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Orrori di gioventù: la scheda libro

V'è buona abitudine di far leggere ai liceali tanti ma tanti libri per farli crescere sani nella mente oltre che nel corpo (che a quello son buoni anche da soli). Così capitava che ti appioppassero dei tomi allucinanti tipo "La famiglia Manzoni", oppure "Il piacere" o "I Malavoglia", che, lo diceva il titolo stesso, leggevi di malavoglia, nonostante poi scoprissi che tutto sommato ti piacevano e che era buffo ad esempio vedere Zeno alle prese con le tre sorelle Malfenti. Siccome però le sventure non vengono mai sole, al povero studente scapestrato veniva inflitta anche la peggiore delle torture libroconnesse: la schedatura del romanzo.
Alzi la mano chi non ha mai dovuto fare la scheda del libro per scuola. Saranno due o tre di voi, non di più. La scheda era quella cosa barbosa che si faceva quando avevi finito di leggere il romanzo e dove scrivevi titolo, autore, trama, personaggi ed analizzavi una ad una le tematiche del libro cercando di sviscerare quali significati profondi l'autore avesse mai voluto dare (magari incosciamente). Poi la consegnavi all'insegnante e ciò era prova inconfutabile dell'avvenuta lettura del sopracitato romanzo.

Ricordo che i più furbetti di noi si pigliavano in biblioteca il bignami, se lo scopiazzavano per bene vantando sulla propria scheda libro dottrine filosofiche e significati reconditi che ai più rimanevano imperscrutabili. Il bel voto era assicurato, l'impegno era minimo e al posto della noiosa lettura del Foscolo o del Verga ci stava pure una bella partita di pallone.

Poi c'ero io.


Io le schede libro non le copiavo. Raramente andavo a documentarmi in biblioteca per prendere spunto su qualche tematica ma i libri me li leggevo. Se il romanzo in questione era vergognosamente noioso, lo abbandonavo a metà, senza pudore. Il problema veniva al momento di doverlo schedare. Finchè è lo stesso libro che han letto anche i tuoi amici tutto bene. Magari chiacchierando ti fai dire cosa succede nelle pagine che non hai letto. Ma quando il libro è esclusiva tua, perchè tu hai scelto di prendertelo dall'armadietto dell'aula scolastica, sono esclusivamente cazzi tuoi.
Internet non c'era quasi, niente sms o enciclopedie su cdrom. Al più appunto la biblioteca se proprio avevi voglia di farti una pedalata il giorno prima della consegna, per cercare spunti. Perchè il libro, finivi di leggerlo irrimediabilmente il giorno prima della consegna della scheda.
- Vieni fuori?
- No, devo finire Pirandello, lasciami in pace!
Centinaia di pagine tirate via, lette in fretta per cercare di carpire rapidamente la trama, nodo essenziale del lavoro di sintesi successivo. Digressioni saltate, descrizioni paesaggistiche beatamente ignorate.

Io il Deserto dei Tartari di Buzzati lo lessi. Giuro, lo lessi tutto o quasi. Però erano le otto di sera del giorno prima e dovevo ancora iniziare il mio lavoro di recensione, la stampante si era inceppata e se non era per il vicino provvidenziale sarei rimasto a piedi del tutto. Mancavano una decina di pagine, ecco. Non le potevo finire, non avrei avuto proprio tempo. In fondo il tenente Drogo ha aspettato una vita intera quei benedetti Tartari nella fortezza Bastiani, cosa vuoi che succeda ancora? Qualche menata, un finale di ampio respiro dove si riflette si valori profondi della vita, che altro? Così scrissi nella mia trama:

...il tenente Drogo attende tutta la vita nella fortezza Bastiani l'arrivo dei Tartari, tra ronde notturne e dissertazioni con i commilitoni, in attesa di un attacco che non arriverà mai...

Giuro che da allora i libri li leggo fino all'ultima pagina, si sa mani che 'sti cazzo di Tartari sbuchino fuori alla fine mentre il protagonista muore e succedono le uniche due cose di trama che ci erano state negate nelle duecento e rotte pagine precedenti.

