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Mentre muore l’Università (e la scuola) italiana / 4

(Parte 1 - Parte 2 - Parte 3)

La voce della RUAQuando entro nella sede della RUA in Piazza Verdi trovo già alcune ragazze: si stanno aggiornando sulla mobilitazione riguardo ai problemi degli studentati e delle sovvenzioni regionali per le borse di studio. O almeno così mi pare di aver capito, in questi momenti sento tutta la mia ruggine di ex-studente e soprattutto di essere stato uno studente IN sede. Di gente ferrarese alla riunione infatti ne vedrò molto poca, un'altra silenziosa risposta alla domanda iniziale che mi ha fatto tornare "studente" anche solo per un giorno: perchè a Ferrara non si protesta?

Mentre attendo l'arrivo di Alessandro, il coordinatore della RUA, scambio qualche parola con Giulia. Le racconto di cosa ho appena (non) visto alla Facoltà di Ingegneria, e non si mostra affatto stupita, anzi. Le motivazioni che mi hanno dato gli aspiranti ingegneri secondo lei sono "giustificazioni", perchè gli esami difficili esistono anche in altre facoltà: "E' questione di non volersi informare, e della mancanza di soggetti che sappiano creare una coscienza predisposta all'informazione".
Nella mia mente tento di riassumere questa incomunicabilità tra soggetti che non vogliono ascoltare una lingua comunque a loro sconosciuta. Giulia mi parla con voce appassionata ma ferma, convivido la sua propensione a essere propositivi e incisivi, senza che le due cose possano apparire in contrasto. Eppure, in questo peregrinare nell'ambiente universitario ferrarese, mi rimane la convizione di assistere a un'antoniana partita a tennis senza la pallina. E buona parte del pubblico continua a guardare da un'altra parte, solo perchè non ha voglia di mettersi gli occhiali per vederla meglio.

Aldilà delle polemiche RUA - S.O., sono più curioso di sapere come un sindacato studentesco che agisce veramente come tale, con voce e fermezza, si raffronti rispetto ad un consistente muro quasi "omertoso" di studenti. Alessandro sorride amaramente del mio resoconto di Ingegneria. Gli chiedo:

Mentre persino Pavia scende in piazza, a Ferrara una bara in rettorato e basta. Qual è il problema di Ferrara?
Guarda, non è soltanto questione di una facoltà più silenziosa di un'altra. E' un problema di Ferrara intera, e possono esserci tante motivazioni come "nessuna". Ferrara storicamente non ha avuto un '68 e nemmeno un '77. Non c'è mai stata una sedimentazione di movimenti per i diritti, ha sempre avuto una vocazione al silenzio e all'indifferenza che ha impedito al movimento di svilupparsi in maniera significativa. Manca dunque una coscienza collettiva, che faccia nascere uno studente pronto a indignarsi concretamente.
Poi si possono ricercare i motivi in vari aspetti... la conformazione della popolazione studentesca, l'assenza di comitati studenteschi forti che facciano da traino. Credo che sia proprio "Ferrara", il problema, prima di tutto, e a seguire varie concause.

Ferrara è una città particolarmente "sfortunata", allora?
Sì, perchè c'è questa concomitanza annichilente: da una parte non ci sono movimenti studenteschi magnetici, dall'altra non vedo una controparte in grado di recepire gli impulsi. Gli stimoli a farsi sentire sono visti in maniera negativa, perchè qui buona parte degli studenti pensa soprattutto alla dimensione personale e a studiare.
C'è da dire poi che in altre città lo studente vive l'esperienza del movimento sin dalle superiori, mentre qui a Ferrara nelle scuole vedo solo qualche collettivo, poco rumore e pochissima sostanza. Gli studenti ferraresi sono disinteressati: la maggioranza del movimento infatti è composta da fuori-sede. Ma anche tra di loro, diversi si muovono solo se vengono toccati nelle proprie tasche, purtroppo.

In questo quadro sconfortante, l'unica speranza è tentare di intercettare il disagio che comunque sta crescendo. Non sarebbe il caso di unire gli intenti dei vari movimenti studenteschi?
E' vero, manca un grande soggetto che riesca a radunare la protesta e incanalarla. Ma noi dall'altra parte abbiamo trovato un soggetto ambiguo, lo Student Office. Quando a luglio è uscita la legge sui tagli, non li ho visti affatto indignati, anzi. Ora, loro contestano il nostro atteggiamento di protesta, quando invece noi vogliamo soltanto accendere l'attenzione della città sui problemi dell'università. Problemi che coinvolgono tutti. Anche lo Student Office vuole che l'università rimanga pubblica, ma con i tagli che ci sarà diventerà impossibile. Eppure non protesta. Andiamo all'inagurazione dell'anno accademico per chiedere un pronunciamento del Senato Accademico, e ci insultano.

