occhi perché si è ricordata di qualcosa e allora il bacio, quel bacio che stava per scoccare, un bacio importante o un bacio qualunque, si blocca, si interrompe, viene rimandato, come tutte quelle conversazioni che vengono spezzate dall'arrivo di un cameriere e mai più riprese.

Amo quella Meg Ryan lì, la amo in tutte le posizioni che lei mi obbliga a cambiare sulla poltrona mentre guardo "Harry ti presento Sally" e sono a disagio, in imbarazzo per tutto il tempo che improvvisamente mi pare di aver perduto dietro ad altre donne, la amo mentre ordina un Bloody Mary sull'aereo, tre quarti di succo di pomodoro e solo una spruzzatina di vodka, mi raccomando, solo una spruzzatina, la amo, la adoro, stento a tenere gli occhi da qualsiasi altra parte che non sia il suo viso, quando dice a Billy Christal: "Sembri una persona normale, invece sei l'angelo della morte".


Improvvisamente sono in un museo delle cere, un museo delle cere incredibile, dove invece dei vari George Clooney, JFK, Adolf Hitler, Marlon Brando e Paris Hilton, sotto i faretti ci sono le sagome realistiche di tutte le donne che mi sono fatto piacere e in questo museo pazzesco ci sono io che giro intorno a queste statue di cera, mentre i turisti giapponesi scattano fotografie col flash nonostante i divieti appesi alle pareti. Ci sono io che guardo tutte queste statue di cera di donne che ho conosciuto, toccato, amato, le osservo, le studio e mi accorgo che tutte quante sono parafrasi di quella Meg Ryan lì, delle imitazioni, ognuna di loro ha almeno un vezzo, un pregio e un difetto di quella Meg Ryan lì, solo che nessuna è veramente come lei. Nessuna di loro riesce ad essere bellissima, attraente e imprevedibilmente femmina, essendo al contempo la fotocopia di Billy Boyd, il Pipino di Peter Jackson. Deve esserci una sala segreta in questo museo delle cere dell'altro mondo, anzi c'è di sicuro perché ci sono appena entrato dentro, e in questa sala segreta si possono fondere in un enorme calderone ribollente tutte le statue di cera delle donne che m'è parso di amare e il risultato che viene fuori da un bocchettone di rame è un'altra statua di cera identica a Billy Boyd, solo che non è Billy Boyd ma è quella Meg Ryan lì, quella del film, e io sarei in grado di cominciare immediatamente ad amare questa creatura strana, magra e incapace di mantenere lo stesso taglio di capelli per più di sei mesi e di indovinare un modello di pantaloni decente. La prenderei sotto braccio e la porterei via dal museo delle cere pazzesco, inseguito dai turisti cinesi e dalle guardie di sicurezza.

Dev'essere anche New York che me la fa amare in tal modo, non dico di no. Quella Meg Ryan lì è immersa in questa New York per la quale impazzisco. New York, d'altra parte, è la città che quando ci ripenso mi sembra di starmene lì a ripensare a una donna. Perciò mi succede in tutti quei film in cui New York è in qualche modo anche lei la protagonista, di innamorarmi perdutamente dei personaggi che vi si muovono all'interno: ogni volta che c'è una panoramica sull'Hudson River, sulla baia, sulla fila di moli romantici e invecchiati, i "pier", dietro i quali si alzano le più moderne forme di civiltà e progresso, mescolandosi in un modo che non lo so nemmeno io come ma funziona benissimo, mi viene da abbracciarmi da solo come una di quelle eleganti signore infreddolite che camminano al vento, appena uscite da un locale chiccoso dopo un té caldo. Mi viene semplicemente da sospirare e dire: "Ah..." con tutta una serie di puntini sospensivi. New York è la città più bella, romantica, fredda, caotica, incantata e disincantata, crudele e accogliente che abbia mai visto, il posto che mi ha fatto sentire più a mio agio tra tutti quelli in cui sono stato, e credo che non sia molto diversa da una donna stupenda che ogni tanto assomiglia anche a Billy Boyd. Mandano note di Jazz dentro gli Starbucks, per dire. Quella è gente che sa come farti passare una bella giornata, ecco.