P.S. Per la cronaca: l'insegnante manco si accorse della svista, e noi si gongolò trionfanti a dimostrazione di quella voce secondo la quale il docente di lettere non leggevano nemmeno gli elaborati. Mettevano un Visto e che s'è visto s'è visto.

Eccoti qua

Speravo tu esistessi però non immaginavo tanto.

pecorella.gifLei avrebbe giurato che non sarebbe stato in grado nemmeno di farle un caffè tanta era la fiducia che riponeva in lui. Effettivamente dopo aver riempito troppo l'acqua nel bricco aveva rovesciato anche un certo quantitativo di moka sul mobile della cucina cercando di pulire il tutto goffamente per non farsene accorgere. Riuscito nell'impresa non aveva osato assaggiare nemmeno una goccia della nera bevanda bollente da lui prodotta. Voleva rendersi utile in qualche maniera dimostrandole quanto le volesse bene e cercando di essere propositivo e gentile nonostante per sua natura lo fosse di rado. Probabilmente si stava dimenticando cosa volesse dire a m a r e. Era passato troppo tempo dall'ultima volta in cui aveva a m a t o qualcuno e il suo cuore si stava inaridendo ogni giorno di più. Lei intanto si era già infilata in doccia, gustandosi gli schizzi dell'acqua calda che le donavano calma e serenità come un abbraccio tenero e dolce in cui perdersi. Sarebbe rimasta là sotto per ore avesse potuto fermare il tempo per gustarne ogni momento.
- Da dove viene tutta questa dolcezza? - gli aveva chiesto di striscio
- Amare è un gesto nobile e puro. Richiede dedizione e calma, affinchè ogni suo più piccolo gesto non sia sprecato invano nella foga. - spiegava calmo lui.
Gli occhi della ragazza erano pieni di comprensione e di sincero stupore. Annuì leggermente con il capo e lo strinse forte a se'.
- Sei uno dei miei "per sempre". Lo sai?
- Sono un ragazzo fortunato. E ora lascia che mi perda nei tuoi occhi per un po'. Non dire niente, non fare niente. Lasciamoci trascinare via lontani senza un perchè, senza un motivo.
Poi la guardò a lungo sorridere, corrucciarsi, stringere i dentini mentre lo fissava con quell'aria buffa. Non trovava le parole. Non gli riusciva proprio di scendere a compromessi con la sua timidezza. Dio, quant'era irritante quando faceva così!
A ricordarlo ora gli viene da sorridere. Dev'essere stato li che è cominciato tutto. O forse era qualcosa che era chiaro da prima. Come in quella notte di mezz'estate dove si salutarono dopo aver contato le arcate della vecchia chiesa. O come quella volta sotto la pioggia dove lei piangendo lo tirava per la giacchetta.
- Non partire, ti prego. Non ora!
Non era ripartito mai più, a pensarci bene.

Valentine’s blues

Fari spenti nella notte buia. Strade strade strade. Luci ai margini della città che brucia. Fumo denso che sale, brina sui vetri. Prati bagnati, grida, fiato. Stelle. Tutto ciò che c'è. Tutto ciò che basta. E  b a s t a. L'odore pungente inebria i corpi fino a farli cedere sotto il peso dell'anima. Troppo per resistere. Quando si ridestano i sensi è ormai l'alba ed è troppo tardi per pensare. Agire agire agire. In fretta anche. Ed ora vediamo di rimettere le cose a posto. Dov'eravamo rimasti? Ah si, la fabbrica e i due collettori. Il resto è stato preso, impacchettato, martellato e preso a calci, sbattuto nel più profondo dei pozzi senza luce da dove è impossibile che faccia ritorno e se fa ritorno è perchè qualcosa nella gravità è andato storto improvvisamente. Chip. Girls. Sospiro. d e n s o i n t e n s o m a i m e l e n s o
E' vicino già tutto tremendamente così. Chiedo il replay.
p o s s o ?

Camillo va in campagna

vespa.jpgDa un'idea non mia, un canovaccio di storia base liberamente riadattato ed arricchito per Esercizio di stile. Se qualcuno fosse interessato, può sempre cimentarsi in un riadattamento differente sul proprio sito/blog.