Come pensate di procedere, ora?
Nonostante la legge proceda spedita, noi non ci fermiamo. Mercoledì alle 13 (oggi), nell'aula magna di Giurisprudenza ci sarà una lezione di Diritto per spiegare i mali delle leggi che stanno per essere approvate, ed è un'iniziativa che supportiamo fortemente perchè occorre fare chiarezza. C'è confusione, troppa, e bisogna spiegare agli studenti a che cosa si sta andando incontro. Prima ancora che protestare, è più urgente mettere qualche punto fermo. E poi non bisogna disperderci in mille comitati, bisogna radunare forze e iniziative per creare una protesta organizzata, coesa e sensata. Anche perchè si è visto come esternamente sono tutti pronti a tentare di sminuirci e dividerci. A Ferrara è difficile, direi quasi impraticabile, lo so: su 15.000 studenti, solo qualche centinaio è pronto a far sentire la sua voce. I dottorandi che aderiscono sono pochi, i docenti, tranne eccezioni, non si espongono. C'è un intreccio di interessi personali e di categoria, e di visioni politiche, che ostacola e ingolfa tutto quanto. Però andiamo avanti, sempre.

Le parole di Alessandro sono rassicuranti e allo stesso tempo stimolanti. Rassicuranti perchè il retrogusto politico/retorico delle sue argomentazioni si avverte ma non lascia tracce; stimolanti perchè non usa paraocchi o arieti, ma semplicemente la costanza, principale antidoto, prima ancora che l'irruenza, contro la Ferraresità.

Questo speciale ambivalente, dove si sono intrecciate due storie, quella universitaria e quella della mia città, era iniziato con una domanda cardine: dove è finita la Protesta a Ferrara? Ci sarebbero ancora altre facoltà da esplorare, mille altri studenti con cui confrontarsi, litigare, sorridere. Eppure qualche risposta, seppure parzialissima, l'ho trovata. Ho incontrato le certezze evidenti: l'indifferenza come male incurabile. Ho riscoperto acque calde tiepidissime: gli interessi personali e i pregiudizi politici sono capaci di condizionare le vite degli studenti come direi praticamente ogni cosa. Ho constatato che c'è uno spazio enorme e non sfruttato in cui far muovere l'animale dell'Indignazione: ci sono diverse persone che a modo loro ci credono, e tentano di addomesticarlo, e insegnarli a camminare.

Conosco la mia città, lo spopolamento progressivo, le scomode fughe verso le altre città e l'estero, e le ancora più scomode permanenze sia di chi se la dorme sia di chi sta all'erta. Non nutro nessuna speranza in un risveglio di massa, così come sappiamo perfettamente che le leggi passeranno, i tagli ci saranno e molto andrà relativamente a puttane. Rimane però quello spazio vuoto, quell'animale timido e feroce da imparare a conoscere, anche diventando rompicoglioni e retorici. Le chiacchiere, come i fondi, stanno a zero.

(fine?)

Mentre muore l’Università (e la scuola) italiana / 3

(Parte 1 - Parte 2)

Ingegneria a FerraraSeduti al bar ci stanno non quattro ma tre amici, studenti di Civile tra il primo e il secondo anno. Il Caso ha fatto loro incontrare Giovanni, un esponente di Student Office, la lista che ha vinto alle recenti elezioni studentesche (ad affluenza polare), sul quale vengono riversate pacatamente e serenamente domande molto semplici: i comitati degli studenti, che stanno facendo?
Inizia un'illuminante chiaccherata nella quale viene fuori l'atteggiamento dello Student Office di fronte alla protesta e alle leggi universicide. Innanzittutto, il loro silenzio non significa un'adesione all'idea della riforma: "I tagli colpiscono tutti e dunque anche noi siamo contrari".

