A Venezia, in una calle stretta e non troppo battuta nei pressi di Rialto, un ottimista ragazzo di origini magrebine ha aperto il suo negozio di pizza al taglio circa un mese fa. Ne ho seguito gli sviluppi compiaciuto: dai lavori di restauro, alle pulizie all'apertura. Per qualche giorno l'ho visto attendere invano qualche cliente appoggiato al bancone, davanti ad un triste cumulo di pezzi invenduti e dall'aria comunque poco appetibile. Nel tentativo di attirare clientela priva di qualsiasi pregiudizio razziale ha messo fuori una grande bandiera italiana a penzolare. Il giorno dopo per quel poco che ho visto il negozio languiva nonostante il tentativo di essere un piccolo nuovo artigiano italiano.
Qualche giorno dopo è comparsa la scritta PIZZA a pennarello nero nella fascia bianca del nostro tricolore. Ancora niente clienti: bancone stracolmo di pizza e nessuno in vista.
Da due settimane il negozio è chiuso. I casi sono due: o è andato a studiarsi come impastare una pizza che non sia spessa 10cm, o si è demoralizzato troppo presto.
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Sulla scia dell'odio sempre crescente verso immigrati, clandestini, barboni e poveracci in genere, nel clima di totale diffidenza verso qualsiasi persona dall'aspetto appena un filo diverso dal nostro, sempre a Venezia, nei pressi di San Simeon Piccolo, un barbone chiede la carità ad un angolo della strada e offre un servizio ai turisti che passano in cerca della stazione: "Per di qua", indica con il dito, supponendo tutti vogliano andare proprio li e sperando in una piccola ricompensa in cambio. Per fugare ogni dubbio anche al più diffidente dei passanti ha scritto un cartello che tiene davanti alla ciotolina per le monete con giusto due parole: "Sono italiano". Quel cartello mi mette una tristezza addosso che non potete immaginare: vorrei abbracciarlo e rincuorarlo che non c'è assolutamente niente di male nell'essere straniero.