Il cellulare suonava Holly e Benji e lampeggiava intermittentemente, ma Camillo proprio non aveva voglia di rispondere. Sapeva benissimo a chi corrispondeva quel suono: Carmine, l'amico che gli aveva prestato ormai tre mesi prima il cd dei Friskies, band post punk tardo adolescenziale molto in voga nel suo liceo. Merda merda merda. Vacci tu a spiegargli che il fratellino di 5 anni l’aveva usato come frisbee durante un ameno pomeriggio di giochi con Attila il labrador? No, non era certo sua intenzione affrontarlo nemmeno al riparo dagli improperi che gli sarebbero piovuti addosso casomai l’avesse avuto davanti.

Si trovava in quel momento presso un casolare abbandonato della campagna ferrarese. Ogni tanto si recava lì per pensare o per tirare tardi con gli amici a, come si suol dire, cazzeggiare. Quando gli riusciva, ci portava pure qualche pischella che aveva bevuto troppo, ma mica per farci chissà cosa. Ci aveva provato una volta a fare l’amore con una di queste, ma la malcapitata era finita con una pietra conficcata nella schiena. C'era troppo disordine in terra per stare sdraiati a fare certe cose. Una volta l’avevano fatto all'aperto fuori dal casolare, ma nel momento topico, quando il centravanti mette la palla in goal tra le urla del pubblico, una biscia aveva fatto capolino accanto alla testa della poverina, suscitando in lei panico e costringendola ad una fuga subitanea, tutta nuda e sporca di terra, lasciandolo lì in attesa di un orgasmo che non sarebbe mai arrivato. Da quella volta non l’aveva vista più, così aveva deciso che le ragazze le avrebbe portate li soltanto per parlare o bere un caffè. Era un tipo raffinato...


Quando il cellulare aveva suonato, dicevamo, Camillo era da solo al casolare. Quel giorno ci era andato per pensare. Prima di raggiungere la campagna si era fermato alla pasticceria da Vito, che era frequentata spesso da Gigi d'Alessio, il cantante, quello napoletano che quando andava in pausa con la camorra, si spostava a Ferrara per andare a trovare l’amico Guido Foddis. La pasticceria era una tappa quotidiana. Quel pomeriggio infatti Gigi stava come suo solito lì davanti al bancone quando è arrivato Camillo apostrofandolo senza troppi complimenti “terrone di merda”. Sarebbe scoppiata una rissa non fosse stato per una sedicenne, che voleva l'autografo di Gigi da appendere al muro della sua camera insieme a quello dei Ragazzi Italiani, Cutugno, Malgioglio, Pupo e di Julia Roberts (quest'ultimo in realtà falso, portatole dal fratello che era stato in gita a Venezia proprio durante la mostra del Cinema e che si era amabilmente preso giuoco di lei facendole credere di avere preso un'OranSoda con l’attrice ed averle estorto poi l’autografo). Tutto finì dunque senza tragiche conseguenze, eccetto il muro della ragazzina, da quel giorno orrendamente graffitato dal cantante partenopeo. Guido, anch’egli presente in pasticceria con Gigi, ci rimase un po' male perchè l'autografo non venne chiesto anche a lui ma d’altronde si sa come sono fatte queste ragazzine al giorno d’oggi.

Camillo aveva comperato un babà, due bignè (uno con la crema, l'altro al cioccolato), un cannolo siciliano e un biscotto da un euro e ottanta (quindi molto grande) ripieno di zabaione. Giunto al casolare mangiò tutto in tre minuti e sedici secondi. Il babà gli salì rapidamente alla testa così si sdraiò collassato sotto l'albero contro cui aveva appoggiato la vespa. Quindi crollò addormentato. Si svegliò dopo tre ore quando erano ormai le otto di sera. Sul cellulare aveva dodici chiamate senza risposta di cui dieci dell'amico del cd dei Friskies, e sette nuovi messaggi, di cui cinque dell'amico del cd dei Friskies. Un messaggio invece era di Patrizio, un amico di suo fratello, che lo invitava ad una festa in campagna proprio quella sera in un casolare poco distante.
- Che due palle - pensò Camillo - è tutto il giorno che sono in campagna e mi tocca andarci pure stasera. Comunque andiamo pure, casomai ci scappi di divertirsi. Speriamo solo non ci sia Carmine (l’amico del cd dei Friskies ndA) -.
Il ragazzo si sgranchì, fece un rutto al liquore e montò sulla vespa tentando invano di metterla in moto. Ci provò per oltre un'ora ma ogni sforzo fu inutile. Non riuscì ad avvertire nessuno perchè nel frattempo il telefonino gli si era scaricato, probabilmente in seguito alle continue chiamate e ai messaggi di Carmine che stava iniziando a pensare che qualcosa non andasse, e che il suo cd dei Friskies sarebbe rimasto in eterno a casa dell’amico. Così si fece coraggio e con la vespa a mano si avviò verso casa.