Perchè allora rimanere sotto coperta ad aspettare che cambi il vento? Le braccia di Giovanni si spalancano in un moto di lucida rassegnazione. "Si può protestare finchè si vuole", sostiene, "ma questa legge verrà in ogni caso approvata dalla maggioranza in Parlamento". In fondo è inutile agire contro l'inevitabile.
Perplessità diffusa.
Una lista studentesca è contraria all'azione del Governo, eppure non muove un dito. E il dibattito, l'informazione, la circolazione del malumore come viene gestito? Le risposte soffiano nel vento autunnale. Si parla di volantini fatti girare ma che veramente pochi hanno visto. Si fa notare come l'incontro dei rappresentanti dello Student Office con il Rettore nei giorni scorsi (non trovo link a riguardo) sia avvenuto in semi-clandestinità e non abbia prodotto nessun documento ufficiale. I tre amici seduti al bar scuotono la testa, perchè loro vorrebbero far sentire il proprio dissenso e non sanno a chi rivolgersi: se nemmeno la lista che siede in consiglio non organizza nulla, devono affidarsi al Do It Yourself di Pastoriana memoria?

Mi avvicino anchio alla tavola spigolosa, per incalzare le perplessità non diffuse: diffusissime. Conveniamo che occorra una duplice manovra: da parte degli interlocutori degli studenti ufficiali che devono interagire con rettori e i Grandi Capi, incalzandoli, e da parte della Base degli studenti, la maggioranza perplessa rimasta sinora silenziosa che deve sì urlare, ma pure avere una risonanza per i decibel prodotti. Una tenaglia ragionata, ordinata e pacifica, ma che faccia sentire la propria presa.

L'esponente di Student Office annuisce, promettendo che "se ne parlerà senz'altro e troveremo prossimamente il modo più adatto per agire". Peccato che i lavori parlamentari incalzano. "Anche i Professori sono tutti dalla nostra parte", rilancia Giovanni. Ma coinvogerli no, allora? Le sue risposte non riescono a giustificare ai miei occhi la loro immobilità, che si ripercuote sull'intera Facoltà. "Prima non sapevamo in che direzione muoverci perchè c'era grande confusione attorno ai provvedimenti del governo in materia. Ora invece, pensiamo sì di agire, ma riteniamo anche che la strada maestra sia il Dialogo". Ne prendo atto.

C'è qualcos'altro in ballo, ovviamente.


Sento un forte odore di Politica, in tutta la faccenda, interessi di parte che congelano l'attività di questa lista e dunque di tutti gli studenti che vorrebbero, discuterebbero, bloccherebbero, ma che sono sprovvisti di mezzi e guide.
Vado più direttamente al nocciolo della questione e gli chiedo: Dato che siete stati eletti dagli studenti, dovreste in qualche modo "rappresentare" pure gli umori dei vostri elettori. Se dunque notate anche voi un malcontento diffuso, perchè non seguire le sensazioni degli elettori? Un attimo di silenzio prima della risposta interlocutoria: "Finora noi abbiamo sempre seguito una certa linea guida nelle nostre attività, e questa linea ci ha sempre portato a dei riscontri in termini di gradimento degli elettori". Che vuol dire tutto e niente. Chi vuol capire, capisca.

Nella conversazione con Student Office saltano fuori anche gli strascichi di una polemica tutta cittadina (e quindi molto ferrarese) con l'altra grande lista, la RUA (Rete Universitaria Attiva), un sindacato dichiaramente sul versante opposto rispetto a S.O.. Prima ancora che di sinistra, la RUA agisce specificatamente come sindacato, intendo proprio come modi e spirito. Scende in piazza, in sostanza, e il giorno dell'inaugurazione dell'Anno Accademico la sua protesta ha portato diverse decine di ragazzi in Aula Magna durante il discorso del Rettore, accompagnati pure riusciti da una simbolica bara. Da questo episodio è nata una diatriba con S.O., che ha apostrofato quelli di RUA come "pecoroni". E' seguita una risposta di fuoco da parte di, cito la RUA stessa, "studenti che hanno a cuore il proprio futuro".

Scene già viste, su altre scale. Il momento del dissenso riaccende la perenne disputa tra schieramenti diversi, e molto è ingolfato dal noi contro loro, i buoni e i cattivi. Il punto non è stabilire chi siano gli uni e gli altri (che è molto diverso dal dire che non esistano responsabilità ed errori, esistono eccome e sono evidenti), la questione è che nel mentre a Ferrara non si riesce a organizzare uno straccio di fronte comune della Protesta. Ci si frammenta. Chiedo, ma più che una domanda è una utopistica supplica, a Student Office di mettere da parte le antipatie politiche e tentare di partecipare a un movimento ragionato di dissenso. Chi è più adatto al "dialogo", vada a dialogare, chi invece vuole alzare i toni, li alzi, basta che il silenzio assordante delle aule ferraresi non venga coperto dai rumori di parodie dell'Alt(r)a Politica Italiana. Annuiscono un po' tutti.

