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Ancora ancora ancora

Il concerto degli Explosions in the Sky all'Estragon di ieri sera è stato prima di tutto bello e impeccabile, alla faccia dei detrattori sempre un passo avanti su tutto che li ritengono 'bolliti' (in riferimento all'ultimo album Take Care, Take Care, Take Care) o roba buona giusto per addormentarsi, ormai. Io invece gli occhi li ho tenuti non dico aperti, ma sbarrati, per l'ora e un quarto di cascate sonore. Per citare una ragazzina seduta nella polvere del parcheggio mentre tentava di spiegare come fosse andata all'amichetto, chiosava così: "Ti avvolgeva proprio". Cioè.

Explosions in the sky  Estragon Bologna
Ma "le esplosioni nel cielo" (per citare il chitarrista Munaf Rayani, molto simile a Sayid di Lost, peraltro) hanno riproposto una laterale quanto scottante questione: è giusto o meno fare i bis a fine serata? Ieri sera infatti il concerto si è chiuso senza l'ormai classico siparietto sui siamo abituati, mani che fanno ciao dal palco, applausi scroscianti in platea, ritorno in scena, urla di approvazione del pubblico pagante. Ieri sera si sono rimessi i plettri in tasca e non sono più usciti. Il concerto è finito quando è finito.
Munaf è uscito soltanto per spiegare che ce ne potevamo tornare a casa "a prenderci cura di noi stessi" e che quello che avevano suonato finora "era tutto quello che avevano da donarci stasera". Mettetevela via, in sostanza.

Sulla strada del ritorno, con immancabile sosta all'autogrill Bentivoglio Ovest (senza incrociare purtroppo Accento Svedese, guest star della suddetta area di sosta) con il socio si discuteva sull'opportunità dei bis. Richiamo doveroso per gratificare il gruppo che ha suonato, secondo me e la mia fame bulimica (ancora ancora ancora), inutile appendice che non aggiunge poi molto al concerto in sè (va bene così va bene così va bene così). Chi ha ragione? Nel dubbio, a Munaf dico soltanto: tornate presto in Italia, tornate presto in Italia, tornate presto in Italia.

(la foto è di Francesco)

Bis, un termine anacronistico

paoloconteC'è una consuetudine ormai comune a qualunque artista si esibisca su un palco e ben nota al pubblico, almeno a quello che è stato ad un concerto negli ultimi dieci anni: ad un certo punto dello spettacolo il pubblico viene salutato alla svelta, con un ciao, un grazie, un lancio di un plettro e si finge la fine del concerto. L'artista di turno si ritira dietro le quinte, si asciuga la faccia, si beve qualcosa e nel giro solitamente di 5 minuti massimo (ho visto anche attese di 15) rientra per qualche altra canzone con cui chiudere degnamente la serata, solitamente i pezzi migliori, o un lentone struggente, o la chicca in anteprima. Sono i cosiddetti encore, come va di moda chiamarli ora, un tempo si chiamavano bis, ed avvenivano per acclamazione. Ora è tutto meno poetico: il pubblico sa che il concerto non è affatto finito, è tutta una messinscena, e non si sbraccia nemmeno più con il vecchio "fuo-ri-fuo-ri" per richiamare sul palco l'artista. Si attende semplicemente che la manfrina abbia il suo corso. In ogni caso si è perso un po' il senso del bis, del volerne ancora, della ripetizione di qualcosa che è piaciuto e si vuole riascoltare.

Ebbene sabato sera in PIazza Castello a Ferrara suonava Paolo Conte, che di anni ne ha ben settantatrè e appartiene ad un'altra generazione, ad altre abitudini, ad un altro pubblico. Al termine di un concerto con tutti i maggiori successi tra cui l'immortale "Via con me", è uscito dal palco e il pubblico per lo più adulto l'ha richiamato dentro con applausi e incitamenti. Ed è andato in onda un insolito e anacronistico BIS. Un vero bis: ha eseguito nuovamente Via con me, più veloce, con un diverso arrangiamento, per la gioia di tutti. Se oggi un artista rientrasse rifacendo un pezzo già eseguito ho paura sarebbero fischi e proteste. Infatti ora si chiamano encore e non bis, ma non sono forse le cose più belle (e non altre) quelle che vogliamo ancora e ancora e ancora?

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Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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