Sulla strada che percorreva non passava mai nessuno ma quella notte a dire il vero qualcuno transitò da quelle parti. Era Gigi d’Alessio con l’amico Guido. Non appena vide che il malcapitato che faceva cenni con la mano era lo stesso ragazzo che lo aveva insultato da Vito, azionò i tergicristalli spruzzandogli addosso acqua saponata, sgommando via ridendo come nemmeno un figlio di cagna nelle notti di luna piena. Camillo bestemmiò in dodici lingue diverse. Talmente forte che persino a casa sua lo sentirono, una decina di km più in là. La madre disse allora al marito:
- Caro, prendi la macchina che Camillo è rimasto a piedi con la vespa un’altra volta -.
In realtà quella volta Camillo aveva bestemmiato per un altro motivo. Se non fossero andati a recuperarlo ci avrebbe messo forse cinque ore e mezza sei, giungendo dagli amici a festa palesemente finita.

A casa fece una doccia rapida e partì alla volta della casa in campagna di Patrizio. Giunse appena in tempo per vedere terminare l’esibizione di Gigi e Guido al pianoforte, tra le risa sguaiate e festanti dei suoi compagni di classe.

Allora non gli è caduta la lingua

Sono mesi che quando entro in ufficio saluto i portinai dietro la reception.
Di solito sono svaccati sulle poltroncine, oppure guardano la televisione arrotolandosi la cravatta regimental. Come dire: lavorano.

Sono mesi che i portinai non rispondono in maniera evidente al mio saluto.  Nel senso che quando va bene lasciano uscire un grugnito, o sollevano lo sguardo opaco dallo schermo. Ma non salutano.

Sono mesi che mi ostino a salutarli, senza ottenere nulla in cambio. Mi sono fissato. La loro pochezza non deve scalfire la corazza di buona educazione dietro la quale mi nascondo da trentanove anni.

Rientrato dopo la pausa delle tredici, incrocio di fronte alla reception i due baroni nerovestiti del secondo piano. Uno vecchio, l’altro giovane. Trasudano potenza economica e stronzaggine italica. I due portinai si genuflettono, si lasciano andare a battute allegre, aprono la porta ai signori cappottati, chinano leggermente le spalle in segno di devozione.

Rimango smarrito per un secondo, poi tutto torna al suo posto. Decido che il mondo non può andare avanti in questo modo e sono preda di fantasie à la Tarantino. Mi tocco le tasche e non trovo la pistola. Lascio perdere e torno a lavorare.

State bene, Cyrano.

Principianti della ristorazione

Stasera mi trovavo in una pizzeria che ha aperto da poco, la cui gestione ha rilevato un locale in attività cambiandogli nome e posto.
A parte la nuova posizione, parecchio infelice e vicinissima ad un'altra nota pizzeria della città, le sorprese non sono mancate fin dall'inizio.
Entrati nel locale infatti abbiamo da subito adocchiato la tavolata lunghissima da noi prenotata per una festa di laurea, peccato che i posti centrali fossero stati occupati da tre ragazzi che non rientravano tra i nostri invitati e che non si sono schiodati da lì nemmeno quando abbiamo iniziato a sederci al loro fianco. Il direttore non ha potuto far altro che scusarsi spiegando che pensava avrebbero terminato di mangiare prima del nostro arrivo, e invitarli poi a spostarsi in un altro tavolo, portandosi dietro i rispettivi coperti. Mah.