Saluto la facoltà di Ingegneria per muovermi verso la sede della RUA. Qualcuno che nella non-protesta ferrarese sta protestando c'è; domani, nell'ultimo post, vi racconto le loro impressioni.

(continua)

Mentre muore l’Università (e la scuola) italiana / 2

(Parte 1)

Facoltà di Ingegneria a FerraraNel laboratorio all'ultimo piano di Ingegneria a Ferrara incontro Silvia. Lei è qui da quattro anni, conosce abbastanza le facce in giro e passa molto tempo in facoltà. Saprà sicuramente se gli studenti abbiano avuto perlomeno un sussulto in questi giorni altrove tumultuosi.

Come ha reagito la tua facoltà alla protesta dilagante?
Semplice: non è successo nulla. Le lezioni proseguono regolarmente, non ho visto l'ombra di un volantino. Nei giorni scorsi alcuni rappresentanti di una lista studentesca davano via pane e nutella nell'atrio della facoltà.

La vita procede tranquilla a Pleasantville. Si prendono appunti, si dorme nelle ultime file, ci si fionda al bar nelle pause pranzo. Protesta? Per cosa? Gelmini? Chi? Parole sconosciute per chi si impegna duramente in esami spacca-cervello. E io che ho passato 7 anni lì dentro posso confermare: il cervello lo spaccano sul serio. Gli studenti non sanno, e se sanno, non gli interessa granchè.
Non si vedono in giro volantini o manifesti che preannuncino eventuali manifestazioni. I dottorandi proseguono il proprio lavoro e nemmeno da loro che dovrebbero essere maggiormente colpiti dai tagli, si alza una voce dissidente. Tutto tace.

Tu perchè non protesti?
Perchè sono completamente rassegnata. Non credo in nessuna ipotesi ragionevole di cambiamento, ogni segnale è contrario e rende vano ogni tentativo di protestare. Io punto a laurearmi più in fretta possibile e sloggiare da questa valle di lacrime. Non si possono cambiare le cose. L'ho capito sin da quando ero matricola.

I muri di Ingegneria sono immacolati, a parte i soliti annunci di stanze libere. Non ci sono striscioni appesi alle finestre, non si odono urla scomposte. Ingegneria a Ferrara è l'estrema sintesi di una situazione molto italiana. La protesta non parte se non è alimentata da micce estranee: ci vuole la politica, gli interessi di parte, le spinte personali. Un comico che urla sul palco, un presidente che salga su un predellino. Lo scempio in sè non è mai sufficiente per una indignazione rumorosa, fino a quando lo scempio non entra in casa tua senza bussare. Il problema di Ingegneria è proprio l'assenza di micce esterne, e se ci fossero, verrebero ignorate: siamo dunque al limite emblematico del Caso Italiano.

Il fatto è che in questa facoltà si fa veramente fatica ad andare avanti e superare gli esami, e la protesta qui non trova terreno fertile. Il confine tra aridità e materiale impossibilità ad accogliere il seme del dissenso è molto più sottile di quanto si creda. Quanti di noi vorrebbero scendere in piazza ma la vita quotidiana, con i suoi impedimenti, li sottrae e li tiene legati, a covare ulteriore insoddisfazione che alimenta una protesta sempre più impossibile a causa di quelle stesse catene?
Un circolo vizioso che si autoalimenta e tiene in scacco non soltanto una facoltà o un'università. Tiene in scacco l'intera società.

Ad uno dei pc del laboratorio trovo Nino. Si sta specializzando, è quasi al termine dei suoi lunghi e faticosi studi. Gli chiedo se sia al corrente della situazione di disagio dell'università, e mi risponde che qualcosa al telegiornale ha sentito. Gelmini e Legge 133 non gli suonano estranei, ma francamente non ha voluto approfondire: tra poco uscirà di lì e si imbarcherà per mari altrettanto perigliosi, tra le onde della Precarietà.
Gli impegni impellenti di studio alimentano il vento della rassegnazione. Mi riporta voci di ipotetici scioperi tra i professori, ma tali sono, voci lontane che non lo turbano. Ormai non c'è più molto da fare.