New York sa fare di questi giochetti, perciò dev'essere anche merito suo se amo a tal punto quella Meg Ryan lì. C'è una scena del film in cui lei e Billy Christal stanno parlando a Central Park e l'inverno è appena cominciato e ci sono tutte le foglie che girano e io lo so che quelle foglie sono state scaricate da poco da tizi in uniforme, lo so che ci sono enormi ventilatori per il vento e so che dietro quella faccia che io amo ci sta anche tutta una serie di persone, registi, truccatori, sceneggiatori, produttori con l'occhio all'orologio, so tutto, è davvero come l'amore, l'amore quello vero, so bene che è tutta una finzione, un gioco delle parti, uno splendido meccanismo che presto o tardi finirà, come tutte le cose belle finiscono, dai cornetti con la crema alla vita, ne sono consapevole, eppure quel vento posticcio, quelle foglie tirate fuori poco prima da giganteschi sacchi neri e fatte venire per corrispondenza dal New England, fanno ai capelli di Meg Ryan qualcosa di REALE che mi obbliga a sbattere gli occhi e stringere il telecomando col rischio di cambiare accidentalmente canale. La guardo, mentre perfino le ciglia mi sembrano amabili, e vorrei telefonarle per dirle dei miei sentimenti. Dirle, ehi Meg, se sei il 15% di quella Meg Ryan lì, allora senti, parliamone, perché io ti amo e non c'è un giorno della mia vita che non passerei architettando il modo per farti stare bene. Davvero dico. Mi senti? Com'è il tempo laggiù? Qui è sempre una merda. E' proprio così che farei, sai Meg? Giocherei con la penna sul luogo di lavoro, schiacciando ripetutamente col pollice il tastino per far venire fuori la punta, clic clac clic clac, e penserei a un modo nuovo per migliorarti la giornata. Lascia perdere che non sono un attore di Hollywood, che non ho un parco macchine da collezionista egiziano, lascia stare: tu devi solo pensare ad essere il 15% della Meg Ryan che interpreti nel film "Harry ti presento Sally" e io ti assicuro, in cambio, un amore perfetto, il primo amore della terra. E sesso, naturalmente. Tanto sesso, oppure pochissimo, anche niente, mai, a seconda di come ti senti.

Ci sono io, sono di nuovo in quel museo delle cere pazzesche. Non so perché ci sia tornato. Forse la Meg Ryan che ho portato via sottobraccio era difettosa e ho intenzione di cambiarla. Forse a un certo punto mi sono stufato anche di lei. Oppure è stata una sua scelta. Magari è l'ansia. L'ansia che io abbia fuso, tra le tante, anche la statua di cera della donna giusta. L'ansia di non essermene accorto. L'ansia, ancor maggiore, che non se ne sia accorta lei. Succede tutti i giorni in tutti i posti che esistono. Non combino granché, stavolta, nel museo delle cere dell'altro mondo. Me ne gironzolo un po' con le mani dietro la schiena e mi allargo due o tre volte il collo alto del maglione perché mi fa pizzicare la barba. Fuori una grande macchina del vento mi sbatacchia sul viso delle bellissime foglie gialle autunnali: sono bucherellate, sembrano fatte di pizzo. Una voce mi dice di andare avanti, un tizio col megafono mi strilla qualcosa. Io non riesco ad obbedire agli ordini. Mi fermo e qualcuno si infuria. C'è uno sbattere in terra delle cartellette e alcuni fogli di appunti volano via. Una voce ordina di spegnere quelle dannate macchine del vento. Proprio così dice: dannate. Resto fermo in questo freddo autunno newyorchese e l'unica cosa che mi riesce di pensare è a quanto rideremmo insieme, quella Meg Ryan lì ed io, se un giorno a cena le dicessi, posando il bicchiere sulla tovaglia bianca, ehi te l'ha mai detto nessuno che assomigli a Billy Boyd?