Al momento di ordinare le pizze il cameriere non ha fatto un semplice giro del tavolo segnando le richieste ma ha ritenuto più opportuno procedere snocciolando una per una le varie pizze presenti nel menù, chiedendo urlando in quanti la volevano. Margherita quanti? Prosciutto e funghi? Diavola? Finendo per fare pasticci e disordini che hanno suscitato l'ilarità generale. Mah.

L'apice è stato raggiunto quando una nostra commensale, aggiuntasi in ritardo alla tavolata, ha fatto la sua sacrosanta ordinazione con una semplice pizza margherita. Il cameriere ha segnato sul taccuino ed è poi sparito ricomparendo dopo poco spiegando che sfortunatamente le pizze erano FINITE. Risatine nervose. Finite? E da quando una pizzeria finisce le pizze? Gli impasti preparati erano incredibilmente terminati così le hanno proposto alcuni piatti alternativi e la scelta della nostra amica è caduta su un antipasto di verdure.
Dopo circa una decina di minuti le è stato servito un tagliere di affettati, di cui lei è notoriamente poco amante, e un angolino di verdure ridicolo. Erano finite anche le verdure? Mah.

Tralasciando il fatto che i camerieri ci erano addosso ogni due minuti con le scuse più ridicole e tentando in ogni modo di fare i simpaticoni con la festeggiata o con frasi del tipo: "ma che festa moscia, non ballate sui tavoli?", si giunge al termine della cena dove si ripete la scena di cui sopra. La domanda non è stata semplicemente: volete il dolce o il caffè? Bensì: quanti prendono il caffè? Quanti la grappa? Quanti limoncini porto? Insistendo infine per portare 15 limoncini quando solamente in 4 avevano alzato la mano. Mah.

In tutto questo bailamme di incapacità gestionale volete sapere qual è la cosa buffa? La pizza era una delle più buone che abbia mangiato negli ultimi tempi. Mah.

Impressioni di Novembre

1. Frizione. Cambio. Acceleratore. Qualcosa che sa di bruciato. la macchina targata Bs onde evitare troppi insulti.
Sigaretta accesa. Nervoso a mille. Vasco Rossi che risuona dalle casse.
"Cazzo, sono in ritardo", pensiero ossessivo, cenere un po' ovunque, le mani a ghermire il volante, il clacson che si spreca. "Qual era la strada?"
Le rotonde costruite senza logica alcuna, il telefono che squilla come impazzito, rispondere all'auricolare, lavoro ovviamente. "No, scusa, non posso, chiamo dopo, ho appena mancato una vecchietta d'un soffio". Parcheggio pieno.
Macchina parcheggiata al posto dell'autobus pubblico, corsa fino alla sala arrivi, è già là, immobile, gli occhi nerissimi, appoggiato alla sbarra. Lasciare la borsa, la giacca, i fogli, il telefono; tutto al proprio destino. Finire a sbattere contro quel corpo, stringerlo forte a se, respirare l'odore di casa, trovarsi sollevate di mezzo metro da terra, le gambe avvinghiate alla schiena, le mani di lui a giocare con la catenina che porti al collo. Un bacio appoggiato sulla fronte. Un "Bentornato" sussurrato all'orecchio, e poi un abbraccio lungo, forte, disperato.
"Come hai fatto ad arrivare in tempo? Non avevi perso l'autobus?"
"Ho rubatoil touareg dal garage e diciamo che ho corso un po'..."
"Ti han ridato la patente vero?"
"Facciamo che te lo dico quando siamo a casa?"



2. Due figure sedute per terra, due birre e due agendine nere invertite.
"Quanti uomini nella tua vita donna?"
"Tre."
Un sorriso malizioso e le guance che si tingono di rosso. Morte d'un poeta a suonare solo per lei che lascia roteare la gonna tra le lacrime e il riso assieme. S'era innamorata su quella canzone senza saperlo confessare, una volta..
"Il numero perfetto, e chi sarebbero di grazia?"
"Dammi una birra va..."
Canzone della fine del mondo, il freddo nelle ossa, le lacrime a farsi più fitte.
"Io, lui e...?"
"Il terzo, quello dagli occhi che mi guardano come fossi qualcosa di bello..."
Transamerika, le unghie nella carne, e il cielo a pesare troppo sulle spalle di un'anima sola.
"...tu sei l'uomo della mia vita, il mio passato, il mio presente e il mio futuro. Sei quello che non mi lascerà mai sola, che mi striglia e mi tiene per mano. Sei quello che ogni tanto mi lascia attonita a chiedermi cos'è l'amore davvero..."
Pausa.
"...a lui manca il passato, ma è amico, amante, istinto ed irrazionalità. Mette i brividi e allo stesso tempo mi ferisce senza rendersene conto o curarsene più di tanto. A volte mi fa sentire insignificante, semplicemente. Ci vuole pazienza, affetto, dedizione. Forza più che altro. Tanta."
"E il terzo...?"
"Il terzo è quello che tornerà a prendrmi."
Silenzio, una lacrima. Qualche splendido giorno.