La non-protesta la si respira ovunque tra le aule di Ingegneria. Qui la politica non è mai entrata, e non è dunque mai riuscita a fare da detonatore per moti di rivalsa. A questo si aggiunga la totale apatia e indifferenza di chi è immerso nel vortice individuale delle proprie vite, schiacciate da esami troppo difficili o semplicemente da "altro di meglio da fare". Prima ancora della rassegnazione, viene l'indifferenza verso qualcosa che non li riguarda: perchè appare immodificabile, un elemento dello sfondo e come tale, ineluttabile. L'università che diventa un temporaneo recinto.

Non c'è proprio speranza di sentire schiamazzi tra i pc dei laboratori? Andrea, al primo anno della specialistica in Ingegneria Informatica, mi ribadisce di no:

Quali sono i motivi, secondo te, di questa non-protesta?
Siamo rassegnati. E soprattutto, siamo anche terribilmente ignoranti in materia. Non sappiamo nemmeno cosa stia accadendo. Poi bisogna tenere presente l'oggettivo altissimo livello di difficoltà degli esami da affrontare. Lo studente molto semplicemente fa i suoi conti. Pensa che se protesta, non studia, e se non studia, poi non potrà presentarsi di fronte al prof ed evitare la bocciatura.
Infine, ma forse è il problema principale, c'è una grandissima confusione
.

Non avete capito per cosa si protesta o non riuscite a mettervi d'accordo tra di voi?
Qualcuno che vorrebbe protestare ci sta, ovviamente. Tanti sono incazzati. Ma ancora non abbiamo capito bene le dimensioni del problema. Prendi la Legge 133, per esempio. Valla a leggere, e vedrai che è assolutamente ambigua, non specifica alcuni passaggi chiave riguardo ai tagli. Per dire... c'è una scarsissima informazione riguardo alle cause della protesta. Ci vorrebbe qualcuno che spiegasse le cose, e organizzasse soprattutto chi vuole protestare. Qualcuno che guidi questa protesta. Da qualche parte deve partire, per incanalare il resto. Non so... dovrebbe partire dai dottorandi, oppure dai rappresentanti degli studenti.

Qualche crepa nel muro omertoso di Ingegneria si apre. Andrea non avrà le idee chiare sulla riforma, ma pare avere inquadrato bene la situazione. Anche a Ingegneria ci si interroga, ci si guarda attorno e si avanzano perplessità. Per esempio mi cita, tra i vari problemi della nostra università, l'imbarazzante avanzata dei test a crocette, per imitare il famigerato Modello Americano. Peccato che si traduca nel classico italico scimmiottamento, perchè degli Stati Uniti si importano solo le croci, e non le stellette sulla bandiera. Dice: Se infatti si allentano le maglie della fase didattica, dall'altre parte non si attua la seconda parte del modello, un aumento dei soldi destinati alla ricerca: là nei laboratori lo studente inesperto può permettersi di bruciare un circuito 1000 volte finchè non impara, qui no, qui ricerca e prova sul campo non si fanno. O si fanno solo grazie alle aziende, pronte ad allungare le mani su carne fresca".

Andrea mette tanta carne al fuoco, e manda in crisi la mia amara convinzione sugli ambienti di Ingegneria. Una massa critica, silenziosa quanto la controparte a-critica, esiste: mescolati all'indifferenza si agitano occhi vivi e preoccupati. L'accenno alla Confusione che regna tra questa parte di studenti consapevoli solleva quindi altri dubbi in me. Perchè non si sta organizzando nulla, se qualcuno indignato per la situazione esiste, e non è il solo? E' un adeguarsi al sentimento maggiormente diffuso di rassegnazione, o ci sono altri motivi? Soprattutto: dove sono finiti i rappresentanti degli studenti, coloro che il tempo per difenderne i diritti, visto che sono stati eletti apposta, dovrebbero avercelo?

Spostandomi al bar troverò alcune risposte. Seduti a un tavolino infatti, ci sono alcuni perplessi studenti di Civile che manifestano i propri dubbi a un esponente della lista studentesca maggioritaria, Student Office. Mi unisco timidamente alla conversazione e capisco come i guai non vengano soltanto dal basso, dalla base. Anche chi ci rappresenta ha le idee abbastanza confuse, come tenterò di spiegarvi nel prossimo post.

(Continua)

Aguzzate la vista

In un momento di pura noia e fancazzismo il nostro caro Steve ci manda questo gioco creato della foto di Attimo al festival di Internazionale.
A voi scoprire le 5 differenze tra le foto. In palio un accredito Ciccsoft per il Festival 2009.

