Qui spiace dirlo, ma ripetuti ascolti non mi hanno fatto cambiare l'impressione iniziale: il paese sarà anche reale, ma la compilation mica tanto.
A parte Afterhours (pezzo stupendo, così crudelmente reale perché ansioso, spigoloso e retorico), Benvegnù (ma Paolo è la classe fatta persona), Dente (un genietto) e Disco Drive, gli altri pezzi non risaltano. Non si fanno ricordare, non lasciano il segno nè su chi molti di quei gruppi li segue, nè (presumo) su chi non li hai mai ascoltati.
Ma non è colpa dei singoli gruppi, tutti bravi, quanto dell'idea di fondo. Qual era l'obiettivo di questa compilation? Far risaltare, per l'appunto, la loro "bravura" assodata, ma regolarmente non considerata dalla maggioranza numerica degli ascoltatori di musica in Italia?
Beh, questa accozzaglia di pezzi produce l'esatto contrario, anzi, vien da pensare che questa Italia musicale nascosta stia a menarsi un po' troppo il torrone (per esempio, inserire qualche canzone allegra era troppo compromettente?). Un compitino che non aggiunge niente alla causa, per cui, belle o meno siano le canzoni, l'obiettivo non mi sembra raggiunto.
Bastava ascoltarsi i vari album di ciascun gruppo, invece di costringerli ad alzarsi dai loro banchi nelle ultime file a recitare il temino alla lavagna davanti ai prof (prof che, in questo caso, ne sapevano meno degli alunni stessi): non tutti si sono messi, purtroppo, a grattare sulla lavagna come Manuel Agnelli. Rimandati da dove erano venuti, e non è detto che sia un dramma.