3. "Sei stanca, sei pallida, sei magra..."
Lo sguardo vaga sulla scrivania coperta di carte del lavoro, sulle lettere lasciate a metà, sulla foto del patentino. Sui pantaloni troppo larghi.
"..."
E' una casa senza più anima, vuota e solitaria. Un mondo dove essere se stessi non basta, perchè tutti chiedono perfezione. Perfezione. Perfezione. Perfezione. Tu non sei perfetta, non lo sei mai stata, non lo sarai mai. Ma hai buon cuore. possibile non basti?
"Come sono le analisi?"
"Mi han dato una cura nuova."
Pugni nello stomaco e sputi, sputi su un'anima che stringe i denti e va avanti col sorriso sulle labbra. Perchè attorno ci sono solo lame pronte ad infierire. E devi essere stronza e spietata per riuscire a resistere.
"Sicura che non ti serva nulla? Io vado..."
"Buona serata, divertiti..."
Passare la scopa sul pavimento, prendere a calci un muro, urlare tutto il male del mondo all'unico interlocutore che non potrà mai usarlo contro di te. Il muro.
Accasciarsi sul pavimento, le lacrime, i singhiozzi e il non sapere più cos'è reale e cos'è stato una presa in gira, parole spezzate che escono dalle labbra in un mormorio. "abbracciami..."
Non avere più forza, abbandonarsi sul letto implorando perdono per tutte le colpe che non esistono pur di trovare pace. Senza avere una parola. Una risposta.
E poi scriverlo. Semplicemente.
"Ho bisogno d'aiuto."

Il più bel giorno della tua vita è ogni giorno

Arrivò a casa, gettò la borsa sul letto e provò a stendersi.
Nulla da fare. L'irrequietezza la faceva da padrona.
Afferrò la sciarpa per ripararsi dall'umidità della sera e uscì fuori a camminare per la strada, non aveva voglia di parlare con nessuno, solo di stare un po' sola con se stessa e di pensare.
Si sedette sul suo moletto preferito, tirò fuori un vecchio walkman ed un cd, incrociò le gambe, schiacciò play e si mise a fissare i riflessi delle luci sull'acqua.
Il silenzio ad "addormentare la città", i "sogni e i rumori delle notti passate", le chiacchierate sempiterne, le risate, le ore passate a litigare da sola, le sensazioni sulla pelle.
Ecco, per lei tutto quello aveva un senso, ne aveva avuti tanti, ma in quel momento era solo qualcosa di incredibilmente bello. E semplice. Una delle poche cose che era in grado di farla stare bene, senza bisogno di troppe parole.
Istintivamente allungò la mano sul legno umidiccio, su quel posto irrimediabilmente vuoto da quasi un mese. Era da quasi un mese che non si sentiva dire che era "voluta bene, tanto". Ritornò indietro col pensiero a quando aveva sedici anni, e ne aveva molto più bisogno d'adesso, di quei piccoli gesti tanto preziosi. Crescendo s'era abituata alla loro assenza, perchè si va avanti con ciò che si ha, così le avevano insegnato almeno.
Eppure in quel momento li vedeva chiaramente, davanti a sè, piccole cose che poteva sfiorare dolcemente con le dita, perle infilate quasi senza rendersene conto su una collana che arrivava fino a terra. Silenzi che riuscivano a prendere il senso di quelle parole, e rispondevano a quel "dimmi che mi vuoi bene, ti prego, dimmelo ora".
Raccolse i capelli e sorrise. Non c'era nulla che più della sua realtà la potesse rendere felice.
E si sentì al "riparo"