Io, comunque, ne ho trovate solo tre, ma devo guardarci con più calma. Pare anche che nella foto ci sia lo stesso Steve, chi lo becca ha l'accredito assicurato. Si vocifera inoltre che tra il pubblico ci sia pure Margherita F. ma io non scorgo nessuno dei due, ho gli occhiali consunti.

A Ferrara si suona l’Internazionale / 3

Ultimo giorno di Internazionale a Ferrara, si inizia a perdere qualche colpo e molte code iniziano senza terminare (nel senso che si rimane fuori, ad ascoltare seduti per terra). La bolla critica sta per scoppiare e da domani si ritorna alla realtà.
Nel frattempo, finchè dura, mentre la voce dei relatori viene pompata dalle casse in una discoteca poliglotta che non balla ma ascolta-ascolta-parla, si chiacchera tra accreditati e non accreditati su come far capire questo Festival alla città A-Critica, su le mille idee non concretizzate e su quanto sia fenomenale Gipi.

Tutto questo per dire: aggiunte nuove foto dalla serata di ieri.

A Ferrara si suona l’Internazionale / 2

A Ferrara si suona l’Internazionale

Festival di Internazionale - Speciale CiccsoftFerrara ritorna per il secondo anno Internazionale.
Che cos'è Internazionale? E' un settimanale che traduce i migliori articoli apparsi sulla stampa estera.
Che cos'è il Festival di Internazionale, invece? Tre giorni di incontri con vari giornalisti stranieri (e non solo) che affrontano temi disparati. Dalla guerra in Cecenia al futuro del giornalismo, e ogni altra questione geo-socio-politica interessante vi possa venire in mente.

Insomma, per tre giorni la Città invisibile si riempie di giovani (e meno giovani) da tutta Italia che vengono ad assistere agli interventi. Folle oceaniche per dibattiti "culturali". Quasi un ossimoro, eppure accade davvero. E ovviamente l'aspetto più curioso di Internazionale, per chi a Ferrara ci abita, è proprio osservare le code chilometriche per ascoltare un linguista americano in collegamento via satellite da Boston. Pochi metri più in là, un barettino fa risuonare note caraibiche di bachate varie. Ferrara si ama, e si odia, anche per queste dissonanze inspiegabili.

Molto pochi i ferraresi ai vari incontri, decine invece le facce sconosciute distese a prendere il sole in Piazza Municipale in attesa di entrare al prossimo incontro. Due le reazioni di fronte a questa cultura-mania:
1) C'è una gran voglia di atteggiarsi, di accreditarsi (il badge ti fa evitare le code), di prendere appunti, di fare domande, di mostrare (finalmente?) senza pudore che sì, siamo giovani e siamo fotonicamente interessati alle tematiche scottanti del nostro mondo.
2) C'è una gran voglia di informarsi, di spezzare con le nostre penne e le nostre code chilometriche per ascoltare Chomsky, questa patina di disinformazione che unge i nostri corpi. Di sentirsi presenti e di placare quella dannata sete insaziabile di sapere e capire. In fondo, Internazionale è un festival unico nel suo genere: gratuito, aperto al pubblico e animato da personaggi assolutamente avvicinabili, pur nella loro esotica provenienza estera.
3) E' inutile, il mestiere del giornalista, specie in Italia, anche se ormai è più un'utopia che una possibilità, continua a sedurre noi scribacchini che si spelliamo le dita sulle tastiere delle nostre camerette per ingozzare i nostri blog e zine varie. Accostare la parola "giornalista" al termine "straniero", poi, provoca un orgasmo immediato devastanti nel letterario inconscio sessuale di ciascuno di noi. Almeno, per me è così, sarò mica malato?

Vado di fretta, che gli incontri da seguire sono tanti (troppi, o perlomeno, troppo ravvicinati e in luoghi angusti). Altri punti sparsi:
- Ieri sera a intervistare Chomsky c'era l'Annunziata: le smorfie provocate dai disturbi sull'audio del collegamento erano degne, se non superiori, della migliore Sabina Guzzanti;
- Chomsky si è mostrato, a mio avviso, insolitamente ottimista riguardo al futuro prossimo. Non si rischia un nuovo fascismo dice, ma anzi, ci sono tutte le premesse per una nuova ondata stile sessantottina. Nutre molta fiducia sulla possibilità da parte dell'opinione pubblica di agglomerarsi in proposte costruttive. Sarà. Solo l'aggregazione di una massa critica (nel senso vero del termine) può colmare la voragine tra potere e governo, e il popolo, in quella che è diventata una parodia della Democrazia. Insomma, il Messia non è Obama ma siamo noi: yes, we could.
- David Randall (chi? uno dei direttori dell'Indipendent, per capirci) è stato semplice, diretto e dunque strepitoso. Stile britannico ironico e immediato per far comprendere anche a un bambino che è più interessante l'informazione nuova e verificata, che quello che pensiamo nella nostra testa. Game set match.