Essere poveri oggi

Da oggi sarà più facile operare distinzioni un tempo meno evidenti. Grazie alla Social Card ora i poveri saranno finalmente patentati, etichettati definitivamente come p o v e r i, derisi ed umiliati ogni volta che dovranno esibire il loro tesserino di riconoscimento aprendo il portafoglio (vuoto).
Grazie al Governo Berlusconi da oggi potremo distinguere a colpo d'occhio Uomini dalle Donne, Vecchi dai Bambini ma anche, finalmente, Ricchi da Poveri.
I primi li troverete a bordo del loro Suv, mentre esibiscono il Telepass bevendo champagne. Gli altri a piedi, mentre arrancano con la Social Card, pagando un bicchiere d'acqua del rubinetto al bar.

Scopri i meravigliosi vantaggi della tua Social Card e le promozioni a te riservate. Aderisci ai poveri, oggi!

Prendete una giraffa.

Temo di aver capito questo e cioè che la violenza, da un punto di vista squisitamente estetico, è bellissima. Da giorni, ormai, guardo i video degli scontri di Piazza Navona. Quelle scene mi hanno letteralmente rapito, generando in me una sensazione sempre più strana, finché a un certo punto ho pensato che quel tipo di violenza è stupenda perché gode di un'istanza estetica unica. I volti tirati sono bellissimi, la concentrazione, perfino, perché per perpetrare violenza - almeno quella di piazza, intendiamoci, è di quella che sto parlando - ci vogliono grande concentrazione e passione, due elementi che sono stati propri dei guerrieri o dei grandi eserciti di un tempo e che, non a caso, esprimono indiscutibile bellezza.

Di sicuro la violenza è struggente. Perfino i fascisti di Blocco Studentesco che serravano le fila davanti ai bar del cazzo di Piazza Navona, quelli che infinocchiano i turisti con birre a 12 euro, li ho trovati bellissimi a vedersi e mi sono sorpreso, mandando avanti e indietro le immagini, ad invidiarli. Ho invidiato il loro coraggio, la loro unione, sì, soprattutto quella, l'unione, le grida univoche e decise. "Non indietreggiate!", "Che nessuno avanzi! Non siamo qui per provocare!": questo fomento mi ha fatto cambiare posizione sulla sedia, colpito, stordito, improvvisamente, da tanta ammirazione estetica, laddove una persona normale, attraversata da pensieri normali, avrebbe dovuto provare orrore, dissenso o, meglio ancora, fermarsi ad analizzare solo l'istanza ideologica di quanto stava vedendo, non quella estetica, perché quella estetica, spesso e volentieri, come la commozione, l'idolatria o l'eccitazione sessuale, può suggerire pensieri sbagliati, falsati, di parte o, come in questo caso, peccaminosi addirittura.