Collage

"Dovresti partire per New York il prima possibile, Venerdì mattina al più tardi; in realtà preferiremmo metterti sul primo aereo in partenza per Francoforte, ma capisco tu debba anche organizzarti"
"..."
"Devi capire che alla tua età è un'opportunità da non perdere assolutamente."
"No, appunto...è che io dovrei firmare un contratto d'affitto a giorni, col notaio..."
"Un buon avvocato  sistemerà tutto, tu adesso devi solo rilassarti."
Rilassarsi, una parola.

 

"All'asilo a tutti i bambini veniva insegnato a leggere, scrivere e far di conto in due lingue. Dovevano saper tagliare e cucire, i primi rudimenti del punto croce. Era proibito bere prima d'aver finito il primo piatto di portata e dieci bambini ogni giorno dovevano imparare a servire in tavola e a rigovernare. Lei non distingueva la destra dalla sinistra e sciriveva indifferentemente con tutte e due le mani. Così era capitato che le legassero dietro la schiena la sinistra, così, tanto per non sbagliare."

"E' che non puoi valutare una persona dall'ultimo discorso che ci hai fatto, sia stato uno scazzo o un idillio. Non avrai mai il bianco e il nero nei rapporti umani, scordatelo. Vivi di sfumature, di colori, di attimi felici e di lacrime; di litigi pure, che se non ti scorni un po' vuol dire che c'è qualcosa che non va. Non c'è nulla di perfetto a questo mondo, si è felici quando ci si guarda negli occhi consapevoli che nonstante tutto è così."

"Durante le vacanze della prima infanzia veniva sempre spedita almeno un mese in campagna, coi soliti amichetti. Non c'era il riscaldamento, nè la tv, solo contadini anzianotti a sistemare il giardino, le nonne e le bisnonne, e un sacco di racconti dell'orrore. La notte avevano paura che arrivasse la fine del mondo; raccoglievano tutto il cibo che capitava a tiro e assieme filavano a chiudersi a chiave nel "bagno grande". Si avvolgevano nelle coperte e rimanevano immobili fino a che non arrivava l'alba. Era la paura d'addormentarsi e risvegliarsi all'inferno, o Geenna che fosse. Di giorno poi giocavano felici in giardino, felici d'essere vivi"


"La cosa più importante quando si ascolta un consiglio è ricordare da chi proviene. I giudizi in teoria invece non si dovrebbero neppure degnare d'attenzione, ma spesso il confine è molto labile. La cosa triste del mondo è che troverai sempre qualcuno che dichiarerà d'adorarti pur di ptoerti manipolare o usare a loro piacimento. Non ho mai capito se trovo più squallido chi lo fa per soldi o chi per il puro gusto di fare del male. Ho capito però che posso perdonare i tradimenti, gli errori, la vigliaccheria, se negli occhi delle persone vi trovo la buona fede. Ho imparato solo ad essere spietata verso la cattiveria. "

"Si sono sempre chiesti tutti quale fosse il giorno giusto per andarlo a trovare. A un ebreo certo non vai a portare i fiori nel giorno dei morti. Io ogni tanto penso sia ancora nascosto nell'armadio di camera sua, come da bambini, pronto a spuntare fuori e a prendermi la caviglia nel momento in cui aprissi la porta. Diciamocela tutta; l'ha fatta finita in maniera troppo vigliacca perchè gliela possa mai perdonare. Perchè quando un ragazzo di diciott'anni si ammazza stanno tutti là a fare retorica sul fatto che "si poteva fare qualcosa per salvarlo". Ovviamente nessuno pensa a come può sentirsi  chi qualcosa ha tentato di farlo. Prima o poi si capisce che gli altri non devono pagare per colpa di un abbandono, e si ricomincia a respirare senza affanno."

"Il mio migliore amico mi ha sempre detto che il problema con le persone era che volevano sempre qualcosa da te, piccole e grandi cose. Ti rendi conto d'aver trovato qualcosa di prezioso in un cesto fuori dalla porta di cas quando ti trovi davanti qualcuno che per prima cosa da te vuole che tu sia felice. Nonostante tutto."