Più tardi l'aggiornamento fotografico.

Omicidio Aldrovandi, una ferita aperta

Quanto vado a scrivere è una di quelle storie che avrei dovuto raccontare da diverso tempo e che per mancanza di tempo o di voglia è rimasta in sospeso fino ad oggi ingiustamente. Una di quelle storie che vanno raccontate, almeno per condividerne la drammaticità e per mostrare quanto accade sotto i nostri occhi nemmeno troppo occasionalmente. Una vicenda rimasta per troppo tempo in sospeso, se è vero che i fatti risalgono al settembre scorso e soltanto ora qualcosa comincia a muoversi anche a livello nazionale suscitando il clamore della gente di ogni dove. Una storia da far girare, da raccontare, da segnalare e divulgare perchè si sappia in giro e diventi, dal web, una voce grande ed importante. Un chiasso che smuova le coscienze e colpisca dritto i diretti responsabili, perchè non sia un episodio accaduto invano.

La notte del 24 settembre a Ferrara un ragazzo di 18 anni, Federico Aldrovandi, muore nelle mani della polizia. Una serata come tante, trascorsa in discoteca a Bologna con gli amici, dove Federico assume imprudentemente una pastiglia di ecstasy (o sostanze simili) che qualcuno all'interno del locale gli vende. Poi la decisione, a notte inoltrata, di rincasare da solo, percorrendo un po' di strada a piedi senza farsi accompagnare. Capita spesso al giovane Federico, che ama tirare tardi con chi è disposto a star fuori fino a tarda notte con lui, ma che in questa circostanza non trova supporto da nessuno. Quando gli amici lo salutano Federico è tranquillo e bonario come al solito, nessuno pensa che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbero visto vivo. Cosa è capitato dopo, resta ancora oggi un mistero.

E' quasi mattino quando gli abitanti di via Ippodromo chiamano la polizia in seguito a schiamazzi di qualcuno che in strada sembra manifestare comportamenti strani. Nelle prime ore di luce dopo l'alba, Federico viene portato via dalla polizia stessa, privo di vita.
Lo lasciano per cinque ore sull’asfalto, nascondendo la verità alla madre che lo cerca fin quasi a ora di pranzo ignara di tutto. La versione degli agenti racconta che una volta fermato, il giovane avrebbe dato in escandescenze. Ovviamente negano la responsabilità della morte sostenendo che si sia ferito da solo e sia deceduto per overdose. Gli esami tossicologici smentiscono tale tesi.

Il giorno di Natale sono trascorsi 3 mesi dall'accaduto. I dettagli emersi dai referti medici, non ancora ufficializzati dopo così tanto tempo, parlano di numerosi segni di percosse su tutto il corpo, ferite per contusioni alla testa, strisce delle manette ai polsi e lo scroto schiacciato.
Ricordo perfettamente i giornali di quei giorni e lo strano avvenimento su cui non si volle fare volutamente luce. "Ragazzo muore per overdose" titolarono in maniera simile i due quotidiani cittadini.
La notizia rimane insabbiata per mesi, finchè la madre, che ha riavuto i panni di Federico letteralmente imbevuti di sangue, chiede verità ed apre un blog che cerca di far luce sulla vicenda. Grazie al tam tam telematico, alcune radio, ed ora anche Indymedia, Liberazione, il Manifesto e Repubblica, denunciano il caso portandolo all'interesse della nazione intera.

Prima di proseguire vi invito a leggere la testimonianza della madre, ricca di particolari e densa di verità scomode. Quello che segue sono soltanto le mie ipotesi, le mie personalissime opinioni in merito alla vicenda Aldrovandi. Le mie accuse e le mie riflessioni di cittadino ferrarese, appena più grande della vittima, emotivamente coinvolto fin dall'inizio in questa triste storia di angosciante violenza urbana.