Ocio: non mi sento particolarmente maschio o aitante nel dire che trovo questo tipo di violenza "di piazza" bellissima. E' più o meno il tipo di emozione che in voialtri potrebbe suggerire la visione di una giraffa durante un Safari: un meccanismo del tutto naturale. Prendete una giraffa. Se a voi piacciono le giraffe - e anche a me piacciono, intendiamoci, la prima giraffa che vidi allo zoo, da bambino, con quella lingua blu lunghissima, mi comunicò una serie di emozioni talmente vasta che la ricordo tutt'ora, dall'orrore per quell'organo molliccio e sproporzionato dentro la bocca, e di un colore pazzesco per di più, all'amore per il collo inverosimilmente lungo, maculato e alieno -, se a voi piacciono questi animali buffi e grandi, allora a me piace, e da morire, l'istanza estetica della violenza. Siamo pari, no? Tra l'altro, mi viene da riflettere, se a voi piacciono le giraffe, è molto probabile che vi piaccia guardare le giraffe e per fare questo, poter guardare le giraffe in santa pace da vicino, anche voi, di fatto, avete avallato una violenza, la violenza di andare da una giraffa e catturarla come King Kong, portarla nel cosidetto mondo civilizzato, nutrirla di croccantini e piazzarla dietro uno steccato. Perciò questo fatto di mettersi sempre lì a dire nooooo allaaa violeeenzaaaaaa, secondo me, è un modo come un altro per dire beebopalula o kjslksdjfldkfj; insomma, occorrerebbe forse rifletterci per più di quei tre secondi, a proposito della violenza, ogni tanto, ed è proprio quello che ho fatto io, osservando ad libitum le immagini di Piazza Navona. Ho riflettuto sulla violenza di piazza, fino a capire perché mi stesse dando tante emozioni. In effetti è molto semplice: la trovavo esteticamente rilevante quanto una tela di Caravaggio. (sarà un caso che i più grandi quadri dell'umanità o sono rappresentazioni religiose o sono rappresentazioni di battaglie?)

Ogni volta che vedo giovani incazzati e violenti, dentro di me balugina un sentore di nuova speranza. Mi metto lì a pensare che, dopo tutto, come già diceva qualcun altro ben più saggio e importante di me, è stata proprio la violenza, nel corso dei secoli, a sistemare le faccende più intricate degli uomini. Mica la pace. La pace è solo una conseguenza della violenza, non un'alternativa. Proprio come una giraffa dietro uno steccato, idolo e sogno di tanti bambini, è la conseguenza di una violenza e una terriricante coercizione avvenuta precedentemente a migliaia di chilometri di distanza. Si potrebbe fare un discorso simile per le Nike che abbiamo ai piedi o per il Nesquik che mettiamo nel latte la mattina: la violenza sta ovunque, atrocemente, però è soltanto quella dei grandi primi piani distorti e immortalati dai giornali che crea scompiglio nelle anime dell'elettore medio; è soltanto l'icona di un volto sanguinante nella folla che brandisce una mazza o un casco per la difesa di un pezzo di territorio che fa fare "no" con la testa ai lavoratori dentro ai tram. Sono solo i tifosi che si assiepano sotto le curve a scatenare l'ipocrita. Giusta o meno che sia e, probabilmente, non dico di no, la violenza è strategicamente una cazzata, resta la questione della Bellezza.

D'altra parte, sentite: siamo bravissimi a frenare ogni capacità critica di fronte a un sacco di altre situazioni, una giraffa in gabbia, appunto, il nuovo modello di Nike, gli abusi certificati della Nestlé; perfino dietro una rosa rossa di quelle che i bangladesi vendono a due euro nei centri storici delle città, perfino lì dietro si nasconde una scia di sangue, abusi, sfruttamenti umani e ambientali che farebbero rabbrividire il nazismo - lo so perché ci ho fatto un documentario per Rai Educational - eppure il nostro spirito critico si fossilizza, in questi casi, non agisce, ci limitiamo all'istanza estetica della cosa, cioè un Luminoso Fiore Rosso che faccia luccicare gli occhioni già belli della nostra spasimante, una graziosa giraffa la domenica mattina, eccetera eccetera, e andiamo avanti lungo i binari piccolo-borghesi della nostra proficua giornata, sentendoci al riparo dallo sguardo di Dio Onnipotente.