"Allora, mi dai un colpo di telefono in serata per farmi sapere su che aereo devo metterti?"
"Io davvero dovrei firmare il  mio contratto uno di questi giorni..."
"Sei ancora un po' stordita immagino, non ha più importanza oramai, la tua vita sta per cambiare, di certo non penserai di andare per davvero a vivere là..."
"E' importante per me, e sì, penso proprio che stavoltà passerò..."
"Ma perchè?"
"Perchè è mio questo racconto. E voglio che finisca così."

Essere noci di cocco oggi

Capisci che non sei altro che una noce di cocco quando tutta la pizzeria, piuttosto di classe e piena di gente medio-raffinata si gira inorridita quando entra la festeggiata e invece di un semplice "auguri" a voce, il tuo trombettista tira fuori un'armonica ed esegue "tanti auguri a te" seguita dalla sigla del Pranzo è servito.
Capisci che non sei altro che una noce di cocco quando la coppia che si è alzata da poco dal tavolo a fianco ha lasciato un pezzo di focaccia alle verdure sul tavolo e qualcuno del tuo gruppo l'ha preso senza batter ciglio e ora lo sta dividendo equamente ai commensali facendo commenti sulla sua insipidità. Se non l'avevi capito prima, te ne accorgi sicuramente dopo, quando la stessa cosa viene ripetuta con un altro tavolo, fregando una mezza bottiglia di minerale.
Capisci di essere una noce di cocco quando la proprietaria del locale scopre che avete rotto un bicchiere di preziosissimo cristallo di Boemia proprio mentre era giunta per comunicarvi che "questa bottiglia la offre la casa: tanti auguri!" e la frase seguente diventa: "e questo ragazzi cos'è?" raccogliendo i cocci inorridita.
Capisci di essere una noce di cocco quando ti rechi in un locale che si chiama "Dal tramonto all'alba" e sei l'ultimo ad andare via, quando anche i gestori hanno raccolto le cartacce in terra e chiuso baracca, il tuo cantante sta per avere una crisi isterica perchè gli bruciano le lenti a contatto e si è ingolfato il motore della sua Classe A, e il trombonista è giunto ormai alla quinta ragazza in una sola serata che a momenti non volevamo crederci.
Capisci di essere una noce di cocco quando un omone alto e grosso, con la faccia da ragazzo ma vestito di tutto punto che sembra un manager di quelli veri, ti annuncia che l'estate prossima "suonerete con i Casino Royale" e che vi manda a registrare a Perugia una settimana per il prossimo cd proprio in quel periodo in cui hai talmente tanti esami che a fatica riuscirai a vedere la luce del sole.
Capisci di essere una noce di cocco quando al tavolo a fianco al tuo l'altra band si comporta in maniera composta e sopita cenando in attesa del concerto mentre noialtri si schiamazza come neanche i bimbi dell'asilo e ci si fanno foto nelle pose più impensabili.
Capisci di essere una noce di cocco quando il tuo secondo strumento è una chitarra di gomma, indossi un cappello di paglia e hai un nome che tutti si chiedono "da dove esce?" e come se non bastasse sei responsabile dell'intera sezione tastiere di cui fai parte solo te.
Capisci che hai esagerato ad essere noce di cocco quando ti rotoli nell'erba, fai il cascamorto con le alunne di tuo padre, cadi dalla bicicletta e te ne rendi conto solo il mattino dopo nel tuo letto, esausto con la testa che ti gira mentre le suddette alunne ti riportano gentilmente a casa il tuo mezzo di locomozione.
Capisci che è bello essere noci di cocco perchè comunque a fine serata si è sempre pari.
- Barista, quant'è il nostro compenso?
- Con le birre e il resto...siamo a posto così ragazzi!

Buffet

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Si comincia!

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Cocapera: e sei protagonista

Dicono di noi

Più simpatico di uno scivolone della Regina Madre, più divertente di una rissa al pub. Thank you, Ciccsoft!
(The Times)

Una lieta sorpresa dal paese delle zanzare e della nebbia fitta. Con Ciccsoft L'Italia riacquista un posto di primo piano nell'Europa dei Grandi.
(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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