L'idea che mi sono fatto, e che ci siamo fatti in tanti leggendo quelle poche righe che i giornali hanno riportato sui fatti accaduti è che ci sia un muro di omertà enorme, manco fossimo in un paesino di pochi abitanti in Sicilia dove tutti conoscono tutti. La cosa triste è constatare quello che stiamo vivendo in questi giorni: un caso quasi archiviato per giornali e Polizia quanto per l'interesse pubblico, che torna alla ribalta con ampia eco mediatica soltanto perchè la madre della vittima apre un blog gridando disperata. "Ascoltatemi, ho bisogno che Federico non venga dimenticato! Vogliamo la verità!". Un'intera città aveva già ripreso il solito tran tran nell'oblio della noncuranza, dimenticando che non è mai stato chiarito nulla in merito a questo strano episodio. C'è voluta la rete fortunatamente, con i suoi meccanismi di link e mail che girano rapidi da un posto all'altro portando notizie e verità a interrompere il silenzio assordante che si era creato.
 
E' triste constatare infatti come l'informazione ferrarese abbia fatto una misera figura, assecondando le voci ufficiali della Questura e non facendo realmente informazione, sondando pareri, intervistando testimoni e ricercando quella verità che non è mai emersa nemmeno tra le righe se non in maniera blanda e non supportata da personalità credibili. C'erano senz'altro testimoni, qualcuno si è preso la briga di domandare loro cos'hanno visto? Qualcuno ha chiamato la polizia per gli schiamazzi, ma dopo è forse tornata a dormire come se niente fosse? Al mattino nessuno è transitato per la via vedendo quanto accadeva? I conti non tornano.
 
Federico è stato trovato pestato a sangue da qualcuno: risulta difficile credere che l'abbia fatto da solo per autolesionismo; pur sotto effetto di sostanze non è pensabile che un giovane si riduca in quello stato. Non è forse lampante che la polizia intervenuta per vedere cosa stava succedendo si è trovata davanti un giovane in stato confusionale che ha reagito giustamente divincolandosi e in maniera aggressiva causa sostanze assunte? Non è ovvio che vista la reazione imprevista è stata usata la forza per cercare di fermarlo e nonostante tutto si sia andati oltre quello che concerne i modi di agire delle forze dell'ordine non limitandosi a immobilizzarlo ma punendolo fisicamente per i tentativi di reazione? E' forse una novità che Polizia o Carabinieri esercitino talvolta l'uso della forza in maniera autoritaria ed ingiustificata contro persone più deboli o indifese (in tal caso, disarmate)?

Vogliamo aggiungere, non mi si dica che esageriamo!, che vista la carnagione scura di Federico e lo stato in cui si trovava è stato probabilmente scambiato per un extracomunitario e di conseguenza trattato a dovere in maniera arrogante e sprezzante? Alcuni testimoni raccontano che il mattino seguente la gente pensava fosse stato ammazzato un albanese. Stiamo o no, dicendo le cose come stanno? Per quanto siano supposizioni queste restano le cose più lampanti che vengono alla mente noti i pochi elementi di questo intricato mistero. Eppure non c'è traccia di queste idee sui giornali che uscirono a settembre. Lo stesso quotidiano di oggi, si affretta a riportare la difesa del questore che accusa la madre di Federico di calunnie piuttosto che una disamina del caso più accurata e ragionata.
 
Non verrà mai ammessa alcuna colpa, come sempre è stato e sempre sarà in casi come questo di abuso di potere. Resta un ragazzo morto nel pieno della sua giovinezza e una madre e un padre increduli ed impotenti privati all'improvviso di un figlio che non aveva fatto niente di male per meritarsi una fine del genere. Restano gli amici a piangere un amico andatosene all'improvviso per una serata troppo in là come potevano essercene state tante in passato senza che succedesse un finimondo. Resta il chiassoso mutismo delle forze dell'ordine, dei giornali e delle autorità, chiuse in un ufficio arroccate ad organizzare una loro verità ufficiale da sbandierare tra breve in pasto all'opinione pubblica. Resta il silenzio di una città di provincia come Ferrara, abituata a morti sulle strade e suicidi tra la nebbia, attonita davanti ad una storia come questa, incapace di reagire, di organizzarsi e di farsi sentire scendendo in piazza gridando giustizia com'è giusto che sia. Restiamo noi, che stiamo a guardare, pensiamo, parliamo e ci indigniamo senza peraltro giungere a conclusioni. Resto io che sono qui a scrivere in questo momento, cittadino ferrarese come gli altri, triste e deluso di quanto credevo non potesse accadere attorno a me. Ferrara è tranquilla, dicono.

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Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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