Invece, bum, guarda un po', una spranga sollevata in cielo ci sconvolge, le urla dei facinorosi da stadio ci perplimono e ci fanno immediatamente fare un passo indietro per dire: ah no! Io non sono come loro!, e il bello è che lo diciamo andando via camminando su scarpe Nike intessute da undicenni vietnamiti e poggiamo i piedi sull'asfalto dove i nostri Suv fanno più morti dell'eroina. Semmai l'indomani butteremo delle pile alcaline dentro il secchio della carta straccia. Provate anche a voi a mettervi davanti a questo tipo di violenza - la violenza di piazza, quella dei centri sociali e di Blocco Studentesco, o scegliete voi quale - attivando, però, solo la capacità estetica di giudizio, non quella ideologica; ovvero mettetevi davanti a questo tipo di violenza proprio come vi porreste nei confronti di una giraffa, di un paio di Nike o di una rosa rossa e giudicate da voi l'effetto che fa. Poi, giuro, avrete di nuovo il permesso di annodarvi al collo il bel guinzaglietto da Brave Persone che vi siete scelti per fare bella figura davanti al prete la domenica mattina. In fondo siete stati battezzati.

Ritirato dal mercato il farmaco “Xtron”: in molti soggetti causava licantropia

Dopo i nefasti risvolti della pillola Lipobay, foriera di una lunga sequenza di morti spietate, La Bayern torna a far parlare di sé in greve modo, trascinando dietro il suo marchio scudocrociato un nuovo e persistente brivido orrifico. Il suo medicinale Xtron, che in teoria dovrebbe curare l'enuresi adolescenziale associata alla balbuzia di Hamington (i soggetti colpiti balbettano solo i rutti), è stato celermente ritirato dal commercio per tutta una serie di effetti collaterali, che nessuno può esimersi di ritenere intollerabili in una società civile come la nostra, pena l'imbecillità.


Alcuni soggetti, tanto per gradire, hanno manifestato dopo l'assunzione del medicinale un improcastinabile desiderio di esibire il proprio scalpo, affacciandosi dalla Safety Car, durante un gran premio di Formula Uno, gridando a squarciagola: "Fuck The Police!".
Si sa di alcuni ragazzi che dopo una breve cura col Xtron supposte, hanno avuto la spiacevole disavventura clinica di ritrovarsi con la rapida crescita di un nuovo cervello in un posto irriferibile, vicino al glande e allo scroto.

Ma di certo, l'effetto collaterale che al solo pensiero procura immediati attacchi di panico, anche in soggetti privi di qualsiasi esperienza ansiogena, è di sicuro una virulenta forma di licantropia, che ha colpito un numero davvero impressionante di pazienti, di tutte le specie e l'età, 'fruitori' del medicinale o sbatati ingeritori dello stesso durante le tante conferenze episcopali che si tengono nel mondo.

Nella foto, scattata dal dottor Mesmer, si vede un uomo di 34 anni, a tre ore dall'assunzione di una compressa di Xtron. Mesmer si batte da anni contro i soprusi e il pressapochismo della Bayern: "Io uso l'aspirina effervescente solo per pulire il water," ci dice con il cipiglio tipico della fierezza esculapèa, "la bayern ha superato il comune senso del pudore, occorre intervenire prima che il mondo si riduca a una muta di umanoidi latranti alla luna, o chissà cosa ancora."

La Bayern ha porto le sue scuse ufficili alle vittime sul proprio sito, ma è facile prevedere strascichi giudiziari di squilibrato furore, culminanti in multe astrospaziali. Intanto una società di Colonia, che risponde al significativo nome di 'Anti-Bayern', sta lavorando all'antidoto contro la licantropia causata dall'Xtron. Ad ogni modo, il direttore del progetto, Russ Meyer jr. è stato apodittico nella sua affermazione: "Niente facili illusioni. Bisogna avere l'onestà intellettuale di dire ai soggetti colpiti da licantropia da farmaco, che difficilmente potranno ritornare quelli di prima, e andranno sempre più a peggiorare fino alla morte per disidratazione canina, che avviene in genere nell'arco di 2 anni, gremiti di sofferenze indicibili".

Esegesi del nulla

Vengo a sapere solo ora: se n'è andato Giorgio Borri, il nostro caro Frittole. Dispiacere immenso.

