Ferrara ritorna per il secondo anno Internazionale.
Che cos'è Internazionale? E' un settimanale che traduce i migliori articoli apparsi sulla stampa estera.
Che cos'è il Festival di Internazionale, invece? Tre giorni di incontri con vari giornalisti stranieri (e non solo) che affrontano temi disparati. Dalla guerra in Cecenia al futuro del giornalismo, e ogni altra questione geo-socio-politica interessante vi possa venire in mente.
Insomma, per tre giorni la Città invisibile si riempie di giovani (e meno giovani) da tutta Italia che vengono ad assistere agli interventi. Folle oceaniche per dibattiti "culturali". Quasi un ossimoro, eppure accade davvero. E ovviamente l'aspetto più curioso di Internazionale, per chi a Ferrara ci abita, è proprio osservare le code chilometriche per ascoltare un linguista americano in collegamento via satellite da Boston. Pochi metri più in là, un barettino fa risuonare note caraibiche di bachate varie. Ferrara si ama, e si odia, anche per queste dissonanze inspiegabili.
Molto pochi i ferraresi ai vari incontri, decine invece le facce sconosciute distese a prendere il sole in Piazza Municipale in attesa di entrare al prossimo incontro. Due le reazioni di fronte a questa cultura-mania:
1) C'è una gran voglia di atteggiarsi, di accreditarsi (il badge ti fa evitare le code), di prendere appunti, di fare domande, di mostrare (finalmente?) senza pudore che sì, siamo giovani e siamo fotonicamente interessati alle tematiche scottanti del nostro mondo.
2) C'è una gran voglia di informarsi, di spezzare con le nostre penne e le nostre code chilometriche per ascoltare Chomsky, questa patina di disinformazione che unge i nostri corpi. Di sentirsi presenti e di placare quella dannata sete insaziabile di sapere e capire. In fondo, Internazionale è un festival unico nel suo genere: gratuito, aperto al pubblico e animato da personaggi assolutamente avvicinabili, pur nella loro esotica provenienza estera.
3) E' inutile, il mestiere del giornalista, specie in Italia, anche se ormai è più un'utopia che una possibilità, continua a sedurre noi scribacchini che si spelliamo le dita sulle tastiere delle nostre camerette per ingozzare i nostri blog e zine varie. Accostare la parola "giornalista" al termine "straniero", poi, provoca un orgasmo immediato devastanti nel letterario inconscio sessuale di ciascuno di noi. Almeno, per me è così, sarò mica malato?
Vado di fretta, che gli incontri da seguire sono tanti (troppi, o perlomeno, troppo ravvicinati e in luoghi angusti). Altri punti sparsi:
- Ieri sera a intervistare Chomsky c'era l'Annunziata: le smorfie provocate dai disturbi sull'audio del collegamento erano degne, se non superiori, della migliore Sabina Guzzanti;
- Chomsky si è mostrato, a mio avviso, insolitamente ottimista riguardo al futuro prossimo. Non si rischia un nuovo fascismo dice, ma anzi, ci sono tutte le premesse per una nuova ondata stile sessantottina. Nutre molta fiducia sulla possibilità da parte dell'opinione pubblica di agglomerarsi in proposte costruttive. Sarà. Solo l'aggregazione di una massa critica (nel senso vero del termine) può colmare la voragine tra potere e governo, e il popolo, in quella che è diventata una parodia della Democrazia. Insomma, il Messia non è Obama ma siamo noi: yes, we could.
- David Randall (chi? uno dei direttori dell'Indipendent, per capirci) è stato semplice, diretto e dunque strepitoso. Stile britannico ironico e immediato per far comprendere anche a un bambino che è più interessante l'informazione nuova e verificata, che quello che pensiamo nella nostra testa. Game set match.
Più tardi l'aggiornamento fotografico.