Modelle nude nelle sfilate, immagini di corpi femminili venduti in bound affianco ai prodotti, “adultizzazione” forzata di adolescenti e bambine, commercio di minorenni e via dicendo. Nulla di nuovo in questa parte del mondo. La crudeltà e la spersonalizzazione della donna e del corpo femminile in questo angolo del pianeta assume una sua forma, commercializzabile, e di immagine, non lesiva di tutti quei sacrosanti diritti che l’occidente sbandiera a destra e a manca.
In altre parti del pianeta la mercificazione assume aspetti differenti che colpiscono la persona, la carne, più che la sua immagine astratta. La cosa che accomuna lapidazioni e prostitute minorenni è che in occidente ci sono solo le seconde (semplifico), in altri parti del mondo ci sono entrambe. Nulla di nuovo dunque?
No, qualcosa di nuovo c’è anche qui da noi. Sono i cartelloni di Dolce&Gabbana, che ormai da anni, in maniera sempre più audace, ci sbattono in faccia qualcosa che merita attenzione: la mercificazione del corpo maschile.
Al posto di what are you fighting for, vicino all’ormai famosa metropolitana Moscova, hanno montato un megacartellone che mi fa rimpiangere il leopardo rincoglionito e tutto il resto. E’ una roba da girare lo sguardo, sul serio. La suddetta pubblicità è costituita da una congerie di ragazzotti in atteggiamenti insignificanti a bordo di qualcosa che sembra una nave militare. Tutto sembra rispettare una certa estetica gay, come l’ambientazione militare, la spersonalizzazione e quindi il risaltare del corpo, la giovinezza plasmabile, un certo machismo condotto ai danni di un passivo e via dicendo, estetica che (sia detto) a sentire i massmedia, avrebbe letteralmente colonizzato qualunque principio di estetica moderna e contemporanea. Sinceramente, questo tipo di estetica, mi fa vomitare al pari delle prostitute minorenni di Viale Cassala e chissenefrega se ha colonizzato questo o quello.
La suddetta pubblicità è costituita da ragazzotti vestiti (D&G), da altri in mutande e via dicendo. Tutti hanno l’occhio appannato e lubrico, il capello e il muso di borgata (Ah! Pasolini! Ah Walter Siti!), quello in primo piano ostenta un’erezione sommaria nelle mutande, e gli altri lo guardano e via dicendo, insomma una spazzatura. Peraltro, la stessa spazzatura che la tranquilla e colta comunità gay che conosco, rifugge come il fuoco.
Allora, dov’è la novità? La novità è che ci volevano degli uomini (D&G), per far sentire un uomo come un oggetto. Dopo millenni di strumentalizzazione del corpo femminile ecco che finalmente ci siamo! Anche gli uomini (magari quelli come me) finalmente sanno che cosa vuol dire essere visti sotto la lente del possesso carnale, dell’occhio lubrico, della spersonalizzazione a fini sessuali! Evviva! Era ora! direbbe qualche femminista di mia conoscenza (mia madre, per esempio).
Sinceramente, era meglio farne a meno, era meglio superare l’empasse della questione femminile, che precipitare pure in quella maschile. Grazie Dolce&Gabbana! Grazie di cuore per questa schifezza.
State bene, Cyrano.