Ecco cosa ha detto Materazzi a Zidane

Test DriverTutto filava nel ferplai, non ci erano stati atti cannibali particolari, da questo punto di vista Italia-perdenti sembrava la fiera dell'amicizia. Poi ecco la follia. Zidane e Materazzi si stavano abbracciando, promettendosi l'un l'altro braciole a fine match, a sancire la loro giocosa amicizia, poi quarcosa si è rotto tra di loro due, qualcosa si è rotto fra i due goleador, e precisamente lo sterno di Materazzi. Mentre si allontanava sorridente, Materazzi avrebbe detto a Zizou: "La carta igienica a un solo strato secondo me è profondamente immorale". Zidane, che è un fan risaputo del prodotto, a quel punto non ci ha visto più, gli si è annabbiata la ragione e buona parte della prostata, così ha cercato di procurare un arresto cardiaco al difensore dei due strati, tramite una capocciata goldrake. "Sapevamo che Zizou era l'uomo più pericoloso", avrebbe detto Materazzi "così ho messo una lamina antiproiettile al petto e oggi posso dire di essere vivo e campione del mondo. PO POPOPOPO POOO PO!"

Seredova 4 – Melandri 1

Caro Marco Civoli di Raisport, durante la tua telecronaca di Italia-Ghana, la fidanzata di Buffon Alena Seredova ha battuto il ministro dello sport Giovanna Melandri per 4 citazioni a 1. La Melandri era passata in vantaggio con una citazione fatta ad inizio partita e sottolineata dalle telecamere personalizzate della Rai. Non appena l’Italia è scesa in campo la Seredova non solo ha pareggiato ma ha dilagato. A pochi minuti dalla fine del primo tempo l’Italia (e la Melandri) conducono per uno a zero. Carlo Paris ristabilisce la parità ricordandoci che “Alena Seredova ha ballato e cantato per tutto il primo tempo” (inquadratura delle telecamere personalizzate Rai). Il secondo gol della Seredova è un gol “sporco” perché la tua citazione è un po’ vaga “Buffon è stato seguito dalla sua nota compagna” (qualcuno avrà pensato alla compagna Melandri?). Il Ghana non fa più paura e persino Mazzola consente alla Seredova di infliggere il terzo gol alla Melandri chiedendosi per chi tiferà la Seredova alla terza partita quando ci sarà Italia-Repubblica Ceca. Segna Iaquinta e dopo qualche minuto anche la Seredova mette a segno la terza marcatura grazie al tuo assist “Alena non sta più nella pelle” (inquadratura delle telecamere personalizzate Rai). La partita volge al termine. La presenza in tribuna di Giovanna Melandri è solo uno sfocato ricordo. L’Italia ha vinto e le telecamere personalizzate della Rai hanno inquadrature solo per lei e tu non puoi fare a meno di sottolineare: “Ancora le telecamere di Giancarlo Tomassetti su Alena Seredova a cercare il suo Gigi”. Caro Marco Civoli, non è che voi di Raisport siete in debito di inquadrature con la Seredova per il suo contratto alla Domenica Sportiva e vi state rifacendo ai mondiali?

Buffet

Le migliori foto di LondraNote sparse su alcune cose curiose
trovate a Londra

Le migliori foto di Berlino Do not walk outside this area:
le foto di Berlino

Ciccsoft Resiste!Anche voi lo leggete:
guardate le vostre foto

Lost finale serie stagione 6Il vuoto dentro lontani dall'Isola:
Previously, on Lost

I migliori album degli anni ZeroL'inutile sondaggio:
i migliori album degli anni Zero

Camera Ciccsoft

Si comincia!

Spot

Vieni a ballare in Abruzzo

Fornace musicante

Cocapera: e sei protagonista

Dicono di noi

Più simpatico di uno scivolone della Regina Madre, più divertente di una rissa al pub. Thank you, Ciccsoft!
(The Times)

Una lieta sorpresa dal paese delle zanzare e della nebbia fitta. Con Ciccsoft L'Italia riacquista un posto di primo piano nell'Europa dei Grandi.
(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

Archivio